abbiamo perso. non succeda più: rivoluzioniamo il
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abbiamo perso. non succeda più: rivoluzioniamo il
d’Italia ABBIAMO PERSO. NON SUCCEDA PIÙ: RIVOLUZIONIAMO IL CENTRODESTRA ANNO LXII N.122 Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Girolamo Fragalà Non accampiamo scuse, non è andata bene. Diciamolo chiaramente, è andata male. Malissimo. Trovare giustificazioni, aggrapparsi allʼaritmetica, giocare col bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto è un segnale pericoloso, è come aver paura di guardarsi allo specchio. È tutto vero, non è stata una campagna elettorale semplice, Forza Italia veniva fuori malconcia da una stagione difficile che ha visto la condanna di Berlusconi, il divieto di fare comizi fuori dal recinto deciso dalle toghe, lʼobbligo di tornare a casa a un certo orario, ancor prima della mezzanotte e quindi peggio di Cenerentola, gli insulti e la derisione da parte degli avversari, la sensazione che era lʼultima volta di un leader costretto allʼangolo. Il partito di Alfano, invece, ha pagato la scissione, le accuse di tradimento, il paradosso di chiamarsi Nuovo Centrodestra ed essere parte integrante del governo di centrosinistra. Una situazione ibrida che gli elettori hanno rispedito al mittente. Fratelli dʼItalia – dopo una partenza in quarta – ha finito per pagare la polarizzazione creata dai media sui tre principali competitor e quindi ha avuto poche possibilità di manovra. Diverso il discorso della Lega che è riuscita a cancellare il passato di scandali e ha inciso di nuovo sul territorio con una WWW.SECOLODITALIA.IT Lʼironia di Fiorello si abbatte sulle europee: colpiti Vespa, Alfano e… la nonna di Renzi forte identità anti-euro e anti-immigrazione. Nonostante ciò – dicono in molti – se si sommano i voti dei vari partiti di centrodestra la coalizione non ha perso rispetto alle politiche. Anzi, se vogliamo essere precisi, ha addirittura fatto qualche passettino in avanti. Una tesi a rischio. Perché mentre alle politiche la situazione era diversa, cʼerano tre poli (centrosinistra, centrodestra e centristi montiani) con lʼaggiunta di Grillo, ora i centristi montiani sono stati completamente asfaltati, non esistono più. Ma i voti dei loro ex elettori sono finiti tutti nelle casse di Renzi, che ne ha tratto enorme profitto. Di conseguenza adesso non ci sono due coalizioni che se la giocano alla pari, ma una coalizione che vola oltre il 40 per cento e unʼaltra che, conti alla mano, non appare competitiva, è ferma al 30. Quindi è inutile rifugiarsi in calcio dʼangolo, le abbiamo prese. Ma le migliori vittorie si costruiscono proprio sulle grandi sconfitte, se si è capaci di agire e se si conserva la lucidità. Si parta da un dato: il centrodestra va rivoltato come un pedalino. Non tanto rifondato quanto rivoluzionato. Si abbia il coraggio di farlo, senza rancori e senza dispetti. Non servono Robespierre, serve ritrovare le energie giuste e lʼentusiasmo che si è volatilizzato. E magari scelte che non piovano dallʼalto perché quegli italiani (il 30 per cento e passa) che – nonostante tutto e contro tutti – hanno votato per il centrodestra non sono un corpo indistinto. Vanno coinvolti. Seriamente. Salvini che, cavalcando la protesta nei confronti dellʼeuro, ha fatto segnare dati lusinghieri in tutto il Nord. Una polarizzazione cercata, voluta da Renzi e dai suoi strateghi e accettata da Grillo al grido di «o noi, o loro». Cosicché tutti quelli che hanno avuto paura delle scempiaggini e degli anatemi del comico genovese – anche tanti che in precedenza lʼavevano premiato – hanno trovato naturale rifugio in questo Pd renziano, senza angoli, senza iperboli: quasi fosse stata riesumata la vecchia e cara Dc. Fermo restando che parte dei delusi, dei nauseati, anzitutto di quelli che tradizionalmente votavano a destra ha, stavolta, allargato a dismisura lʼarea del non voto. Area dove stazionano oggi, in attesa evidente di pro- poste interessanti, non meno di 10 milioni di potenziali elettori. Quelli che non cʼhanno creduto. Quelli che non ci credono più. Quelli che si sono stancati. Che sono rimasti a casa o sono andati al mare. A tutti costoro, oltre che a quanti hanno partecipato, i responsabili più avveduti e sensibili di quello che fu il Centrodestra trionfante degli scorsi anni dovranno trovare il modo di rivolgersi. Da domani. Predisponendo, senza presunzione o ostracismi, una piattaforma politico-programmatica chiara e semplice. E lavorando per farsi trovare pronti al prossimo appuntamento. Con unʼofferta elettorale intrigante e migliore. Non disdegnando le novità. E neppure qualche faccia nuova. Perché la luna di miele col Pd non durerà per sempre. La vera scommessa politica è nella capacità di intercettare il dissenso Mario Aldo Stilton Non solo il voto al Pd di Renzi. Anche la partecipazione al voto è stata superiore alle aspettative. Due fattori che hanno mandato in evidente confusione i sondaggisti. E che hanno prodotto le sorprese maggiori. LʼItalia è stato il paese dellʼUnione dove si è votato di più. Anche se il raffronto con le politiche dellʼanno scorso è impietoso: meno 17 punti percentuali. Più del risultato della stessa Forza Italia. Il dato da tenere a mente è anzitutto la polarizzazione dello scontro RenziGrillo. Il derby «Speranza» contro «Rabbia» e lʼarrancare di un Berlusconi mai domo (anche se azzoppato dalla nota sentenza), ha compromesso la visibilità degli altri contendenti. Fatta eccezione per la Lega di martedì 27/5/2014 Redazione «Vince Renzi, Grillo asfaltato: ovviamente divento renziano»: scherza