Berlusconi:nonsonounsanto

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Berlusconi:nonsonounsanto
GIOVEDÌ 23 LUGLIO 2009 ANNO 134 - N. 173
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Fondato nel 1876
Ciclismo
Doping, Di Luca sotto accusa
Rischia di essere radiato
Venezia, salta la mostra sul Futurismo
La Regione: i fondi destinati ai danni del maltempo
Calcagno e Tomaselli
alle pagine 44 e 45
di Stefano Bucci a pagina 37
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POLITICHE PER LA FAMIGLIA E RISPARMI
Ripartono i cantieri delle grandi opere. Decreto anticrisi, verso maxiemendamento e fiducia
Rivalutazioni
NUOVO WELFARE
I PASSI NECESSARI
Berlusconi: non sono un santo
ELOGIO
DI GUARESCHI
di MAURIZIO FERRERA
Il premier e il caso escort: «Mi attaccano ma non mi feriscono»
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Roma, Piazza Venezia 5
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In Italia con "Corriere della Sera Magazine"
on il decreto anticrisi il governo si
appresta a compiere due nuovi
passi sul tortuoso sentiero
della «ricalibratura» del
welfare. Entrambi i passi
riguardano il sistema pensionistico, un settore per
il quale l'Italia spende più
degli altri Paesi europei e
che è caratterizzato da numerose sperequazioni categoriali. L'età di pensionamento delle dipendenti
pubbliche verrà progressivamente elevata da 60 a 65
anni (come quella degli
uomini), così come stabilito dalla Corte di giustizia
europea. A partire dal 2015
i requisiti anagrafici per
l'accesso alla pensione verranno periodicamente adeguati all'incremento della
speranza di vita: se gli italiani (uomini e donne) vivranno più a lungo, andranno in pensione un po'
più tardi.
Le due misure non
avranno un grande impatto finanziario ma introducono due promettenti innovazioni istituzionali. Le
risorse risparmiate dovranno essere usate «per interventi dedicati a politiche
sociali e familiari, con particolare attenzione alla
non autosufficienza». E'
forse la prima volta che si
istituisce un collegamento
diretto e formale tra una
«sottrazione» in campo
pensionistico e una «addizione» nel campo dell'assistenza e dei servizi alle persone. L'impegno sarà rispettato? Le risorse saranno sufficienti per promuovere efficaci politiche di
conciliazione a favore delle donne? Per quanto lecite e giustificate, queste domande nulla tolgono al carattere innovativo del provvedimento e al suo tentativo di operare una ricalibratura virtuosa fra comparti
di spesa e rischi del ciclo
di vita.
L'adeguamento generalizzato dell'età pensionabile, dal canto suo, avverrà
in base a un meccanismo
quasi automatico, basato
sui dati Istat relativi alla
speranza di vita. Anche
qui si tratta di un'innovazione promettente. Nella
riforma Dini le procedure
di revisione della formula
pensionistica in base agli
andamenti demografici
erano state definite in maniera molto lasca, lasciando troppo spazio alle contrattazioni e ai veti politico-sindacali. Il governo
Prodi aveva già introdotto
regole più stringenti. Ora
la soglia d'età sarà soggetta a revisioni periodiche,
graduali ma semi-automatiche, come già accade in
numerosi Paesi Ocse.
E' giusto stabilire requisiti anagrafici uguali per
tutti i lavoratori, senza tener conto dei lavori usuranti, della crescente diffusione di carriere spezzettate a seguito di contratti
«precari»? Non sarebbe
meglio tornare alla logica
del pensionamento flessibile prevista dalla riforma
Dini? Anche queste sono
domande lecite e giustificate. Nessun sistema previdenziale può però esimersi dall'avere un'età pensionabile «di riferimento», in
base alla quale valutare
poi l'introduzione di eventuali deroghe. Dato il costante innalzamento della
speranza di vita, è opportuno che questa soglia anagrafica venga periodicamente modificata.
In questi giorni il decreto anticrisi dovrà essere approvato dal Parlamento.
Se è irrealistico immaginare un qualche accordo bipartisan, vi sono però le
condizioni perché i contenuti e i toni del confronto
politico sulla previdenza
si mantengano su un piano di ragionevolezza costruttiva. L'adozione di regole generali e trasparenti, il più possibile riparate
da pressioni politiche di
questa o quella parte, è il
miglior modo per garantire l'equità, sia fra categorie sia fra generazioni.
