Soluzione

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Soluzione
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Università degli Studi della Tuscia
Facoltà di Scienze Politiche “San Carlo”
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Italiano per i media
[email protected]
III semestre
Esercizi e materiali
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INDICE DEGLI ESERCIZI E DEI MATERIALI
Modulo A − Costruire un buon testo: qualità e requisiti
Interpunzione
Connettivi
esercizio 1
soluzione
esercizio 2
soluzione
esercizio 3
soluzione
esercizi 4.1, 4.2, 4.3
soluzioni
2
3
4
4
5
6-7
8
8
Coesivi
esercizio 5
soluzione
esercizio 6
soluzione
esercizio 7
soluzione
esercizio 8
soluzione
9
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13
13
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14
esercizio 9
soluzione 1
soluzione 2
esercizio 10
soluzione 1
soluzione 2
esercizio 11
soluzione testo A
soluzione testo B
esercizio 12
soluzione
esercizio 13
soluzione 1
soluzione 2
Modulo B − Elaborare al computer testi per i media
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Intervista
Comunicato stampa
testo 14
testo 15
esercizio 16
esercizio 17
esercizio 18
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Riassunto
esercizio 19
soluzioni
esercizio 20
esercizio 21
esercizio 22
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due esempi 23
testo 24
testo 25
esercizio 26
soluzione
esercizio 27
soluzione
esercizio 28
soluzione
esercizio 29
esercizio 30
36
37-41
42-43
44-45
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49-52
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52
Modulo A.
Costruire un buon testo: qualità e requisiti
Connettivi
Individua i connettivi e analizzane la funzione logica e testuale.
1. La censura su Toscani (di F. Merlo, «La Repubblica» 6/10/2005).
Noi non censureremo Oliviero Toscani e i suoi manifesti pubblicitari di palpeggiamento gay,
come ha fatto lo Iap, l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, noi non gli daremo questo
premio. Non gli daremo la gioia di condannarlo: anche se, secondo noi, in pubblico non ci si
palpeggia. Di più. Persino la carezza in pubblico diventa palpeggiamento, che è il contrario della
carezza. L’altare della carezza è la discrezione; è lì il suo dominio, o il suo demanio.
La volgarità infatti è il declassamento, l'agire fuori luogo; è l'esposizione di una intimità. Fare pipì,
per esempio, non è volgare. Farla in pubblico, sì. E tuttavia, se c'è una persona al mondo che
queste cose le conosce perché le ha insegnate, raccomandate e praticate, quella persona è
Oliviero Toscani. Come tutti ormai sanno, dai tempi delle sue celebri campagne per la Benetton,
l'estetica di Toscani è fondata sull'eccesso, sul rovesciamento dei luoghi comuni, compreso quello
che una carezza in pubblico è un palpeggiamento. Toscani abita nell'universo estetico delle
frontiere, vive sulla battigia antropologica, sullo steccato delle distinzioni, è il "frontier man" della
pubblicità. È quella la sua risorsa. L'essere l'uomo del limite è il suo mestiere. Censurarlo dunque
significa premiarlo, dargli ragione, fare esattamente quello che lui vuole, cioè fare pubblicità alla
sua pubblicità e farla negativamente. C'è infatti un rapporto stretto tra la censura e lo scandalo
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pubblicitario. La censura è la prova dello scandalo. E Toscani è come Tommaso d'Aquino: quello
faceva la summa teologica, questo fa la summa pubblicitaria. È lui che ci ha insegnato che la
censura è la lepre stanata. dal pubblicitario cacciatore, è l'animale appeso alla sua cartucciera.
Dunque noi non lo censureremo, perché abbiamo mangiato la foglia. Anzi a noi quel
palpeggiamento ci fa sorridere, come un gioco tra maschi e non come quella sfida che Toscani ha
lanciato, perché sa giocare con le cose serie ed essere serio giocando. Del resto, chi ha visto,
fosse pure per una volta, la sua allegra faccia rotondamente narcisista di provocatore sa che in
questo momento, più ancora che in altri, Toscani se la sta godendo. Intanto, perché nulla è più
volgare della censura in ordine ai problemi estetico-intellettuali, e poi perché un organo di
autogovemo della pubblicità è ben più deprimente di un palpeggiamento. La pubblicità di
Toscani alla ditta di abbigliamento Rare è stata censurata da un organo che a sua volta andrebbe
censurato. Ci piacciono meno del palpeggiamento l'idea che l'estetica possa essere amministrata,
che la creatività possa essere controllata, che Toscani si metta a confezionare pubblicità da
carosello. Né ci piace che esista un qualche Csm corporativo anche nella pubblicità, una specie di
circolo del buon senso. [...]
Soluzione.
Analisi testuale dell’argomentazione.
Opinione. Noi non censureremo Oliviero Toscani e i suoi manifesti pubblicitari di
palpeggiamento gay, come ha fatto lo Iap, l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, noi non
gli daremo questo premio.
Non gli daremo la gioia di condannarlo:
Correzione: anche se, secondo noi, in pubblico non ci si palpeggia.
Di più. Persino la carezza in pubblico diventa palpeggiamento, che è il contrario
della carezza.
L’altare della carezza è la discrezione; è lì il suo dominio, o il suo demanio.
Argomento. La volgarità infatti è il declassamento, l'agire fuori luogo; è l'esposizione di una
intimità. Fare pipì, per esempio, non è volgare. Farla in pubblico, sì.
Controargomento/opinione. E tuttavia, se c'è una persona al mondo che queste cose le
conosce perché le ha insegnate, raccomandate e praticate, quella persona è Oliviero Toscani.
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Dato. Come tutti ormai sanno, dai tempi delle sue celebri campagne per la Benetton,
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l'estetica di Toscani è fondata sull'eccesso, sul rovesciamento dei luoghi comuni, compreso
quello che una carezza in pubblico è un palpeggiamento. Toscani abita nell'universo estetico
delle frontiere, vive sulla battigia antropologica, sullo steccato delle distinzioni, è il "frontier
man" della pubblicità. È quella la sua risorsa. L'essere l'uomo del limite è il suo mestiere.
Conclusione [1]. Censurarlo dunque significa premiarlo, dargli ragione, fare esattamente
quello che lui vuole, cioè fare pubblicità alla sua pubblicità e farla negativamente.
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Argomento. C'è infatti un rapporto stretto tra la censura e lo scandalo pubblicitario. La
censura è la prova dello scandalo. E Toscani è come Tommaso d'Aquino: quello faceva la
summa teologica, questo fa la summa pubblicitaria. È lui che ci ha insegnato che la censura è
la lepre stanata. dal pubblicitario cacciatore, è l'animale appeso alla sua cartucciera.
Conclusione [2] (2=1). Dunque noi non lo censureremo, perché abbiamo mangiato la foglia.
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Opinione [2]. Anzi a noi quel palpeggiamento ci fa sorridere, come un gioco tra maschi e non
come quella sfida che Toscani ha lanciato, perché sa giocare con le cose serie ed essere serio
giocando.
Del resto, chi ha visto, fosse pure per una volta, la sua allegra faccia rotondamente narcisista
di provocatore sa che in questo momento, più ancora che in altri, Toscani se la sta godendo.
Argomento. Intanto, perché nulla è più volgare della censura in ordine ai problemi esteticointellettuali, e poi perché un organo di autogovemo della pubblicità è ben più deprimente di
un palpeggiamento.
Argomento/Opinione. La pubblicità di Toscani alla ditta di abbigliamento Rare è stata
censurata da un organo che a sua volta andrebbe censurato. Ci piacciono meno del
palpeggiamento l'idea che l'estetica possa essere amministrata, che la creatività possa
essere controllata, che Toscani si metta a confezionare pubblicità da carosello. Né ci
piace che esista un qualche Csm corporativo anche nella pubblicità, una specie di
circolo del buon senso. [...]
Nel testo che segue i connettivi sono stati tolti. Leggi il testo e, in base al senso generale
dei passi, completalo con i connettivi che ritieni più adatti.
2. Come sgonfiare il nostro razzismo (di R. Casati, «Il Sole 24 Ore», 13/1/2002)
________ non sia semplice formulare il contenuto del razzismo, si ______ pensare di articolarlo
in due tesi: ci sarebbero delle differenze profonde e affinità sostanziali tra individui umani, e
queste differenze sostanziali coincidono con quelle che tradizionalmente vengono definite
"razze", basate su certe caratteristiche superficiali. Sul razzismo si fanno molte conversazioni, si
scrivono molti articoli, si riflette filosoficamente, ______ un approccio scientifico alla questione
è stato visto con sospetto ______ i primi passi della scienza nella materia sono stati goffi ______
rivolti in modo malcelato a tentare una giustificazione del razzismo. ______ nel caso del
razzismo le questioni scientifiche _______ non avere alcuna influenza sulle questioni morali che
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______ sono preminenti. ______ che si scopra che il razzismo è vero, ______ che esistono le
"razze" e che queste sono molto differenti. Dovremmo per questo introdurre delle differenze tra
i diritti delle persone? Dovremmo dichiarare non-persone gli individui di "razze" diverse dalla
nostra? Le risposte sono controverse, ______ ______ non dipendere da un giudizio scientifico
sulla validità del razzismo.
______, quali sono le domande scientifiche che ______ porre? La domanda principale è ______
la tesi razzista sia vera. La ricerca in genetica ha provato che è falsa.______, la variazione genetica
all'interno delle cosiddette "razze" è maggiore della variazione genetica tra individui di "razze"
differenti.______, sono pochissimi i geni che rendono conto delle differenze "superficiali", come
il colore della pelle o i tratti somatici. Siamo diversi solo superficialmente, e siamo
profondamente uguali. Si tratta di un dato molto robusto.
______ ______ ci si ______ porre un'altra domanda scientifica: che cosa spiega il formarsi del
razzismo?______, _____ il razzismo è una teoria falsa, ______ gli umani ci ricadono
continuamente? Pare ______ che una qualche forma di classificazione basata sulle caratteristiche
somatiche si produca spontaneamente in individui di tutte le culture. Di fronte a differenze
somatiche superficiali, gli individui di tutte le culture produrrebbero automaticamente una
classificazione in "razze" (______ registrare automaticamente sesso ed età). Questo
permetterebbe di distinguere noi da loro, i membri del nostro gruppo dai membri di un gruppo
altro. Quando si ha a che fare con un universale (come il linguaggio o la percezione visiva) ha
senso andare alla ricerca di una spiegazione profonda, extraculturale. Si è ______ avanzata
l'ipotesi che le credenze razziste, ______ false, siano in qualche modo innate.
Soluzione
1° capoverso: Sebbene, può, ma, perché, se non, Inoltre, potrebbero, certo, Supponiamo, ovvero, ma, possono,
2° capoverso: Tuttavia, possiamo, se, In primo luogo, In secondo luogo,
3° capoverso: Ma, allora, deve, In particolare, se, perché, infatti, oltre a, dunque, ancorché.
Analizza la struttura testuale di questo testo argomentativo.
Individua i connettivi e analizzane la funzione logica, testuale e argomentativa.
3. Introduzione a David Garland, Pena e società moderna, Milano, Il Saggiatore, 1999.
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La punizione dei delinquenti costituisce un aspetto della nostra società che può
generare sgomento e perplessità. Se la si guarda nella prospettiva di una scelta di
politica sociale, essa fornisce costantemente risposte deludenti, apparentemente
incapaci di soddisfare molti degli obiettivi che si propone. Intesa come problema
morale e sociale, la questione della pena scatena violente emozioni e tocca interessi
profondamente in conflitto fra loro. Questo libro è stato scritto con la convinzione che
la ragione ultima dei dubbi che aleggiano intorno alla punizione nella sfera penale
risiede nella radicata tendenza a trasformare un problema sostanzialmente sociale in
un'operazione tecnica affidata a istituzioni specializzate. A nostro avviso, il ruolo
sociale della pena è stato da sempre oggetto di numerosi e gravi fraintendimenti; oggi,
di conseguenza, si è fatto urgente indagarne il significato corretto, se non si vuole
perdere la speranza di trovare modalità sanzionatorie più consone ai nostri ideali. In tal
senso, è nostra intenzione lavorare dentro quella tradizione che possiamo definire, a
tutti gli effetti, sociologia della pena, prendendo spunto dalle teorie di studiosi di
diverse discipline che si sono occupati dei fondamenti storici, della funzione sociale e
del significato culturale delle sanzioni.
Questo saggio è dunque una presa di posizione a favore di un approccio sociologico
alla pena e si propone di svilupparlo muovendo dal presupposto che il contesto
istituzionale del diritto penale moderno limiti eccessivamente la nostra percezione del
fenomeno, oscurandone le implicazioni sociali. Da qui l'opportunità di mutuare il
metodo interpretativo dei sociologi della pena e di illustrarne i principali nodi
concettuali. Gran parte del lavoro è dedicata alla esposizione critica delle loro più
importanti teorie, assolvendo, in tal modo, alla funzione pratica svolta da un manuale.
Dal punto di vista espositivo ci siamo sforzati di essere il più lucidi e incisivi possibile,
evitando le semplificazioni, ma cercando allo stesso tempo di essere comprensibili
anche a un lettore non specialista. In un campo che si sta sempre più arricchendo di
studi monografici, ma che continua a essere carente di approfondimenti teorici
generali, assumersi questo compito richiede un'attenzione molto rigorosa. Ragion per
cui abbiamo riportato fedelmente il pensiero originale di vari autori, anche laddove
esso contrasti profondamente con le nostre idee, e lo abbiamo presentato
separatamente dalle nostre critiche, in modo tale da consentire al lettore di elaborare
un’opinione personale. [...]
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Soluzione.
(i connettivi sono sottolineati)
1. La punizione dei delinquenti costituisce un aspetto della nostra società che può generare
sgomento e perplessità.
[Affermazione generale]
2a. Se la si guarda nella prospettiva di una scelta di politica sociale, → essa fornisce
costantemente risposte deludenti, apparentemente incapaci di soddisfare molti degli obiettivi che
si propone.
2b. Intesa come problema morale e sociale, → la questione della pena scatena violente emozioni
e tocca interessi profondamente in conflitto fra loro.
[Due punti di osservazione (complementari, e quindi tendezialmente esaustivi): politica
sociale (2a) e problema morale e sociale (2b): in entrambi i casi, si hanno conseguenze negative (
→): risposte deludenti... (2a), violente emozioni... (2b). Questi due punti di osservazione motivano
l’affermazione generale che apre il testo]
_______________ Fine della I parte (questioni generali) ________________
1. Questo libro è stato scritto con la convinzione che la ragione ultima dei dubbi che aleggiano
intorno alla punizione nella sfera penale risiede nella radicata tendenza a trasformare un
problema sostanzialmente sociale in un'operazione tecnica affidata a istituzioni specializzate.
[Affermazione personale (opinione/convinzione)]
2. A nostro avviso, il ruolo sociale della pena è stato da sempre oggetto di numerosi e gravi
fraintendimenti; oggi, di conseguenza, si è fatto urgente indagarne il significato corretto, se non si
vuole perdere la speranza di trovare modalità sanzionatorie più consone ai nostri ideali. In tal
senso, è nostra intenzione lavorare dentro quella tradizione che possiamo definire, a tutti gli
effetti, sociologia della pena, prendendo spunto dalle teorie di studiosi di diverse discipline che si
sono occupati dei fondamenti storici, della funzione sociale e del significato culturale delle
sanzioni.
[Tipo di approccio prescelto per trattare il tema della pena (quello della sociologia della
pena)]
3. Questo saggio è dunque una presa di posizione a favore di un approccio sociologico alla pena
e si propone di svilupparlo muovendo dal presupposto che il contesto istituzionale del diritto
penale moderno limiti eccessivamente la nostra percezione del fenomeno, oscurandone le
implicazioni sociali.
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[Presupposto che motiva l’approccio da lui prescelto]
_____Fine della II parte (questioni specifiche del saggio: l’approccio)______
4. Da qui l'opportunità di mutuare il metodo interpretativo dei sociologi della pena e di
illustrarne i principali nodi concettuali. Gran parte del lavoro è dedicata alla esposizione critica
delle loro più importanti teorie, assolvendo, in tal modo, alla funzione pratica svolta da un
manuale.
[Contenuti del suo saggio (esposizione delle più importanti teorie)]
5. Dal punto di vista espositivo ci siamo sforzati di essere il più lucidi e incisivi possibile,
evitando le semplificazioni, ma cercando allo stesso tempo di essere comprensibili anche a un
lettore non specialista. In un campo che si sta sempre più arricchendo di studi monografici, ma
che continua a essere carente di approfondimenti teorici generali, assumersi questo compito
richiede un'attenzione molto rigorosa. Ragion per cui abbiamo riportato fedelmente il pensiero
originale di vari autori, anche laddove esso contrasti profondamente con le nostre idee, e lo
abbiamo presentato separatamente dalle nostre critiche, in modo tale da consentire al lettore di
elaborare un’opinione personale. [...]
[Forma del suo saggio (facilità di lettura, obiettività nel riportare le opinioni di tutti)]
__Fine della II parte bis (questioni specifiche del saggio: forma e contenuti)__
Riassumendo in forma schematica:
Generale
1. Affermazione generale (I parte 1)
2ab. Motivazioni che giustificano l’affermazione generale (I parte 2a e 2b)
Particolare
1. Affermazione personale (opinione/convinzione) (II parte 1)
2. Approccio prescelto (II parte 2)
3. Presupposto che motiva 2.
4. Contenuti del saggio
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5. Forma del saggio
4.1 Leggi gli esempi e inserisci il connettivo adatto (anche più di uno).
1. ___________ dovessi ammalarmi, non rinuncerei ad andare.
2. ___________ si tratta di una situazione spiacevole, non si può non affrontarla.
3. ___________ facesse molto freddo, uscirono lo stesso a fare una passeggiata.
4. ___________ sappia che non arriverà nessuno, ha deciso di fermarsi ad aspettare.
5. ___________ [alto], non riusciva a toccare il soffitto.
6. ___________ [tardi], non potevo certo trovare ancora da mangiare.
7. ___________ [tardi], potei trovare ancora / comunque da mangiare.
8. ___________ venisse la bufera, non resterò mai in questo riparo, ______ sicurissimo.
9. ___________ se me lo avesse chiesto implorandomi, gli avrei detto di sì.
Soluzione:
1.-2. Se pure / Pure se / Anche se
7. Per quanto / Benché fosse tardi / Per tardi che fosse
3.-4. Seppure / Sebbene / Malgrado / Nonostante
8. Se anche / Se pure − per quanto / benché / malgrado
5. Per quanto / Benché (fosse) (molto) alto / Per alto che sia / nonostante sia
fosse
9. Neanche / Neppure
6. Tardi com’era
4.2 Gli esempi presentano tutti una frase subordinata (quasi sempre al congiuntivo)
collegata a una frase principale (all’indicativo). Prova ora a invertire l’ordine delle frasi,
mettendo prima la principale e poi la subordinata. Il senso complessivo rimane intatto o
è necessario modificare qualcosa?
Soluzione.
1. Non rinuncerei ad andare anche se / pure se dovessi ammalarmi.
1? Non rinuncerei ad andare se pure dovessi ammalarmi.