Fiorello, allʼindomani delle Europee, e fa la parodia di Porta a Porta su Radio1 nellʼappuntamento odierno di Fuori programma. Spalleggiato da Marco Baldini, lo showman imita un Bruno Vespa che non vede lʼora di intervistare Renzie che, nellʼattesa, già indossa un giubbotto di pelle nera alla Fonzie e canta “Happy days”. Ce nʼè anche per il ministro Maria Elena Boschi, la prima a commentare nella notte il trionfo del Pd, scimmiottata, in versione Anita Ekberg nella Dolce vita, mentre dalla Fontana di Trevi lancia il sensuale richiamo: «Matteo, come here». Nel salotto di Vespa anche Fiorello-Alfano, che commenta le percentuali ottenute da Ncd come numeri «da pressione delle gomme» e ammette: «Non mi hanno votato neanche in famiglia». La voce femminile di Fuori programma, la cantante Silvia Aprile, intona la notizia del giorno: «Lʼha buttato giù come un birillo, Renzi ha doppiato Grillo» mentre Fiorello cita lʼhashtag #vinciamopoi nato su twitter per ironizzare sul risultato del Movimento 5 Stelle. E ancora sul Pd: «Neanche la Dc prendeva il 40%, Renzi ha iniziato a farsi chiamare Alcide». Fiorello si cala allora nei panni della nonna di Renzi, una delle nuove parodie, che fa i trenini e festeggia perché – dice – ora potrà andare in crociera ai Caraibi insieme alla sue amiche, come promesso da Matteo. «Il miʼ nipote ha vinto al grido di “gli foʼ vedere io”», esulta. E Berlusconi? «Stavolta non lʼha votato neanche Dudù». La mossa decisiva: Beppe spaventa gli elettori come un novello Stalin. E Matteo ringrazia… 2 Secolo d’Italia Aldo Di Lello Matteo Renzi dovrebbe rivolgere un pensiero a Nonna Dc. Gli unici casi in cui, nella storia dellʼItalia repubblicana, un partito politico ha ricevuto il 40 per cento dei voti sono limitati agli anni Cinquanta (il 18 aprile del 1948 fa storia a sé), quando appunto la Balena Bianca raccoglieva voti a mani basse nei territori ubertosi dellʼItalia “profonda” , tra i ceti “moderati” e persino un poʼ reazionari, tra le insegnanti in pensione, le Dame di Carità, i marescialli in congedo, i sacrestani, i coltivatori diretti, gli attivisti dellʼAzione cattolica e tutta la gente pia e timorata che voleva fare da “diga” al pericolo comunista. Non per niente, leo Longanesi scriveva che lʼItalia era stata salvata dalle “vecchie zie”. In quegli stessi anni, il Pci di Togliatti prendeva più o meno la stessa percentuale che ha ottenuto Bebbe Grillo alle Europee: poco più del 20 per cento. Lʼodierno distacco tra il primo e secondo partito si avvicina molto, in particolare, a quello del 1958, quando la Democrazia cristiana conquistò il 42 per cento e il Partito comunista il 22. Dietro le cifre, si intravedono similitudini che possono in buona parte spiegare il boom di Renzi e il parallelo flop di Grillo. La similitudine più vistosa si chiama paura. E sì, parliamo sempre di quel bisogno di rassicurazione che percorre il cuore dellʼItalia profonda ogni volta che sulla linea dellʼorizzonte compaiono le orde dei “barbari”. Non era scontato che andasse così, ma, se è andata così, è stato soprattutto per colpa della tracotanza e della dabbenaggine di Grillo, il quale ha fatto di tutto, minac- Francesco Signoretta Non sono stati classificati nella categoria “Altri”, come di solito si fa con i partiti piccoli o estemporanei, solo in memoria del tempo che fu, dalla stagione del «tutti dentro» a quella dellʼUomo della Provvidenza. Sono passati quasi inosservati nei commenti del dopo-voto, tutti a parlare di Grillo asfaltato, di Renzi recordman di voti (e presenze televisive), di Berlusconi salito sul ring elettorale con una mano legata dietro la schiena, della scommessa del quorum. E quei due? I due dellʼapocalisse? Spariti, come se i loro partiti non si fossero presentati alle elezioni, come se sulle schede non ci fossero stati i loro simboli. I due sono Mario Monti e Antonio Di Pietro. Uomini forti o dei poteri forti, uomini che erano stati chiamati a rivoluzionare lʼItalia, entrambi salvatori della patria, il tintinnìo di manette, la politica lacrime e sangue, mani pulite e banche rinfrescate, i che cʼazzecca e gli inchini alla Merkel. DallʼIsola del Giglio alla Germania, le rispettive navi sono affondate negli abissi della politica e i loro capitani stavolta non sono fuggiti su una scialuppa di salvataggio, sono affondati anche loro (tranne Monti che, nonostante la mancanza totale di voti, è stato blindato come senatore a vita in tempi non sospetti). Sono finiti, hanno preso lo zero virgola e nessuno sembra rimpiangerli. Perché – e questa è unʼaltra lettura che va data ai risultati delle europee – sono finite anche due stagioni, quelle del Terrore giustizialista, una replica raffinata della ghigliottina da rivoluzione francese, e quella del rigore a tutti i costi, dove a essere ghigliottinate erano le famiglie, chiamate a sacrifici immani in nome di un non meglio identificato bene del Paese. Gli elettori hanno dato lʼaddio a Di Pietro e ai suoi ragionamenti un poʼ ossessivi. E hanno spedito allʼinferno Monti, uno dei protagonisti del colpo di stato del novembre 2011, tanto gradito alla Merkel. Due uomini diversi, due storie parallele, con il finale comune. Sul grande schermo è comparsa la scritta The End. Non è scesa neppure una lacrima sul vito degli spettatori. In tanti hanno tirato un sospiro di sollievo. Finalmente. Sono venuti a mancare (elettoralmente) Monti e Di Pietro. I rispettivi partiti ne danno il triste annuncio MARTEDì 27 MAGGIO 2014 ciando sfracelli a alzando sempre di più lʼasticella della polemica (fino al punto di paragonarsi, ancorché goliardicamente, a Hitler e a