abbiamo perso. non succeda più: rivoluzioniamo il

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abbiamo perso. non succeda più: rivoluzioniamo il
d’Italia
ABBIAMO PERSO. NON SUCCEDA PIÙ:
RIVOLUZIONIAMO IL CENTRODESTRA
ANNO LXII N.122
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Girolamo Fragalà
Non accampiamo scuse, non è andata
bene. Diciamolo chiaramente, è andata
male. Malissimo. Trovare giustificazioni, aggrapparsi allʼaritmetica, giocare col bicchiere mezzo pieno e
mezzo vuoto è un segnale pericoloso,
è come aver paura di guardarsi allo
specchio. È tutto vero, non è stata una
campagna elettorale semplice, Forza
Italia veniva fuori malconcia da una stagione difficile che ha visto la condanna
di Berlusconi, il divieto di fare comizi
fuori dal recinto deciso dalle toghe, lʼobbligo di tornare a casa a un certo orario,
ancor prima della mezzanotte e quindi
peggio di Cenerentola, gli insulti e la
derisione da parte degli avversari, la
sensazione che era lʼultima volta di un
leader costretto allʼangolo. Il partito di
Alfano, invece, ha pagato la scissione,
le accuse di tradimento, il paradosso di
chiamarsi Nuovo Centrodestra ed essere parte integrante del governo di
centrosinistra. Una situazione ibrida
che gli elettori hanno rispedito al mittente. Fratelli dʼItalia – dopo una partenza in quarta – ha finito per pagare la
polarizzazione creata dai media sui tre
principali competitor e quindi ha avuto
poche possibilità di manovra. Diverso il
discorso della Lega che è riuscita a
cancellare il passato di scandali e ha
inciso di nuovo sul territorio con una
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Lʼironia di Fiorello
si abbatte sulle europee:
colpiti Vespa, Alfano e…
la nonna di Renzi
forte identità anti-euro e anti-immigrazione. Nonostante ciò – dicono in molti –
se si sommano i voti dei vari partiti di centrodestra la coalizione non ha perso rispetto alle politiche. Anzi, se vogliamo
essere precisi, ha addirittura fatto qualche
passettino in avanti. Una tesi a rischio.
Perché mentre alle politiche la situazione
era diversa, cʼerano tre poli (centrosinistra,
centrodestra e centristi montiani) con lʼaggiunta di Grillo, ora i centristi montiani
sono stati completamente asfaltati, non
esistono più. Ma i voti dei loro ex elettori
sono finiti tutti nelle casse di Renzi, che ne
ha tratto enorme profitto. Di conseguenza
adesso non ci sono due coalizioni che se
la giocano alla pari, ma una coalizione che
vola oltre il 40 per cento e unʼaltra che,
conti alla mano, non appare competitiva, è
ferma al 30. Quindi è inutile rifugiarsi in
calcio dʼangolo, le abbiamo prese. Ma le
migliori vittorie si costruiscono proprio sulle
grandi sconfitte, se si è capaci di agire e
se si conserva la lucidità. Si parta da un
dato: il centrodestra va rivoltato come un
pedalino. Non tanto rifondato quanto rivoluzionato. Si abbia il coraggio di farlo,
senza rancori e senza dispetti. Non servono Robespierre, serve ritrovare le energie giuste e lʼentusiasmo che si è
volatilizzato. E magari scelte che non piovano dallʼalto perché quegli italiani (il 30
per cento e passa) che – nonostante tutto
e contro tutti – hanno votato per il centrodestra non sono un corpo indistinto.
Vanno coinvolti. Seriamente.
Salvini che, cavalcando la protesta
nei confronti dellʼeuro, ha fatto segnare dati lusinghieri in tutto il Nord.
Una polarizzazione cercata, voluta da
Renzi e dai suoi strateghi e accettata
da Grillo al grido di «o noi, o loro».
Cosicché tutti quelli che hanno avuto
paura delle scempiaggini e degli anatemi del comico genovese – anche
tanti che in precedenza lʼavevano
premiato – hanno trovato naturale rifugio in questo Pd renziano, senza
angoli, senza iperboli: quasi fosse
stata riesumata la vecchia e cara Dc.
Fermo restando che parte dei delusi,
dei nauseati, anzitutto di quelli che
tradizionalmente votavano a destra
ha, stavolta, allargato a dismisura
lʼarea del non voto. Area dove stazionano oggi, in attesa evidente di pro-
poste interessanti, non meno di 10 milioni di potenziali elettori. Quelli che
non cʼhanno creduto. Quelli che non ci
credono più. Quelli che si sono stancati. Che sono rimasti a casa o sono
andati al mare. A tutti costoro, oltre che
a quanti hanno partecipato, i responsabili più avveduti e sensibili di quello
che fu il Centrodestra trionfante degli
scorsi anni dovranno trovare il modo di
rivolgersi. Da domani. Predisponendo,
senza presunzione o ostracismi, una
piattaforma politico-programmatica
chiara e semplice. E lavorando per
farsi trovare pronti al prossimo appuntamento. Con unʼofferta elettorale intrigante e migliore. Non disdegnando le
novità. E neppure qualche faccia
nuova. Perché la luna di miele col Pd
non durerà per sempre.
La vera scommessa politica è nella capacità di intercettare il dissenso
Mario Aldo Stilton
Non solo il voto al Pd di Renzi. Anche
la partecipazione al voto è stata superiore alle aspettative. Due fattori
che hanno mandato in evidente confusione i sondaggisti. E che hanno
prodotto le sorprese maggiori. LʼItalia
è stato il paese dellʼUnione dove si è
votato di più. Anche se il raffronto con
le politiche dellʼanno scorso è impietoso: meno 17 punti percentuali. Più
del risultato della stessa Forza Italia.
Il dato da tenere a mente è anzitutto
la polarizzazione dello scontro RenziGrillo. Il derby «Speranza» contro
«Rabbia» e lʼarrancare di un Berlusconi mai domo (anche se azzoppato
dalla nota sentenza), ha compromesso la visibilità degli altri contendenti. Fatta eccezione per la Lega di
martedì 27/5/2014
Redazione
«Vince Renzi, Grillo asfaltato:
ovviamente divento renziano»:
scherza Fiorello, allʼindomani
delle Europee, e fa la parodia
di Porta a Porta su Radio1 nellʼappuntamento odierno di
Fuori programma. Spalleggiato
da Marco Baldini, lo showman
imita un Bruno Vespa che non
vede lʼora di intervistare Renzie che, nellʼattesa, già indossa
un giubbotto di pelle nera alla
Fonzie e canta “Happy days”.