2. Non si può non affrontarla, pure se / anche se si tratta di una situazione spiacevole.
2. ? Non si può non affrontarla, ?se pure si tratta di una situazione spiacevole.
3. Uscirono lo stesso a fare una passeggiata seppure / sebbene / malgrado / nonostante facesse molto freddo.
3. Uscirono lo stesso / comunque a fare una passeggiata, seppure / sebbene / malgrado / nonostante facesse molto freddo.
4. Ha deciso di fermarsi ad aspettare seppure / sebbene / malgrado / nonostante sappia che non arriverà nessuno.
4. Ha deciso di fermarsi ad aspettare comunque, seppure / sebbene / malgrado / nonostante sappia che non arriverà nessuno.
5. Non riusciva a toccare il soffitto, benché / per quanto fosse (molto) alto.
5. Non riusciva a toccare il soffitto, per alto che fosse.
6. Non potevo certo trovare ancora da mangiare, tardi com’era.
7. Potei trovare da mangiare, benché / ?per quanto fosse tardi.
7. Potei trovare ancora / comunque da mangiare, benché / per quanto fosse tardi.
8. Non resterò mai in questo riparo, per quanto / benché / ... sia sicurissimo, neanche se / neppure se venisse la bufera.
9. Non gli avrei detto di sì neanche / neppure se me lo avesse chiesto implorandomi.
9. Non gli avrei mai detto di sì, neanche / neppure se me lo avesse chiesto implorandomi.
4.3 Prova ora a collegare tra loro le due frasi senza usare quei connettivi.
Soluzione.
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Molte frasi possono essere riformulate usando il connettivo ma e collegando due frasi entrambe all’indicativo:
2. Si tratta di una situazione spiacevole, ma non si può non affrontarla.
3. Faceva molto freddo, ma uscirono lo stesso a fare una passeggiata.
4. Sa che non arriverà nessuno, ma ha deciso di fermarsi ad aspettare lo stesso / comunque.
5. Era molto alto, ma non riusciva lo stesso / comunque a toccare il soffitto.
7. Era tardi, ma potei trovare ancora / comunque da mangiare.
In un caso usare ma altererebbe il senso originario della frase, che invece rimarrebbe intatto usando e:
6. Era tardi, e non potevo certo trovare ancora da mangiare.
Tre frasi non possono essere parafarsate con ma o con e. Si tratta di frasi in cui gli eventi non si presentano come certi (come negli esempi sopra),
ma come possibili. In questi casi le soluzioni alternative presentano ancora il congiuntivo (sarebbe possibile anche l’indicativo, ma questo
significherebbe dare all’espressione un tono informale e colloquiale) .
1. Neanche / Neppure se mi ammalassi rinuncerei ad andare (informale: Neanche / Neppure se mi ammalo rinuncio ad andare).
8. Neanche / Neppure se venisse la bufera, resterò in questo riparo, benché sicurissimo.
9. Neanche / Neppure se me lo avesse chiesto implorandomi gli avrei detto di sì.
Coesivi
Individua le catene anaforiche (e le eventuali catafore) e i differenti tipi di anafora.
5. Gli arresti veri del finto poliziotto («La Repubblica», 11/10/2005)
«Mi piace troppo fare il poliziotto». Una passione che, forse alimentata dalle fiction televisive
sulle divise, ha trascinato un portantino del Gemelli in un mare di guai. Munito del tesserino di
un vero agente, l'uomo, Leonardo R., ha "fermato" due venditori ambulanti ed ha spinto la
finzione al punto di andare al commissariato, interrogare gli stranieri, redigere e firmare
impeccabili verbali d'arresto. Se avesse avuto il coraggio di presentarsi anche al giudizio per
direttissima, probabilmente, nessuno l'avrebbe mai smascherato ma, alla fine, il portantino è stato
denunciato dal vicequestore Antonio Del Greco per una serie di reati che vanno dalla
sostituzione di persona all'usurpazione di titolo, dalla ricettazione al falso.
Tutto comincia con una chiamata al 113 proveniente dalla fermata della metro di piazza di
Spagna. «Sono un collega - dice una voce concitata - ho fermato un senegalese ma ha tentato di
scappare, ho bisogno di aiuto... ». Routine per l'operatore della sala operativa che invia sul posto
un' auto del commissariato Trevi -Campo Marzio.
Alla fermata, gli agenti trovano il "collega" in borghese che mostra il tesserino (un documento
che, per regolamento, non va mai consegnato in mano a qualcuno e che spesso riporta foto
vecchie di parecchi anni) e consegna la merce sequestrata. Il senegalese viene caricato in
macchina, portato al commissariato e chiuso nelle celle di sicurezza in attesa del processo per
direttissima. Nel frattempo, il portantino redige e firma il verbale, saluta tutti e se ne va.
L'appuntamento è per il giorno dopo, a piazzale Clodio.
In aula, però il "poliziotto" non si fa vedere e gli agenti del commissariato del Centro, alla fine,
chiamano Monte Mario. «Ma dove diavolo sta il collega? Lo aspettiamo da ore, senza di lui il
processo non può cominciare». La risposta è sconcertata: «Ma come, è in ferie da parecchi
giorni...». Alla fine l'agente viene rintracciato ma nega di aver arrestato uno straniero. «Qualche
mese fa lavoravo al posto di polizia del Gemelli e qualcuno mi ha rubato il tesserino - aggiunge naturalmente ho denunciato subito il furto».
Identificare l'impostore è tutt'altro che facile. Il vicequestare Del Greco riesce a dargli un nome
con la collaborazione della sala operativa della questura che passa al setaccio le 6.500 chiamate
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arrivate il giorno prima. Il portantino lavora al Gemelli ma vive a Nepi coi genitori. Una notte di
appostamenti fuori dalla sua abitazione si risolve in un buco nell'acqua: niente da fare, Leonardo
R. non si fa vedere.
I poliziotti, scoraggiati, decidono di provare all'ospedale ma, proprio in quel momento, arriva una
nuova chiamata. Un episodio identico avvenuto, stavolta, alla metropolitana di piazzale Flaminio.
Un "agente" si è lanciato all’inseguimento di un ambulante straniero, l'altro ha reagito e, mentre i
due lottavano furiosamente, un "vigilante" ha chiamato il 112. Ai carabinieri, l'uomo ha
raccontato la stessa panzana e ha dato lo stesso nome falso dell'agente di Monte Mario. Ma
qualcosa non ha convinto un vecchio maresciallo che ha deciso di controllare l'identità del
poliziotto. Pochi minuti dopo, Del Greco e i suoi uomini sono sul posto. Il portantino capisce di
aver perso la partita e ammette candidamente: «Fare il poliziotto è sempre stata la mia passione».
Soluzione
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«Mi piace troppo fare il poliziotto». Una passione che, forse alimentata dalle fiction
televisive sulle divise, ha trascinato un portantino del Gemelli in un mare di guai. Munito
del tesserino di un vero agente, l'uomo, Leonardo R., ha "fermato" due venditori
ambulanti ed ha spinto la finzione al punto di andare al commissariato, interrogare gli
stranieri, redigere e firmare impeccabili verbali d'arresto. Se Ø avesse avuto il coraggio di
presentarsi anche al giudizio per direttissima, probabilmente, nessuno l'avrebbe mai
smascherato ma, alla fine, il portantino è stato denunciato dal vicequestore Antonio Del
Greco per una serie di reati che vanno dalla sostituzione di persona all'usurpazione di titolo,
dalla ricettazione al falso.
Tutto comincia con una chiamata al 113 proveniente dalla fermata della metro di piazza
di Spagna. «Sono un collega - dice una voce concitata - ho fermato un senegalese ma Ø
ha tentato di scappare, Ø ho bisogno di aiuto... ». Routine per l'operatore della sala operativa
che invia sul posto un’auto del commissariato Trevi -Campo Marzio.
Alla fermata, gli agenti trovano il "collega" in borghese che mostra il tesserino (un
documento che, per regolamento, non va mai consegnato in mano a qualcuno e che spesso
riporta foto vecchie di parecchi anni) e consegna la merce sequestrata. Il senegalese viene
caricato in macchina, portato al commissariato e chiuso nelle celle di sicurezza in attesa del
processo per direttissima. Nel frattempo, il portantino redige e firma il verbale, saluta tutti e
se ne va. L'appuntamento è per il giorno dopo, a piazzale Clodio.
In aula, però il "poliziotto" non si fa vedere e gli agenti del commissariato del Centro, alla
fine, chiamano Monte Mario. «Ma dove diavolo sta il collega? Lo aspettiamo da ore, senza di
lui il processo non può cominciare». La risposta è sconcertata: «Ma come, Ø è in ferie da
parecchi giorni...». Alla fine l'agente viene rintracciato ma nega di aver arrestato uno
straniero. «Qualche mese fa lavoravo al posto di polizia del Gemelli e qualcuno mi ha
rubato il tesserino - Ø aggiunge - naturalmente ho denunciato subito il furto».
Identificare l'impostore è tutt'altro che facile. Il vicequestore Del Greco riesce a dargli un
nome con la collaborazione della sala operativa della questura che passa al setaccio le 6.500
chiamate arrivate il giorno prima. Il portantino lavora al Gemelli ma vive a Nepi coi
genitori. Una notte di appostamenti fuori dalla sua abitazione si risolve in un buco
nell'acqua: niente da fare, Leonardo R. non si fa vedere.
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35
I poliziotti, scoraggiati, decidono di provare all'ospedale ma, proprio in quel momento, arriva
una nuova chiamata. Un episodio identico avvenuto, stavolta, alla metropolitana di piazzale
Flaminio. Un "agente" si è lanciato all’inseguimento di un ambulante straniero, l'altro ha
reagito e, mentre i due lottavano furiosamente, un "vigilante" ha chiamato il 112. Ai
carabinieri, l'uomo ha raccontato la stessa panzana e ha dato lo stesso nome falso
dell'agente di Monte Mario. Ma qualcosa non ha convinto un vecchio maresciallo che ha
deciso di controllare l'identità del poliziotto. Pochi minuti dopo, Del Greco e i suoi uomini
sono sul posto. Il portantino capisce di aver perso la partita e ammette candidamente: «Fare
il poliziotto è sempre stata la mia passione».
Catene anaforiche principali:
un portantino del Gemelli 2 → l’uomo, Leonardo R. 3, Ø (omissione del soggetto) 5, l’ (pronome
oggetto) 6, il portantino 6, il portantino 17, “collega” 13, il “poliziotto” 19, qualcuno 23, l’impostore 25,
il portantino 27, sua 28, Leonardo R. 29, “agente” 32, l’uomo 35, poliziotto 36, il portantino 36.
Collega 10 → Ø (soggetto) 11, collega 20, lui 20, Ø (soggetto) 21, l’agente 22, agente di Monte Mario 3435.
Catene anaforiche secondarie:
Senegalese 10 → Ø (pronome soggetto) 11,
senegalese 15, uno straniero 22.
«Mi piace troppo fare il poliziotto» 1 →
passione 1, passione 37.
Un’auto 12 → gli agenti 13.
Due venditori ambulanti 3 → gli stranieri 4.
Il tesserino 13 → un documento 13-14.
vicequestore Antonio Del Greco 7 →
un ambulante straniero 32 → l’altro 32.
vicequestore Del Greco 25, Del Greco 36.
un ambulante straniero 32 e “agente” 32→ i
Primo capoverso 1-8 → Tutto 9.
due 33.
fermata della metro di piazza di Spagna 9→
112 33 → carabinieri 33.
sul posto 12, alla fermata 13.
Discorso diretto 10-11 → stessa panzana 34.
6. Individua le catene anaforiche (e le eventuali catafore), i differenti coesivi e i connettivi
usati lungo il brano, analizzane le funzioni e osservane la funzione ‘strutturante’ che
conferisce al testo ordine, semplicità e leggibilità.
Una relazione medica sui possibili problemi causati da una scorretta fruizione di
immagini televisive da parte dei bambini.
1
La visione di una sorgente luminosa, sia nell’adulto che nel bambino, deve
possibilmente essere mantenuta a una distanza variabile dai cinque ai tre metri per
permettere all’occhio di rimanere in condizioni di “riposo”.
Nel bambino tale concetto assume una maggiore importanza, dal momento che il
5 potere accomodativo è maggiore. Quanto più il bambino si avvicina ad una
sorgente luminosa, rappresentata nel nostro caso dal televisore, tanto più viene
innescato il processo accomodativo.
Questo significa che il cristallino modifica il suo potere refrattivo, per potere
adeguare il potere diottrico dell’occhio alla distanza dell’oggetto osservato. In tal
10 modo è possibile mettere a fuoco a livello retinico oggetti situati a differenti
distanze. Quando il processo accomodativo viene sollecitato per un lungo periodo
di tempo il bambino rischia di andare incontro a disturbi “astenopeici”: cefalea,
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bruciore, iperemia congiuntivale, impossibilità a proseguire per lungo tempo un
lavoro da vicino, fino ad arrivare alla fotofobia.
15 Quindi per ottenere una visione corretta è necessario che il bambino si mantenga a
una distanza per cui il potere accomodativo sia praticamente nullo, mettendo
l’occhio in condizioni di riposo. Nel caso in cui un bambino presenti già disturbi
“ametropici” specialmente ipermetropia, astigmatismo e strabismo, una corretta
distanza dalla sorgente luminosa è ancora più importante, poiché nell’ipermetrope
20 l’accomodazione è superiore a quella dei soggetti emmetropi [...]; e nel bambino
strabico una stimolazione del processo accomodativo può peggiorare soprattutto
nella “esotropia”, la deviazione dei bulbi in convergenza.
Soluzione
(i connettivi sono stati sottolineati)
La visione di una sorgente luminosa, sia nell’adulto che nel bambino, deve
possibilmente essere mantenuta a una distanza variabile dai cinque ai tre metri per
permettere all’occhio di rimanere in condizioni di “riposo”.
Nel bambino tale concetto assume una maggiore importanza, dal momento che il
5 potere accomodativo è maggiore. Quanto più il bambino si avvicina ad una
sorgente luminosa, rappresentata nel nostro caso dal televisore, tanto più viene
innescato il processo accomodativo.
Questo significa che il cristallino modifica il suo potere refrattivo, per potere
adeguare il potere diottrico dell’occhio alla distanza dell’oggetto osservato.
10 In tal modo è possibile mettere a fuoco a livello retinico oggetti situati a differenti
distanze. Quando il processo accomodativo viene sollecitato per un lungo
periodo di tempo il bambino rischia di andare incontro a disturbi “astenopeici”:
cefalea, bruciore, iperemia congiuntivale, impossibilità a proseguire per
lungo tempo un lavoro da vicino, fino ad arrivare alla fotofobia.
15 Quindi per ottenere una visione corretta è necessario che il bambino si mantenga a
una distanza per cui il potere accomodativo sia praticamente nullo, mettendo
l’occhio in condizioni di riposo. Nel caso in cui un bambino presenti già disturbi
“ametropici” specialmente ipermetropia, astigmatismo e strabismo, una
corretta distanza dalla sorgente luminosa è ancora più importante, poiché
20
nell’ipermetrope l’accomodazione è superiore a quella dei soggetti emmetropi [...];
e nel bambino strabico una stimolazione del processo accomodativo può
peggiorare soprattutto nella “esotropia”, la deviazione dei bulbi in convergenza.
1
Catene anaforiche:
Sorgente luminosa 1 → sorgente luminosa 4-5, televisore 5, sorgente luminosa 19.
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Bambino 1 → bambino 4, 5, 15, 17, 20.
Potere accomodativo 5 → potere accomodativo 16,
Processo accomodativo 7 → il cristallino modifica il suo potere refrattivo, per potere adeguare il
potere diottrico dell’occhio alla distanza dell’oggetto osservato 8-9, tal modo 9-10, processo
accomodativo 10-11, 21.
disturbi “astenopeici” 12 → cefalea 12, bruciore 12, iperemia congiuntivale 13, impossibilità a
proseguire per lungo tempo un lavoro da vicino 13-14, fotofobia 14.
disturbi “ametropici” 17 → ipermetropia 18, astigmatismo 18, strabismo 18.
un bambino presenti già disturbi “ametropici” specialmente ipermetropia, astigmatismo e
strabismo 17-18 → ipermetrope 19, bambino strabico 20.
Tenendo conto del senso dei singoli passi, e osservando in particolare la funzione
‘strutturante’ di coesivi e connettivi, prova a ordinare nella giusta sequenza i passi che
sono stati riportati qui di seguito alterandone l’ordine originario.
7. Presentazione di David Garland al suo libro Pena e società moderna (cit.)
Benché tale progetto sia assolutamente lineare nel fine che si prefigge, vi sono alcuni presupposti
che è necessario puntualizzare.
In primo luogo, la sanzione penale non è semplicemente quella istituzione trasparente e lampante
volta al controllo della criminalità, cui siamo abituati a pensare.
L'obiettivo di questo libro è semplice e consiste nel fornire un resoconto, il più completo
possibile, della sociologia della pena nella società moderna.
Ma la funzione della pena nella società moderna non è per nulla scontata.
Se così fosse, uno studio di questo genere non avrebbe alcuna utilità,
poiché finirebbe con il ribadire ciò che è già evidente.
Il fatto che, al contrario, possa apparire come qualcosa di ben definito è da imputarsi più
all'effetto oscurante, e allo stesso tempo rassicurante, prodotto dalle istituzioni, che alla
razionalità lineare delle pratiche penali.
Per ripercorrere, almeno a grandi linee, i mutamenti della pena fino alla forma attuale - e le
conseguenze a essa connesse -, ci siamo avvalsi degli strumenti interpretativi elaborati dalla teoria
sociale, delle informazioni e delle intuizioni degli storici, insieme a dati più strettamente
penologici.
Essa costituisce qualcosa di profondamente problematico e difficile da comprendere nella sua
essenza.
Soluzione.
La sequenza corretta è: L’obiettivo... , Per ripercorrere... , Benché tale progetto... , In primo luogo... , Se così fosse... , poiché
finirebbe... , Ma la funzione... , Essa costituisce... , Il fatto che...
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8. Un passo tratto da un racconto è stato scomposto in frasi brevissime, tra loro slegate.
Collega tra loro questi appunti rielaborandone la forma e cerca di ottenere un racconto in
un buon italiano (da Carlo Lucarelli, Il giorno del lupo, Torino, Einaudi, 1998).
Prima raffica.
Nella V metallica del mirino dell’Uzi: Rocco Carnevale.
Rocco Carnevale: fermo davanti al bar sotto il portico.
Rocco Carnevale: tazzina di caffè in mano.
Rocco Carnevale: salta all’indietro.
Il piattino bianco col bollo rosso della Segafredo va in aria
Matteo Parisi: in piedi accanto a lui.
Matteo Parisi: segue istintivamente con gli occhi il piattino bianco.
Matteo Parisi: un attimo prima di piegare violentemente la testa di lato
Matteo Parisi: la testa si piega su una spalla
un calibro nove a punta morbida tronca di netto il mento di Matteo Parisi.
Terza raffica.
il sacchetto di plastica si gonfia di bossoli.
I bossoli sono roventi.
il sacchetto di plastica è attaccato all'otturatore del mitra
Romano Del Bianco è preso dalla terza raffica all'altezza della vita
Romano Del Bianco è spinto in una piroetta rapidissima.