Stalin), per regalare frotte di elettori a Renzi. Prova ne sia la sua tardiva comparsata nel salotto di Bruno Vespa, quando ha cercato di fare il “simpatico” perché si era evidentemente accorto che il personaggio dellʼAmmazzasette aveva perso il suo appeal elettorale. Peggio per lui e meglio per Renzi, il quale si ritrova una percentuale “democristiana” al di là dei suoi meriti (che comunque ci sono e che non vanno certo trascurati). Insomma, per qualche giorno abbia rivissuto il clima infuocato degli anni Cinquanta. Con la differenza che stavolta, a spaventare le “vecchie zie” longanesiane, non cʼerano i carri armati dellʼArmata Rossa, ma gli indici di Borsa e lʼandamento dello spread, impennatosi fino a 200 punti nella settimana che ha preceduto il voto (quando i mercati finanziari temevano il “sorpasso” del M5S sul Pd) , e precipitato a 160 già lunedì, allʼapertura delle Borse. È lecito a questo punto chiedersi perché invece lʼeffetto paura non ha funzionato nelle elezioni dello scorso anno. Il motivo è semplice: nessuno, nel 2013, ha evocato lo spettro dei “barbari” alle porte. Il 25 per cento conquistato dai grillini alle politiche ha sorpreso innanzi tutto i grillini stessi. Un anno fa ci fu un voto di rabbia: contro lʼausterità, contro lʼImu, contro le amare ricette del governo Monti, contro la corruzione dilagante (lʼesplosione del caso Mps spostò masse di voti in settimane decisive). Nelle europee del 2014 il sentimento dominante è stato invece quello della paura: dellʼimpoverimento, della recessione, della crescita che non riparte, della disoccupazione sempre più alta. Grillo ha scioccamente pensato che queste nuove paure potessero favorirlo. E Renzi ne ha approfittato. Le similitudini tra il Pd di oggi e la Dc di ieri si fermano però qui. Lo Scudocrociato degli anni Cinquanta poteva contare su gente come Fanfani, Moro, Scelba, Vanoni, Pella. Renzi può invece contare sui Delrio, le Mogherini, i Nardella, le Serracchiani. Unicuique suum. Primo test per i titoli di Stato: il Tesoro “saggia” le reazioni al voto europeo MARTEDì 27 MAGGIO 2014 Redazione Il primo test per i titoli di Stato arriverà con l'emissione di Ctz e Btei fino a 4 miliardi di euro, per seguire con il Bot da 6,4 miliardi a sei mesi il giorno successivo e i Btp a 10 anni, fino a 3 miliardi, il giovedì. Il voto europeo, e ancor più quello italiano, segneranno l'andamento delle aste dei titoli di stato della settimana non tanto per l'offerta, che sarà sostenuta da diversi rimborsi su altri titoli, ma sui tassi e sul mercato secondario. Tutti gli osservatori notano poi come lo spread della Spagna, che pure ha fondamentali dell'economia peggiori dei nostri, rimanga sotto quota 160 grazie alle riforme varate per ristrutturare l'economia e le banche che pure sono state salvate con fondi Ue. Un progresso riconosciuto anche da S&P che ha alzato il rating del paese nei giorni scorsi. Una decisione sul rating dell'Italia dovrebbe arrivare a inizio giugno ma certo l'azione dell'esecutivo nei prossimi mesi sarà vagliata dagli investitori e dalle autorità europee. Un rallentamento o una inversione di tendenza su questa strada e una crescita della spirale del debito potrebbe pesare di molto sulle quotazioni dei Btp con conseguenze anche sul costo del rifinanziamento. Va segnalato inoltre Secolo d’Italia Qunado Nixon decise di «dare un calcio in culo al Cile di Allende» che nel 2015 dovrà essere rifinanziato un ingente quantitativo di titoli pari a 210 miliardi di euro. Prima di allora comunque, il prossimo 5 giugno sarà la Bce a segnare una direzione. Francoforte dovrà alzare il velo sulle misure non convenzionali per combattere la bassa inflazione, far arrivare i tassi bassi anche nei paesi 'periferici' e rimettere in moto il credito. In attesa delle mosse di Draghi, riunito in questi giorni a Sintra (in Portogalli) con il gotha dei banchieri centrali, della finanza e il direttore generale dell'Fmi Christine Lagarde per un forum, sono attesi anche tutta una serie di dati sull'economia europea fra cui, mercoledì, sarà la volta della fiducia dei consumatori europei. riva. I cittadini europei «vogliono risposte per la crescita e la distribuzione. Ci guardano per avere soluzioni». L'esito del voto non è evocato direttamente, ma è chiaro che Draghi è ben cosciente dell'aria che tira fuori sul simposio ristretto. Presente anche Christine Lagarde, il direttore generale del Fondo monetario internazio- nale protagonista degli infiniti negoziati sui salvataggi europei, Draghi sembra scegliere la via della presa di responsabilità nel dare risposta ai 400 milioni di cittadini europei andati al voto. C'è, nell'intervento del presidente della Bce, il richiamo a una crescita sostenibile, come base per l'integrazione europea che è la garanzia della pace. Ma anche l'invito al realismo, visto che, ricorda Draghi, «l'eredità del debito pubblico e privato continuerà ad avere un impatto economico negli anni a venire». Netta sterzata dopo le uscite degli ultimi mesi. Nei colloqui privati campeggia la decisione della Bce di muoversi a giugno, su cui praticamente Draghi si è legato le mani: come minimo arriverà un taglio dei tassi, mentre restano possibili tassi negativi sui depositi e un ravvicinamento di nuove iniezioni di liquidità e del “credit easing” per rilanciare i prestiti a famiglie e imprese comprandoli dalle banche. Doccia fredda del voto sulla Bce. Draghi: «Dobbiamo delle risposte» Redazione Sul primo simposio della Bce delle banche centrali, una “Jackson Hole” all'Europea nella location simbolica delle colline che sovrastano Lisbona, arriva la doccia gelata