Ce nʼè anche per il ministro
Maria Elena Boschi, la prima a
commentare nella notte il
trionfo del Pd, scimmiottata, in
versione Anita Ekberg nella
Dolce vita, mentre dalla Fontana di Trevi lancia il sensuale
richiamo: «Matteo, come
here». Nel salotto di Vespa
anche Fiorello-Alfano, che
commenta le percentuali ottenute da Ncd come numeri «da
pressione delle gomme» e ammette: «Non mi hanno votato
neanche in famiglia». La voce
femminile di Fuori programma,
la cantante Silvia Aprile, intona
la notizia del giorno: «Lʼha buttato giù come un birillo, Renzi
ha doppiato Grillo» mentre Fiorello cita lʼhashtag #vinciamopoi nato su twitter per
ironizzare sul risultato del Movimento 5 Stelle. E ancora sul
Pd: «Neanche la Dc prendeva
il 40%, Renzi ha iniziato a farsi
chiamare Alcide». Fiorello si
cala allora nei panni della
nonna di Renzi, una delle
nuove parodie, che fa i trenini e
festeggia perché – dice – ora
potrà andare in crociera ai Caraibi insieme alla sue amiche,
come promesso da Matteo. «Il
miʼ nipote ha vinto al grido di
“gli foʼ vedere io”», esulta. E
Berlusconi? «Stavolta non lʼha
votato neanche Dudù».
La mossa decisiva: Beppe spaventa gli elettori
come un novello Stalin. E Matteo ringrazia…
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Secolo
d’Italia
Aldo Di Lello
Matteo Renzi dovrebbe rivolgere
un pensiero a Nonna Dc. Gli
unici casi in cui, nella storia dellʼItalia repubblicana, un partito
politico ha ricevuto il 40 per
cento dei voti sono limitati agli
anni Cinquanta (il 18 aprile del
1948 fa storia a sé), quando appunto la Balena Bianca raccoglieva voti a mani basse nei
territori ubertosi dellʼItalia “profonda” , tra i ceti “moderati” e
persino un poʼ reazionari, tra le
insegnanti in pensione, le Dame
di Carità, i marescialli in congedo, i sacrestani, i coltivatori diretti, gli attivisti dellʼAzione
cattolica e tutta la gente pia e timorata che voleva fare da “diga”
al pericolo comunista. Non per
niente, leo Longanesi scriveva
che lʼItalia era stata salvata dalle
“vecchie zie”. In quegli stessi
anni, il Pci di Togliatti prendeva
più o meno la stessa percentuale che ha ottenuto Bebbe
Grillo alle Europee: poco più del
20 per cento. Lʼodierno distacco
tra il primo e secondo partito si
avvicina molto, in particolare, a
quello del 1958, quando la Democrazia cristiana conquistò il
42 per cento e il Partito comunista il 22.
Dietro le cifre, si intravedono similitudini che possono in buona
parte spiegare il boom di Renzi e
il parallelo flop di Grillo. La similitudine più vistosa si chiama
paura. E sì, parliamo sempre di
quel bisogno di rassicurazione
che percorre il cuore dellʼItalia
profonda ogni volta che sulla
linea dellʼorizzonte compaiono le
orde dei “barbari”. Non era scontato che andasse così, ma, se è
andata così, è stato soprattutto
per colpa della tracotanza e
della dabbenaggine di Grillo, il
quale ha fatto di tutto, minac-
Francesco Signoretta
Non sono stati classificati nella categoria “Altri”, come di solito si fa con i
partiti piccoli o estemporanei, solo in
memoria del tempo che fu, dalla stagione del «tutti dentro» a quella dellʼUomo della Provvidenza. Sono
passati quasi inosservati nei commenti del dopo-voto, tutti a parlare di
Grillo asfaltato, di Renzi recordman
di voti (e presenze televisive), di Berlusconi salito sul ring elettorale con
una mano legata dietro la schiena,
della scommessa del quorum. E quei
due? I due dellʼapocalisse? Spariti,
come se i loro partiti non si fossero
presentati alle elezioni, come se
sulle schede non ci fossero stati i
loro simboli. I due sono Mario Monti
e Antonio Di Pietro. Uomini forti o dei
poteri forti, uomini che erano stati
chiamati a rivoluzionare lʼItalia, entrambi salvatori della patria, il tintinnìo di manette, la politica lacrime e
sangue, mani pulite e banche rinfrescate, i che cʼazzecca e gli inchini
alla Merkel. DallʼIsola del Giglio alla
Germania, le rispettive navi sono affondate negli abissi della politica e i
loro capitani stavolta non sono fuggiti
su una scialuppa di salvataggio, sono
affondati anche loro (tranne Monti
che, nonostante la mancanza totale
di voti, è stato blindato come senatore a vita in tempi non sospetti).
Sono finiti, hanno preso lo zero virgola e nessuno sembra rimpiangerli.
Perché – e questa è unʼaltra lettura
che va data ai risultati delle europee
– sono finite anche due stagioni,
quelle del Terrore giustizialista, una
replica raffinata della ghigliottina da
rivoluzione francese, e quella del rigore a tutti i costi, dove a essere ghigliottinate erano le famiglie, chiamate
a sacrifici immani in nome di un non
meglio identificato bene del Paese.
Gli elettori hanno dato lʼaddio a Di
Pietro e ai suoi ragionamenti un poʼ
ossessivi. E hanno spedito allʼinferno
Monti, uno dei protagonisti del colpo
di stato del novembre 2011, tanto
gradito alla Merkel. Due uomini diversi, due storie parallele, con il finale
comune. Sul grande schermo è comparsa la scritta The End. Non è scesa
neppure una lacrima sul vito degli
spettatori. In tanti hanno tirato un sospiro di sollievo. Finalmente.