La piroetta lo lancia dentro la porta del bar, attraverso le strisce verdi di plastica unta.
Poi: la canna corta dell'Uzi dentro il finestrino.
l'auto sterza bruscamente verso destra
le gomme stridono,
l’auto attraversa i viali col rosso
l’auto sparisce oltre il ponte di San Donato
un rombo strozzato, fuori giri.
Soluzione (testo originale).
Quando partì la prima raffica, inquadrato nella V metallica del mirino dell'Uzi c'era Rocco Carnevale, fermo davanti
al bar sotto il portico, la tazzina del caffè in mano. Saltò all'indietro, lanciando in aria il piattino bianco col bollo
rosso della Segafredo che Matteo Parisi, in piedi accanto a lui, seguì istintivamente con gli occhi, un attimo prima di
piegare violentemente la testa di lato, su una spalla, col mento troncato di netto da un calibro nove a punta morbida.
La terza raffica, che gonfiò di bossoli roventi il sacchetto di plastica attaccato all'otturatore del mitra, prese Romano
Del Bianco all'altezza della vita e lo spinse in una piroetta rapidissima che lo lanciò dentro la porta del bar, attraverso
le strisce verdi di plastica unta. Poi la canna corta dell'Uzi tornò dentro il finestrino, l'auto sterzò bruscamente verso
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destra, facendo stridere le gomme, attraversò i viali col rosso e sparì in un rombo strozzato, fuori giri, oltre il ponte
di San Donato.
Interpunzione
Inserisci dove ritieni opportuno il segno d’interpunzione adatto.
Oltre a virgole, punti e punti e virgola, ricordati di inserire il capoverso (che puoi indicare
con la doppia barra: //) ed, eventualmente, le parentesi tonde, le virgolette
metalinguistiche (“ ”), il trattino, il punto interrogativo e il punto esclamativo. (Le
maiuscole dopo il punto fermo sono state tolte: inseriscile tu).
9. Surgelati da 40 anni. Ma sempre freschi (L. Granello, «La Repubblica» 6/10/05)
Avere quarant'anni e non preoccuparsene facile i surgelati sono freschi per status e niente segni
di stanchezza ma un continuo inseguire le nuove esigenze dei consumatori italiani un
compleanno felice festeggiato ieri con la presentazione d'una ricerca di storia sociale e alimentare
attraverso l'evoluzione dei surgelati commissionata dall'Istituto italiano alimenti surgelati un
Amarcord tra fornelli e borse della spesa che attraversa le generazioni dell'ultimo mezzo secolo
battezzando ogni decennio con un cibo praticato fino a quel momento solo nell'accezione fresca
e promosso nella versione grande freddo erano i primissimi anni ’60 e la discriminante sociale al
femminile passava dalla cucina la maggior parte approntava pranzi e cene in successione
irrimediabile dalla tarda infanzia alla vecchiaia età in cui la liberazione passava dalla sostituzione
dei pasti cucinati con le scodelle di caffelatte le poche donne obbligate a disertare i fornelli per
colpa del lavoro fuori casa erano sostituite nell'esercizio di vivandiere da mamme zie e affini
categoria a parte quella delle signore che avevano ereditato la tata di famiglia benestante o ne
avevano acquisito una tutta nuova grazie a un matrimonio economicamente vantaggioso sedersi a
tavola senza essere transitate dalla cucina era il massimo dei lussi l'ignoranza nei confronti del
surgelato era comunque trasversale il massimo del brivido alimentare passava dal Mottarello o
dalla Coppa del Nonno gustati sulla spiaggia o ai giardini pubblici dondolando le carrozzine i
minestroni pronti da cuocere entrarono nelle case in seguito alle prime ondate di lavoro
femminile di massa perché pulire tagliare e assemblare le verdure da cuocere a cui aggiungere il
tempo per la spesa rigorosamente al mercato era una pratica che mal coincideva con gli orari di
fabbrica uffici negozi scuole ospedali in più il minestrone surgelato non abbisognava nemmeno
del tempo di scongelamento problema risolto negli ultimi anni con l'affermazione definitiva del
forno a microonde bastava portare a ebollizione poca acqua salata aprire la confezione e zac
mezz'ora dopo la pentola arrivava in tavola fumante dal minestrone ai filetti di merluzzo il passo
è stato lungo quanto un'acquisizione culturale quella della democratizzazione del pesce che in
quanto salutare doveva essere alla portata di tutti compreso chi non poteva permettersi per
tempo di pulitura e portafogli le soluzioni più ovvie come pesce azzurro e orata per farlo
accettare in famiglia aprendo il nuovissimo frigo con sportello freezer i grandi marchi mandarono
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in video pubblicità con protagonisti pescatori e pescherecci che sembravano presi di peso dai
racconti di pirati e corsari pesce freschissimo pieno di fosforo per bambini superintelligenti
adesso pieno soprattutto di metalli pesanti dopo il pesce la pizza il cibo più amato e anche il più
abusato per mascherare il tradimento i golosi impararono in fretta a ricoprirla con ognibendidio
dall'acciughina alla doppia mozzarella l'ultima porta quella dell'alta gastronomia applicata al
freddo fu varcata per primo da Gualtiero Marchesi con una consulenza che fece scandalo oggi
tutte le grandi aziende di surgelati pagano i migliori chef in circolazione per introdurre sul
mercato ricette sempre più accattivanti e sofisticate aprire le buste e far rinvenire il piatto è alla
portata di tutti.
Soluzione 1 (testo originario).
Avere quarant'anni e non preoccuparsene. Facile: i surgelati sono freschi per status. E niente
segni di stanchezza, ma un continuo inseguire le nuove esigenze dei consumatori italiani.
Un compleanno felice, festeggiato ieri con la presentazione d'una ricerca di storia sociale e
alimentare attraverso l'evoluzione dei surgelati, commissionata dall'Istituto italiano alimenti
surgelati. Un Amarcord tra fornelli e borse della spesa che attraversa le generazioni dell'ultimo
mezzo secolo, battezzando ogni decennio con un cibo praticato fino a quel momento solo
nell'accezione "fresca" e promosso nella versione "grande freddo".
Erano i primissimi anni 60, e la discriminante sociale al femminile passava dalla cucina: la
maggior parte approntava pranzi e cene in successione irrimediabile dalla tarda infanzia alla
vecchiaia (età in cui la liberazione passava dalla sostituzione dei pasti cucinati con le scodelle di
caffelatte). Le poche donne obbligate a disertare i fornelli per colpa del lavoro fuori casa, erano
sostituite nell'esercizio di vivandiere da mamme, zie e affini. Categoria a parte, quella delle
"signore", che avevano ereditato la "tata" di famiglia (benestante) o ne avevano acquisito una
tutta nuova grazie a un matrimonio economicamente vantaggioso: sedersi a tavola senza essere
transitate dalla cucina era il massimo dei lussi. L'ignoranza nei confronti del surgelato era
comunque trasversale: il massimo del brivido alimentare passava dal Mottarello o dalla Coppa del
Nonno, gustati sulla spiaggia o ai giardini pubblici, dondolando le carrozzine.
I minestroni "pronti da cuocere" entrarono nelle case in seguito alle prime ondate di lavoro
femminile di massa. Perché pulire, tagliare e assemblare le verdure da cuocere a cui aggiungere il
tempo per la spesa - rigorosamente al mercato - era una pratica che mal coincideva con gli orari
di fabbrica, uffici, negozi, scuole, ospedali. In più, il minestrone surgelato non abbisognava
nemmeno del tempo di scongelamento (problema risolto negli ultimi anni con l'affermazione
definitiva del forno a microonde): bastava portare a ebollizione poca acqua salata, aprire la
confezione, e zac!, mezz'ora dopo la pentola arrivava in tavola fumante.
Dal minestrone ai filetti di merluzzo, il passo è stato lungo quanto un'acquisizione culturale:
quella della "democratizzazione" del pesce. Che, in quanto salutare, doveva essere alla portata di
tutti, compreso chi non poteva permettersi, per tempo di pulitura e portafogli, le soluzioni più
ovvie, come pesce azzurro e orata.
Per farlo accettare in famiglia, aprendo il nuovissimo frigo con sportello freezer, i grandi marchi
mandarono in video pubblicità con protagonisti pescatori e pescherecci che sembravano presi di
peso dai racconti di pirati e corsari. Pesce freschissimo, pieno di fosforo per bambini
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superintelligenti (adesso pieno soprattutto di metalli pesanti).
Dopo il pesce, la pizza: il cibo più amato, e anche il più abusato. Per mascherare il tradimento, i
golosi impararono in fretta a ricoprirla con ognibendidio, dall'acciughina alla doppia mozzarella.
L'ultima porta, quella dell'alta gastronomia applicata al freddo, fu varcata per primo da Gualtiero
Marchesi, con una consulenza che fece scandalo. Oggi tutte le grandi aziende di surgelati pagano
i migliori chef in circolazione per introdurre sul mercato ricette sempre più accattivanti e
sofisticate. Aprire le buste e far "rinvenire" il piatto è alla portata di tutti.
Soluzione 2.
Qui di seguito si presenta un’altra possibile soluzione interpuntiva (solo in alcuni casi
con uno spostamento di parole). I cambiamenti sono evidenziati in grigio (la X indica la
soppressione di un segno interpuntivo). Si rispetta, non solo per ragioni di comodità
espositiva, la divisione in capoversi originaria.
Avere quarant'anni e non preoccuparsene. Facile, i surgelati sono freschi per status! E niente
segni di stanchezza, ma un continuo inseguire le nuove esigenze dei consumatori italiani.
Un compleanno felice, festeggiato ieri con la presentazione d'una ricerca (commissionata
dall'Istituto italiano alimenti surgelati) di storia sociale e alimentare attraverso l'evoluzione dei
surgelati.
Un Amarcord tra fornelli e borse della spesa che attraversa le generazioni dell'ultimo mezzo
secolo, battezzando ogni decennio con un cibo praticato fino a quel momento solo nell'accezione
"fresca" e promosso nella versione "grande freddo".
Erano i primissimi anni ’60, e la discriminante sociale al femminile passava dalla cucina. La
maggior parte approntava pranzi e cene in successione irrimediabile dalla tarda infanzia alla
vecchiaia (età in cui la liberazione passava dalla sostituzione dei pasti cucinati con le scodelle di
caffelatte). Le poche donne obbligate a disertare i fornelli per colpa del lavoro fuori casaX erano
sostituite nell'esercizio di vivandiere da mamme, zie e affini. Categoria a parte, quella delle
"signore", che avevano ereditato la "tata" di famiglia (benestante) o ne avevano acquisito una
tutta nuova grazie a un matrimonio economicamente vantaggioso. Sedersi a tavola senza essere
transitate dalla cucina era il massimo dei lussi. L'ignoranza nei confronti del surgelato era,
comunque, trasversale: il massimo del brivido alimentare passava dal Mottarello o dalla Coppa
del Nonno, gustati sulla spiaggia o ai giardini pubbliciX dondolando le carrozzine.
I minestroni "pronti da cuocere" entrarono nelle case in seguito alle prime ondate di lavoro
femminile di massa, perché pulire, tagliare e assemblare le verdure da cuocere, a cui aggiungere il
tempo per la spesa (rigorosamente al mercato), era una pratica che mal coincideva con gli orari di
fabbrica, uffici, negozi, scuole, ospedali. In più, il minestrone surgelato non abbisognava
nemmeno del tempo di scongelamento (problema risolto negli ultimi anni con l'affermazione
definitiva del forno a microonde). Bastava portare a ebollizione poca acqua salata, aprire la
confezione, e zac!, mezz'ora dopo la pentola arrivava in tavola fumante.
Dal minestrone ai filetti di merluzzo, il passo è stato lungo quanto un'acquisizione culturale,
quella della "democratizzazione" del pesce, che, in quanto salutare, doveva essere alla portata di
tutti, compreso chi non poteva permettersi, per tempo di pulitura e portafogli, le soluzioni più
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm (19 di 57) [03/01/2007 11.41.22]
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm
ovvie, come pesce azzurro e orata.
Per farlo accettare in famiglia, aprendo il nuovissimo frigo con sportello freezer, i grandi marchi
mandarono in video pubblicità con protagonisti pescatori e pescherecci che sembravano presi di
peso dai racconti di pirati e corsari. Pesce freschissimo, pieno di fosforo per bambini
superintelligenti (adesso pieno soprattutto di metalli pesanti).
Dopo il pesce, la pizza. Il cibo più amato. E anche il più abusato. Per mascherare il tradimento, i
golosi impararono in fretta a ricoprirla con ogni bendidio, dall'acciughina alla doppia mozzarella.
L'ultima porta, quella dell'alta gastronomia applicata al freddo, fu varcata per primo da Gualtiero
Marchesi, con una consulenza che fece scandalo. Oggi tutte le grandi aziende di surgelati pagano
i migliori chef in circolazione per introdurre sul mercato ricette sempre più accattivanti e
sofisticate. Aprire le buste e far "rinvenire" il piatto è alla portata di tutti.
10.“Incompreso” è il Carosello (Als Ob, «Il Sole 24 ore», 17/2/02)
I bambini a letto dopo Carosello la frase ha segnato la vita di chi lo sia stato molto tempo fa
bambino e martedì ci risuona di nuovo all'orecchio nel pieno di Incompreso che cosa c'entrano i
dieci minuti pubblicitari più famosi dell'Italia del 1900 con le faccende d'una famiglia britannica
della fine degli anni 60 sì ma del 1800 il fatto è che sceneggiando per Canale 5 il romanzo
lacrimevole di Florence Montgomery l'Enrico Oldoini ha pensato di migliorarlo e l'ha trasferito
dal Sussex vittoriano alla campagna toscana del 1956 che cosa gli si può obbiettare intanto
qualche particolare non irrilevante del prodotto finito capita per esempio che al telefono gli attori
siano sempre costretti a ridire a voce alta quello che dall'altra parte vien loro detto tante volte noi
a casa nostra fossimo così ritardati da non capire ugualmente oppure capita che l’incompreso
Francesco se ne esca con gnènte e penzo di matrice poco toscana o che di fronte a un magnifico
pony esploda nel grido di gioia Un regalo di babà! e non intende il dolce che si fa a Napoli
misteri dei bamberottoli delle nostre fiction e anche di chi mette insieme i cast pensando ad altro
si potrebbe aggiungere che appunto allo scopo di migliorare il testo letterario gli autori televisivi
s'inventano una madre malata di leucemia la Montgomery è più spiccia la signora è già bell'e
morta e non se ne parla più per sovrammercato le affiancano una sorella antipatica e perfida che
ha tutte le caratteristiche dell'aspirante matrigna insomma il Maurizio Costanzo sarebbe capace di
imbastirci su un'intera puntata del suo show ma solo se il Bruno Vespa non lo avesse già bruciato
sul tempo risultato un pastrocchio un polpettone neppure lacrimevole che riesce a confondere
persino un ottimo attore come Luca Zingaretti tuttavia al di là delle questioni generali e
d'impianto per così dire narrativo quel che spicca sono appunto i particolari per esempio spicca
Francesco che dopo aver legato per gioco il fratello Mino a un albero così lo rassicura poi vengo
a salvarti... occhèi? siamo nel lontano 1956 la tivù non ha ancora rincitrullito noi e il nostro
linguaggio ma per Oldoini & C. è occhèi lo stesso d'altra parte la raffinata signora leucemica non
è da meno al marito che sbagliando immagina che il suo malessere sia solo indizio d'una
gravidanza quella risponde come una squinzia qualunque della terribile tivù del terzo millennio
hai visto mai....
Soluzione 1 (testo originale).
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I bambini? "A letto dopo Carosello". La frase ha segnato la vita di chi lo sia stato molto tempo fa, bambino, e
martedì ci risuona di nuovo all'orecchio, nel pieno di “Incompreso”. Che cosa c'entrano i dieci minuti
pubblicitari più famosi dell'Italia del 1900, con le faccende d'una famiglia britannica della fine degli anni 60, sì,
ma del 1800. Il fatto è che, sceneggiando per Canale 5 il romanzo lacrimevole di Florence Montgomery,
l'Enrico Oldoini ha pensato di migliorarlo e l'ha trasferito dal Sussex vittoriano alla campagna toscana del 1956.
Che cosa gli si può obbiettare? Intanto, qualche particolare non irrilevante del "prodotto finito". Capita per
esempio che, al telefono, gli attori siano sempre costretti a ridire a voce alta quello che, dall'altra parte, vien
loro detto (tante volte noi, a casa nostra, fossimo così ritardati da non capire ugualmente). Oppure capita che
l'"incompreso" Francesco se ne esca con "gnènte" e "penzo" di matrice poco toscana. O che, di fronte a un
magnifico pony, esploda nel grido di gioia "Un regalo di babà!" (e non intende il dolce che si fa a Napoli).
Misteri dei bamberottoli delle nostre fiction, e anche di chi mette insieme i cast pensando ad altro.
Si potrebbe aggiungere che, appunto allo scopo di migliorare il testo letterario, gli autori televisivi s'inventano
una madre malata di leucemia (la Montgomery è più spiccia: la signora è già bell'e morta, e non se ne parla più).
Per sovrammercato, le affiancano una sorella antipatica e perfida, che ha tutte le caratteristiche dell'aspirante
matrigna. Insomma, il Maurizio Costanzo sarebbe capace di imbastirci su un'intera puntata del suo show (ma
solo se il Bruno Vespa non lo avesse già bruciato sul tempo). Risultato? Un pastrocchio, un polpettone
neppure lacrimevole, che riesce a confondere persino un ottimo attore come Luca Zingaretti.
Tuttavia, al di là delle questioni generali e d'impianto per così dire narrativo, quel che spicca sono appunto i
particolari. Per esempio, spicca Francesco che, dopo aver legato per gioco il fratello Mino a un albero, così lo
rassicura: "Poi vengo a salvarti... occhèi?". Siamo nel lontano 1956, la tivù non ha ancora rincitrullito noi e il
nostro linguaggio, ma per Oldoini & C. è occhèi lo stesso. D'altra parte, la raffinata signora leucemica non è da
meno. Al marito che, sbagliando, immagina che il suo malessere sia solo indizio d'una gravidanza, quella
risponde come una squinzia qualunque della terribile tivù del terzo millennio: "Hai visto mai...".
Soluzione 2 (alternativa). La X segnala che un segno interpuntivo è stato tolto; l’evidenziazione
che il segno è stato cambiato.
I bambini? "A letto dopo Carosello". La frase ha segnato la vita di chi lo sia stato molto tempo fa,
bambino, e martedì ci risuona di nuovo all'orecchio, nel pieno di “Incompreso”. Che cosa c'entrano i dieci
minuti pubblicitari più famosi dell'Italia del 1900X con le faccende d'una famiglia britannica della fine
degli anni 60X sì, ma del 1800. Il fatto è cheX sceneggiando per Canale 5 il romanzo lacrimevole di
Florence MontgomeryX l'Enrico Oldoini ha pensato di migliorarlo, e l'ha trasferito dal Sussex vittoriano
alla campagna toscana del 1956.