del voto europeo e con la forte affermazione di Marine Le Pen in Francia e Alwexis Tsipras in Grecia. Mario Draghi, nell'intervento introduttivo nel resort Pinha Longa, fra i campi da golf a dieci minuti dall'Oceano Atlantico, tarda di un'ora il suo intervento introduttivo, mentre rimbalza in tutto il mondo la notizia della decisa avanzata della destra nazionalista e anti-euro. E alla fine l'accenno, anche se indiretto, al voto europeo da parte di uno dei principali architetti della risposta alla crisi ar- 3 Redazione «È giunta l'ora di dare un calcio in culo al Cile»: questa colorita frase del presidente americano Richard Nixon, rivolta a Henry Kissinger dopo aver saputo che Salvador Allende aveva nazionalizzato l'industria del rame, è contenuta in una serie di 350 documenti del Dipartimento di Stato sui rapporti fra Usa e Cile fra il 1969 e il 1973. I documenti, recentemente declassificati dal governo di Washington, sono stati pubblicati dall'ufficio storico della diplomazia statunitense e ripresi ed analizzati dalla stampa cilena, visto che contengono elementi inediti per ricostruire la storia dell'intervento americano nel paese latinoamericano durante i governi di Eduardo Frei (1964-70) e Allende (70-73). «Il governo Frei è sommerso in una stagnazione economica e una inflazione in aumento», si legge nel primo rapporto preparato dall'ambasciata americana a Santiago nel 1969, nel quale si avverte Washington sulla possibilità di una vittoria della sinistra nelle elezioni del 1970. Fra i documenti anche un'inedita conversazione fra Frei e l'allora ambasciatore americano, Edward Korry, nel marzo del 69: Frei «mi ha detto che non se ne andranno correndo da De Gaulle o all'ambasciata russa, perché non aiuteranno il Cile, solo gli Usa lo faranno», racconta Korry. Con Allende già al potere, e dopo che la stampa informò sulla nazionalizzazione del rame, Nixon parlò al telefono con Kissinger e gli chiese di preparare una reazione, dicendogli: «Dagli l'incarico a Haig (Alexander, allora consigliere militare di Kissinger), al più duro dei figli di puttana che hai, che cominci a preparare qualcosa: è giunta l'ora di dare un calcio in culo al Cile». Egitto, il golpista e uomo forte Sisi ora punta alla presidenza del Paese 4 Antonio Pannullo Dall'uniforme agli abiti civili. Sorridente in pubblico, devoto all'Islam, protagonista della cacciata dei Fratelli musulmani, il "leone" Abdel Fattah al Sisi, è oggi l'uomo forte dell'Egitto, con tutta probabilità prossimo presidente "faraone". Patriottismo, sicurezza, lotta al terrorismo e rilancio dell'economia sono le sue parole d'ordine. Nato al Cairo il 19 novembre del 1954, Sisi è l'autore della defenestrazione con un golpe militare dell'ex presidente Mohamed Morsi, espressione della Confraternita, lo scorso luglio, quando ancora ricopriva la carica di capo delle forze armate. Sposato con 4 figli, Sisi si è diplomato in scienze militari all'accademia e ha frequentato scuole militari inglesi e americane. Comandante della regione militare settentrionale di Alessandria nel 2008 è poi diventato direttore dell'intelligence militare. Dopo la primavera araba del 2011 e le dimissioni del presidente Hosni Mubarak è entrato a far parte del Consiglio supremo delle forze armate, l'organo che detiene il potere. Con l'elezione del presidente Morsi, ha preso il posto del Feldmaresciallo Mohammed Hoseyn Tantawi Secolo d’Italia a Capo di Stato maggiore delle Forze armate e di ministro della Difesa. Nomine favorite dai Fratelli. Ma a fine giugno del 2013, dopo giorni di crescenti manifestazioni popolari contro la Fratellanza, ha assunto la guida della rivolta contro Morsi. Nei mesi successivi ha represso nel sangue la crescente protesta dei Fratelli musulmani, fino a far dichiarare la Confraternita organizzazione terrorista. A gennaio di quest'anno, dopo il referendum sulla Costituzione, il generale è stato promosso al massimo grado di Feldmaresciallo e indicato dal Consiglio supremo delle forze armate come candidato alle elezioni presidenziali. Poi le dimissioni che ha ufficializzato il 26 marzo 2014. Superfavorito nei sondaggi delle presidenziali del 26 e 27 maggio rispetto allo sfidante Hamdine Sabbahi, l'ex generale ha promesso di usare il pugno di ferro contro la Confraternita, che l'esercito non avrà alcun ruolo di potere e che «lotterà contro la povertà». Agli egiziani ha chiesto di «fare dei passi da gigante» per risollevare la patria, ringraziando soprattutto le monarchie arabe del Golfo e l'Arabia Saudita che hanno aiutato e aiuteranno l'Egitto economicamente. Sulla controversa legge sulle manifestazioni ha chiesto di rispettarla, mentre non avrebbe chiuso del tutto una porta sulla possibilità di concedere l'amnistia agli attivisti detenuti. La maggioranza degli egiziani sembra apprezzarlo, ma resta l'incognita delle opposizioni rappresentate dai Fratelli musulmani, dai dissidenti politici e dagli attivisti che, stando ad alcuni analisti, potrebbero riservargli non pochi problemi in futuro. l'Ansa -. In media un turista cinese in un viaggio organizzato trascorre in Italia meno di due giorni (1,80% giornate). Sono circa 2 milioni l'anno, arrivano dalla Francia e trascorrono in Italia meno di due giorni, tappe obbligate Venezia e Roma, oppure Firenze e Roma. Il tour in Europa dura in genere 11-12 giorni e in questo tempo visitano almeno 3-4 Paesi». Oltre ad approdare in Italia in seconda battuta e con il portafoglio già presumibilmente alleggerito dagli acquisti in territorio francese, ci sono altri problemi. «Una volta superato lo scoglio del visto ci sono poi le difficoltà