Sono venuti a mancare (elettoralmente)
Monti e Di Pietro. I rispettivi partiti
ne danno il triste annuncio
MARTEDì 27 MAGGIO 2014
ciando sfracelli a alzando sempre di più lʼasticella della polemica (fino al punto di
paragonarsi, ancorché goliardicamente, a Hitler e a Stalin), per
regalare frotte di elettori a Renzi.
Prova ne sia la sua tardiva comparsata nel salotto di Bruno
Vespa, quando ha cercato di
fare il “simpatico” perché si era
evidentemente accorto che il
personaggio dellʼAmmazzasette
aveva perso il suo appeal elettorale. Peggio per lui e meglio per
Renzi, il quale si ritrova una percentuale “democristiana” al di là
dei suoi meriti (che comunque ci
sono e che non vanno certo trascurati).
Insomma, per qualche giorno
abbia rivissuto il clima infuocato
degli anni Cinquanta. Con la differenza che stavolta, a spaventare
le
“vecchie
zie”
longanesiane, non cʼerano i carri
armati dellʼArmata Rossa, ma gli
indici di Borsa e lʼandamento
dello spread, impennatosi fino a
200 punti nella settimana che ha
preceduto il voto (quando i mercati finanziari temevano il “sorpasso” del M5S sul Pd) , e
precipitato a 160 già lunedì, allʼapertura delle Borse.
È lecito a questo punto chiedersi
perché invece lʼeffetto paura non
ha funzionato nelle elezioni dello
scorso anno. Il motivo è semplice: nessuno, nel 2013, ha
evocato lo spettro dei “barbari”
alle porte. Il 25 per cento conquistato dai grillini alle politiche
ha sorpreso innanzi tutto i grillini
stessi. Un anno fa ci fu un voto
di rabbia: contro lʼausterità, contro lʼImu, contro le amare ricette
del governo Monti, contro la corruzione dilagante (lʼesplosione
del caso Mps spostò masse di
voti in settimane decisive). Nelle
europee del 2014 il sentimento
dominante è stato invece quello
della paura: dellʼimpoverimento,
della recessione, della crescita
che non riparte, della disoccupazione sempre più alta. Grillo
ha scioccamente pensato che
queste nuove paure potessero
favorirlo. E Renzi ne ha approfittato. Le similitudini tra il Pd di
oggi e la Dc di ieri si fermano
però qui. Lo Scudocrociato degli
anni Cinquanta poteva contare
su gente come Fanfani, Moro,
Scelba, Vanoni, Pella. Renzi può
invece contare sui Delrio, le Mogherini, i Nardella, le Serracchiani. Unicuique suum.
Primo test per i titoli di Stato: il Tesoro
“saggia” le reazioni al voto europeo
MARTEDì 27 MAGGIO 2014
Redazione
Il primo test per i titoli di Stato arriverà con l'emissione di Ctz e Btei
fino a 4 miliardi di euro, per seguire
con il Bot da 6,4 miliardi a sei mesi il
giorno successivo e i Btp a 10 anni,
fino a 3 miliardi, il giovedì. Il voto europeo, e ancor più quello italiano, segneranno l'andamento delle aste dei
titoli di stato della settimana non
tanto per l'offerta, che sarà sostenuta da diversi rimborsi su altri titoli,
ma sui tassi e sul mercato secondario. Tutti gli osservatori notano poi
come lo spread della Spagna, che
pure ha fondamentali dell'economia
peggiori dei nostri, rimanga sotto
quota 160 grazie alle riforme varate
per ristrutturare l'economia e le banche che pure sono state salvate con
fondi Ue. Un progresso riconosciuto
anche da S&P che ha alzato il rating
del paese nei giorni scorsi. Una decisione sul rating dell'Italia dovrebbe
arrivare a inizio giugno ma certo
l'azione dell'esecutivo nei prossimi
mesi sarà vagliata dagli investitori e
dalle autorità europee. Un rallentamento o una inversione di tendenza
su questa strada e una crescita della
spirale del debito potrebbe pesare di
molto sulle quotazioni dei Btp con
conseguenze anche sul costo del rifinanziamento. Va segnalato inoltre
Secolo
d’Italia
Qunado Nixon decise
di «dare un calcio in culo
al Cile di Allende»
che nel 2015 dovrà essere rifinanziato un ingente quantitativo di titoli
pari a 210 miliardi di euro. Prima di
allora comunque, il prossimo 5 giugno sarà la Bce a segnare una direzione. Francoforte dovrà alzare il
velo sulle misure non convenzionali
per combattere la bassa inflazione,
far arrivare i tassi bassi anche nei
paesi 'periferici' e rimettere in moto
il credito. In attesa delle mosse di
Draghi, riunito in questi giorni a Sintra (in Portogalli) con il gotha dei
banchieri centrali, della finanza e il
direttore generale dell'Fmi Christine
Lagarde per un forum, sono attesi
anche tutta una serie di dati sull'economia europea fra cui, mercoledì, sarà la volta della fiducia dei
consumatori europei.
riva. I cittadini europei «vogliono risposte per la crescita e
la distribuzione. Ci guardano
per avere soluzioni». L'esito del
voto non è evocato direttamente, ma è chiaro che Draghi
è ben cosciente dell'aria che
tira fuori sul simposio ristretto.
Presente anche Christine Lagarde, il direttore generale del
Fondo monetario internazio-
nale protagonista degli infiniti
negoziati sui salvataggi europei, Draghi sembra scegliere la
via della presa di responsabilità
nel dare risposta ai 400 milioni
di cittadini europei andati al
voto. C'è, nell'intervento del
presidente della Bce, il richiamo a una crescita sostenibile,
come
base
per
l'integrazione europea che è la
garanzia della pace. Ma anche
l'invito al realismo, visto che, ricorda Draghi, «l'eredità del debito
pubblico
e
privato
continuerà ad avere un impatto
economico negli anni a venire».
Netta sterzata dopo le uscite
degli ultimi mesi. Nei colloqui
privati campeggia la decisione
della Bce di muoversi a giugno,
su cui praticamente Draghi si è
legato le mani: come minimo
arriverà un taglio dei tassi,
mentre restano possibili tassi
negativi sui depositi e un ravvicinamento di nuove iniezioni di
liquidità e del “credit easing”
per rilanciare i prestiti a famiglie
e imprese comprandoli dalle
banche.