«Ci sono in giro un sacco di belle figliole. Non sono un santo. Lo avete capito tutti. Speriamo che
lo capiscano anche quelli
di Repubblica...»: Silvio
Berlusconi ha deciso di
scherzare così sul caso
delle escort a Palazzo Chigi durante la cerimonia di
apertura dei lavori dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano. Nell’occasione il presidente del Consiglio ha annunciato l’apertura di 19 cantieri di opere pubbliche entro la fine
dell’anno. Oggi il governo presenta la richiesta
di fiducia e il maxiemendamento al decreto anticrisi.
Società multietnica
CHE PARLA
A CHI HA CUORE
di CLAUDIO MAGRIS
Giannelli
G
iovannino
Guareschi, con i suoi
pregi e i suoi limiti, è stato
un vero scrittore popolare,
qualità che oggi appare
particolarmente carente
nella nostra narrativa...
Ha condotto una polemica
anticomunista senza
esclusione di colpi. Ma se
il comunista attaccato da
Guareschi in sede politica
è un mangiabambini, nella
saga di don Camillo sono i
comunisti a incarnare
quell’umanità vitale,
generosa, animata da
sentimenti schietti e
perenni, in cui Guareschi
stesso si riconosce.
A PAGINA 35
DA PAGINA 2 A PAGINA 6
Antimafia Il Governatore chiede più attenzione sul riciclaggio
Draghi lancia l’allarme usura
«Le nostre imprese a rischio»
Franceschini
«Gli islamici ci guardano»
Le svedesi e i dubbi sul topless
di LUIGI OFFEDDU
Da decenni la Svezia, come l’Olanda, evoca in Europa libertà
di costumi sessuali ed emancipazione. Ma il Paese
scandinavo, dove la presenza e l’influenza delle minoranze
islamiche sono in crescita, sta forse cambiando. A Malmö,
terza città della Svezia e metropoli europea con la più alta
percentuale di immigrati musulmani, nessuna donna in
topless frequenta la piscina pubblica nonostante un gruppo
femminista abbia ottenuto, dopo una storica battaglia, il sì
della municipalità al bagno a seno nudo contro una proposta
di legge proibizionista. Dibattito e polemiche sui blog: c’è un
cambio di mentalità; no, se il topless dà fastidio agli
«stranieri», se ne tornino a casa.
A PAGINA 17
«Con Bersani
il bipolarismo
può sciogliersi»
di ALDO CAZZULLO
❜❜
Dal congresso del Pd
passa il futuro assetto
della politica italiana:
siamo arrivati al bipolarismo,
che però va salvaguardato, non
dobbiamo credere che questo
sistema sia acquisito per
sempre. Berlusconi? La
legislatura potrebbe finire in
anticipo. Dobbiamo cominciare
a occuparci del
dopo-Berlusconi: nessun uomo
di buonsenso può pensare che
si ricandidi a fine legislatura.
A PAGINA 11
Davanti alla Commissione antimafia il Governatore di Bankitalia, Mario Draghi, mette in guardia sui
pericoli di infiltrazione della criminalità nell’economia. Chiede di intensificare l’azione di contrasto e di
razionalizzare le norme antiriciclaggio soprattutto in
questo momento di crisi.
«In vaste parti del Paese
— afferma il Governatore
— le organizzazioni criminali aggressive e opprimenti frenano il tasso di crescita». Le imprese sono più
esposte al rischio di usura.
A Roma in una operazione contro i patrimoni della
’ndrangheta è stato sequestrato e posto sotto amministrazione giudiziaria il
Café de Paris, il bar della
Dolce Vita.
A PAGINA 18
Frignani
Sacchettoni, Tamburello
Dieci euro a colpo Studente di ingegneria a capo della banda che clonava carte di credito
La piccola grande truffa online
di MASSIMO SIDERI
La polizia postale di Bologna ha smascherato
una banda che operava su
larga scala in tutto il Nord
Italia rubando identità digitali per pagare i conti.
Piccoli prelievi che potevano passare inosservati.
Quattordici gli arrestati,
in gran parte camerunensi, che facevano capo a
uno studente di ingegneria informatica a Ferrara.
A PAGINA 25
Sacconi e il virus A: interessati 15 milioni
«Vaccino per gli italiani
tra i 2 e i 27 anni»
di MARGHERITA DE BAC
Campagna di vaccinazione per 15 milioni di italiani
tra i 2 e i 27 anni. È una delle azioni previste nel
piano antipandemia allo studio del governo. Il
ministro Sacconi: cominceremo in autunno.