della lingua, sono poche le guide turistiche che parlano cinese dice Liu Cheng, da pochi mesi alla guida dell'ufficio del turismo nella Capitale -. Altre lamentele riguardano la qualità del cibo che non è buona, e la quantità non basta». Possibile che i cinesi non amino la cucina italiana? Il problema è diverso e riguarda il fatto che i turisti in arrivo dalla Cina preferiscono o hanno l'abitudine di frequentare i ristoranti cinesi in Italia, e il livello non è - come è ovvio - equivalente alla cucina consumata nel loro Paese. I cittadini cinesi si lamentano poi della scarsa sicurezza delle nostre strade, sono infatti spesso vittime di scippi e borseggi. Infine, i turisti dell'ex Celeste Impero vogliono poter comodamente bere il loro the in camera: di qui l'importanza del thermos di cui l'albergo italico deve essere necessariamente provvisto. Eppure i numeri dovrebbero farci pensare: tra il 2004-2005 ha preso a svilupparsi il turismo entro i confini del Celeste Impero e dal 2006 - sottolinea il direttore dell'Ufficio del Turismo Liu Cheng - i cinesi hanno cominciato a uscire dai confini nazionali. La voce turismo incide oggi sul Pil cinese per il 3-4% ma l'obiettivo nel giro di qualche anno è quello di raggiungere il 7%. Corea del Sud, Russia, Stati Uniti e Giappone sono le mete principali di 12 milioni di turisti cinesi ogni anno. Cresce il turismo cinese in Europa, ma lʼItalia non parte col piede giusto Redazione Passa dai thermos di acqua calda la via del successo (o del disastro) del turismo cinese in Italia. Le cifre sono impressionanti: dal 2004 in avanti la quota di cinesi che viaggiano all'estero per turismo cresce in maniera tumultuosa, a ritmi del 20% l'anno nell'ultimo periodo, di pari passo con il benessere che sta interessando la fascia media di un Paese da 1,35 miliardi di persone. Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2020 saranno cento milioni i cinesi che viaggeranno all'estero. Un'opportunità straordinaria per le nostre 450.000 imprese del settore - soprattutto piccole e medie - del settore, ma l'Italia è pronta a cogliere questa chance? Le parole del Direttore Ufficio Turismo cinese in Italia, Liu Cheng, lasciano per ora poche speranze. «Tra le mete europee la Francia figura al primo posto, l'Italia resta in seconda posizione - spiega Liu Cheng al- MARTEDì 27 MAGGIO 2014 Sorgeranno a Copenaghen le prime "cliniche dello stress" europee Redazione Il Comune di Copenaghen , capitale della Danimarca, pensa di creare alcune "cliniche dello stress", nell'ambito di un più vasto programma incentrato sui problemi legati alla salute mentale. Secondo il quotidiano "Copenaghen Post" il progetto, promosso dal vice sindaco con la delega alla Sanità, Ninna Thomsen, vorrebbe mettere insieme fondi da impiegare nel budget del 2015, visto che il governo ha annunciato che intende spendere almeno 1,6 miliardi di corone per ammodernare e irrobustire i servizi di igiene mentale. Nel progetto è previsto che i medici inviino i pazienti con sintomi di stress e ansia in psicoterapia. In pratica tutto quello che non si riesce a fare adesso in presenza di persone che soffrono di insonnia, ansia, attacchi di panico ecc., per mancanza di strutture e personale, potrà essere svolto appunto dalla clinica specializzata di Copenaghen. Thomsen ha messo in rilievo la scarsa attenzione che le autorità hanno sempre accordato ai problemi della salute mentale, «mentre sappiamo che molti cittadini sono afflitti da livelli di stress molto alti e secondo alcune statistiche un danese su tre ha problemi psicologici». Finora non c'erano strutture che potessero prendersi cura in tempi adeguati di queste persone, «con la nuova clinica dello stress finalmente potremo dare delle risposte a questi pazienti». Addio a Jaruzelski: dalla guerra a Solidariosc alla transizione democratica MARTEDì 27 MAGGIO 2014 Redazione Si è spento nell'ospedale militare di Varsavia all'età di 90 anni il generale Wojciech Jaruzelski, l'uomo che ha unito l'esperienza della Polonia postbellica, dominata dal regime comunista imposto dall'Unione sovietica e quella moderna e democratica che (dopo la svolta del 1989) da 15 anni fa parte della Nato e da 10 dell'Unione europea. L'uomo che prima ha imposto la legge marziale, poi ha guidato la transizione verso la democrazia. Le tappe della vita di Jaruzelski suscitano ancora fra i polacchi di oggi forte e spesso contrastanti emozioni, perché le sue decisioni politiche hanno inciso con forza sulle scelte di almeno due generazioni. Sono due gli eventi simbolici che vengono ricordati in ogni biografia di Jaruzelski: la tragica notte dell'introduzione della legge marziale del 13 dicembre 1981, con la quale mise fuorilegge Solidarnosc, il primo sindacato autonomo nel blocco comunista nato 16 mesi prima e presieduto da Lech Walesa. Una decisione che per tutta la vita lui ha difeso, spiegando che fu il “male minore”, che evitò un'invasione sovietica: un punto che molti gli hanno sempre contestato, affermando che lui abbia semplicemente ceduto alle pressioni provenienti da Mosca perché ristabilisse l'ordine. Il secondo evento sim- Secolo d’Italia Come difendere la privacy nell'èra dei social network? Arriva un manuale bolico fu il successivo, positivo ruolo che assunse accettando il dialogo della Tavola Rotonda con le forze della opposizione, che ha portato alle elezioni del 4 giugno 1989, vinte da Solidarnosc. Il generale eletto allora presidente della Polonia accettò la svolta democratica del Paese e appoggiò il governo di Tadeusz Mazowiecki, il primo premier non comunista, nella difficile fase della