Doccia fredda del voto sulla Bce.
Draghi: «Dobbiamo delle risposte»
Redazione
Sul primo simposio della Bce
delle banche centrali, una
“Jackson Hole” all'Europea
nella location simbolica delle
colline che sovrastano Lisbona,
arriva la doccia gelata del voto
europeo e con la forte affermazione di Marine Le Pen in Francia e Alwexis Tsipras in Grecia.
Mario Draghi, nell'intervento introduttivo nel resort Pinha
Longa, fra i campi da golf a
dieci minuti dall'Oceano Atlantico, tarda di un'ora il suo intervento introduttivo, mentre
rimbalza in tutto il mondo la notizia della decisa avanzata della
destra nazionalista e anti-euro.
E alla fine l'accenno, anche se
indiretto, al voto europeo da
parte di uno dei principali architetti della risposta alla crisi ar-
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Redazione
«È giunta l'ora di dare un calcio in culo
al Cile»: questa colorita frase del presidente americano Richard Nixon, rivolta a Henry Kissinger dopo aver
saputo che Salvador Allende aveva nazionalizzato l'industria del rame, è contenuta in una serie di 350 documenti
del Dipartimento di Stato sui rapporti
fra Usa e Cile fra il 1969 e il 1973. I documenti, recentemente declassificati
dal governo di Washington, sono stati
pubblicati dall'ufficio storico della diplomazia statunitense e ripresi ed analizzati dalla stampa cilena, visto che
contengono elementi inediti per ricostruire la storia dell'intervento americano nel paese latinoamericano
durante i governi di Eduardo Frei
(1964-70) e Allende (70-73). «Il governo Frei è sommerso in una stagnazione economica e una inflazione in
aumento», si legge nel primo rapporto
preparato dall'ambasciata americana a
Santiago nel 1969, nel quale si avverte
Washington sulla possibilità di una vittoria della sinistra nelle elezioni del
1970. Fra i documenti anche un'inedita
conversazione fra Frei e l'allora ambasciatore americano, Edward Korry, nel
marzo del 69: Frei «mi ha detto che
non se ne andranno correndo da De
Gaulle o all'ambasciata russa, perché
non aiuteranno il Cile, solo gli Usa lo
faranno», racconta Korry. Con Allende
già al potere, e dopo che la stampa informò sulla nazionalizzazione del
rame, Nixon parlò al telefono con Kissinger e gli chiese di preparare una
reazione, dicendogli: «Dagli l'incarico a
Haig (Alexander, allora consigliere militare di Kissinger), al più duro dei figli di
puttana che hai, che cominci a preparare qualcosa: è giunta l'ora di dare un
calcio in culo al Cile».
Egitto, il golpista e uomo forte Sisi
ora punta alla presidenza del Paese
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Antonio Pannullo
Dall'uniforme agli abiti civili. Sorridente in pubblico, devoto all'Islam,
protagonista della cacciata dei Fratelli musulmani, il "leone" Abdel Fattah al Sisi, è oggi l'uomo forte
dell'Egitto, con tutta probabilità
prossimo presidente "faraone". Patriottismo, sicurezza, lotta al terrorismo e rilancio dell'economia sono
le sue parole d'ordine. Nato al Cairo
il 19 novembre del 1954, Sisi è l'autore della defenestrazione con un
golpe militare dell'ex presidente
Mohamed Morsi, espressione della
Confraternita, lo scorso luglio,
quando ancora ricopriva la carica di
capo delle forze armate. Sposato
con 4 figli, Sisi si è diplomato in
scienze militari all'accademia e ha
frequentato scuole militari inglesi e
americane. Comandante della regione militare settentrionale di Alessandria nel 2008 è poi diventato
direttore dell'intelligence militare.
Dopo la primavera araba del 2011
e le dimissioni del presidente Hosni
Mubarak è entrato a far parte del
Consiglio supremo delle forze armate, l'organo che detiene il potere.
Con l'elezione del presidente Morsi,
ha preso il posto del Feldmaresciallo Mohammed Hoseyn Tantawi
Secolo
d’Italia
a Capo di Stato maggiore delle
Forze armate e di ministro della Difesa. Nomine favorite dai Fratelli.
Ma a fine giugno del 2013, dopo
giorni di crescenti manifestazioni
popolari contro la Fratellanza, ha
assunto la guida della rivolta contro
Morsi. Nei mesi successivi ha represso nel sangue la crescente protesta dei Fratelli musulmani, fino a
far dichiarare la Confraternita organizzazione terrorista. A gennaio di
quest'anno, dopo il referendum
sulla Costituzione, il generale è
stato promosso al massimo grado
di Feldmaresciallo e indicato dal
Consiglio supremo delle forze armate come candidato alle elezioni
presidenziali.
Poi le dimissioni che ha ufficializzato il 26 marzo 2014. Superfavorito nei sondaggi delle presidenziali
del 26 e 27 maggio rispetto allo sfidante Hamdine Sabbahi, l'ex generale ha promesso di usare il pugno
di ferro contro la Confraternita, che
l'esercito non avrà alcun ruolo di
potere e che «lotterà contro la povertà». Agli egiziani ha chiesto di
«fare dei passi da gigante» per risollevare la patria, ringraziando soprattutto le monarchie arabe del
Golfo e l'Arabia Saudita che hanno
aiutato e aiuteranno l'Egitto economicamente. Sulla controversa
legge sulle manifestazioni ha chiesto di rispettarla, mentre non
avrebbe chiuso del tutto una porta
sulla possibilità di concedere l'amnistia agli attivisti detenuti. La maggioranza degli egiziani sembra
apprezzarlo, ma resta l'incognita
delle opposizioni rappresentate dai
Fratelli musulmani, dai dissidenti
politici e dagli attivisti che, stando
ad alcuni analisti, potrebbero riservargli non pochi problemi in futuro.
l'Ansa -. In media un turista cinese in
un viaggio organizzato trascorre in
Italia meno di due giorni (1,80% giornate). Sono circa 2 milioni l'anno, arrivano dalla Francia e trascorrono in
Italia meno di due giorni, tappe obbligate Venezia e Roma, oppure Firenze e Roma. Il tour in Europa dura
in genere 11-12 giorni e in questo
tempo visitano almeno 3-4 Paesi».