Che cosa gli si può obbiettare? Intanto, qualche particolare non irrilevante del "prodotto finito": capita per
esempio cheX al telefonoX gli attori siano sempre costretti a ridire a voce alta quello che, dall'altra parte,
vien loro detto (tante volte noi, a casa nostra, fossimo così ritardati da non capire ugualmente); oppure
capita che l'"incompreso" Francesco se ne esca con "gnènte" e "penzo", di matrice poco toscana; o cheX
di fronte a un magnifico ponyX esploda nel grido di gioia "Un regalo di babà!" (e non intende il dolce che
si fa a Napoli). Misteri dei bamberottoli delle nostre fictionX e anche di chi mette insieme i cast pensando
ad altro.
Si potrebbe aggiungere che, appunto allo scopo di migliorare il testo letterario, gli autori televisivi
s'inventano una madre malata di leucemia (la Montgomery è più spiccia: la signora è già bell'e morta, e
non se ne parla più). Per sovrammercato, le affiancano una sorella antipatica e perfidaX che ha tutte le
caratteristiche dell'aspirante matrigna. Insomma, il Maurizio Costanzo sarebbe capace di imbastirci su
un'intera puntata del suo show (ma solo se il Bruno Vespa non lo avesse già bruciato sul tempo).
Risultato? Un pastrocchio, un polpettone neppure lacrimevole, che riesce a confondere persino un ottimo
attore come Luca Zingaretti.
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Tuttavia, al di là delle questioni generali e d'impianto per così dire narrativo, quel che spicca sono appunto
i particolari. Per esempio, spicca Francesco che, dopo aver legato per gioco il fratello Mino a un albero,
così lo rassicura: "Poi vengo a salvarti... occhèi?". Siamo nel lontano 1956, la tivù non ha ancora
rincitrullito noi e il nostro linguaggio, ma per Oldoini & C. è occhèi lo stesso. D'altra parteX la raffinata
signora leucemica non è da meno. Al marito che, sbagliando, immagina che il suo malessere sia solo
indizio d'una gravidanza, quella risponde come una squinzia qualunque della terribile tivù del terzo
millennio: "Hai visto mai...".
11. I due brani giornalistici riportati qui sotto presentano una sintassi particolare: molto
complessa (con frasi lunghe e complicate: testo A) e molto frammentata (con frasi brevi
o brevissime: testo B).
Prova a ritoccare i testi in modo da costruire periodi di media lunghezza e di media
complessità (intervieni sulla punteggiatura ed, eventualmente, introduci nuovi
connettivi).
A − Se nella raffica delle sette primarie di martedì, dove contano i soldi per comperare gli spot
all’ingrosso e non funzionano più, per le immense distanze, le carezze ai neonati della politica al
dettaglio, Kerry dovesse inciampare, la “Stella del Sud” Edwards risorgere, o “il ribelle” dottor
Dean trovare una resurrezione imprevista, il partito democratico potrebbe ancora precipitare in
quella lotta degli “scorpioni in una bottiglia”, come dice James Carville, che fu il cervello di
Clinton e andare al congresso di Boston senza un vincitore.
(da V. Zucconi, Alla scuola di Kennedy, «La Repubblica», 29/1/04).
B − Assai più degli imprenditori e dei liberi professionisti, gli insegnanti svolgono un ruolo di
interesse "pubblico". Una persona su due, infatti, dichiara di avere in famiglia uno studente. E
agli insegnanti tocca il compito di comunicare, dialogare, fare (appunto) da "maestri" alle
generazioni giovanili. Affrontando fenomeni nuovi, come l'integrazione dei figli degli immigrati.
In tempi duri. Perché comunicare è difficile, il mondo intorno è divenuto più largo, il futuro più
corto e indecifrabile. La scuola. Per gli adolescenti e per i giovani è luogo di socialità. Relazioni.
Amicizia. Ma anche di mobilitazione, visto l'estendersi della protesta, dopo anni di silenzio. (E la
protesta - civile - è un'occasione importante; educa alla libertà, ai valori e alla socialità). Tutto
questo è la scuola. Ancora oggi.
Nonostante la crisi di risorse, il disorientamento che investe gli insegnanti, oltre agli studenti e
alle famiglie. Riformarla è giusto. E condiviso. Molte delle proposte avanzate dal governo
registrano, infatti, un ampio consenso sociale. Ed è giusto intervenire sulla professione e sul
ruolo degli insegnanti. Introdurre criteri di merito e di valutazione. Approfondire la formazione.
Rendere normale e ricorrente l'aggiornamento. Che molti insegnanti, peraltro, affrontano
autonomamente. Il problema è il modo, l'approccio. Non si tratta di risanare un ambiente
degradato. Un carrozzone sgangherato. Né di restituire professionalità a figure disadattate.
Nonostante i problemi, la scuola e gli insegnanti (molti, se non tutti) offrono ancora un servizio
"pubblico" apprezzato. Per ricorrere al linguaggio del mercato (ancora abusato, anche se sempre
meno credibile): erogano prestazioni ampiamente apprezzate dai consumatori. Che,
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incidentalmente, sono i cittadini. Le famiglie, i giovani. Giusto, allora, riformare la scuola, la
professione degli insegnanti. Ma "insieme" a loro. Partendo dalla loro esperienza. Non senza di
loro. Non "contro" di loro.
(da I. Diamanti, Elogio del professore, «La Repubblica», 15/3/04)
Soluzioni Testo A.
1. Il partito democratico potrebbe ancora precipitare in quella lotta degli “scorpioni in una
bottiglia” (come dice James Carville, il cervello di Clinton) e andare al congresso di Boston senza
un vincitore: questo potrebbe accadere se nella raffica delle sette primarie di martedì (dove
contano i soldi per comperare gli spot all’ingrosso e, per le immense distanze, le carezze ai
neonati della politica al dettaglio non funzionano più) Kerry dovesse inciampare, la “Stella del
Sud” Edwards risorgere, o “il ribelle” dottor Dean trovare una resurrezione imprevista.
2. Nella raffica delle sette primarie di martedì contano i soldi per comperare gli spot all’ingrosso,
mentre, per le immense distanze, le carezze ai neonati della politica al dettaglio non funzionano
più. Kerry potrebbe dunque inciampare, la “Stella del Sud” Edwards risorgere, e “il ribelle”
dottor Dean trovare una resurrezione imprevista: il partito democratico potrebbe insomma
precipitare in quella lotta degli “scorpioni in una bottiglia”, come dice il cervello di Clinton James
Carville, e andare al congresso di Boston senza un vincitore.
3. Nella raffica delle sette primarie di martedì contano i soldi per comperare gli spot all’ingrosso
e, per le immense distanze, le carezze ai neonati della politica al dettaglio non funzionano più.
Kerry potrebbe inciampare, la “Stella del Sud” Edwards risorgere, e “il ribelle” dottor Dean
trovare una resurrezione imprevista: il partito democratico potrebbe precipitare in quella lotta
degli “scorpioni in una bottiglia”, come dice il cervello di Clinton James Carville, e andare al
congresso di Boston senza un vincitore.
4. Nella raffica delle sette primarie di martedì contano i soldi per comperare gli spot all’ingrosso.
Per le immense distanze, le carezze ai neonati della politica al dettaglio non funzionano più.
Kerry potrebbe inciampare. La “Stella del Sud” Edwards risorgere. E “il ribelle” dottor Dean
trovare una resurrezione imprevista. Il partito democratico potrebbe precipitare in quella lotta
degli “scorpioni in una bottiglia”, come dice il cervello di Clinton James Carville. E andare al
congresso di Boston senza un vincitore.
5. Nella raffica delle sette primarie di martedì i soldi per comperare gli spot all’ingrosso contano.
Per le immense distanze, le carezze ai neonati della politica al dettaglio non funzionano più.
Kerry potrebbe inciampare. La “Stella del Sud” Edwards risorgere. E “il ribelle” dottor Dean
trovare una resurrezione imprevista. Il partito democratico potrebbe precipitare in quella lotta
degli “scorpioni in una bottiglia”, come dice il cervello di Clinton James Carville. E andare al
congresso di Boston senza un vincitore.
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6. Nella raffica delle sette primarie di martedì, i soldi, per comperare gli spot all’ingrosso,
contano. Le carezze ai neonati della politica al dettaglio, per le immense distanze, non
funzionano più. Kerry potrebbe inciampare. La “Stella del Sud” Edwards risorgere. E “il ribelle”
dottor Dean trovare una resurrezione. Imprevista. Il partito democratico potrebbe precipitare in
quella lotta degli “scorpioni in una bottiglia”, come dice il cervello di Clinton James Carville. E
andare al congresso di Boston senza un vincitore.
Soluzione Testo B.
(sono sottilineati i segni interpuntivi sui quali si è intervenuto)
Assai più degli imprenditori e dei liberi professionisti, gli insegnanti svolgono un ruolo di
interesse "pubblico". Una persona su due, infatti, dichiara di avere in famiglia uno studente. E
agli insegnanti tocca il compito di comunicare, dialogare, fare (appunto) da "maestri" alle
generazioni giovanili, affrontando fenomeni nuovi, come l'integrazione dei figli degli immigrati.
In tempi duri, perché comunicare è difficile: il mondo intorno è divenuto più largo, il futuro più
corto e indecifrabile. La scuola: per gli adolescenti e per i giovani è luogo di socialità, relazioni,
amicizia, ma anche di mobilitazione, visto l'estendersi della protesta, dopo anni di silenzio (e la
protesta - civile - è un'occasione importante: educa alla libertà, ai valori e alla socialità). Tutto
questo è la scuola, ancora oggi, nonostante la crisi di risorse, il disorientamento che investe gli
insegnanti, oltre agli studenti e alle famiglie. Riformarla è giusto, e condiviso.
Molte delle proposte avanzate dal governo registrano, infatti, un ampio consenso sociale, ed è
giusto intervenire sulla professione e sul ruolo degli insegnanti, introdurre criteri di merito e di
valutazione, approfondire la formazione, rendere normale e ricorrente l'aggiornamento che molti
insegnanti, peraltro, affrontano autonomamente. Il problema è il modo, l'approccio. Non si tratta
di risanare un ambiente degradato, un carrozzone sgangherato; né di restituire professionalità a
figure disadattate. Nonostante i problemi, la scuola e gli insegnanti (molti, se non tutti) offrono
ancora un servizio "pubblico" apprezzato. Per ricorrere al linguaggio del mercato (ancora
abusato, anche se sempre meno credibile): erogano prestazioni ampiamente apprezzate dai
consumatori, che, incidentalmente, sono i cittadini, le famiglie, i giovani. Giusto, allora, riformare
la scuola, la professione degli insegnanti, ma "insieme" a loro, partendo dalla loro esperienza.
Non senza di loro, non "contro" di loro.
(da I. Diamanti, Elogio del professore, «La Repubblica», 15/3/04)
12. Nel testo che segue la punteggiatura originale è stata alterata. Leggi il testo e cerca di
inserire i segni di interpunzione opportuni.
Recensione del film La fabbrica di cioccolata («La Stampa» 23/9/05).
Fiume e cascata di cioccolato caldo, prati di menta, alberi di caramello, laghi di miele, colline di
panna montata, bastoni di zucchero d’orzo, massi ripieni di marmellata, nave di fragola a forma
di drago, ma anche nanetti operai, danzatori e cantanti, sono un unico nano, Deep Roy,
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moltiplicato all’infinito dalla lavorazione in digitale, punizioni e sparizioni, insidie e pericoli,
sfruttamento pure di scoiattoli-schiaccianoci, La fabbrica di cioccolato di Tim Burton, tratto dal testo
bello, e famoso dello scrittore inglese Roald Dahl che aveva già nutrito nel 1971 Willy Wonka, e
La fabbrica di cioccolato di Mel Stuart, con Gene Wilder ora pubblicato in DVD dalla Warner, non è
un film per bambini, né un film per adulti, è un magnifico film per spettatori amanti della
fantasia, della crudeltà, dei sogni, del divertimento.
Cinque bambini trovano nelle tavolette di cioccolato Wonka un biglietto d’oro che consente loro
insieme con un parente di entrare nella fabbrica di cioccolato, in cui vive autorecluso il
proprietario Willy Wonka, e di visitarla. Sono: una ricca viziata, un grassone goloso, una
campionessa di masticazione di chewingum, un saputello tecnologico, un bambino “normale”
poverissimo che possiede soltanto l’amore della famiglia. Uno di loro, risulterà vincitore della
selezione compiuta da Wonka, durante il lungo giro della fabbrica, e il suo premio (ma nessuno
lo sa) sarà ereditare l’azienda. Gli altri vengono via via eliminati dalla competizione per tornare un
attimo verso la fine: a causa dei loro difetti sono stati puniti, non soppressi; Johnny Depp è un
Willy Wonka perfetto nell’alternare o fondere cortesia e follia, realtà e irrealtà, sorrisi e ghigni,
eleganza e malvagità: quando evoca come nell’infanzia il severissimo padre dentista (e
Christopher Lee, figura paterna per il regista Tim Burton) gli proibisse di mangiare dolci e di
trarre piacere da ogni dolcezza, si capiscono tante cose.
L’immaginazione geniale e la maestria cinematografica di Tim Burton hanno fatto de La fabbrica
di cioccolato un film incantevole, e insieme pedagogico: il protagonista rifiuta il dono della fabbrica
se non può dividerlo con i genitori e i nonni; il padre operaio del protagonista, licenziato e
sostituito da una macchina, viene riassunto per tenere sotto controllo quella macchina infida;
l’ascensore di vetro volante e trasparente, come altre modernissime strutture della fabbrica, è
rischioso. Nel film ammirevole, tutti sono bravissimi: James Fox, padre della bambina viziata e
l’innumerevole nano Deep Roy; Philippe Rousselot eccellente direttore della fotografia e Axel
McDowell scenografo; Gabriella Pescucci costumista creativa e Danny Elfman compositore delle
musiche. Più bravo di tutti è Tim Burton, pudico, ironico, leggero, creatore postmoderno
dell’inaudito e del meraviglioso.
Soluzione (testo originale)
Fiume e cascata di cioccolato caldo, prati di menta, alberi di caramello, laghi di miele, colline di panna
montata, bastoni di zucchero d’orzo, massi ripieni di marmellata, nave di fragola a forma di drago. Ma
anche nanetti operai, danzatori e cantanti (sono un unico nano, Deep Roy, moltiplicato all’infinito dalla
lavorazione in digitale), punizioni e sparizioni, insidie e pericoli, sfruttamento pure di scoiattolischiaccianoci. La fabbrica di cioccolato di Tim Burton, tratto dal testo bello e famoso dello scrittore
inglese Roald Dahl che aveva già nutrito nel 1971 Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato dì Mel Stuart
con Gene Wilder (ora pubblicato in DVD dalla Warner), non è un film per bambini nè un film per adulti.
È un magnifico film per spettatori amanti della fantasia, della crudeltà, dei sogni, del divertimento.
Cinque bambini trovano nelle tavolette di ciocco1ato Wonka un biglietto d’oro che consente loro, insieme
con un parente, di entrare nella fabbrica di cioccolato in cui vive autorecluso il proprietario Willy Wonka e
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di visitarla. Sono: una ricca viziata, un grassone goloso, una campionessa di masticazione di chewingum,
un saputello tecnologico, un bambino “normale” poverissimo che possiede soltanto l’amore della famiglia.
Uno di loro risulterà vincitore della selezione compiuta da Wonka durante il lungo giro della fabbrica, e il
suo premio (ma nessuno lo sa) sarà ereditare l’azienda. Gli altri vengono via via eliminati dalla
competizione, per tornare un attimo verso la fine: a causa dei loro difetti sono stati puniti, non soppressi.
Johnny Depp è un Willy Wonka perfetto nell’alternare o fondere cortesia e follia, realtà e irrealtà, sorrisi e
ghigni, eleganza e malvagità: quando evoca come nell’infanzia il severissimo padre dentista (e Christopher
Lee, figura paterna per il regista Tim Burton) gli proibisse di mangiare dolci e di trarre piacere da ogni
dolcezza, si capiscono tante cose.
L’immaginazione geniale e la maestria cinematografica di Tim Burton hanno fatto de La fabbrica di cioccolato
un film incantevole e insieme pedagogico: il protagonista rifiuta il dono della fabbrica se non può
dividerlo con i genitori e i nonni; il padre operaio del protagonista, licenziato e sostituito da una macchina,
viene riassunto per tenere sotto controllo quella macchina infida; l’ascensore di vetro volante e
trasparente, come altre modernissime strutture della fabbrica, è rischioso. Nel film ammirevole, tutti sono
bravissimi: James Fox, padre della bambina viziata e l’innumerevole nano Deep Roy; Philippe Rousselot
eccellente direttore della fotografia e Axel McDowell scenografo; Gabriella Pescucci costumista creativa e
Danny Elfman compositore delle musiche. Più bravo di tutti è Tim Burton, pudico, ironico, leggero,
creatore postmoderno dell’inaudito e del meraviglioso.
13. Il testo che segue si presenta privo di punteggiatura. Leggi attentamente il brano e
inserisci i segni di interpunzione che ritieni adatti.
Dalla rubrica Amaca di M. Serra («La Repubblica»)
Ma Al Bano che reagisce all'attacco asfissiante dei cronisti televisivi mollando un ceffone è
guerrigliero o terrorista diciamo che c’è stato un eccesso di legittima difesa e che i ceffoni è
meglio tenerli in canna solo per occasioni davvero estreme però accidenti l'invasione c'era stata
eccome e i microfoni piazzati a tradimento sotto il naso col contorno di domande straffottenti
sulla vita privata devono comunque prevedere la possibilità di una reazione in genere tutti
abbozzano e subiscono lui per una volta ha optato per la resistenza a mani nude senza se e senza
ma alzi la mano chi non ha simpatizzato per lui e non ha antipatizzato per quel microfono
insistente e solitario le interviste nei paesi civili si chiedono e si concedono la tecnica dell'agguato
continuo dell'intrusione petulante e arrogante ormai dilaga con il pretesto ideologico che si tratti
di "diritto all'informazione" e piagnisteo seguente del cronista contuso che ostenta enormi
cerotti o lesioni improbabili nel successivo servizio sulla povera vittima dell'uomo pubblico che
ha osato sottrarsi alla gogna in conclusione più guerrigliero Al Bano più terrorista la televisione.
Soluzione 1 (testo originale)
Ma Al Bano che reagisce all'attacco asfissiante dei cronisti televisivi mollando un ceffone, è guerrigliero o
terrorista? Diciamo che c’è stato un eccesso di legittima difesa, e che i ceffoni è meglio tenerli in canna
solo per occasioni davvero estreme. Però, accidenti, l'invasione c'era stata eccome, e i microfoni piazzati a
tradimento sotto il naso, col contorno di domande straffottenti sulla vita privata, devono comunque
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prevedere la possibilità di una reazione. In genere tutti abbozzano e subiscono, lui per una volta ha optato
per la resistenza a mani nude, senza se e senza ma. Alzi la mano chi non ha simpatizzato per lui, e non ha
antipatizzato per quel microfono insistente e solitario.