trasformazione politica ed economica della Polonia. Per Adam Szostkiewicz, noto pubblicista del settimanale “Politica”, il caso di Jaruzelski costituisce una rara parabola esistenziale: un uomo «la cui lunga vita politica è finita meglio di come è iniziata». Szo- stkiewicz ha ricordato che all'aspetto “migliore” della vita di Jazruzelski vanno legati due personaggi: Michail Gorbaciov e Papa Wojtyla. «Jaruzelski è il mio migliore amico», ha confessato in un' intervista di due anni fa l'ultimo presidente sovietico. Il filo di simpatia nato dopo il loro primo incontro nel 1987 forse ha facilitato le successive aperture in Polonia. Come anche il rapporto «non solo di carattere diplomatico» ma anche di reciproca comprensione, fra Jaruzelski e Giovanni Paolo II, che indubbiamente ha inciso sulla sorte di Solidarnosc, che poté tornato alla legalità dopo diversi anni anche grazie al sostegno del Pontefice polacco. dalla Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit). In questi ultimi anni, secondo i dati più recenti, il numero di nuove diagnosi di infezione da Hiv si è stabilizzato su circa 4000 nuovi casi all'anno. Nel 2012, più della metà delle segnalazioni sono però pervenute da tre regioni: Lombardia (27,6%), Lazio (14,5%) ed Emilia-Romagna (10,4%). Il Lazio rappresenta dunque una delle regioni maggiormente colpite, rilevano i virologi, con un'incidenza di nuovi casi di infezione da Hiv pari a 8,8 per 100.000 persone residenti, per un totale di circa 10.000 casi di Aids segnalati. È possibile stimare che circa 150mila persone in Italia siano sieropositive. «Il dato allarmante - spiega Massimo Andreoni, presidente Simit - è, appunto, che l'età in cui viene posta la diagnosi è sempre più alta». Ma c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare: «La sensazione di noi specialisti è che le denunce di infezione possano essere sottostimate rispetto ai casi effettivi - aggiunge il virologo Carlo Federico Perno, dell'Università di Roma Tor Vergata -. Al di là dei numeri, infatti, ciò che ci colpisce sono le nuove popolazioni: aumentano, ad esempio, le infezioni per i giovani omosessuali, che pensavamo protetti dalle campagne d'informazione. La colpa - rileva - è chiara, e sta nella totale assenza della percezione della malattia e la completa incoscienza di fronte alla sua gravità». Insomma, commenta ancora Andreoni, «la sensazione che si percepisce è che la nuove possibilità terapeutiche che rendono oggi questa malattia controllabile nella maggior parte dei casi e un ridotto interesse da parte dei media abbiano determinato una perdita di attenzione da parte della popolazione alla trasmissione di questa grave infezione». In Italia tempi ancora troppo lunghi per le diagnosi dellʼAids Redazione Italia tra i "fanalini di coda" in Europa per i tempi di diagnosi dell'HivAids: nonostante i progressi fatti sul fronte delle terapie nel corso degli anni, infatti, la malattia nel nostro paese viene diagnosticata ancora troppo tardi, a un'età media di 38 anni per i maschi e di 36 per le femmine, e quando l'infezione ha già determinato gravi danni. È questo l'allarme lanciato dagli specialisti, insieme ad altri due dati preoccupanti: l'infezione sta crescendo in categorie che si pensava "coperte" dalla campagne di informazione come gli omosessuali - e in alcune regioni in particolare, tra le quali il Lazio. A fare il punto su progressi e criticità dell'Aids in Italia, gli esperti riuniti a Roma, sino al 27 maggio, in occasione della Conferenza italiana sull'Aids "Italian Conference on Aids and Retrovirus", promossa 5 Redazione Ragazzi che espongono i loro segreti più intimi e le proprie fotografie per gioco o per amore, genitori inesperti della rete, utenti che installano l'app sbagliata allettati dalla parola "gratis", professionisti che mettono a rischio i loro contatti di lavoro, molestatori e cyberbulli che pensando di essere protetti dall'anonimato colpiscono le persone più deboli. Sono solo alcune delle tematiche che il Garante per la protezione dei dati personali affronta nella guida "Social Privacy - Come tutelarsi nell'era dei social network". L'Autorità analizza i principali fenomeni, problemi e opportunità legate all'uso dei social network e propone consigli e soluzioni che possano aiutare la "generazione 2.0", utenti alle prime armi, insegnanti e famiglie, esperti e manager. Nel vademecum sono prese in considerazione le nuove frontiere aperte non solo dai social network tradizionali, ma anche dalle numerose piattaforme di messaggistica sociale istantanea, la cui crescita è andata di pari passo con la rapidissima diffusione di smartphone e di altri strumenti come tablet e phablet, o le cosiddette "tecnologie indossabili" come occhiali e orologi "intelligenti". Proprio con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza degli utenti e offrire loro ulteriori spunti di riflessione e strumenti di tutela, il Garante ha proposto un decalogo che aiuta a utilizzare le opportunità offerte dal mondo digitale difendendosi dalla trappole della rete. Il testo è suddiviso in quattro capitoli: "Facebook & co", "Avvisi ai naviganti", "Ti sei mai chiesto?", "10 consigli per non rimanere intrappolati". I nomadi a Milano: Pisapia li sgombera da un campo per trasferirli in un altro 6 Redazione «Grazie al buonismo della Giunta Pisapia abbiamo appreso dai residenti di via Monte Cimone che nella strada, nel tratto fra piazzale Cuoco e via Varsavia, è nato un nuovo campo rom abusivo. Con decine di camper dei nomadi parcheggiati lungo la via. I cittadini non hanno fatto in tempo, dopo una battaglia durata oltre due anni, a