Oltre ad approdare in Italia in seconda battuta e con il portafoglio già
presumibilmente alleggerito dagli acquisti in territorio francese, ci sono
altri problemi. «Una volta superato lo
scoglio del visto ci sono poi le difficoltà della lingua, sono poche le
guide turistiche che parlano cinese dice Liu Cheng, da pochi mesi alla
guida dell'ufficio del turismo nella Capitale -. Altre lamentele riguardano la
qualità del cibo che non è buona, e
la quantità non basta». Possibile che
i cinesi non amino la cucina italiana?
Il problema è diverso e riguarda il
fatto che i turisti in arrivo dalla Cina
preferiscono o hanno l'abitudine di
frequentare i ristoranti cinesi in Italia,
e il livello non è - come è ovvio - equivalente alla cucina consumata nel
loro Paese. I cittadini cinesi si lamentano poi della scarsa sicurezza
delle nostre strade, sono infatti
spesso vittime di scippi e borseggi.
Infine, i turisti dell'ex Celeste Impero
vogliono poter comodamente bere il
loro the in camera: di qui l'importanza
del thermos di cui l'albergo italico
deve essere necessariamente provvisto. Eppure i numeri dovrebbero
farci pensare: tra il 2004-2005 ha
preso a svilupparsi il turismo entro i
confini del Celeste Impero e dal 2006
- sottolinea il direttore dell'Ufficio del
Turismo Liu Cheng - i cinesi hanno
cominciato a uscire dai confini nazionali. La voce turismo incide oggi sul
Pil cinese per il 3-4% ma l'obiettivo
nel giro di qualche anno è quello di
raggiungere il 7%. Corea del Sud,
Russia, Stati Uniti e Giappone sono
le mete principali di 12 milioni di turisti cinesi ogni anno.
Cresce il turismo cinese in Europa, ma lʼItalia
non parte col piede giusto
Redazione
Passa dai thermos di acqua calda la
via del successo (o del disastro) del
turismo cinese in Italia. Le cifre sono
impressionanti: dal 2004 in avanti la
quota di cinesi che viaggiano all'estero per turismo cresce in maniera tumultuosa, a ritmi del 20%
l'anno nell'ultimo periodo, di pari
passo con il benessere che sta interessando la fascia media di un
Paese da 1,35 miliardi di persone.
Secondo i dati dell'Organizzazione
Mondiale del Turismo, nel 2020 saranno cento milioni i cinesi che viaggeranno all'estero. Un'opportunità
straordinaria per le nostre 450.000
imprese del settore - soprattutto piccole e medie - del settore, ma l'Italia
è pronta a cogliere questa chance?
Le parole del Direttore Ufficio Turismo cinese in Italia, Liu Cheng, lasciano per ora poche speranze. «Tra
le mete europee la Francia figura al
primo posto, l'Italia resta in seconda
posizione - spiega Liu Cheng al-
MARTEDì 27 MAGGIO 2014
Sorgeranno a Copenaghen
le prime "cliniche
dello stress" europee
Redazione
Il Comune di Copenaghen , capitale
della Danimarca, pensa di creare alcune "cliniche dello stress", nell'ambito
di un più vasto programma incentrato
sui problemi legati alla salute mentale.
Secondo il quotidiano "Copenaghen
Post" il progetto, promosso dal vice
sindaco con la delega alla Sanità,
Ninna Thomsen, vorrebbe mettere insieme fondi da impiegare nel budget
del 2015, visto che il governo ha annunciato che intende spendere almeno
1,6 miliardi di corone per ammodernare e irrobustire i servizi di igiene
mentale. Nel progetto è previsto che i
medici inviino i pazienti con sintomi di
stress e ansia in psicoterapia. In pratica tutto quello che non si riesce a fare
adesso in presenza di persone che
soffrono di insonnia, ansia, attacchi di
panico ecc., per mancanza di strutture
e personale, potrà essere svolto appunto dalla clinica specializzata di Copenaghen. Thomsen ha messo in
rilievo la scarsa attenzione che le autorità hanno sempre accordato ai problemi della salute mentale, «mentre
sappiamo che molti cittadini sono afflitti
da livelli di stress molto alti e secondo
alcune statistiche un danese su tre ha
problemi psicologici». Finora non
c'erano strutture che potessero prendersi cura in tempi adeguati di queste
persone, «con la nuova clinica dello
stress finalmente potremo dare delle risposte a questi pazienti».
Addio a Jaruzelski: dalla guerra
a Solidariosc alla transizione democratica
MARTEDì 27 MAGGIO 2014
Redazione
Si è spento nell'ospedale militare di
Varsavia all'età di 90 anni il generale
Wojciech Jaruzelski, l'uomo che ha
unito l'esperienza della Polonia postbellica, dominata dal regime comunista imposto dall'Unione sovietica e
quella moderna e democratica che
(dopo la svolta del 1989) da 15 anni fa
parte della Nato e da 10 dell'Unione
europea. L'uomo che prima ha imposto la legge marziale, poi ha guidato
la transizione verso la democrazia. Le
tappe della vita di Jaruzelski suscitano ancora fra i polacchi di oggi forte
e spesso contrastanti emozioni, perché le sue decisioni politiche hanno
inciso con forza sulle scelte di almeno
due generazioni. Sono due gli eventi
simbolici che vengono ricordati in ogni
biografia di Jaruzelski: la tragica notte
dell'introduzione della legge marziale
del 13 dicembre 1981, con la quale
mise fuorilegge Solidarnosc, il primo
sindacato autonomo nel blocco comunista nato 16 mesi prima e presieduto da Lech Walesa. Una decisione
che per tutta la vita lui ha difeso, spiegando che fu il “male minore”, che
evitò un'invasione sovietica: un punto
che molti gli hanno sempre contestato, affermando che lui abbia semplicemente ceduto alle pressioni
provenienti da Mosca perché ristabilisse l'ordine. Il secondo evento sim-
Secolo
d’Italia
Come difendere la privacy
nell'èra dei social network?