Le interviste nei paesi civili si chiedono e si concedono. La tecnica dell'agguato continuo, dell'intrusione
petulante e arrogante ormai dilaga, con il pretesto ideologico (fasullo) che si tratti di "diritto
all'informazione", e piagnisteo seguente del cronista contuso che ostenta enormi cerotti o lesioni
improbabili nel successivo servizio sulla povera vittima dell'uomo pubblico che ha osato sottrarsi alla
gogna. In conclusione, più guerrigliero Al Bano, più terrorista la televisione.
Soluzione 2 (alternativa)
Ma Al Bano, che reagisce all'attacco asfissiante dei cronisti televisivi mollando un ceffone, è guerrigliero o
terrorista? Diciamo che c’è stato un eccesso di legittima difesa, e che i ceffoni è meglio tenerli in canna
solo per occasioni davvero estreme. Però, accidenti, l'invasione c'era stata, eccome, e i microfoni piazzati
a tradimento sotto il naso, col contorno di domande straffottenti sulla vita privata, devono comunque
prevedere la possibilità di una reazione. In genere, tutti abbozzano e subiscono; lui, per una volta, ha
optato per la resistenza a mani nude, senza se e senza ma. Alzi la mano chi non ha simpatizzato per lui, e
non ha antipatizzato per quel microfono insistente e solitario.
Le interviste, nei paesi civili, si chiedono e si concedono. La tecnica dell'agguato continuo, dell'intrusione
petulante e arrogante ormai dilaga, con il pretesto ideologico (fasullo) che si tratti di "diritto
all'informazione", e piagnisteo seguente del cronista contuso, che ostenta enormi cerotti o lesioni
improbabili nel successivo servizio sulla povera vittima dell'uomo pubblico che ha osato sottrarsi alla
gogna. In conclusione: più guerrigliero Al Bano, più terrorista la televisione.
Modulo B.
Elaborare al computer testi per i media
Il comunicato stampa
14. Un esempio di comunicato stampa.
dai chicchi di riso scotti un olio prezioso ed esclusivo per un'alimentazione sana.
Pavia, febbraio 2000.
Il riso è il cereale più diffuso al mondo e da sempre gli vengono riconosciuti un elevato valore
nutrizionale ed un'assoluta digeribilità. Da questo prezioso alimento Riso Scotti produce una
grande novità per il piacere ed il benessere degli italiani: l'olio di riso Scotti.
Ottenuto dalla gemma del chicco, l'olio di riso è molto diffuso nei Paesi dell'Estremo
Oriente dove l'incidenza delle patologie cardiovascolari è tra le più basse al mondo; dagli
inizi degli anni '90 ha incontrato il consenso dei consumatori anche negli Stati Uniti. Dopo
averne accertati i valori nutrizionali e la bontà gastronomica, attraverso studi scientifici, Riso
Scotti ha deciso di lanciare l'olio di riso sul mercato italiano.
Grazie alle importanti sostanze naturali che contiene, l'olio di riso Scotti fornisce un valido
contributo al benessere e all'alimentazione sana. In particolare, la letteratura medico scientifica
attribuisce ad un suo componente specifico chiamato y-orizanolo l'effetto di abbassare il
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colesterolo "cattivo". L'olio di riso Scotti viene raccomandato, inoltre, come alimento ideale per
un consumo quotidiano all'interno di una dieta sana.
Riso Scotti garantisce il suo olio per la qualità ed il suo gusto delicato. Dal sapore dolce ed
invitante e dal piacevole profumo di noci, è il miglior condimento per cibi freddi e per insalate.
Particolarmente adatto per i fritti, dona fragranza e leggerezza ai piatti grazie alla sua stabilità e
resistenza alla frittura.
Disponibile nella bottiglia in vetro, che si distingue per la riconoscibile immagine Riso Scotti che
ne evidenzia la coerenza di gamma, l'olio di riso Scotti sarà una piacevole novità per i
buongustai che vogliono mantenersi leggeri e in forma e che, senza rinunciare al gusto, hanno
un occhio di riguardo per la salute.
Ufficio stampa: Laura Quattrocchi Agenzia Testa e Cuore - email: [email protected]
Via Ventimiglia, 65 - 10126 Torino - tel/fax 011-6963619
15. Un esempio di comunicato stampa.
Ariston lancia sul mercato i primi elettrodomestici capaci di dialogare con Internet e con il
cellulare
Presentata a Parigi margherita2000.com. Sarà nei negozi italiani dal 9 dicembre e nei prossimi mesi
in Francia e Gran Bretagna. Sarà assistita 24 ore su 24 dal call center grazie alla tecnologia WRAP
che permette agli elettrodomestici di comunicare.
Parigi, 1 dicembre 1999 – Merloni Elettrodomestici ha annunciato per prima al mondo il lancio
commerciale di elettrodomestici digitali collegati in rete, in grado di scambiare informazioni sulle
reti Internet e GSM.
margherita2000.com, il primo prodotto della gamma di elettrodomestici digitali Ariston Digital,
equipaggiati con tecnologia WRAP (Web Ready Appliances Protocol), sarà infatti dal 9 dicembre
nei negozi in Italia e nei prossimi mesi nei principali Paesi europei, a cominciare da Gran
Bretagna e Francia.
“Il lancio di margherita2000.com conferma la capacità di innovazione della Merloni e apre una
nuova fase – ha commentato Francesco Caio, Amministratore Delegato della Merloni
Elettrodomestici -: gli elettrodomestici digitali Ariston che si collegano in rete lasciano i
laboratori di ricerca ed affrontano per primi la sfida del mercato”.
margherita2000.com è una nuova lavabiancheria ad altissime prestazioni, in classe A per efficacia
nel lavaggio ed efficienza energetica. È controllata da un microprocessore digitale ed è dotata di
un modem GSM per il collegamento alle rete telefonica e ad Internet. Un display fluorescente
permette la lettura dei messaggi.
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margherita2000.com può essere controllata a distanza tramite il telefono cellulare o via Internet e
permette di accedere a diversi servizi sul Web. Ogni cliente può verificare lo stato della macchina
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Ricava dall’articolo un comunicato stampa (130 parole circa) e poi riassumilo (30-40
parole).
Esercizio 16.
Un genovese riesce a farsi pagare la vincita facendo causa al Coni
Ricordava la colonna non vincente, e tutti gli elementi della giocata
Vince al Totocalcio ma perde il tagliando
Dopo 6 anni ottiene il premio in tribunale
CHIAVARI - Vince al Totocalcio ma perde il tagliando della giocata, eppure non si arrende: fa
causa al Coni e, dopo sei anni, riesce a farsi pagare la vincita da 120.000 euro. Così un genovese
potrà ottenere dopo sei anni e con tanto di interessi di legge il consistente premio ottenuto dalla
realizzazione di un tredici e due dodici.
Il tribunale ordinario di Roma, seconda sezione civile, ha infatti emesso sentenza in favore del
giocatore residente a Lavagna nella riviera ligure di Levante, che è riuscito a dimostrare la
proprietà del tagliando vincente nonostante non avesse più la ricevuta.
Lo scommettitore, infatti, oltre a riportare la seconda colonna, quella non vincente, ha
dimostrato di sapere il giorno, l'ora e i minuti della giocata delle due colonne una delle quali
vincente. Tali "segni distintivi" hanno dimostrato che solo colui che aveva citato in tribunale il
Coni era l'autore e il soggetto titolato a riscuotere la vincita.
La sentenza n.12593, subito esecutiva, è la prima in Italia nel suo genere.
(http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/cronaca/totocalcio/totocalcio/totocalcio.html − 24/10/05)
_________________________________________________
Soluzione Esercizio 16.
GENOVA: PERDE SCHEDINA DA 120MILA EURO, PER
TRIBUNALE CONI DEVE PAGARE VINCITA
MA UFFICIO LEGALE STA GIA' VALUTANDO IPOTESI RICORSO IN APPELLO
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Genova, 24 ott. (Adnkronos) - Aveva perso la ricevuta della schedina, ha fatto causa al Coni per
riscuotere ugualmente la vincita e il Tribunale civile di Roma gli ha dato ragione.
Esercizio 17 (come sopra).
Si era appena alzato in volo. Forse ha urtato contro i cavi dell'alta tensione
Il Let 410 apparteneva ad una compagnia croata. Sulla zona fitta nebbia
Bergamo, aereo cargo precipita
morti i tre membri dell'equipaggio
BERGAMO − Un cargo bimotore è precipitato poco prima delle 22.30 nei campi tra Grassobbio
ed Orio al Serio, non distante dalla pista dell'aeroporto di Bergamo. Morti i tre componenti
dell'equipaggio. Sulla zona gravava una fitta nebbia.
Secondo quanto si è appreso, pare che il velivolo si trovasse in fase di decollo e, per cause ancora
in corso di accertamento, abbia urtato dei cavi dell'alta tensione. Nel disperato tentativo di evitare
che l'aereo precipitasse sulle case intorno all'aeroporto, il pilota è riuscito a dirottare il velivolo
verso i campi dove, infine, è precipitato.
L'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha informato - in una nota - di aver aperto
un'inchiesta tecnica di competenza sull'incidente. L'Agenzia ha precisato che l'aereo era un Let
410 (registrato in Croazia con marche 9-ABTA) e che era decollato alle 22.05. Il velivolo operava
il volo Tradair 729 per Zagabria e la visibilità riportata era appena di 350 metri. Un investigatore
dell'Ansv è già stato inviato sul posto.
(http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/cronaca/cargo/cargo/cargo.html − 30/10/05)
Soluzioni Esercizio 17.
Bergamo, aereo cargo precipita
morti i tre membri dell’equipaggio
Si era appena alzato in volo. Forse ha urtato contro i cavi dell'alta tensione
Il Let 410 apparteneva ad una compagnia croata. Sulla zona fitta nebbia
(http://www.repubblica.it/indici/cronaca/cronaca.htm - 30/10/05)
Bergamo, precipita aereo cargo: tre morti
Nell'incidente, avvenuto poco dopo il decollo, hanno perso la vita i componenti dell'equipaggio, due
donne e un uomo, tutti croati. Il Let 410 della Tradeair era diretto a Zagabria
Il Let 410 della Tradeair era diretto a Zagabria
Bergamo, precipita aereo cargo: tre morti
Nell'incidente, avvenuto poco dopo il decollo, hanno perso la vita i componenti dell'equipaggio, due
donne e un uomo, tutti croati
Bergamo, 31 ott. - (Adnkronos) - Un aereo cargo, un Let 410 della Tradeair diretto a Zagabria per conto
del corriere internazionale Dhl, è precipitato ieri sera poco dopo il decollo nelle vicinanze dell'aeroporto
bergamasco di Orio al Serio. Nell'incidente, che non si esclude sia stato causato dalla nebbia, sono morti i
tre componenti dell'equipaggio, due donne e un uomo, tutti croati. Il bilancio del disastro avrebbe potuto
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essere ancora più grave. Solo grazie a uno sforzo estremo, il pilota sarebbe riuscito infatti a deviare la
traiettoria dell'aereo allontanandolo dalle case della zona e facendolo precipitare nei campi.
(http://www.adnkronos.com/3Level − 30/10/05)
Esercizio 18 (come sopra).
SPAGNA: PRINCIPESSA LETIZIA DA' ALLA LUCE UNA BAMBINA
MADRID - La principessa Letizia, moglie dell' erede al trono Felipe di Borbone, ha dato alla luce
una bambina questa notte. Lo ha annunciato la Casa Reale Letizia Ortiz, 33 anni, ha partorito in
una clinica privata della capitale dove è arrivata accompagnata dal marito. La bambina avrà il
titolo di Infanta, Principessa delle Asturie, di Viana e Gerona e accederà al trono dopo suo padre
soltanto se resterà unica figlia o avrà sorelle. Un eventuale figlio maschio della coppia la
scavalcherebbe nella successione. Felipe, 37 anni, e Letizia Ortiz, una giornalista, divorziata, si
sono sposati nel maggio 2004.
La figlia di Letizia e Felipe si chiama Leonor, ha informato la Casa reale.
La bimba, ha successivamente precisato la clinica Ruber, è nata alle 01.46 con taglio cesareo.
Leonor pesa 3,5 chili e misura 47 cm di altezza.
"È la cosa più bella che possa capitare nella vita, è qualcosa di eccezionale" ha detto emozionato
il principe Felipe parlando con i giornalisti fuori della clinica Ruber. "È una cosa straordinaria" ha
aggiunto.
Il premier Jose Luis Rodriguez Zapatero, informato della nascita dallo stesso Felipe, ha
immediatamente espresso i migliori auguri alla coppia.
(http://www.ansa.it/main/notizie/fdg/200510310833218724/200510310833218724.html)
Soluzione Esercizio 18.
SPAGNA, È NATA LA PRIMA FIGLIA DI FELIPE E LETIZIA
Leonor è nata dopo un parto cesareo all'1,46 di stamane. Sta bene e pesa 3,5 chili. Entusiasti e
commossi il padre, Felipe di Borbone, erede al trono e la mamma principessa Letizia che ha
superato bene il parto.
(http://www.ansa.it/)
Il riassunto
Il riassunto e i blocchi informativi del testo.
(da L. Serianni, Italiani scritti, Bologna, Il Mulino, 2003).
19. Testo originale.
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1. Se a Pinocchio si allunga il naso, le persone in carne e ossa, quando dicono una bugia, hanno
alterazioni corporee più sottili ma non impossibili da svelare. 2. Almeno se si dispone di una
telecamera e di un sistema di analisi delle immagini come quelli sviluppati dai ricercatori della
Mayo Clinic e della Honeywell a Minneapolis. «Quando una persona mente glielo si legge in
faccia: aumenta all'improwiso l'afflusso di sangue intorno agli occhi, e la temperatura cresce di
parecchi gradi», spiega su “Nature” uno degli autori, Ioannis Pavdlis. 3. «Con il nostro sistema,
possiamo rilevare questo riscaldamento a distanza: la telecamera inquadra il viso dell'indagato e
può registrare una differenza di temperatura di appena 0,025 gradi». 4. Così, per esempio, in un
aeroporto si può verificare all'istante se un passeggero ha risposto il vero alla domanda: «Ha
esplosivo nel bagaglio?».
5. Il nuovo dispositivo è stato messo alla prova simulando un reato in piena regola: i volontari
accoltellavano un manichino e gli rubavano 20 dollari, dopodiché, interrogati, negavano di averlo
fatto. Il sistema ha individuato correttamente sei degli otto colpevoli, e 11 dei 12 innocenti
utilizzati come controllo: un'accuratezza leggermente superiore a quella del poligrafo, la classica
macchina della verità dei film polizieschi, che dà il suo responso misurando indici come il ritmo
cardiaco e respiratorio, la pressione e la sudorazione sulla pelle.
6. Il vero vantaggio della telecamera, però, sta nel fatto che non occorrono cavi e complicate
analisi dei dati da parte di personale specializzato: si presta quindi all'uso in situazioni come quella
dell'aeroporto, ben diverse da un interrogatorio giudiziario. 7. Naturalmente, la sua attendibilità
andrà vagliata a fondo. «La reazione registrata non è specifica: si ha anche, per esempio, dopo un
sussulto per un forte rumore», avvertono gli studiosi: «E non si può neanche escludere che un
potenziale attentatore impari a controllarla» («L'Espresso», 23.5.2002; titolo del pezzo: Come ti
svelo il bugiardo).
[306 parole]
Contenuto dei blocchi informativi:
n°1. Più che di una vera "unità informativa", si tratta di un attacco tipicamente giornalistico, che
ha la funzione di attirare l'attenzione del lettore, mettendo in primo piano un contenuto
successivamente analizzato e collegandolo a un riferimento brillante (a Pinocchio).
n°2. Se qualcuno mente, aumenta la temperatura del volto.
n°3. Alcuni ricercatori hanno messo a punto un sistema di analisi delle immagini per visualizzare
questo fenomeno.
n°4. Applicazioni pratiche di questo dispositivo (per esempio, controlli negli aeroporti).
n°5. Il dispositivo è stato verificato su alcuni volontari e ha dato buona prova.
n°6. Vantaggi di questo dispositivo rispetto ad altri metodi.
n°7. La sua attendibilità non è assoluta e deve essere vagliata a fondo.
Soluzioni
Riassunto 1.
2. Se una persona mente, glielo si legge in faccia: aumenta all'improvviso l'afflusso di sangue
intorno agli occhi e la temperatura cresce di parecchi gradi. 3. Alcuni ricercatori di Minneapolis
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hanno messo a punto un sistema di analisi delle immagini per misurare con grande esattezza
questo fenomeno. Una telecamera inquadra il viso della persona sospetta e può registrare una
differenza di temperatura di appena 0,025 gradi.
5. Il nuovo dispositivo è stato messo alla prova con volontari e ha dato risultati leggermente
superiori a quella del poligrafo, la classica macchina della verità dei film polizieschi, che misura
indici come il ritmo cardiaco e respiratorio, la pressione e la sudorazione sulla pelle.
Riassunto 2.
6. Il vero vantaggio della telecamera, però, sta nella relativa semplicità del suo uso e quindi nella
facilità di impiego in situazioni che richiedono controlli rapidi, 4. come in un aeroporto. 7.
Naturalmente − avvertono gli studiosi − la sua attendibilità andrà verificata ulteriormente: la
reazione registrata potrebbe aversi anche dopo un sussulto per un forte rumore e un potenziale
attentatore potrebbe imparare a controllarla.
[170 parole]
Riassunto 3.
2. Se una persona mente, glielo si legge in faccia: aumenta all'improvviso l'afflusso di sangue
intorno agli occhi e la temperatura cresce di parecchi gradi. 3. Alcuni ricercatori di Minneapolis
hanno messo a punto un sistema di analisi delle immagini per misurare con grande esattezza
questo fenomeno. Una telecamera inquadra il viso della persona sospetta e può registrare una
differenza di temperatura di appena 0,025 gradi.
5. Il nuovo dispositivo è stato sperimentato con un certo successo con volontari, 7. anche se
dovrà essere ulteriormente verificato. 6. Il sistema po trebbe essere impiegato in situazioni che
richiedono controlli rapidi, 4. come in un aeroporto.
[97 parole]
Riassunto 4.
2. Se una persona mente, glielo si legge in faccia: aumenta all'improvviso l'afflusso di sangue
intorno agli occhi, e la temperatura cresce di parecchi gradi. 3. Alcuni ricercatori di Minneapolis
hanno messo a punto un sistema di analisi delle immagini per misurare con grande esattezza
questo fenomeno, attraverso una telecamera. 6. Il sistema potrebbe essere impiegato in situazioni
che richiedono controlli rapidi, 4. come in un aeroporto.
[65 parole]
20. Riassumi il testo che segue (450 parole) riducendolo prima alla metà (200-250 parole)
poi a un quarto (100 parole).
