la lussuria - Parrocchia San Pio X
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la lussuria - Parrocchia San Pio X
LA LUSSURIA La lussuria è stata paragonata a una tigre, variamente maculata, di incredibile forza e rapida nella corsa. Infatti il vizio della lussuria secondo Antonio di Padova, “è coperto dalle macchie dei vari piaceri della vita: è forte quando tenta, ed è veloce, perché anche il piacere passa presto”. La lussuria è stata descritta anche come un fuoco che divora. “una passione ardente come fuoco acceso non si spengerà finché non sia consumata; un uomo impudico nel suo copro non desisterà finché il fuoco non lo divori” (Sir 23, 16). Cos’è la lussuria Non si tratta di un termine che riferisce al lusso (pur derivando da luxus), ma indica genericamente l’eccesso e l’esagerazione, e permette di unificare atti e comportamenti fra loro diversi, ma attinenti alla sessualità e quindi al corpo. Per Isidoro di Siviglia, il lussurioso è “quasi soluptus in voluptates”, è colui che si scioglie nei piaceri, colui che ricerca il piacere perdendo il controllo di sé. L’istinto sessuale innato nell’uomo e nella donna è di per sé un bene. Ma diventa un male quando si sfoga nel disordine chiamato lussuria, che può essere definita così: “desiderio e godimento sfrenato del piacere venereo perseguito fuori del matrimonio o anche nel matrimonio ma in modo da evitare la prole”. Essa si esprime in forme diverse, come fornicazione, concubinato, prostituzione, adulterio, stupro, ratto, incesto, sacrilegio carnale, polluzione, sodomia, bestialità; e può arrivare a perversioni come omosessualità, sadismo, masochismo, feticismo, travestitismo, transessualismo. Domina talmente colui che rende suo schiavo da essere per lui il pensiero del giorno e il sogno della notte. Difatti il lussurioso pensa abitualmente alle soddisfazioni della carne, le vede dappertutto e le ricostruisce con la fantasia; trascinato dall’impeto della passione ad agire senza ponderazione, non si domanda nemmeno quali pericoli gli possano derivare da ciò che va facendo; non cerca i mezzi necessari per formarsi un retto giudizio sugli stimoli che sente; non rispetta nell’azione che compie le più elementari norme di prudenza che gli schiavi degli altri vizi pur osservano in qualche modo; ascolta esaltandosi i discorsi licenziosi, legge la stampa immorale, preferisce le trasmissioni radiofoniche e televisive che stuzzicano i bassi istinti; anche se talvolta concepisce il proposito di non ricadere nel male, non lo mantiene e ritorna inesorabilmente alle colpe, delle quali non misura più la gravità, non conta più il numero e non distingue più le circostanze; vede la donna, ogni donna esclusivamente come termine di sfogo e oggetto di trastullo; alle parole aggiunge i gesti per alludere ai piaceri della carne; ama ardentemente il suo corpo che vuole appagare in tutti i sensi senza stancarsi; non si trattiene dal peggio neanche dinanzi al pericolo di perdere i beni, l’onore e la salute. Non pensa affatto alle necessità dell’anima e, quando sente parlare di religione o di morale o dell’oltretomba, ride beffardo e poi, sempre più sfacciatamente, schernisce Dio diventando a poco a poco il più sfrontato incredulo; vive attaccato ai diletti del senso che non vorrebbe veder finiti nemmeno con la morte; non vede gli esempi di virtù che pur sono attorno a lui; è depravato, imbestialito, più terreno della terra. In questa catena di peccati sono ben riconoscibili il turpiloquio, l’infedeltà coniugale, la precipitazione nel fare, l’egoismo, lo scandalo, l’abbandono delle pratiche religiose, l’avversione contro Dio, il disprezzo per la vita futura, l’invidia contro il rivale, il disgusto delle cose celesti, la perdita della Fede. La lussuria precipita così in basso perché racchiude ma malizia tutta speciale. È l’idolatria della carne. A questa difatti rimanda imperiosamente pensieri, parole, affetti, corpo, anima, insomma tutto l’essere e in modo intimo, peccando contro due comandamenti della legge di Dio che ammoniscono: “Non fornicare” e “Non desiderare la donna d’altri”. “Vizio in cuore è idolo sull’altare” (S. Girolamo). È una profanazione. Gli altri peccati sono fuori del corpo