Arriva un manuale
bolico fu il successivo, positivo ruolo
che assunse accettando il dialogo
della Tavola Rotonda con le forze
della opposizione, che ha portato alle
elezioni del 4 giugno 1989, vinte da
Solidarnosc. Il generale eletto allora
presidente della Polonia accettò la
svolta democratica del Paese e appoggiò il governo di Tadeusz Mazowiecki, il primo premier non
comunista, nella difficile fase della trasformazione politica ed economica
della Polonia. Per Adam Szostkiewicz, noto pubblicista del settimanale
“Politica”, il caso di Jaruzelski costituisce una rara parabola esistenziale:
un uomo «la cui lunga vita politica è
finita meglio di come è iniziata». Szo-
stkiewicz ha ricordato che all'aspetto
“migliore” della vita di Jazruzelski
vanno legati due personaggi: Michail
Gorbaciov e Papa Wojtyla. «Jaruzelski è il mio migliore amico», ha confessato in un' intervista di due anni fa
l'ultimo presidente sovietico. Il filo di
simpatia nato dopo il loro primo incontro nel 1987 forse ha facilitato le
successive aperture in Polonia. Come
anche il rapporto «non solo di carattere diplomatico» ma anche di reciproca comprensione, fra Jaruzelski e
Giovanni Paolo II, che indubbiamente
ha inciso sulla sorte di Solidarnosc,
che poté tornato alla legalità dopo diversi anni anche grazie al sostegno
del Pontefice polacco.
dalla Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit). In questi ultimi anni, secondo i dati più recenti,
il numero di nuove diagnosi di infezione da Hiv si è stabilizzato su
circa 4000 nuovi casi all'anno. Nel
2012, più della metà delle segnalazioni sono però pervenute da tre
regioni: Lombardia (27,6%), Lazio
(14,5%) ed Emilia-Romagna
(10,4%). Il Lazio rappresenta dunque una delle regioni maggiormente colpite, rilevano i virologi,
con un'incidenza di nuovi casi di infezione da Hiv pari a 8,8 per
100.000 persone residenti, per un
totale di circa 10.000 casi di Aids
segnalati. È possibile stimare che
circa 150mila persone in Italia
siano sieropositive. «Il dato allarmante - spiega Massimo Andreoni,
presidente Simit - è, appunto, che
l'età in cui viene posta la diagnosi
è sempre più alta». Ma c'è anche
un altro aspetto da non sottovalutare: «La sensazione di noi specialisti è che le denunce di infezione
possano essere sottostimate rispetto ai casi effettivi - aggiunge il
virologo Carlo Federico Perno, dell'Università di Roma Tor Vergata -.
Al di là dei numeri, infatti, ciò che ci
colpisce sono le nuove popolazioni:
aumentano, ad esempio, le infezioni per i giovani omosessuali, che
pensavamo protetti dalle campagne d'informazione. La colpa - rileva - è chiara, e sta nella totale
assenza della percezione della malattia e la completa incoscienza di
fronte alla sua gravità». Insomma,
commenta ancora Andreoni, «la
sensazione che si percepisce è
che la nuove possibilità terapeutiche che rendono oggi questa malattia controllabile nella maggior
parte dei casi e un ridotto interesse
da parte dei media abbiano determinato una perdita di attenzione da
parte della popolazione alla trasmissione di questa grave infezione».
In Italia tempi ancora troppo lunghi
per le diagnosi dellʼAids
Redazione
Italia tra i "fanalini di coda" in Europa per i tempi di diagnosi dell'HivAids: nonostante i progressi fatti sul
fronte delle terapie nel corso degli
anni, infatti, la malattia nel nostro
paese viene diagnosticata ancora
troppo tardi, a un'età media di 38
anni per i maschi e di 36 per le femmine, e quando l'infezione ha già
determinato gravi danni. È questo
l'allarme lanciato dagli specialisti,
insieme ad altri due dati preoccupanti: l'infezione sta crescendo in
categorie che si pensava "coperte"
dalla campagne di informazione come gli omosessuali - e in alcune
regioni in particolare, tra le quali il
Lazio. A fare il punto su progressi e
criticità dell'Aids in Italia, gli esperti
riuniti a Roma, sino al 27 maggio,
in occasione della Conferenza italiana sull'Aids "Italian Conference
on Aids and Retrovirus", promossa
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Redazione
Ragazzi che espongono i loro segreti più intimi e le proprie fotografie per gioco o per amore, genitori
inesperti della rete, utenti che installano l'app sbagliata allettati dalla
parola "gratis", professionisti che
mettono a rischio i loro contatti di lavoro, molestatori e cyberbulli che
pensando di essere protetti dall'anonimato colpiscono le persone
più deboli. Sono solo alcune delle
tematiche che il Garante per la protezione dei dati personali affronta
nella guida "Social Privacy - Come
tutelarsi nell'era dei social network".
L'Autorità analizza i principali fenomeni, problemi e opportunità legate
all'uso dei social network e propone
consigli e soluzioni che possano
aiutare la "generazione 2.0", utenti
alle prime armi, insegnanti e famiglie, esperti e manager. Nel vademecum
sono
prese
in
considerazione le nuove frontiere
aperte non solo dai social network
tradizionali, ma anche dalle numerose piattaforme di messaggistica
sociale istantanea, la cui crescita è
andata di pari passo con la rapidissima diffusione di smartphone e di
altri strumenti come tablet e phablet, o le cosiddette "tecnologie indossabili" come occhiali e orologi
"intelligenti". Proprio con l'obiettivo
di aumentare la consapevolezza
degli utenti e offrire loro ulteriori
spunti di riflessione e strumenti di
tutela, il Garante ha proposto un
decalogo che aiuta a utilizzare le
opportunità offerte dal mondo digitale difendendosi dalla trappole
della rete. Il testo è suddiviso in
quattro capitoli: "Facebook & co",
"Avvisi ai naviganti", "Ti sei mai
chiesto?", "10 consigli per non rimanere intrappolati".