Abbiamo parlato spesso del tè verde su queste pagine. E la scorsa settimana Roberto Suozzi ha
spiegato l’importanza dei dati di mortalità per tumore appena resi noti dall’American Cancer
Society. Se in Italia si registrano circa 12 casi di mortalità l'anno su 100.000 abitanti, per tumore
alla prostata, in Cina solo 1 (meno di un decimo!), e in Giappone 5. Ebbene le percentuali di
tumore al seno, colon, cute, pancreas, e altre neoplasie sono più basse fra i bevitori di té verde. In
Giappone le donne esperte della cerimonia del tè inoltre godono di particolare salute e longevità;
i casi di cancro nel loro gruppo sono ancora più rari e più tardivi che nella media della
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popolazione. La letteratura medica sperimentale continua a fornire, mese dopo mese, risultati di
laboratorio sulle proprietà anticancerogene dei componenti del tè verde. Tra questi i più
importanti sono i bioflavonoidi del gruppo delle catechine, in particolare l'epigallo-catechina
gallato (EGCG). Nonostante lo scetticismo di parte dell’oncologia tradizionale, i dati sempre più
solidi e convincenti hanno incoraggiato ad iniziare delle vere e proprie sperimentazioni cliniche a
scopo preventivo, usando estratti di tè verde in pazienti a rischio di tumore. L'ultimo studio è
appunto quello italiano, formato da Saverio Bettuzzi di Parma, Maurizio Brausi di Modena,
Arnaldo Corti di Modena, che hanno verificato le proprietà protettive del tè contro la
progressione di lesioni preneoplastiche prostatiche. Nell'ambito del gruppo di sessantadue
individui affetti da PIN (neoplasia prostatica intraepiteliale) 32 hanno assunto tre capsule di
estratto di tè decaffeinato (da 200 mg ciascuna) al giorno, mentre gli altri trenta solo placebo; nel
secondo gruppo, quello di controllo, 9 pazienti su 30 (pari al 30%), ha sviluppato entro l'anno un
cancro alla prostata, mentre tra coloro che hanno assunto regolarmente le pastiglie di tè si è
invece verificato un solo caso di tumore su 32, pari al 3 per cento. Il dato è talmente suggestivo
che ha stimolato una collaborazione tra Italia, Usa ed altri paesi europei per eseguire uno studio
di conferma su larga scala che sarà eseguito su entrambe le sponde dell'Atlantico con identico
protocollo sperimentale. Il risultato ora ottenuto, pur nel ristretto numero di pazienti, indica una
chiara prevenzione della progressione della malattia, pertanto nel prossimo studio di conferma si
sta valutando se sia etico proseguire nel confronto tra placebo e tè, oppure se non sia più
razionale trattare tutti i candidati con l'estratto. Sarebbe interessante anche allestire due bracci
sperimentali sottoposti a diverse terapie preventive, di cui una potrebbe consistere in un
antinfiammatorio non steroideo (FANS). Poiché, nella prostata, la componente infiammatoria
rappresenta un fattore di progressione tumorale, è possibile che l’azione del tè sia legata ad un
suo effetto antiinfiammatorio, un concetto che si fa sempre più strada.
21. Ricava dal testo (660 parole) due riassunti (uno di 300 parole e uno di 150).
Prefazione a Luigi Luca Cavalli-Sforza, Geni, popoli e lingue, Milano, Adelphi, 1996.
Vicino alla Sorbona c'è un edificio del Cinquecento, in cui Francesco I ha creato una
antiSorbona: il Collège de France, una università senza studenti, esami o lauree, ma solo
professori, il cui unico dovere è quello di tenere un corso nuovo ogni anno. Non vi sono studenti
(alle lezioni viene chi vuole). I professori sono scelti tra i più famosi di Francia.
L'amico Jacques Ruffié, professore di Antropologia fisica al Collège, mi ha invitato a tenervi un
corso sulle mie ricerche di evoluzione umana nel 1981, e a ripeterlo nel 1990. Ho scritto le lezioni
in anticipo, anche la seconda volta, perché avevo accumulato molti risultati nuovi dopo il primo
corso. Invitato a pubblicare le lezioni nella collana di corsi del Collège appena uscita (in francese,
nelle edizioni Odile Jacob), ho dovuto riscriverle per la terza volta. Vi ho riunito i risultati che mi
sembrano più significativi delle mie ricerche sugli ultimi centomila anni di evoluzione umana, che
ho pian piano esteso dalla genetica alla demografia, all'archeologia e alla linguistica. L'esposizione
di studi multidisciplinari ha reso necessario esercitare la massima prudenza ed economia nell'uso
di termini scientifici; ne ho usato il minimo possibile, e forse sembrerà ai professionisti che siano
veramente troppo pochi. Li ho sempre definiti la prima volta in cui si presentano nel testo.
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Le parole olismo e riduzionismo sono oggi molto popolari. Non mi piacciono, perché puzzano
di politica alla moda, di «ismi» superficiali. Ho sempre fuggito le mode. Le trovo intellettualmente
deprimenti. Ritengo che il vero «olismo» sia, se mai, l'impostazione multidisciplinare che uso
quanto più possibile. Ritengo che ve ne sia particolare bisogno nelle scienze storiche, ove manca
la possibilità della conferma sperimentale, e ci si sente sempre dipendenti dalla validità di ipotesi
più o meno incontrollabili. Ma si può arrivare a conferme indipendenti studiando gli stessi
fenomeni in discipline diverse.
La traduzione italiana del testo francese, curata con pazienza e abilità da Elena Stubel, vede la
luce in un tempo molto propizio, poiché l'editore Adelphi sta preparando la pubblicazione in
italiano di un libro da poco comparso in inglese a cura di Princeton University Press, la Storia e
geografia dei geni umani (che abbrevierò in SGGU), da me scritto in collaborazione con due
colleghi italiani: Paolo Menozzi, professore di Ecologia a Parma, e Alberto Piazza, professore di
Genetica umana a Torino. Questo libro copre un campo assai simile, però lo fa in modo più
completo, specie al livello genetico, storico, geografico e archeologico. La parte linguistica di
maggior interesse per l'evoluzione umana è trattata in modo più sistematico in SGGU, ma le basi
generali dell'evoluzione linguistica e culturale sono in GPL (se posso permettermi di usare un
acronimo anche per il libretto presente). SGGU è scritto per professionisti, ma di nuovo è stato
necessario fare attenzione alla esigenza di essere comprensibili a specialisti di varie discipline, e
perciò di scriverla in modo che rende il libro praticamente accessibile anche al profano. SGGU e
GPL si completano bene a vicenda. Conviene leggere prima GPL, se possibile, ma quest'ordine
non è strettamente obbligato. La bibliografia data in SGGU non è ripetuta in GPL, in cui invece
si trovano, capitolo per capitolo, i riferimenti a sezioni di SGGU per chi voglia estendere le
proprie letture sui vari argomenti.
Spero che GPL comunichi al lettore le motivazioni principali del nostro lavoro scientifico: il
piacere della ricerca, cioè della scoperta dell'ignoto; l'utilità di certe tecniche della scienza come i
modelli scientifici, l'analisi quantitativa (cercando di dimenticare la matematica, che terrebbe
lontano molti lettori, e ricorrendo tutt'al più a valori numerici, che tutti sono in grado di capire), e
l'utilità della simulazione; la necessità di creare nuovi metodi per risolvere nuovi problemi; la
suspense continua generata dalla moltiplicazione degli interrogativi che accompagna ogni
progresso scientifico (ogni risposta genera di solito più domande nuove). In particolare, spero
poi comunichi l'importanza che ha lo studio dell'evoluzione sia biologica sia culturale per chi
vuol comprendere la nostra storia.
22. Ricava dal testo (740 parole) due riassunti (uno di 300 parole e uno di 100).
I media, in Noam Chomsky, I cortili dello Zio Sam, Roma, Gamberetti, 1996.
Sia che si definiscano "liberal" oppure "conservatori", i principali media sono grandi aziende, possedute
da (e strettamente legate a) società ancor più grandi. Come altre imprese, vendono un prodotto a un
mercato. Il mercato è quello della pubblicità, cioè di un altro giro d'affari. Il prodotto è l’audience. I media
più importanti, quelli che stabiliscono le priorità a cui gli altri devono adattarsi, vantano un prodotto in
più: quello di un pubblico relativamente privilegiato.
Abbiamo quindi delle grandi imprese che vendono un pubblico piuttosto benestante e privilegiato ad altre
imprese. Non stupisce che l'immagine del mondo che esse presentano rifletta gli interessi ed i valori
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ristretti dei venditori, degli acquirenti e del prodotto.
Altri fattori intervengono a rafforzare questa stortura. I manager culturali (direttori, autorevoli editorialisti,
eccetera) condividono interessi e legami di classe con i loro omologhi nello stato, nel mondo degli affari e
negli altri settori privilegiati. Infatti, tra le grandi imprese, il governo e i media si verifica un continuo
interscambio di personalità ai più alti livelli. La facilità di accesso alle massime autorità dello stato è
fondamentale per poter conservare una posizione competitiva; le "soffiate" o le "indiscrezioni", per
esempio, sono spesso invenzioni o distorsioni fabbricate dalle autorità con la collaborazione dei media,
che fanno finta di non conoscerne l'origine.
In cambio, le autorità dello stato esigono cooperazione e sottomissione. Anche gli altri centri di potere
hanno i loro strumenti per punire le deviazioni dall'ortodossia: metodi che possono servirsi del mercato
azionario o anche di un vero e proprio sistema di calunnia e diffamazione.
Il risultato, com'è ovvio, non è perfettamente uniforme. Per essere funzionali agli interessi del potere, il
panorama mondiale che i media sono chiamati a rappresentare deve essere abbastanza realistico. E talora
l'integrità e l'onestà professionale interferiscono con la missione suprema. I migliori fra i giornalisti sono,
di solito, abbastanza consapevoli dei fattori che danno forma al prodotto dei media, e cercano di sfruttare
tutte le aperture che trovano. Ne consegue che si può imparare molto da una lettura critica e scettica di
quanto prodotto dai media.
I mass media sono solo uno degli elementi del più vasto sistema dottrinale: ne fanno parte anche i giornali
di opinione, le scuole, le università, gli studi accademici eccetera. Oggi siamo particolarmente consapevoli
del ruolo dei media. soprattutto di quelli più prestigiosi, perché essi sono stati esaminati diffusamente da
coloro che analizzano criticamente le ideologie. Il sistema nel suo complesso non è stato altrettanto
studiato perché è difficile fare una ricerca sistematica. Ma ci sono ottime ragioni per ritenere che esso
rappresenti gli stessi interessi dei media, come è lecito aspettarsi.
Il sistema dottrinale, che produce quella che viene chiamata "propaganda", quando la fanno i nostri
nemici, mira a colpire due diversi bersagli. Il primo viene talvolta chiamato "classe politica": quel 20%
circa di popolazione relativamente istruita, più o meno articolata, che svolge un qualche ruolo nel
meccanismo decisionale. Che costoro accettino la dottrina è vitale, perché occupano una posizione tale da
poter definire le direttive e l'attuazione dell' azione politica.
Poi c'è il restante 80% circa della popolazione. Sono i "semplici spettatori" di Lippman, di cui egli parla
come del «gregge disorientato». Da loro ci si aspetta che obbediscano agli ordini e si tengano fuori dai
piedi della gente importante. Sono il bersaglio degli autentici mass media: i giornali popolari, le “situation
comedy”, il Super Bowl, eccetera.
Questi settori del sistema dottrinale servono a distrarre il popolo ancora grezzo ed a rafforzare i valori
sociali fondamentali: la passività, la sottomissione all'autorità, la virtù suprema dell' avidità e del profitto
personale, l'indifferenza verso gli altri, il timore dei nemici, reali o immaginari, eccetera. Lo scopo è di fare
in modo che il gregge disorientato continui a non orientarsi. Non è necessario che si preoccupino di quel
che accade nel mondo. Anzi, non è desiderabile: se dovessero vedere troppo della realtà, potrebbero farsi
venire in mente di cambiaria.
Ciò non significa che i media non possano farsi influenzare dalla società civile. Le istituzioni dominanti −
politiche, economiche o dottrinali che siano − non sono immuni dalle pressioni esercitate dall’opinione
pubblica. Anche i media indipendenti (alternativi) possono svolgere un ruolo importante. Sebbene dotati
(per definizione) di scarse risorse, acquistano importanza allo stesso modo delle organizzazioni popolari:
unendo le persone con risorse limitate che, interagendo tra loro, possono moltiplicare la loro efficacia e la
loro comprensione − il che costituisce esattamente quella minaccia democratica tanto temuta dalle élite
dominanti.
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L’intervista
23. Due esempi di intervista commentati durante le lezioni. Osserva, negli interventi
degli intervistatori, i segnali che evidenziano la continuità con le parole dell’intervistato.
(«La Repubblica» 8/11/05, pp. 8 e 9)
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24. Una tipologia d’intervista commentata durante le lezioni: l’intervista personale
‘dialogata’ e ‘alleata’.
(Intervista di Claudio Sabelli Fioretti a Claudio Amendola, «Sette», 22/01/04)
(fonte: www.sabellifioretti.com/interviste)
Un passato da gioventù bruciata. Due genitori borghesi e di sinistra come Ferruccio Amendola e Rita
Savagnone, attori e doppiatori. Da ragazzo politica estrema, vicino all'autonomia, e tifo romanista da ultrà
violento.
Oggi, una compagna, Francesca Neri, che tutti gli italiani gli invidiano. Con lei ha un figlio piccolo, Rocco.
Claudio Amendola, 40 anni, era la rappresentazione stessa del "coatto". Sorpresa: adesso è uno degli attori
preferiti dagli intellettuali. Che cosa è successo? «Il giudizio cambia a seconda delle cose che fai», spiega
Amendola. «Quando lavoravo con Vanzina ero coatto. Poi con gli sceneggiati ero la nuova promessa della
Rai. Con Marco Risi, Ricky Tognazzi, Mazzacurati grande popolarità. Ai tempi di “Ultrà” di nuovo
coatto». Adesso fai l'onorevole fascista in un film impegnato e di successo, “Caterina va in città”. E tutti:
però, questo Amendola, chi l'avrebbe mai detto?
«Le etichette sono una bella compagnia durante la carriera».
Coatto davvero o facevi finta? Una volta hai detto: ero colto e sensibile.
«Sono cresciuto in una casa piena di libri e di buonissima musica. Abbado e Pollini erano di casa e dopo
cena suonavano».
Letture?
«Da piccolo piccolo Rodari, Salgari. Poi ho smesso. Ho ripreso con gli stradaroli americani, Bukowski,
Kerouac. E Baudelaire e tutti i maledetti. Adesso ho una ammirazione sfrenata per Benni e devo
decidermi a recuperare i russi, i francesi».
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Un po' coatto un po' intellettuale.
«I miei dicevano: “Perché scrivono questo di te? Non sei un ragazzo di borgata. Sei cresciuto in una
famiglia benestante, borghese”».
Due attori e doppiatori molto famosi.
«Mamma faceva Liza Mannelli, Glenda Jackson, Sophia Loren, Claudia Cardinale. Papà Dustin Hoffman,
Al Pacino, Robert De Niro. Era divertente quando venivano a casa i miei amichetti e c'erano anche degli
amici doppiatori dei miei nell'altra stanza. I miei amici sentivano discussioni animate tra Sean Connery e
Robert Redford, interrotte da Robert De Niro e Liza Mannelli. E dicevano: ma chi c'è in casa?»
Ti senti un po' l'erede di Renato Salvatori?
«Una eredità che mi inorgoglisce. Lui ha avuto la fortuna di nascere venti anni prima. Tempi incredibili.
Dieci registi e venti sceneggiatori che noi, con tutto il rispetto per i nostri, ce li sogniamo».
Che cosa avresti fatti se fossi nato venti anni prima?
«A me Sergio Leone chi me lo ridà? Io lì sarei cascato. Sai quanti western avrei fatto? E Pasolini?»
Com'eri da ragazzino?
«Ho avuto grande libertà e indipendenza. Ho sempre dato poco retta ai consigli. E mi sono fatto molti
bernoccoli».
Gioventù bruciata?
«Ho vissuto molto per strada dai 15 ai 20 anni. Avrò cenato a casa non più di cinque volte. Non tornavo
mai prima delle quattro di mattina. Ho fatto di tutto».
Droga?
«Spinelli in piena e totale libertà e continuità. Ma niente altro».
La vita che hai fatto tu l'augureresti a tuo figlio Rocco?
«Assolutamente sì. Mi sono molto divertito e non ho mai fatto nulla di grave. Tanto per capirci, se esiste
Dio io vado in paradiso. Anzi mi dà anche una pacca sulle spalle e mi dice: "Fossero stati tutti come te"».
Che cosa è la coattitudine?
«I coatti veri non esistono più. I coatti veri sono quelli anni Settanta: arrivavano in centro dalle borgate
con la coperta sulla sella della Vespa, fieri di essere coatti, di avere l'ombelico di fuori. Mettevano paura.
Oggi i coatti si sono imborghesiti, imparioliniti. Si comprano le marche migliori, vestono Versace. Sono
solo cafoni».
Eri veramente un lazzarone?
«È sottile la differenza tra chi delinque e chi beve più di quanto dovrebbe e fa una vita un po' sregolata,
condita da situazioni forti».
Tipo risse?
«La rissa era alla portata quotidiana».
La prima rissa?
«Tredici anni, rissa di quartiere. Avevano fregato il berretto ad un amichetto nostro».
Gravissimo.
«Ci siamo menati per tre giorni, venerdì, sabato e domenica».
Altri momenti di violenza?
«Io andavo in una scuola molto politicizzata, in mano agli autonomi. Gli scontri con la polizia erano
frequenti, le molotov anche. Sampietrini, manganellate, cazzotti».
Come passavi la giornata?
«Uscivo la mattina e andavo a scuola. Non entravo quasi mai. La scuola era autogestita, avevamo il sei
politico».
Quanto è durata la tua avversità per la scuola?
«Non è mai finita. Mio padre mi cambiò scuola. A Natale arrivò a casa un telegramma del preside:
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"Vorremmo avere il piacere di conoscere l'alunno Claudio Amendola"».
E allora?
«Mi misi a fare piccoli lavoretti, il commesso, il manovale, il bagnino. Alla fine, esausto, ho fatto per un
po' l'assistente in sala di montaggio».
Poi il primo film.
«Mia madre diceva che per fare l'attore ci voleva studio. E tanta passione. Invece no. Uno va là e lo fa».
Che canzone ricordi di quei tempi?
«Lilli di Venditti. È stato il mio primo shock musicale. Poi i Pink Floyd».
I tuoi miti?
«Tutte le figure rivoluzionarie, da Zapata al comandante Marcos».
Il subcomandante Marcos. Il comandante è il popolo.
«Poi Maradona».
Il mito romanista?
«Senza discussione: Totti».
Hai mai giocato con la Roma?
«Quattro minuti. All'Olimpico, per beneficenza. Mi hanno anche passato la palla una volta ma ho lisciato,
porca miseria».
Che cosa sei disposto a fare per la Roma ?
«Alla Roma dedico molta parte della mia vita privata. Ne paga le conseguenze Francesca».
E tuo figlio Rocco.
«No, Rocco no. È romanista».
Anche lui?
«Ce l'ho fatto diventare con una bastardata. Un giorno ho fatto sparire i suoi giocattoli e gli ho detto che
glieli avevano fregati i laziali».
Sei una carogna.
«Il giorno dopo glieli ho fatti ritrovare tutti. E gli ho detto: "Sono venuti i romanisti e te li hanno
riportati"».
Non ti vergogni?
«Una porcata, lo so. Ma per un fine superiore. Francesca è laziale. Dovevo intervenire subito. Magari
diceva "Forza Lazio" e si macchiava la bocca per sempre».