e quindi non lo macchiano, al contrario la lussuria è nel corpo, lo contamina e ne profana la santità acquisita con l’uso dei sacramenti, deturpa l’immagine di Dio insita nel corpo, prostituisce le membra di Cristo, quali sono quelle del cristiano, per farne le membra di una persona corrotta, operando peggio di quei sacrilegi che trasformarono in uso profano i vasi consacrati per il culto da rendere a Dio. È profanazione della propria e dell’altrui persona, che è sacra e degna del massimo rispetto. È il rovesciamento dell’ordine stabilito da Dio. Il corpo deve essere soggetto all’anima, e il fomite della concupiscenza alla ragione; e invece la lussuria sottomette l’anima al corpo e la ragione alla concupiscenza. L’ordine è che l’istinto sessuale obbedisca allo spirito, sia diretto allo scopo della procreazione e trovi soddisfacimento soltanto nel matrimonio; ma la lussuria si scapriccia andando contro questa regola e formando così il disordine più stridente che rende vano il fine per cui Dio ha creato i due sessi. Balza subito all’occhio la gravità di questo vizio. È il più facile a contrarsi. Basta un gesto, una parola, uno sguardo, un pensiero, una compiacenza interna per arrivare alla colpa. Può sorprendere l’anima più attenta, anche in un ambiente sacro. Nessun peccato arriva così facilmente e rapidamente a diventare vizio come la lussuria. È il più comune. È ben possibile a qualsiasi tenore di vita, a qualunque categoria sociale, ad ogni età. Non c’è nessuno il quale possa fare a meno di dire le parole di san Paolo: “… Vedo nelle mie membra un’altra legge che lotta contro la legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Rom 7,22-24). È il più difficile da correggere. Una volta messi su questa china, si deve fare gran fatica per risalire alla cima. La cattiva abitudine esercita sul lussurioso un potere crescente che lo porta là dove egli non vorrebbe arrivare. S. Agostino ha confessato di aver combattuto dodici anni per rintuzzare certe tendenze. È il più dispotico. Lo stesso s. Agostino ha scritto: “La lussuria, simile a una crudele regina, stendeva su di me il suo scettro dominatore e io le consegnavo tutte e due le mani perché potesse legarmele”. Anzi ha confessato di aver detto a Dio: “Ti avevo chiesto la purezza con queste parole: Dammi purezza, ma non ora. Avevo paura che Tu mi esaudissi troppo presto, e troppo presto mi guarissi dalla malattia della sensualità: preferivo sfogarla più che spegnerla” (Conf 8,7). Ogni vizio ha il suo trono in mezzo alla società, ma nessun trono è così alto come quello della lussuria. Ogni vizio conta molto schiavi, ma gli schiavi della lussuria sono molti più numerosi. È il più scandaloso. Ha sugli altri peccati un fascino di seduzione al quale difficilmente si resiste, rende più prepotenti le tentazioni d’altro genere, indebolisce la resistenza di chi vorrebbe sottrarsi al male, aumenta la corruzione del mondo, contribuisce a formare un’opinione pubblica con idee moralmente errate, specialmente tramite gli strumenti della comunicazione sociale: stampa, cinema, radio, televisione, disco ecc. È il più disonorante. Quante volte si cerca la solitudine e il buio per non farsi vedere mentre ci si dà a questo vizio! Per quanto lo si voglia nascondere, il rossore appare sempre sul viso e il tremito nella voce. Si preparano in anticipo le scuse per dire di non aver commesso il fatto. E quando poi non si può fare a meno di confessare, si cerca di minimizzare tutto. Non devono pertanto apparire esagerati i giudizi con i quali la Sacra Scrittura e la dottrina cristiana bollano la lussuria. Veramente nessuna parola è abbastanza forte per dirne tutta la gravità, e anche quando se ne è detto tutto il male possibile, non si è detto ancora abbastanza. Tale affermazione riceve maggior forza dalla considerazione dei danni prodotti da questo vizio. Rovina la salute. Genera difatti non poche malattie (una ventina) e molto vergognose, anche a distanza di anni dalla comparsa del bacillo, e le trasmette anche per eredità. Miete da sola più vittime che la peste e il colera messi insieme. È dunque tutt’altro che una esuberanza vitale, tutt’altro che una superlativa efficienza fisica. “Cammina