I nomadi a Milano: Pisapia li sgombera
da un campo per trasferirli in un altro
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Redazione
«Grazie al buonismo della Giunta Pisapia abbiamo appreso dai residenti
di via Monte Cimone che nella strada,
nel tratto fra piazzale Cuoco e via Varsavia, è nato un nuovo campo rom
abusivo. Con decine di camper dei
nomadi parcheggiati lungo la via. I cittadini non hanno fatto in tempo, dopo
una battaglia durata oltre due anni, a
liberarsi del mercato abusivo di piazzale Cuoco-Monte Cimone-viale Molise, che è già nato un nuovo
insediamento». E' quanto sostiene
Riccardo De Corato, vicepresidente
del Consiglio comunale e capogruppo
di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale
in Regione Lombardia, sul campo
rom abusivo sorto in via Monte Cimone. I residenti si dicono esasperati.
Si sono già attivati con esposti e segnalazioni a Palazzo Marino, ma ancora non hanno ottenuto alcuna
risposta. Una cittadina ha pure segnalato il problema al capo della polizia municipale e aspetta un cenno. E
tutto questo mentre la Giunta arancione è inesistente e, come dicono i
cittadini, “fa orecchio da mercante”.
Organizza sgomberi farsa, come
quello recente in viale Forlanini. Ma
non fa altro che spostare i nomadi da
una parte allʼaltra della città. Al con-
Secolo
d’Italia
Forza Italia al fianco
di Maroni nella lotta
alla corruzione in Lombardia
trario di quello che abbiamo sempre
fatto noi nelle precedenti amministrazioni. Sono i numeri a confermare
questa intollerabile inerzia. Numeri
che erano stati evidenziati dal prefetto
di allora, Gian Valerio Lombardi, in
unʼintervista concessa al giornalista
Foschini del “Corriere della Sera" il 30
ottobre 2010. Il prefetto aveva evidenziato lʼallontanamento di ben ottomila nomadi fra 2007 e 2010. Mentre
dal 2011 a oggi, da quando insomma
la città è amministrata da Pisapia, il
loro numero è praticamente identico.
Questo dimostra come la politica sui
nomadi di questa amministrazione sia
assolutamente discontinua rispetto
alla nostra. Pisapia non fa che trasferire i nomadi da una parte allʼaltra. Se
li sgombera da un campo li ospita nei
centri di via Lombroso o di via Barzaghi. Ai nomadi vengono assegnati gli
alloggi acquistati dalla Caritas e dalla
Casa della carità con i soldi del Comune. E, quando non ottengono li alloggi, se li prendono con la forza, alla
faccia della legalità di cui parla
spesso, a vanvera, lʼassessore Granelli. Come dimostrano le occupazioni
abusive delle case popolari di via
Quarti, Lorenteggio e altre zone della
città. E questo nuovo, ennesimo,
campo abusivo».
Un atteggiamento, ribadisco, che
denota una grave mancanza di rispetto verso i cittadini». E' quanto
denuncia Antonello Aurigemma,
consigliere regionale di Forza Italia,
che così prosegue: «Premesso
questo, è giusto ripercorrere lʼintera
vicenda. Molte regioni del nord, se
pensiamo alla Lombardia o al Veneto, hanno realizzato importanti
infrastrutture costituendo società
pubblico-private, che consentono
alle stesse Regioni di incassare i
soldi del pedaggio. Risorse preziose che possono essere reinvestite per le istanze della
cittadinanza, come la sanità e i servizi sociali. Proprio su questa idea
venne creata Arcea, che realizzò la
progettazione dellʼopera e ottenne
il finanziamento dal Cipe (40% a
fondo perduto). Adesso ci sono
state delle evoluzioni davvero incomprensibili. Infatti, il progetto redatto da Arcea è stato
arbitrariamente messo a disposizione della società Autostrade per
il Lazio affinché la stessa organizzasse la messa in gara della concessione già detenuta da Arcea. In
questo modo verrebbe causata una
perdita miliardaria nelle casse della
Regione, poiché i proventi dei pedaggi non arriverebbero alla Regione. Quindi, in sostanza, sarebbe
il privato in questo caso a usufruire
del sostanzioso finanziamento del
Cipe (ripetiamo, il 40% a fondo perduto). Risulta davvero assurda questa eventualità, della quale non
comprendiamo i motivi, e soprattutto i vantaggi. Noi insistiamo su
questo passaggio: perché la Regione Lazio, o meglio i cittadini, devono essere privati di guadagni
cosi consistenti che potrebbero essere reinvestiti nei settori nevralgici? Soprattutto, di fronte ad un
finanziamento così cospicuo del
Cipe, perché i guadagni devono andare al privato? Noi restiamo convinti che – ha concluso Aurigemma
– qualora si procederà su questa
strada, si rischierà di creare un
danno alle casse della Regione e
anche un danno erariale per i mancati introiti per lʼEnte».
Per la Roma-Latina la Regione
Lazio rischia il danno erariale
Redazione
«Sono mesi che ho presentato interrogazioni per avere chiarimenti
sulla vicenda della realizzazione
della Roma-Latina, di cui è concessionaria Arcea, società pubblicoprivata, controllata con il 51% dalla
Regione. Ma dalla Regione Lazio
silenzio assoluto; anche la audizione in commissione, da me richiesta, ha visto lʼassenza
dellʼassessore alle Infrastrutture.
MARTEDì 27 MAGGIO 2014
Redazione
«Sulla sanità Forza Italia è al
fianco del presidente Maroni nell'impegno per la trasparenza. Un
impegno forte e pienamente condiviso da Forza Italia, volto a contrastare la corruzione e spazzare
via ogni ombra sull'operato della
Regione Lombardia». Lo ha dichiarato Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza
Italia e vice capogruppo vicario
alla Camera. «Prendiamo le distanze da episodi del passato che
hanno contribuito a determinare le
attuali difficoltà della Regione.
Servono discontinuità e regole ancora più severe nella gestione
delle risorse pubbliche in un comparto tanto importante. Restiamo
garantisti e condividiamo la volontà del presidente Maroni di fare
pulizia. Quello che interessa a
Forza Italia è la qualità delle prestazioni sanitarie in Lombardia
che continuano ad essere al top
come dicono tutti gli indicatori internazionali. Vogliamo salvaguardare i notevoli risultati raggiunti
dalla sanità lombarda e tutelare i
cittadini. Per farlo con successo
dobbiamo essere uniti nell'opporci
al malaffare. La riforma del sistema socio-sanitario va fatta per
garantire in futuro il massimo dell'innovazione anche in piena stagione di “spending review". Per
questo – ha concluso la Gelmini –
auspichiamo che le linee guida
della riforma siano oggetto di un
approfondito dibattito in maggioranza per giungere ad una piena
condivisione nel rispetto delle deleghe e delle competenze di tutti i
componenti della Giunta».