E tu che hai fatto un film nella parte di un fascista laziale?
«È fiction».
Ma mi dicono che sei un fascista e un laziale molto convincente.
«È un complimento stupendo. Me lo ha detto anche Bertinotti: "Claudio sembravi uno di loro!»
Le trasmissioni sportive ti piacciono?
«No».
La peggiore di tutte?
«Stadio sprint, quella di Variale. Controcampo, quella di Piccinini, trasmissione di regime, incredibilmente
antiromana. La domenica sportiva, un baraccume sullo sport».
Mughini ti piace?
«È molto simpatico. Ma mortifica la sua intelligenza con la faziosità juventina. Il tifo lo annebbia».
Il tifo annebbia anche te.
«Non al punto di negare l'evidenza come fa Mughini. Se un giocatore della Juve dà un calcio nella gola di
un avversario e lo colpisce alla testa con un kalashnikov Mughini dice che è rigore per la Juve».
Quale è stato il tuo guadagno più "folle"?
«Qualche anno fa, 400 milioni a puntata per una fiction».
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Sei sincero.
«Pago le tasse. Volentieri. Le pagherei più volentieri se le pagassero tutti. Ma non le ho pagate sempre».
Evasore?
«Ho smesso di evadere circa 12 anni fa. Ho preso anche un multone, parecchie centinaia di milioni».
Ti ritieni bello?
«Se sono in forma, magro, allenato, sono proprio un bell'uomo».
Adesso?
«92 chili, dieci di troppo. Quando non lavoro, magno e bevo».
Perché di te e Francesca dicono "la bella e la bestia"?
«Per l'atteggiamento, per i tatuaggi».
Ne hai molti?
«Quattro. Un Colosseo col gladiatore»
Che cosa ti è venuto in mente?
«Un indigeno si fa il tatuaggio della sua tribù, un romano si fa il Colosseo».
Hai una tettona sull'avambraccio.
«E un indiano e un delfino».
Francesca non si arrabbia quando torni con la tettona sul braccio?
«Francesca mi ha preso che ero già bello disegnato».
Politicamente sei sempre un estremista?
«Ho sempre votato Democrazia Proletaria, Rifondazione, mai Pci, mai Pds, mai Ds».
Più a sinistra non si può.
«Non c'è da vergognarsi in Italia di essere comunisti».
Facile dire comunista?
«E magari hai la casa con mille stanze. Questo vuoi dire?»
Ti pare una critica sbagliata?
«Ricordo una volta, da piccolo, Enrico Berlinguer. Un giornalista gli chiese: "Lei è comunista ma che dice
dell'isola di proprietà della sua famiglia?" Berlinguer disse: "Non rispondo a domande cretine"».
Tu invece rispondi.
«Il comunismo oggi non vuol dire Lenin e Stalin. Vuol dire giustizia sociale, pagare le tasse, vivere
moralmente sani, non sprecare, non sfruttare, pagare i contributi, seguire gli insegnamenti di Gesù Cristo».
Cristo ti direbbe che in questa bella casa ci possono stare altre otto persone. Predichi bene e
razzoli male?
«Cerco di razzolare meglio che posso».
Come investi i tuoi soldi?
«Mai investiti. Spesi».
Come li spendi?
«Vivendo bene, in una casa dall'affitto alto, facendo belle vacanze».
Tipo?
«Affittando una splendida villa in Sardegna».
Che cosa è un voltagabbana?
«Un opportunista, un arrampicatore, un furbo».
Dovresti anche dire: uno che cambia idea.
«Cambiare idea è legittimo. Eppoi?»
Che cosa è di destra? Che cosa è di sinistra?
«Appunto. Alessandra Mussolini dice cose tremendamente di sinistra a volte. Rutelli ha atteggiamenti
tremendamente di destra, spesso».
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Fini ha rimescolato le carte.
«Mi è piaciuto. Adesso è chiaro che l'estrema destra in Italia sono Lega e Forza Italia».
Torniamo ai voltagabbana. Nomi.
«Troppo facile dire Mastella. E poi. Poraccio, mi sta simpatico»
Ti dà più fastidio il voltagabbana che va via o quello che arriva?
«Quello che arriva. Perché poi te lo devi tenere».
Un esempio di voltagabbana.
«Alberto Franceschini, il fondatore delle Br. È il più voltagabbana di tutti. Troppo livore. Il loro era un
sogno folle, utopico, ma un sogno. In lui sento solo la voglia di ripulirsi».
Il campione degli adulatori?
«Fede senza dubbio. Ma tutta la televisione oggi è adulazione».
Socci?
«Faccio parte di quel 94 per cento di persone che non lo vede».
Non hai visto quindi la sua intervista a Berlusconi.
«Non è facile intervistare Berlusconi. Se Socci avesse fatto una domanda vera il giorno dopo avrebbe
aperto una bancarella al mercato».
E Anna La Rosa?
«Una bella vetrina. Mostra l'anima gentile del politico».
Adulazione?
«Accidenti!»
Da Costanzo ci vai?
«Spesso. Da lui non ho avuto fregature».
Floris? Ballarò?
«Bello, bello, tutto bello. Mi piacciono pure le sue poltrone di cartone. Non è sgradevole come Socci».
Vespa?
"È come Carosello ormai. Si va a letto dopo Vespa. È perfetto per questa Rai. Adulatore generalista.
Buono per destra, sinistra, centro».
Non ti pare che il tuo amico Bertinotti sia trattato un po' troppo bene dalle televisioni Mediaset?
«Lui frequenta bene, salotti romani, molto borghesi».
Lo incontri spesso?
«Non frequento salotti romani borghesi».
I girotondi li hai fatti?
«No. Troppi colli alti, troppa eleganza. Troppo opportunismo».
Chi ti piace a destra?
«Alemanno. Ha fatto la politica per strada. Me lo ricordo da ragazzo. Il quartiere era lo stesso, la Balduina.
C'era il bar Campi dove andavano i fascisti. Più su c'era un campetto della parrocchia, Stella Mattutina,
dove andavamo noi. Alemanno era uno tosto, ci dava giù duro».
Vi siete mai scontrati?
«Coi ragazzi del bar Campi ci siamo menati almeno una decina di volte».
Onore ad Alemanno?
«Mi viene un pensiero».
Diccelo.
«Un governo trasversale. Con quelli che mi piacciono».
Facciamolo. Alemanno ministro dell'Interno?
«No, sarebbe troppo. Poi gli vengono in testa idee strane. Basta il ministero del Lavoro. Ministro
dell'Interno facciamo Veltroni. E Fini ministro degli Esteri. Ci conta».
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Primo ministro?
«D'Alema».
Vogliamo dare un ministero a Storace?
«La Sanità. Si è anche fatto fotografare mentre inaugurava il Sant'Andrea a Roma».
La Cultura alla Melandri?
«No, la Melandri no. Ci metterei un bel Cacciari. Oppure Dario Fo. E Renzo Piano ai Lavori Pubblici. E
Alessandra Mussolini alle Pari Opportunità».
Chi non ti piace a sinistra?
«Rutelli».
Avevo detto sinistra.
«Mussi, Rizzo, Folena, Fassino, Angius».
Messo alle strette, preferiresti diventare laziale o fascista?
«Pistola alla tempia? Meglio fascista che laziale».
La fedeltà è caratteristica della tua vita?
«No. Da ragazzo cercavo nell'infedeltà la gratificazione».
E adesso?
«Ho trovato la gratificazione in Francesca».
L'hai mai tradita?
«Mai».
Tu pensi che la gente ti creda?
«No».
Francesca è gelosa?
«No».
Tu sei geloso?
«Sì».
Ti ha mai tradito?
«No».
Come mai hai queste stupende certezze?
«Perché facciamo l’amore talmente tanto!»
Ogni uomo ha una parte femminile. Tu?
«Molto più di quanto sembri».
Mai avuto pulsioni omosessuali?
«No, ma ho sempre avuto un rapporto positivissimo con i gay».
Tu sei una icona gay.
«Negli ambienti gay io sono molto considerato. Per me è un motivo di orgoglio. Se piaci ai gay vuol dire
che in te c'è molta mascolinità».
Gioco della torre. Max Biaggi o Valentino Rossi?
«Butto Valentino. È uno strafottente. Derapa in curva, fa spettacolo. Ma Max guida meglio la moto».
Fassino o Veltroni?
«Fassino è la sinistra moscia».
La Russa o Gasparri?
«Gasparri è il peggio del peggio».
Mimun o Mentana?
«Butto Mimun. Il Tg1 è troppo berlusconiano».
Vespa o Costanzo?
«Butto Vespa. È un pesce in barile. E poi scrive troppi libri. E poi li presenta troppo. Esagera».
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Sabina o Corrado Guzzanti?
«Salvo Corrado. Quando Sabina fa il guru io sono d'accordo su tutto quello che dice. Ma non mi piace».
Del Piero o Totti?
«Totti sulla torre con Del Piero non ci sale nemmeno».
Totti o Falcao?
«Butto Falcao. Butto chiunque. Totti è il massimo».
25. Una tipologia d’intervista commentata durante le lezioni: l’intervista personale
‘dialogata’ e ‘antagonista’.
(intervista di Antonello Caporale a Maurizio Costanzo, «La Repubblica», 6/2/2003)
L'anchorman si difende dagli attacchi di Dell’Utri e Forza Italia
"L'audience resta la mia miglior difesa"
Costanzo avverte Mediaset
"Se mi cacciano è regime"
di Antonello Caporale
ROMA - Ama fare cose strane: "Mi piace tantissimo gironzolare nei negozi Buffetti, trovo
pennarelli, pennini, gommette". Maurizio Costanzo utilizza così la mezz'ora di svago quotidiano.
Le malelingue, ma sono senza prove, dicono che oramai abbia steso un sacco a pelo dietro le
sedie degli orchestrali del Parioli e preso a chiamare con nomi di donna le telecamere: Gina quella
di destra, Chicca, la preferita, quella centrale, Stefania la mobile. Impietosita, Forza Italia sta
immaginando per Maurizio una vecchiaia coi baffi ad Ansedonia o, in alternativa, a Rai
Educational. Il Domenicale, settimanale di Marcello Dell'Utri (famiglia Berlusconi), scrive che
bisognerebbe fare qualcosa per liberarsi dalla dittatura televisiva di Costanzo, che affligge i
terrestri da oltre un ventennio. Il dittatore ci ha ricevuti alle 10 e trenta di ieri nella sua residenza:
è stato molto gentile, ci ha persino offerto un thè in lattina.
«Dell'Utri ha rettificato, ha visto?».
Se l'è fatta addosso, quando c'è di mezzo lei nemmeno il Papa.
«Mah, le cellule, i circoli dei forzitalioti mi vogliono cacciare, questo è vero».
Legge quello che dicono?
«Sputa nel piatto dove mangia, dicono».
E non è che abbiano torto.
«Voto sempre lo stesso partito, anche se cambia spesso nome: Pds, Ds. A volte la scelta mi
soddisfa, altre meno».
Però c'è da dire che quando Berlusconi la viene a trovare lei cambia aspetto.
«Sì, sono imbarazzato e forse lo do a vedere».
Continua a sistemare lui le telecamere quando sale sul palco del Costanzo Show?
«Non lo fa più. Ha questa fissa della nuca, non ama essere ripreso da dietro. Ed ha smesso, su
mio consiglio, di traghettare forzitalioti, portarli a teatro con i pullman. Non mi sembrava carino:
gliel'ho detto e ha accettato il mio consiglio».
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La fa ammattire.
«Non si può dire che trovi al mio posto uno zerbino con su scritto salve».
Però parla lo stesso a lungo, senza interruzioni.
«Ma cosa crede? Trova in giro un altro nome in grado di far meglio?».
In casa di Vespa Berlusconi sembra in effetti più di buonumore.
«Da me non sarebbe potuta accadere la firma del contratto con gli italiani».
Forse.
«Accetto di aggiungere forse».
Comunque Berlusconi la vorrebbe cacciare.
«Perché mai? L'audience è la difesa migliore. Poi sa, ho un patto con Confalonieri: mezz'ora
dopo che l'uno è andato via, l'altro lascia».
E se malgrado tutto il Cavaliere le dicesse bye bye?
«Allora saremmo in un regime».
Anche in azienda sta un po' sulle scatole.
«Me ne accorsi nel '94 dal silenzio che si faceva quando passeggiavo nei corridoi di Cologno».
In effetti lei è consulente degli avversari.
«Consulenze gratis. Anche Prodi venne a chiedermi un consiglio su come comportarsi in
campagna elettorale: gli dissi di stare tranquillo e apparire per quello che è».
Però lei un po' è dittatore. Di sera molti accendono la tv confidando in una sua
vacanzetta...
«C'è un'arma infallibile a portata di mano: il telecomando».
Per trovar spazio in tv l'unica è sposarla.
«Ah sì? Innanzitutto Maria ha dato prova della sua autonoma bravura. Poi ricordo Covatta,
Sgarbi, Mastrandrea, Iachetti, Ricky Memphis e non so quanti altri. Gente scovata da me,
proposta da me, lanciata dal sottoscritto».
Costanzo, lei crede di vincere ancora?
«Penso che deciderò io se e quando andare via. Quando non mi divertirò più, lo farò».
Tanto alla Rai Baldassarre non la prende.
«Ho capito poco di questa storia, ma ho capito».
E in Mediaset è costretto a vivere in trincea.
«Io, Mentana e Ricci per resistere decidemmo, nel '94, di far asse».
L'uno tiene l'altro.
«Mettono in giro voci dell'uno contro l'altro. Io chiamo e chiedo: l'hai detto veramente? Ok,
grazie».
Come comunicate quando ci sono trappole in arrivo?
«Io dico: occhio che volano i paduli».
Dica una cosa bella a favore di Berlusconi.
«Mai una censura, mai».
Ringrazi il capo: c'è il condono fiscale e lei ha società che combattono con l'Iva e l'Irpeg.
«Sono fesso, e perciò in regola col fisco».
A proposito di fesserie, la più grande che ha fatto?
«Quella che si sa, sono stato l'unico ad ammettere....apertis verbis».
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Anche Berlusconi si iscrisse alla P2, non ne avete mai parlato?
«Una sola volta. Gli dissi: che grande cazzata».
Lui rispose?
«Niente».
26. Rielabora il testo che segue volgendolo in forma di intervista (adattato da «La
Repubblica» 14/11/05).
George Clooney parla di "Syriana", di cui è protagonista.
Un film sui giochi di potere in Medio Oriente dopo l'11/9
"La mia sfida più rischiosa tra petrolio, corruzione e Cia"
"Non attacco Bush, ma mi accuseranno di giustificare i kamikaze"
di Silvia Bizio
los angeles - «Non è necessariamente un attacco a Bush, ma alla corruzione che passa attraverso
il petrolio» dice George Clooney parlando di "Syriana", il nuovo film che lo vede protagonista. Si
tratta di un complesso intrigo internazionale a sfondo politico che tenta di raccontare i giochi di
potere in Medio Oriente dopo l'11 settembre, legati soprattutto al business del petrolio. Prodotto
dalla Section Eight di Clooney e Steven Soderbergh con la Warner Brothers, "Syriana" (è il
termine usato dai think tank di Washington per descrivere una ristrutturazione ipotetica del
Medio Oriente), in uscita il 23 novembre sugli schermi americani, è stato scritto e diretto da
Stephen Gaghan, lo sceneggiatore premio Oscar di "Traffic". È ispirato al libro di memorie "See
No Evil" dell'ex agente della Cia Robert Baer.
Dopo mesi di ricerca sui traffici di petrolio nel mondo e sulla corruzione dei governi nei paesi
petroliferi del Golfo la storia ha assunto diversi connotati: Clooney è Bob Barnes, un agente della
Cia la cui ultima missione, assassinare due trafficanti d'armi a Teheran, prende una piega sbagliata
e viene usato come capro espiatorio dalla stessa Agenzia. Matt Damon interpreta il ruolo di un
analista di una compagnia elettrica a Ginevra che, dopo la tragica morte del figlio di sei anni
durante una festa offerta dal principe arabo riformista Nasir - che tenta di cambiare i rapporti del
padre emiro e del fratello con affaristi americani - accetta di aiutare il principe a riformare il suo
paese.
[dichiarazioni di G. Clooney]
«"Syriana" è un soggetto rischioso e qualcuno ci accuserà di voler giustificare i kamikaze islamici.
Ma dato che è in corso una guerra di idee sarebbe meglio parlarne. Nel film si parla di eventi
contemporanei, non di cose successe anni fa, che abbiamo avuto il tempo di digerire, come gli
anni '50 del mio "Good Night, and Good Luck". Gaghan ha scritto di proposito un copione
difficile. E a me non mi piacciono le cose semplici. Io appartengo alla generazione cresciuta con
il Watergate, mio padre era un giornalista televisivo, fa parte del mio dna mettere in discussione
quello che dicono le fonti governative e svelare le bugie di stato. I film che mi hanno formato
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sono "Tutti gli uomini del presidente" e "Apocalypse Now".
All'inizio Gaghan, per questo film, pensava di portare sullo schermo il libro di Baer, ma man
mano che lo scriveva il copione diventava sempre meno un film su quel libro e più sui suoi viaggi
a Beirut, sul petrolio, sulle operazioni segrete. Io non interpreto esattamente Bob Baer, abbiamo
creato dei personaggi fittizi altrimenti politicamente saremmo stati fatti a pezzi! E poi volevamo
parlare di altri temi: mi piace l'idea di un principe arabo che cerca di attuare riforme nel suo
paese, e del mio personaggio che agli occhi americani diventa un terrorista perché decide di non
stare dalla parte degli americani. Il problema più grosso per noi è stata la vicinanza tra i fatti
narrati e la cronaca. Quando parliamo dei cinesi che comprano petrolio in Kazakhstan parliamo
di cose che stavano succedendo mentre giravamo: l'escalation dei costi del petrolio, il comitato
per liberare l'Iran, sono tutti attualissimi. Certamente ci attaccheranno!.
Non è un attacco all'amministrazione Bush, ma a un sistema politico-affaristico che funziona così
da tanti anni, e il petrolio ne è al centro. Baer ce l'aveva pure con l'amministrazione Clinton. Ci
saranno quelli che si arrabbieranno all'idea che abbiamo preso un paio di kamikaze e invece di
giudicarli cerchiamo di capire come si sono formati. Io sono un vecchio liberal, non mi piace fare
prediche ma esporre i fatti. Penso che gli americani, a furia di parlarne, capiranno. Sono ottimista
nei confronti del nostro paese. Ogni 20 o 30 anni cadiamo in un vuoto di informazione. Pearl
Harbor viene bombardata e buttiamo tutti i giapponesi nei campi di concentramento. Poi ci
calmiamo e diciamo che questo non è il modo di fare americano e cominciamo a porci domande.
È il bello di questo paese. L'importante è non venire considerato un traditore solo perché fai
domande. Oggi più del 50 per cento degli americani dice che è stato uno sbaglio andare in Iraq,
due anni fa era il 31.
