Come sono patetici gli ex combattenti del `68 nel loro acquario di

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Come sono patetici gli ex combattenti del `68 nel loro acquario di
Milano. Il Giornale. Giovedì 13 Maggio 1982.
Come sono patetici gli ex combattenti del ‘68
nel loro acquario di parole e di frustrazioni
«Pesci banana» li dipinge con un pizzico di veleno
Il leggendario Sessantotto ha creato più uomini nuovi o più frustrati? A
questo quiz, che tiene sulla corda un’intera generazione ormai di tardotrentenni, il delizioso spettacolo Pesci banana, in scena al Filodrammatici,
risponde con decisione: più frustrati. Basti dire che il copione, curato da
Cristiano Censi, si rifà alle ormai popolari «strisce» della vignettista Claire
Brétécher intitolate, appunto, «I frustrati».
Eccoli là, dunque, i reduci del Sessantotto, stravaccati sulla moquette in un
mare di cuscini a saltabeccare da un argomento all’altro con sorridente
arroganza ma anche con fatale ignoranza, grigi pesci nell’ acquario dell’insoddisfazione, intellettuali talmente superficiali da non contar nulla. Si
proclamano «contro», dicono di essersi «inseriti nel sistema per combatterlo
dal didentro», ma in realtà sono irregimentati nel più pesante conformismo.
Dei falliti, insomma, che hanno una cultura costruita esclusivamente per la
conservazione ma che inciampano pateticamente nei più piccoli problemi
esistenziali. Proclamano con orgoglio la libertà di vestirsi, ma poi il loro
abbigliamento è quasi una uniforme: giacca scura e bluejeans oppure
maglione e pantaloni di velluto per gli uomini (la cravatta è tabù); sottane
all’orientale, cuffiette di lana, spelacchiati colli di volpe per le donne (il reggiseno è tabù).
Eccoli là: risucchiati dal torpore come da sabbie mobili, a storpiare parole
come satori, a giudicare con severa intransigenza un film che poco prima li
ha fatti scompisciare dalle risate, a discutere di sociologia o di filosofia
orientali con approfondimento piuttosto approssimativo, a guardare con disprezzo e ribrezzo le nuove generazioni dei punk, a palleggiarsi slogan
d’antiquariato (“donna è bello” per esempio).
Il primo tempo di Pesci banana è una serie di sketch, spesso fulminei,
talvolta anche fulminanti. Nel secondo tempo, invece si immagina la seratatipo di due coppie di ex-sessantottardi, delle quali una, ovviamente, è in crisi.
«Il nostro rapporto è quello che è», dicono i coniugi. Si rinfacciano la mancata
educazione di una figlioletta che - giustamente, con dei simili genitori - se n’è
andata di casa. Mettono in moto l’avidità al momento di spartirsi i beni
matrimoniali.
Si sa, chi ha fatto tesoro del Sessantotto oggi non ne parla più: sono passati
quasi quindici anni e paiono un secolo grazie all’allarmante rapidità con la
quale sta scorrendo la Storia. Quelli che si ostinano a parlarne ancora
sembrano degli ex-combattenti indecisi fra il piagnisteo e la nostalgia. Ma a
Pesci banana ci si può accostare senza il timore di incappare in quei plumbei
individui.
In questo spettacolo la noia non ha cittadinanza. Ispirandosi alla
Brétécher, Censi ha usato inchiostro e veleno nello stesso tempo: poco
veleno, opportunamente, perché sarebbe anche troppo facile infierire su
questi dinosauri della contestazione che s’incontrano facilmente nella casa
accanto, in ufficio o a certe riunioni mondane. La satira è dunque moderata e
salutare ma dai contorni resi netti grazie ad un affinato spirito d’osservazione.
Nel portare in palcoscenico i frustrati di Claire Brétécher, Cristiano Censi si
è riunito ad Isabella Del Bianco (li ricordate quando si presentavano come
«Cristiano e Isabella» e facevano dell’ironia sui luoghi comuni della tranquilla
borghesia ispirandosi, allora, alle vignette di Jules Feiffer?).
Accanto a loro ci sono Alida Cappellini e Toni Garrani. Alla «prima» i quattro
sono stati applauditi più che calorosamente.
Giuseppe Piacentino