liberarsi del mercato abusivo di piazzale Cuoco-Monte Cimone-viale Molise, che è già nato un nuovo insediamento». E' quanto sostiene Riccardo De Corato, vicepresidente del Consiglio comunale e capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale in Regione Lombardia, sul campo rom abusivo sorto in via Monte Cimone. I residenti si dicono esasperati. Si sono già attivati con esposti e segnalazioni a Palazzo Marino, ma ancora non hanno ottenuto alcuna risposta. Una cittadina ha pure segnalato il problema al capo della polizia municipale e aspetta un cenno. E tutto questo mentre la Giunta arancione è inesistente e, come dicono i cittadini, “fa orecchio da mercante”. Organizza sgomberi farsa, come quello recente in viale Forlanini. Ma non fa altro che spostare i nomadi da una parte allʼaltra della città. Al con- Secolo d’Italia Forza Italia al fianco di Maroni nella lotta alla corruzione in Lombardia trario di quello che abbiamo sempre fatto noi nelle precedenti amministrazioni. Sono i numeri a confermare questa intollerabile inerzia. Numeri che erano stati evidenziati dal prefetto di allora, Gian Valerio Lombardi, in unʼintervista concessa al giornalista Foschini del “Corriere della Sera" il 30 ottobre 2010. Il prefetto aveva evidenziato lʼallontanamento di ben ottomila nomadi fra 2007 e 2010. Mentre dal 2011 a oggi, da quando insomma la città è amministrata da Pisapia, il loro numero è praticamente identico. Questo dimostra come la politica sui nomadi di questa amministrazione sia assolutamente discontinua rispetto alla nostra. Pisapia non fa che trasferire i nomadi da una parte allʼaltra. Se li sgombera da un campo li ospita nei centri di via Lombroso o di via Barzaghi. Ai nomadi vengono assegnati gli alloggi acquistati dalla Caritas e dalla Casa della carità con i soldi del Comune. E, quando non ottengono li alloggi, se li prendono con la forza, alla faccia della legalità di cui parla spesso, a vanvera, lʼassessore Granelli. Come dimostrano le occupazioni abusive delle case popolari di via Quarti, Lorenteggio e altre zone della città. E questo nuovo, ennesimo, campo abusivo». Un atteggiamento, ribadisco, che denota una grave mancanza di rispetto verso i cittadini». E' quanto denuncia Antonello Aurigemma, consigliere regionale di Forza Italia, che così prosegue: «Premesso questo, è giusto ripercorrere lʼintera vicenda. Molte regioni del nord, se pensiamo alla Lombardia o al Veneto, hanno realizzato importanti infrastrutture costituendo società pubblico-private, che consentono alle stesse Regioni di incassare i soldi del pedaggio. Risorse preziose che possono essere reinvestite per le istanze della cittadinanza, come la sanità e i servizi sociali. Proprio su questa idea venne creata Arcea, che realizzò la progettazione dellʼopera e ottenne il finanziamento dal Cipe (40% a fondo perduto). Adesso ci sono state delle evoluzioni davvero incomprensibili. Infatti, il progetto redatto da Arcea è stato arbitrariamente messo a disposizione della società Autostrade per il Lazio affinché la stessa organizzasse la messa in gara della concessione già detenuta da Arcea. In questo modo verrebbe causata una perdita miliardaria nelle casse della Regione, poiché i proventi dei pedaggi non arriverebbero alla Regione. Quindi, in sostanza, sarebbe il privato in questo caso a usufruire del sostanzioso finanziamento del Cipe (ripetiamo, il 40% a fondo perduto). Risulta davvero assurda questa eventualità, della quale non comprendiamo i motivi, e soprattutto i vantaggi. Noi insistiamo su questo passaggio: perché la Regione Lazio, o meglio i cittadini, devono essere privati di guadagni cosi consistenti che potrebbero essere reinvestiti nei settori nevralgici? Soprattutto, di fronte ad un finanziamento così cospicuo del Cipe, perché i guadagni devono andare al privato? Noi restiamo convinti che – ha concluso Aurigemma – qualora si procederà su questa strada, si rischierà di creare un danno alle casse della Regione e anche un danno erariale per i mancati introiti per lʼEnte». Per la Roma-Latina la Regione Lazio rischia il danno erariale Redazione «Sono mesi che ho presentato interrogazioni per avere chiarimenti sulla vicenda della realizzazione della Roma-Latina, di cui è concessionaria Arcea, società pubblicoprivata, controllata con il 51% dalla Regione. Ma dalla Regione Lazio silenzio assoluto; anche la audizione in commissione, da me richiesta, ha visto lʼassenza dellʼassessore alle Infrastrutture. MARTEDì 27 MAGGIO 2014 Redazione «Sulla sanità Forza Italia è al fianco del presidente Maroni nell'impegno per la trasparenza. Un impegno forte e pienamente condiviso da Forza Italia, volto a contrastare la corruzione e spazzare via ogni ombra sull'operato della Regione Lombardia». Lo ha dichiarato Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza Italia e vice capogruppo vicario alla Camera. «Prendiamo le distanze da episodi del passato che hanno contribuito a determinare le attuali difficoltà della Regione. Servono discontinuità e regole ancora più severe nella gestione delle risorse pubbliche in un comparto tanto importante. Restiamo garantisti e condividiamo la volontà del presidente Maroni di fare pulizia. Quello che interessa a Forza Italia è la qualità delle prestazioni sanitarie in Lombardia che continuano ad essere al top come dicono tutti gli indicatori internazionali. Vogliamo salvaguardare i notevoli risultati raggiunti dalla sanità lombarda e tutelare i cittadini. Per farlo con successo dobbiamo essere uniti nell'opporci al malaffare. La riforma del sistema socio-sanitario va fatta per garantire in futuro