verso prematura scomparsa e va verso il regno dei morti” (Prav 2,18). Abbrutisce l’anima e il corpo. Li rende sofferenti di malattie psicosomatiche che allarmano i più abili psichiatri, spegne la fantasia, ottenebra l’intelligenza, snerva la volontà, toglie la bellezza, sottrae il gusto della cose spirituali, rende incapaci dell’autentico amore. Uccide il sentimento religioso, come ben sanno i nemici di Dio e della Chiesa che ripetono con Voltaire: “La nostra speranza si fonda sulla voluttà. Affoghiamo il cristianesimo nel fango”; può condurre alla perdita della Fede, e anche all’impenitenza finale, come disse Lutero alla compagna che voleva tornare sulla retta via: “È troppo tardi, il carro è troppo affondato nel fango e questo tenor di vita non si cambia”. Danneggia la società provocando matrimoni infelici, unioni irregolari, figli abbandonati, interessi calpestati, carriere stroncate, dolori aggravati, criminalità crescente. L’atto dal quale sorge la vita, è troppo importante per essere trattato con leggerezza: se bene posto, favorisce ognuno e tutti; se posto male, è nocivo non solo a chi lo pone così, ma anche agli altri. Non deve quindi far meraviglia se Dio punisce la lussuria. Essendo Egli Spirito purissimo e semplicissimo, non può non avere avversione verso chi, fattosi tutto carne, sprofonda nella materia più bestiale. San Filippo Neri si turava le narici con il fazzoletto quando incontrava donne disoneste, e san Giovanni Bosco soffriva conati di vomito ascoltando le colpe d’impurità dei giovani: che cosa immaginare in Dio? Egli non può rimanere indifferente dinanzi a chi contamina il corpo che è sua creazione e l’anima che è sua immagine. Essendo la lussuria vizio dei sensi, Egli la punisce anche nel corpo. “E alla fine Dio porrà un termine al fuoco della passione cattiva con il fuoco dell’inferno” (S. Bernardo). Come uscirne È allora per tutti urgentemente necessitano correre ai ripari, vale a dire fuggire le occasioni di peccato subito, lontano e sempre; mortificare i sensi e soprattutto il cuore, evitare l’eccessiva familiarità con persone d’altro sesso, stare sempre occupati, in una parola praticare la castità che modera il desiderio e l’uso del piacere sessuale e segna la vittoria dello spirito sulla materia. Essa è un dovere per tutti, anche se non obbliga tutti nella stessa misura, potendo essere verginale, coniugale e vedovile. È la virtù difficile per l’impegno che continuamente esige contro le tentazioni sempre risorgenti e in agguato. È la virtù delicata che si appanna al più lieve alito. È la virtù fragile che può appassire al minimo tocco. È la virtù bella perché conferisce all’anima e talvolta anche al corpo una luce superiore alla quale tutti si inchinano; È la virtù forte perché capace di così alti ardimenti che i disonesti non sognano nemmeno. È la virtù eroica perché il conservarla equivale al martirio, tanto che nella sua più alta espressione, ossia nella verginità, è data come consiglio, essendo troppo sublime per essere comandata. È la virtù completa in quanto risiede in tutta la persona, cioè nel corpo e nell’anima, non potendo alcuno essere veramente casto se non lo è in tutti i sensi e in tutte le facoltà. È la virtù angelica che rende simili agli angeli e in un certo senso superiori ad essi che non hanno carne né tentazioni. La castità è forza al corpo e allo spirito, è libertà, gioia, vittoria; in particolare fa bene alla salute per l’ordine e l’armonia che porta in sé. È virtù sociale, necessaria alla vita del genere umano. È ben possibile anche oggi a qualunque livello, nonostante l’attuale, immensa corruzione del mondo. È stimata anche oggi e più di quanto si possa credere a prima vista, tanto che pure chi non è religioso, arriva a dire con le parole di Jules Renard: “Se la castità non è una virtù, è però certo una forza”; e con le parole di San Francesco di Sales: “Questa virtù si chiama anche onestà e il praticarla si chiama onore”. Domande: perché a tuo avviso la Chiesa vieta i rapporti prematrimoniali? È possibile per te vivere la castità oggi? Cosa vuol dire per te vivere con castità il rapporto con gli altri tipo amici o familiari? Sono contento/a di come Dio ha creato i mio corpo?