Il virus della nuova influenza
A PAGINA 20
All’interno
LA LETTERA
«Unità d’Italia
Governo Prodi
senza colpe»
di FRANCESCO RUTELLI
A PAGINA 13
INTERVISTA CON SCALFARO
«Dietro le stragi
un intreccio
mafia-politica»
di MARZIO BREDA
A PAGINA 19
35
Corriere della Sera Giovedì 23 Luglio 2009
IN PAGINA
✒
Un commissario in Sardegna
di GIORGIO DE RIENZO
Nero Di Giovanni, ora commissario di Polizia ma con un
recente passato onorevole nei servizi segreti, torna (di
malavoglia) alla sua natale cittadina sarda come capo della
Mobile. Il suo inaspettato rientro è guardato con dispetto (e
diffidenza) dal questore e da chi, nel luogo, nutriva legittime
aspirazioni immediate di carriera: qualcuno gli rema dunque
contro, mentre un amico di infanzia invece appare persino
troppo premuroso nei suoi confronti. I sospetti comunque si
rivelano non infondati perché di fatto, appena Nero mette i
piedi nell’isola, si scatena una serie di omicidi eccellenti, ai
Cultura
quali si alternano fatti criminali all’apparenza meno
significanti. Elias Mandreu è al suo esordio narrativo con
questo Nero riflesso (Il Maestrale, pp. 355, e 19): tenta di
costruire un romanzo assai ambizioso mettendo in scena molti
punti di vista e sovrapponendo linguaggi diversi. L’amalgama
stenta a prendere corpo e il troppo orchestrato finisce per
soffocare più che arricchire la narrazione.
Venerdì 24 luglio
DANZA E CORAGGIO
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Rivalutazioni Elogio del padre di Peppone e Don Camillo, narratore pirotecnico che offre momenti esilaranti anche nei suoi libri minori
Giovanni Guareschi
l’anticomunista
che amava i compagni
È uno dei pochi autori realmente popolari
capace di parlare con semplicità a chi ha cuore
di CLAUDIO MAGRIS
I
n un articolo pubblicato sull’ultimo numero dell’«Indice», Valentino Cecchetti sottolinea come, nel
centenario della nascita ricorrente l’anno scorso, molti studi abbiano riportato all’attenzione Giovannino Guareschi, autore — almeno anni fa —
molto letto, ma forse messo in disparte
da molta critica sia per ragioni ideologiche, sia per il suo caratteraccio guascone — simpatico ma talora, nella polemica, incline a passare il segno e ad essere
anche ingiusto — sia per una concezione falsamente sofisticata e raffinata della letteratura, per un pregiudizio supponente nei confronti di ciò che appare facile e popolare. In realtà Guareschi, con
i suoi pregi e i suoi limiti, è stato un vero scrittore popolare, qualità che oggi
appare particolarmente carente nella
nostra narrativa. Guareschi è popolare
nel senso che sa realmente parlare a
molti, raccontando qualcosa di essenziale (ad esempio il senso dell’amicizia,
il piglio picaresco, gagliardo e malinconico del vivere) con una semplicità accessibile anche a chi non ha una profonda cultura, ma non a chi non ha cuore e non sa cosa significhi far baldoria
con gli amici o preparare il Presepe
quando si avvicina il Natale.
Esattamente il contrario della fasulla
popolarità costruita a tavolino di tanti
odierni bestseller romanzeschi, apparentemente profondi per i problemi
che esibiscono e in realtà superficiali
per il semplicismo ancorché serioso
con cui li affrontano. Forse — come diceva già parecchi anni fa il grande scrittore Manès Sperber, compagno di battaglie di Silone e di Koestler — i «tutti»
Classici
Giovanni
Guareschi
(1908-1968,
nella foto una
sua caricatura) è
stato uno degli
scrittori italiani
più venduti nel
mondo, con oltre
20 milioni di
copie. La sua
opera più
famosa è «Don
Camillo» (1948),
il parroco che
parla col Cristo
all’altare e con il
suo antagonista,
il sindaco
comunista
Peppone.
Guareschi fu
direttore del
«Candido» e
nelle elezioni del
1948 s’impegnò
contro il Fronte
Popolare.
oggi non esistono veramente più, sono
la folla larvale di eterodiretti sinceramente ma coattivamente portati ad apprezzare i quiz televisivi. Quando invece Peppone, in una pagina di Guareschi, offre il suo fazzoletto rosso di partigiano all’isolato oratore liberale centrato in faccia da un pomodoro e zittisce i suoi compagni di partito, che sghignazzano, gridando «Chi ride è un porco», il lettore di quella pagina può essere veramente ognuno.