il massimo dell'innovazione anche in piena stagione di “spending review". Per questo – ha concluso la Gelmini – auspichiamo che le linee guida della riforma siano oggetto di un approfondito dibattito in maggioranza per giungere ad una piena condivisione nel rispetto delle deleghe e delle competenze di tutti i componenti della Giunta». Sul palco i migliori artisti italiani e stranieri: si apre la stagione dei concerti “a tutto rock” Secolo MARTEDì 27 MAGGIO 2014 d’Italia Liliana Giobbi Un'estate a tutto rock. È quella che sta per arrivare negli stadi e nei festival di tutta Italia, nelle prossime settimane, calde non solo dal punto di vista climatico, ma anche da quello musicale. L'evento clou della stagione si annuncia il concerto dei Rolling Stones a Roma, domenica 22 giugno, nell'inconsueta cornice, quantomeno per un live a pagamento, del Circo Massimo. Biglietti andati a ruba, con 50mila ticket volatilizzati in meno di due ore. Ma gli appuntamenti tra italiani e stranieri, per chi ama la musica dal vivo, saranno numerosi a partire già dai prossimi giorni. È Ligabue, tra i big, a dare il via alla cascata di decibel con il Mondovisione tour - Stadi, al via il 30 maggio dall'Olimpico di Roma, dopo il successo dei live nelle piccole città. Sempre dallo stadio della capitale, il 25 giugno, Vasco Rossi inaugura la serie dei suoi 7 concerti del Live Kom '014: tre date a Roma, quattro a Milano tra fine giugno e l'inizio di luglio. Tra gli italiani, pronta a partire anche Emma, che dopo l'esperienza Euro Contest debutta il 7 luglio all'Arena di Verona con il primo dei sei concerti speciali "Emma Limited Edition". I Modà, invece, reduci dal tour internazionale, tornano in Italia: l'11 luglio all'Olimpico di Roma, il 19 luglio a San Siro a Milano. Per vedere insieme molti dei protagonisti della musica italiana, l'appuntamento è il 3 giugno a Roma, con l'8/a edizione dei Music Awards. La manifestazione vedrà alternarsi sul palco Alessandra Amoroso, Biagio Antonacci, Arisa, Mario Biondi, Luca Carboni, Gigi D'Alessio, Pino Daniele, Elisa, Emis Killa, Emma, Fedez, Giorgia, Fiorella Mannoia, Marco Mengoni, Modà, Moreno, Ligabue, Laura Pausini, Gue' Pequeno, Max Pezzali. Tra gli stranieri, ragazzine già in fibrillazione per gli One Direction che approdano prima a Milano il 28 e 29 giugno (sold out già da mesi) e poi a Torino (il 6 luglio). Il primo luglio è una giornata "hot" con i Metallica che faranno la loro unica apparizione in Italia a Roma. Nella stessa giornata, sempre a Roma e sempre data unica, sarà la volta di Charles Aznavour, il Frank Sinatra della Francia che canta in 7 lingue e ha appena festeggiato i suoi 90 anni. A Milano invece è di scena il belga Stromae, unico artista a piazzare un disco in francese al top della classifica degli album più venduti in Italia. Ma sono diversi gli artisti che fa- 7 ranno un'apparizione lampo nel nostro Paese con un'unica data: il Bangerz tour della ragazza terribile Miley Cyrus fa tappa al Forum di Assago; concerto-evento per i Linkin Park il 10 giugno a Milano; i Black Sabbath saranno a Bologna il 18 giugno; The Black Keys l'8 luglio a Roma, per presentare anche il loro nuovo album appena uscito. Rivive la voce di Eduardo con la traduzione di Shakespeare in napoletano Redazione Aveva registrato in uno studio, allestito alla buona, nella cantina della sua casa a Velletri e alla fine sentiva di avercela fatta. Pochi mesi prima di morire, nel 1984, Eduardo De Filippo si cimentò con Shakespeare per tradurre in napoletano e recitare “La tempesta”, una delle ultime commedie del poeta inglese. Trent'anni dopo quella voce, inedita e prestata a tutti i personaggi maschili dell'opera, torna a rivivere in una serata-spettacolo organizzata il 28 maggio alla Sapienza di Roma, dove l'attore fu professore a contratto dal 1981 all'83. In uno stralcio, tratto dal primo atto e diffuso in esclusiva dall'Ansa, si sente il personaggio del nostromo che, allo scoppio della tempesta e del naufragio provocato dalla magia di Prospero, discute con i nobili passeggeri della nave che si rifiutano di scendere in cabina, intralciando così le manovre dei marinai. Di quel lavoro Eduardo parlò solo a studenti, professori e attori che il 29 maggio 1984 riempirono un'aula della Sapienza per ascoltarlo. «Ho affrontato uno scoglio abbastanza duro – aveva spiegato – ho voluto servire il più grande poeta del mondo, credo di avercela fatta non a lui, a me..», facendo sorridere il pubblico. «Questo è appena un assaggio – aveva aggiunto – si sente qualche fischietto.. ma ci si passa sopra perché la parola è quello che conta. Qui dobbiamo aggiungere le scene. Ma le scene a che cosa possono portare se non ci sono le parole, se non ci sono le parole scelte?». E aveva concluso: «L'autore della “Tempesta” aveva scelto bene le parole, io conoscevo la tavolozza napoletana». Quella registrazione non fu mai pubblicata né il re del teatro italiano riuscì a portare in scena la commedia. Morì il 31 ottobre 1984. La serata del 28 maggio, che inaugura il ciclo di iniziative intitolato “Eduardo dopo Eduardo” e promosso dal Centro teatro ateneo, sarà l'occasione per riascoltare quel lavoro. Alla voce di Eduardo si aggiungeranno, tra l'altro, quelle, dal vivo, del figlio Luca Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO DʼITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato) Alessio Butti Antonio Giordano Antonio Triolo Ugo Lisi che leggerà alcune poesie del padre e di testimoni come Ferruccio Marotti e Gianfranco Cabiddu, che all'epoca sostennero l'impresa. 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