Abbiamo girato il film a Dubai e in Marocco, non in Arabia Saudita, ma eravamo ugualmente
nervosi perché ci sono tanti fondamentalisti che magari senza aver letto bene il copione
avrebbero potuto pensare che li volevamo far passare solo per cattivi. Abbiamo dato il copione a
tutti i leader dei paesi di cui parlavamo e tutti hanno capito che il nostro scopo non era giudicare
ma porre domande.
Si può fare politica anche in altri modi. Ho una macchina elettrica, da un posto, piccolissima, ma
va da zero a 90 chilometri l'ora in quattro secondi, mi ci diverto un mondo. Non puoi fare un
film sulla corruzione del petrolio e guidare un Suv. So che nessuno vuol sentire attori parlare di
politica, avevo perfino detto a Kerry che l'avrei danneggiato se l'avessi seguito nella campagna
elettorale, ma almeno nella mia vita e nel mio lavoro cerco il più possibile di stimolare la
discussione.
Per questo film sono ingrassato di quasi venti chili che sembrano abbiano contribuito ai miei
problemi di salute dopo il colpo che ho preso durante le riprese di "Syriana". In effetti, penso di
aver fatto una gran stupidaggine, ma la colpa è solo mia. Nella scena della tortura ho insistito a
farmi legare, senza pensare che ho 44 anni e pesavo più di 90 chili! Ero andato in Italia ed ero
ingrassato più di 15 chili in 30 giorni, una cosa spaventosa, e quando ho fatto quella scena sono
caduto, ho sbattuto la testa per terra e sono svenuto. Poche ore dopo ero su un aereo diretto
all'ospedale ed ero convinto di aver avuto un aneurisma, il che dopo anni di ER non mi
tranquillizzava affatto!».
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Soluzione (testo originale)
Con "Syriana" affronta ancora un film difficile e scomodo.
«È un soggetto rischioso [...] E a me non mi piacciono le cose semplici».
Appare sempre più impegnato politicamente.
«Io appartengo alla generazione [...] "Apocalypse Now"».
Come è nato questo film?
«All'inizio Gaghan pensava [...] Certamente ci attaccheranno!».
Lei dice però che il film non è un attacco all'amministrazione Bush.
«È un attacco a un sistema politico-affaristico [...] esporre i fatti».
Pensa gli americani capiranno?
«A furia di parlarne, sì. [...] due anni fa era il 31».
Dove avete girato?
«A Dubai e in Marocco [...] porre domande».
Che altro fa di politico?
«Ho una macchina elettrica [...] stimolare la discussione».
Per questo film è ingrassato di quasi venti chili che sembrano abbiano contribuito ai suoi problemi di salute dopo il colpo che ha
preso durante le riprese di "Syriana".
«In effetti penso di aver fatto una gran stupidaggine [....]»
27. Prima parte: trascrivi dalla fonte audio, più fedelmente che puoi, le risposte di
Sabrina Ferilli.
Noi abbiamo incontrato Sabrina Ferilli e le abbiamo chiesto quale di queste tre donne si
avvicina di più a lei come persona. (6 righe)
Com’è cambiata la figura della donna dagli anni ’50 ad oggi? (7-8 righe)
Lei ha sempre detto la sua in politica. Ha mai pensato di candidarsi? (3 righe)
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Secondo lei come reagirà il pubblico a questi tre film? (8-9 righe)
Qual è l’attore di questi tre film con cui ha avuto maggiore sintonia? (4-5 righe)
Lei è considerata un sex symbol. Che ne pensa? (1-2 righe)
Soluzione (trascrizione letterale dalla fonte audio dell’intervista a Sabrina Ferilli).
Noi abbiamo incontrato S.F. e le abbiamo chiesto quale di queste tre donne si avvicina
di più a lei come persona (6 righe)
i tre personaggi sono esattamente tre volti miei probabilmente matilde che e il secondo di questi
film quello insieme a panariello e il personaggio che io un pochino avevo di più soppresso
perche quello più debole anche più fragile con una sua e meraviglia rispetto alle cose alla vita
che per motivi chiari insomma il lavoro l’ambiente quindi e proprio l’aspetto mio più poetico
che avevo assolutamente represso ecco matilde e tutto questo quindi ma dato anche la
possibilità di di godermi un un aspetto del mio carattere che non avevo mai fatto.
Com’è cambiata la figura della donna dagli anni ’50 ad oggi? (7-8 righe)
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm (49 di 57) [03/01/2007 11.41.22]
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm
E cambiata ed e cambiata tanto poi e chiaro che e sempre tutto in evoluzione quindi si possono
fare altre cose si può sperare chiaramente che poi ci siano anche dei diritti diversi delle
considerazioni diverse perche le considerazione della donna credo che sia ancora un pochino di
serie b perche adesso su certi ruoli ci sta eccetera però ci sta ma non e considerato uguale non
so come dire no allora vedi in parlamento si vota lilli gruber ce però poi dopo non fanno in
maniera di gestire il suo spazio esattamente come un maschio quindi e e una forma abbastanza
contraddittoria dove per legge sicuramente alcune battaglie eccetera sono state fatte però poi
nella società ancora rimane.
Lei ha sempre detto la sua in politica. Ha mai pensato di candidarsi? (3 righe)
Non ho mai pensato di candidarmi perche credo che comunque la politica debba [deve?] essere
fatta io ho almeno questa concezione poi non e che succede eh però deve essere fatta nsomma
ad alti livelli con persone preparate che conoscono.
Secondo lei come reagirà il pubblico a questi tre film? (8-9 righe)
Aa questo non lo so perche io ho sempre fatto scelte molto azzardate per cui io son partita col
cinema d’autore e poi feci la televisione poi ho fatto sanremo poi ho fatto la commedia musicale
che era una cosa dodici anni fa che non si sapeva nemmeno cos’era italiana e poi nel momento
in cui facevo la televisione più ambita che chiaramente e un mezzo anche borghese e familiare
me so inventata n calendario quindi io so proprio un cane sciolto ora su questo credo che siano
in assoluto i tre progetti più belli e ambiziosi che io abbia mai fatto sono film veri e propri che
conoscono una fatica anche produttiva enorme tre oscar che compongono la musica registi
eccezionali attori di superiore sensibilità anche alla mia non ho motivo per cui pensare che la
gente non possa apprezzarli quindi io lavoro sempre e solo con questo principio.
Qual è l’attore di questi tre film con cui ha avuto maggiore sintonia? (4-5 righe)
Io ho qui stefano che e stata una grande sorpresa perche sembra così introverso e fragile in
verità e il più maschio il più virile degli attori con i quali io ho lavorato io poi mi espongo
sempre quindi anche in questo caso non e che mi interessa più di tanto sapere se poi qualcuno
s’offende o meno però voglio dire non dire come quello che si sente e limitare anche il
complimento quindi non me sembra giusto.
Lei è considerata un sex symbol. Che ne pensa? (1-2 righe)
Ma n’e vero n ciò n fidanzato significa che non e vero ho pure mi ho pure perso un marito per
strada e.
28. Adatta il testo orale allo scritto, eliminando o riducendo i fenomeni di parlato.
Noi abbiamo incontrato S.F. e le abbiamo chiesto quale di queste tre donne si avvicina
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm (50 di 57) [03/01/2007 11.41.22]
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm
di più a lei come persona. (meno di 6 righe)
Com’è cambiata la figura della donna dagli anni ’50 ad oggi? (meno di 8 righe)
Lei ha sempre detto la sua in politica. Ha mai pensato di candidarsi? (meno di 3 righe)
Secondo lei come reagirà il pubblico a questi tre film? (meno di 9 righe)
Qual è l’attore di questi tre film con cui ha avuto maggiore sintonia? (meno di 5 righe)
Lei è considerata un sex symbol. Che ne pensa? (meno di 2 righe)
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Soluzione (testo dell’intervista come riportato nella pagina web).
(http://www.capital.it/capital/interviste.jsp?idCategory=3087&idContent=1247410)
Sabrina Ferilli: ‘’Io sex
symbol? Ma se ho perso
un marito per strada!''
Reduce dalla separazione dal marito,
l'attrice racconta con ironia e
passione il suo nuovo progetto e il
momento che sta vivendo
L'attrice torna in tv con 'Angela,
Matilde, Lucia', tre film in cui è
protagonista assoluta che
raccontano tre donne vissute tra gli
anni ’40 e i ’60
ASCOLTA L'INTERVISTA!
Dimagrita, ma sempre in gran forma,
Sabrina Ferilli presenta il suo nuovo
progetto, sugli schermi televisivi proprio
questa settimana. Si tratta di ‘Angela,
Matilde, Lucia’. Tre film che raccontano
tre donne vissute tra gli anni ’40 e i ’60:
Angela, che vive con la borsa nera e si
innamora di un ebreo che ospita per soldi
e abbraccia la Resistenza; Matilde,
un’attrice del dopoguerra che vive tra
fame, stenti e polvere di stelle; Lucia,
un’infermiera che negli anni ’60 si
innamora di un sindacalista sposato. Nel
cast anche Giorgio Panariello e Stefano
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Dionisi, mentre le colonne sonore sono
curate dai tre premi Oscar Bachalov,
Morricone e Piovani.
In quale di queste tre donne si è
riconosciuta di più?
I tre personaggi corrispondono a tre miei
volti, ma probabilmente quella che ho
sentito di più è Matilde, l’attrice del
secondo film, che incarna un aspetto che
io avevo un po’ più represso, quello più
debole e fragile, con un suo senso di
meraviglia rispetto alle cose, alla vita.
Matilde corrisponde al mio lato più
poetico e mi ha dato la possibilità di
godermi questo aspetto del mio carattere
che avevo sempre tenuto più nascosto.
Com’è cambiata la figura della donna
dagli anni ’50 ad oggi?
È cambiata, ed è cambiata tanto, ma è
chiaro che è sempre tutto in evoluzione e
che si può sperare che le cose cambino
ancora, che le donne possano avere,
oltre che diritti, diversi, anche una
considerazione diversa. Perché credo che
la considerazione della donna sia ancora
un po’ di serie B, anche se ora può
finalmente accedere a certi ruoli, ma
quando ci sta non è considerata allo
stesso modo di un uomo nella stessa
posizione. Vedi anche in parlamento, si
vota per Lilli Gruber, lei viene eletta ma il
suo spazio non viene considerato come
quello di un maschio. Quindi ci sono
ancora un po’ di contraddizioni tra ciò
che è stato raggiunto con la legge ma
che non ha ancora messo radici società.
Lei ha sempre detto la sua in
politica. Ha mai pensato di
candidarsi?
No, non ci ho mai pensato, perché credo
che la politica debba essere fatta ad alti
livelli, da persone qualificate e preparate,
anche se poi non è che nella realtà le
cose stiano proprio così.
Secondo lei come reagirà il pubblico
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a questi tre film?
Questo non lo so, perché io ho sempre
fatto scelte molto azzardate. Sono partita
dal cinema d’autore, per passare alla
televisione, poi ho fatto Sanremo e poi la
commedia musicale dodici anni fa,
quando in Italia non si sapeva nemmeno
cosa fosse… Poi nel momento in cui
facevo la televisione più ambita, che è
anche il mezzo se vogliamo più borghese
e familiare, mi sono inventata un
calendario… Insomma, sono proprio un
cane sciolto. Riguardo a questo progetto,
penso sia tra le cose più belle e
ambiziose che io abbia mai fatto, sono
film veri e propri dietro ai quali c’è anche
una fatica produttiva enorme, ci sono tre
oscar che hanno composto la musica,
registi eccezionali e attori di sensibilità
superiore anche alla mia. Non ho motivo
di pensare che la gente non possa
apprezzarlo. Io lavoro sempre e solo con
questo principio.
Qual è l’attore di questi tre film con il
quale ha avuto maggiore sintonia?
Stefano Dionisi è stato una grande
sorpresa, perché sembra così introverso
e fragile e invece è il più maschio, il più
virile degli attori con cui ho lavorato. Io
mi espongo sempre, per cui anche in
questo caso non mi preoccupa tanto se
c’è qualche collega che si offende. Se
non dicessi ciò che sento limiterei anche
il complimento a Dionisi, e non mi
sembrerebbe giusto.
Lei è senz’altro un sex symbol. Si
riconosce in questo ruolo?
Ma non è vero che lo sono. Non ho
neanche un fidanzato, vuol dire che non
è vero. Ho anche perso un marito per
strada!
(19 settembre 2005)
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file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm
Si riportano qui di seguito, affiancati, il testo fedelmente trascritto dalla fonte orale e il
testo scritto pubblicato.
Trascrizione fedele dalla registrazione
Redazione finale (testo pubblicato sul sito)
In quale di queste tre donne si è riconosciuta di più?
i tre personaggi sono esattamente tre volti miei I tre personaggi corrispondono a tre miei volti,
ma probabilmente quella che ho sentito di più è
probabilmente matilde che e il secondo di
Matilde, l’attrice del secondo film, che incarna
questi film quello insieme a panariello e il
personaggio che io un pochino avevo di più un aspetto che io avevo un po’ più represso,
soppresso perche quello più debole anche più quello più debole e fragile, con un suo senso di
meraviglia rispetto alle cose, alla vita. Matilde
fragile con una sua e meraviglia rispetto alle
cose alla vita che per motivi chiari insomma il corrisponde al mio lato più poetico e mi ha dato
la possibilità di godermi questo aspetto del mio
lavoro l’ambiente quindi e proprio l’aspetto
carattere che avevo sempre tenuto più nascosto.
mio più poetico che avevo assolutamente
represso ecco matilde e tutto questo quindi ma
dato anche la possibilità di di godermi un un
aspetto del mio carattere che non avevo mai
fatto.
Com’è cambiata la figura della donna dagli anni ’50 ad oggi?
E cambiata ed e cambiata tanto poi e chiaro È cambiata, ed è cambiata tanto, ma è chiaro che
che e sempre tutto in evoluzione quindi si
è sempre tutto in evoluzione e che si può
possono fare altre cose si può sperare
sperare che le cose cambino ancora, che le
chiaramente che poi ci siano anche dei diritti donne possano avere, oltre che diritti, diversi,
diversi delle considerazioni diverse perche le anche una considerazione diversa. Perché credo
considerazione della donna credo che sia
che la considerazione della donna sia ancora un
ancora un pochino di serie b perche adesso su po’ di serie B, anche se ora può finalmente
certi ruoli ci sta eccetera però ci sta ma non e accedere a certi ruoli, ma quando ci sta non è
considerato uguale non so come dire no allora considerata allo stesso modo di un uomo nella
vedi in parlamento si vota lilli gruber ce però stessa posizione. Vedi anche in parlamento, si
poi dopo non fanno in maniera di gestire il suo vota per Lilli Gruber, lei viene eletta ma il suo
spazio esattamente come un maschio quindi e spazio non viene considerato come quello di un
e una forma abbastanza contraddittoria dove maschio. Quindi ci sono ancora un po’ di
per legge sicuramente alcune battaglie eccetera contraddizioni tra ciò che è stato raggiunto con
sono state fatte però poi nella società ancora la legge ma che non ha ancora messo radici
rimane.
società.
Lei ha sempre detto la sua in politica. Ha mai pensato di candidarsi?
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm (55 di 57) [03/01/2007 11.41.22]
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm
Non ho mai pensato di candidarmi perche
No, non ci ho mai pensato, perché credo che la
credo che comunque la politica debba [deve?] politica debba essere fatta ad alti livelli, da
essere fatta io ho almeno questa concezione persone qualificate e preparate, anche se poi non
poi non e che succede eh però deve essere
è che nella realtà le cose stiano proprio così.
fatta nsomma ad alti livelli con persone
preparate che conoscono.
Secondo lei come reagirà il pubblico a questi tre film?
Aa questo non lo so perche io ho sempre fatto Questo non lo so, perché io ho sempre fatto
scelte molto azzardate per cui io son partita col scelte molto azzardate. Sono partita dal cinema
cinema d’autore e poi feci la televisione poi ho d’autore, per passare alla televisione, poi ho fatto
Sanremo e poi la commedia musicale dodici anni
fatto sanremo poi ho fatto la commedia
musicale che era una cosa dodici anni fa che fa, quando in Italia non si sapeva nemmeno cosa
non si sapeva nemmeno cos’era italiana e poi fosse… Poi nel momento in cui facevo la
nel momento in cui facevo la televisione più televisione più ambita, che è anche il mezzo se
vogliamo più borghese e familiare, mi sono
ambita che chiaramente e un mezzo anche
inventata un calendario… Insomma, sono
borghese e familiare me so inventata n
calendario quindi io so proprio un cane sciolto proprio un cane sciolto. Riguardo a questo
ora su questo credo che siano in assoluto i tre progetto, penso sia tra le cose più belle e
progetti più belli e ambiziosi che io abbia mai ambiziose che io abbia mai fatto, sono film veri
fatto sono film veri e propri che conoscono e propri dietro ai quali c’è anche una fatica
una fatica anche produttiva enorme tre oscar produttiva enorme, ci sono tre oscar che hanno
che compongono la musica registi eccezionali composto la musica, registi eccezionali e attori
di sensibilità superiore anche alla mia. Non ho
attori di superiore sensibilità anche alla mia
motivo di pensare che la gente non possa
non ho motivo per cui pensare che la gente
non possa apprezzarli quindi io lavoro sempre apprezzarlo. Io lavoro sempre e solo con questo
principio.
e solo con questo principio.
Qual è l’attore di questi tre film con il quale ha avuto maggiore sintonia?
Io ho qui stefano che e stata una grande
Stefano Dionisi è stato una grande sorpresa,
sorpresa perche sembra così introverso e
perché sembra così introverso e fragile e invece
fragile in verità e il più maschio il più virile
è il più maschio, il più virile degli attori con cui
degli attori con i quali io ho lavorato io poi mi ho lavorato. Io mi espongo sempre, per cui
espongo sempre quindi anche in questo caso anche in questo caso non mi preoccupa tanto se
non e che mi interessa più di tanto sapere se c’è qualche collega che si offende. Se non dicessi
poi qualcuno s’offende o meno però voglio
ciò che sento limiterei anche il complimento a
dire non dire come quello che si sente e
Dionisi, e non mi sembrerebbe giusto.
limitare anche il complimento quindi non me
sembra giusto.
Lei è senz’altro un sex symbol. Si riconosce in questo ruolo?
Ma n’e vero n ciò n fidanzato significa che non Ma non è vero che lo sono. Non ho neanche un
e vero ho pure mi ho pure perso un marito per fidanzato, vuol dire che non è vero. Ho anche
strada e.
perso un marito per strada!
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm (56 di 57) [03/01/2007 11.41.22]
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm
29. Riassumi il contenuto dell’intervista a Sabrina Ferilli, di circa 500 parole, producendo
un testo di circa 200 parole.
Intervieni sulle domande e sulle risposte: puoi volgere ad esempio le interrogative dirette
delle domande in interrogative indirette o in frasi dichiarative, e tradurre le frasi in
discorso diretto delle risposte in discorso indiretto (eventualmente narrativizzato).
30. Riduci ulteriormente il testo del riassunto a circa 100 parole.
Puoi integrare parte delle domande nelle risposte, riassumere il senso di alcune frasi
lasciando in discorso diretto le dichiarazioni che ritieni più interessanti.
file:///C|/Documents%20and%20Settings/Salvatori/Desktop/Materiali%20ITM.htm (57 di 57) [03/01/2007 11.41.22]