A Guareschi — anche ai suoi libri minori che credo quasi nessuno legga più,
come Il marito in collegio o Il destino si
chiama Clotilde — dobbiamo alcuni
momenti esilaranti; le autentiche risate
sono fra i grandi beni della vita, un momento della sua sanguigna e fraterna coralità, e dobbiamo essere grati a chi ce
ne fa dono. Indubbiamente Guareschi
si è tirato addosso un ostracismo di parte, perché è stato, nelle sue polemiche
politiche, spesso smodato e fazioso —
ad esempio nei confronti di De Gasperi
— anche se mai acido. Ma proprio sul
piano politico ha dimostrato una qualità che rivela l’autentico scrittore, nel
quale la creatività poetica non si lascia
condizionare dall’ideologia e talora anzi
la contrasta, senza proporselo ma proprio perciò più efficacemente.
Guareschi ha condotto una polemica
anticomunista senza esclusione di colpi; i compagni «trinariciuti» che apparivano sul suo Candido o i comunisti beoti e truci evocati in campagna elettorale
sono stati una delle espressioni più aggressive, talora viscerali dell’anticomunismo, in quegli anni in cui si giocavano
le sorti dell’Italia e del mondo fra l’Occidente e l’Est sovietico. Ma se il comunista attaccato da Guareschi in sede politi-
Lo scrittore Giovanni Guareschi (1908-1968), padre di don Camillo e Peppone, al volante della sua spider (Foto Effigie)
ca è un mangiabambini che dovrebbe
muovere a odio e a paura, nella saga di
don Camillo sono i comunisti a incarnare quell’umanità vitale, generosa, animata da sentimenti schietti e perenni, in
cui Guareschi stesso si riconosce.
Peppone è molto più buono e umanamente più caldo di quanto lo sia don
Camillo; è Peppone — col quale Guareschi ha in comune non solo i baffoni di
Gino Cervi — che dà voce ai sentimenti
più cari all’autore, commuovendosi
quando sente la canzone del Piave,
commettendo anche errori ma sempre
per impulso di vero uomo e mai per malignità. Guareschi era appassionatamente monarchico, ma è il comunista
Peppone — quando la vecchia maestra
del paese chiede morendo di essere sepolta con la bandiera sabauda sulla bara e gli esponenti politici di ogni partito esprimono untuosamente il loro dolente e ipocrita parere negativo — a rispondere secondo il cuore di Guareschi. Egli dice loro infatti che come sindaco li ringrazia ed è del loro parere,
ma che «siccome in questo paese non
comanda il sindaco ma comandano i
comunisti», come capo del comunisti
se ne infischia di quei pareri e dunque
la maestra andrà al cimitero con la sua
bandiera «e se qualcuno ha qualcosa
da obiettare lo faccio volare fuori dalla
finestra».
Leggendo le storie di don Camillo,
verrebbe voglia di essere governati da
❜❜
Con i suoi pregi e i suoi
❜❜
Raccontava il senso
limiti, è stato un vero
scrittore di massa, qualità
che oggi appare carente
nella nostra narrativa
dell’amicizia, il piglio
gagliardo e malinconico del
vivere con una spontaneità
accessibile a tutti
gente come Peppone e i suoi compagni, il Brusco o il Bigio, piuttosto che
dai loro avversari. Guareschi, nel suo
scatenato anticomunismo politico, sapeva bene di idealizzare anche quei
compagni, perché non ignorava certo
le violenze e pure i crimini di cui si era
macchiato il comunismo in quella Bassa Padana a lui cara, dove il sole picchia
sulle zucche della gente, e sapeva che,
se nel ’48 avessero vinto i comunisti, il
destino dell’Italia sarebbe stato affidato
a mani diverse da quelle robuste e paterne di Peppone, brave a prendere a
sberle chi lo merita ma anche a fare il
Presepe.
Ma il Guareschi scrittore, artista, ha
intuito la straordinaria carica umana
del movimento comunista italiano; i
suoi valori, la sua schietta vena popolare, che poi si è perduta per tutti e di cui
il «popolo» di oggi è una esangue e stupida parodia. Perciò si raccomanda la
lettura dell’irriducibile anticomunista
Giovannino Guareschi a tanti acidi,
compunti e furbi revisionisti di oggi,
magari ieri comunisti e oggi anticomunisti forse perché il comunismo non
c’è più e non c’è più alcun Peppone di
cui temere le sberle.