Sul palco i migliori artisti italiani e stranieri:
si apre la stagione dei concerti “a tutto rock”
Secolo
MARTEDì 27 MAGGIO 2014
d’Italia
Liliana Giobbi
Un'estate a tutto rock. È quella che sta per
arrivare negli stadi e nei festival di tutta Italia, nelle prossime settimane, calde non solo
dal punto di vista climatico, ma anche da
quello musicale. L'evento clou della stagione
si annuncia il concerto dei Rolling Stones a
Roma, domenica 22 giugno, nell'inconsueta
cornice, quantomeno per un live a pagamento, del Circo Massimo. Biglietti andati a
ruba, con 50mila ticket volatilizzati in meno
di due ore. Ma gli appuntamenti tra italiani e
stranieri, per chi ama la musica dal vivo, saranno numerosi a partire già dai prossimi
giorni. È Ligabue, tra i big, a dare il via alla
cascata di decibel con il Mondovisione tour
- Stadi, al via il 30 maggio dall'Olimpico di
Roma, dopo il successo dei live nelle piccole
città. Sempre dallo stadio della capitale, il 25
giugno, Vasco Rossi inaugura la serie dei
suoi 7 concerti del Live Kom '014: tre date a
Roma, quattro a Milano tra fine giugno e l'inizio di luglio. Tra gli italiani, pronta a partire
anche Emma, che dopo l'esperienza Euro
Contest debutta il 7 luglio all'Arena di Verona
con il primo dei sei concerti speciali "Emma
Limited Edition". I Modà, invece, reduci dal
tour internazionale, tornano in Italia: l'11 luglio all'Olimpico di Roma, il 19 luglio a San
Siro a Milano. Per vedere insieme molti dei
protagonisti della musica italiana, l'appuntamento è il 3 giugno a Roma, con l'8/a edizione dei Music Awards. La manifestazione
vedrà alternarsi sul palco Alessandra Amoroso, Biagio Antonacci, Arisa, Mario Biondi,
Luca Carboni, Gigi D'Alessio, Pino Daniele,
Elisa, Emis Killa, Emma, Fedez, Giorgia,
Fiorella Mannoia, Marco Mengoni, Modà,
Moreno, Ligabue, Laura Pausini, Gue' Pequeno, Max Pezzali. Tra gli stranieri, ragazzine già in fibrillazione per gli One Direction
che approdano prima a Milano il 28 e 29 giugno (sold out già da mesi) e poi a Torino (il 6
luglio). Il primo luglio è una giornata "hot"
con i Metallica che faranno la loro unica apparizione in Italia a Roma. Nella stessa giornata, sempre a Roma e sempre data unica,
sarà la volta di Charles Aznavour, il Frank Sinatra della Francia che canta in 7 lingue e
ha appena festeggiato i suoi 90 anni. A Milano invece è di scena il belga Stromae,
unico artista a piazzare un disco in francese
al top della classifica degli album più venduti
in Italia. Ma sono diversi gli artisti che fa-
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ranno un'apparizione lampo nel nostro
Paese con un'unica data: il Bangerz tour
della ragazza terribile Miley Cyrus fa tappa
al Forum di Assago; concerto-evento per i
Linkin Park il 10 giugno a Milano; i Black
Sabbath saranno a Bologna il 18 giugno;
The Black Keys l'8 luglio a Roma, per presentare anche il loro nuovo album appena
uscito.
Rivive la voce di Eduardo con la traduzione di Shakespeare in napoletano
Redazione
Aveva registrato in uno studio, allestito alla buona, nella cantina
della sua casa a Velletri e alla fine
sentiva di avercela fatta. Pochi
mesi prima di morire, nel 1984,
Eduardo De Filippo si cimentò con
Shakespeare per tradurre in napoletano e recitare “La tempesta”,
una delle ultime commedie del
poeta inglese. Trent'anni dopo
quella voce, inedita e prestata a
tutti i personaggi maschili dell'opera, torna a rivivere in una serata-spettacolo organizzata il 28
maggio alla Sapienza di Roma,
dove l'attore fu professore a contratto dal 1981 all'83. In uno stralcio, tratto dal primo atto e diffuso
in esclusiva dall'Ansa, si sente il
personaggio del nostromo che,
allo scoppio della tempesta e del
naufragio provocato dalla magia di
Prospero, discute con i nobili passeggeri della nave che si rifiutano
di scendere in cabina, intralciando
così le manovre dei marinai. Di
quel lavoro Eduardo parlò solo a
studenti, professori e attori che il
29 maggio 1984 riempirono
un'aula della Sapienza per ascoltarlo. «Ho affrontato uno scoglio
abbastanza duro – aveva spiegato
– ho voluto servire il più grande
poeta del mondo, credo di avercela fatta non a lui, a me..», facendo sorridere il pubblico.
«Questo è appena un assaggio –
aveva aggiunto – si sente qualche
fischietto.. ma ci si passa sopra
perché la parola è quello che
conta. Qui dobbiamo aggiungere
le scene. Ma le scene a che cosa
possono portare se non ci sono le
parole, se non ci sono le parole
scelte?». E aveva concluso: «L'autore della “Tempesta” aveva scelto
bene le parole, io conoscevo la tavolozza napoletana». Quella registrazione non fu mai pubblicata né
il re del teatro italiano riuscì a portare in scena la commedia. Morì il
31 ottobre 1984. La serata del 28
maggio, che inaugura il ciclo di iniziative intitolato “Eduardo dopo
Eduardo” e promosso dal Centro
teatro ateneo, sarà l'occasione per
riascoltare quel lavoro. Alla voce di
Eduardo si aggiungeranno, tra l'altro, quelle, dal vivo, del figlio Luca
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
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d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
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che leggerà alcune poesie del
padre e di testimoni come Ferruccio Marotti e Gianfranco Cabiddu,
che all'epoca sostennero l'impresa.
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7 agosto 1990 n. 250