Mali:la balla del terrorismo

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Mali:la balla del terrorismo
Mali:la balla del terrorismo - Massimo Fini
In Libia, nel 2011 , i francesi, gli inglesi e gli americani intervennero a sostegno dei ribelli contro
Gheddafi con il quale, peraltro, avevano fornicato fino a pochi mesi prima. Non furono i ribelli a
rivendicarsi in libertà, gliela regalò la superpotenza dell'Occidente con i suoi caccia, i
bombardieri, gli aerei-robot (droni) la sua tecnologia. In Mali sta avvenendo il contrario. I
francesi, con l'appoggio logistico degli inglesi e degli americani, intervengono a favore del
governo di Bamako contro i ribelli islamici che, con l'appoggio della maggioranza della
popolazione (l'80 % é di religione musulmana) da qualche anno hanno preso il potere del Mali
del Nord fondando uno Stato indipendente che dal maggio 2012 ha una sua capitale, Gao.
Adesso, con l'aiuto degli alleati Tuareg, puntano su Bamako per unificare il Paese sotto la legge
della Sharia.
Il presidente francese, il socialista Hollande, ha giustificato l'intervento militare « come lotta al
terrorismo che non interessa solo la Francia ma l'intera Europa » e Bernard-Henry Levy ha
scritto che l'intervento « conferma, sul piano dei principi, il dovere di protezione già stabilito
dall'intervento in Libia;una volta crea un precedente, due volte fa giurisprudenza...per chi pensa
che la democrazia non abbia più frontiere è un passo avanti...riafferma l'antica teoria della
guerra giusta di Grozio e di San Tommaso...ripete infine il ruolo eminente della Francia in prima
linea nella lotta per la democrazia » (« la France! ». Forse Levy dovrebbe leggersi 'Viaggio al
termine della notte' dove Céline sbugiarda ferocemente questo patriottismo da retrovia delle
élites politiche e intelletuali francesi). Contro questo delirio guerrafondaio ha osato levarsi la
voce solo di Dominique de Villepin, l'ex ministro degli Esteri, noto per il celebre discorso all'Onu
contro Colin Powell e la guerra all'Iraq, il quale ha denunciato « una missione dagli obiettivi
poco chiari e il 'déjà vù degli argomenti contro il terrorismo ».
E infatti il terrorismo, almeno per il momento, nella questione del Mali non c'entra nulla. Come si
fa a definire 'terroristi' milioni di islamici, sia pur integralisti, e un'intera etnia come i Tuareg ? E'
una guerra civile. Che diritto abbiamo noi occidentali di ingerirci, con la forza, con la violenza,
con i bombardamenti nelle vicende interne di un Paese che ci è lontano geograficamente e
lontanissimo culturalmente? Nessuno, con buona pace di Grozio, di San Tommaso, di Hollande
e di Bernard-Henry Levy. Ma è certo che se l'Occidente, forte della sua incommensurabile
superiorità militare e tecnologica di fronte a gente che dispone solo di mitragliatrici e granate,
persevererà nella sua totalizzante e proterva pretesa di omologare a sè l'intero esistente,
imponendo i suoi valori, o disvalori, le sue istituzioni, la sua falsa democrazia e, naturalmente, i
suoi interessi, il fantasma del terrorismo, agitato strumentalmente, potrà diventare terribilmente
concreto. Nella 'guerra asimmetrica' questa gente, stanca di subire, non ha altri strumenti.
L'attacco alla centrale di Amenas, in Algeria, ne è un tragico preannuncio. Ma, in fondo, siamo
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ancora lontani dai nostri confini.
Più gravide di conseguenze sono le parole di alcuni combattenti del Mali : « Voi ci avete
attaccato, senza ragione, sul nostro territorio, e allora noi abbiamo il diritto di attacarvi sul
vostro, in Francia, in Europa, ovunque ». Possiamo dar loro completamente torto ? O solo le
nostre sono 'guerre giuste' ?
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2012
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