cliccA QUi - Il Libraio

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cliccA QUi - Il Libraio
«Una voce piena di passione e di energia,
capace di indagare a fondo i tradimenti e le paure
della vita quotidiana.»
The Daily Mail
UN ESTRATTO IN ANTEPRIMA
DA QUANDO
SEI SCOMPARSA
Romanzo di
PAULA DALY
Traduzione di
ANNAMARIA BIAVASCO
e VALENTINA GUANI
ESTRATTO SCELTO PER VOI
DALLA REDAZIONE
www.longanesi.it
facebook.com/libriLonganesi
@LibriLonganesi
www.illibraio.it
PROPRIETÀ
LETTERARIA
RISERVATA
Longanesi & C. © 2014 – Milano
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
ISBN 978-88-304-4119-4
Titolo originale
Just What Kind of Mother Are You?
In copertina: foto © Mohamad Itani / Arcangel Images
Art Director: Stefano Rossetti
Graphic Designer: Barbara Berardi / PEPE nymi
Copyright © 2013 Paula Daly
First published in Great Britain
in 2013 by Bantam Press
an imprint of Transworld Publishers
Prima edizione digitale 2014
Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
CHE COSA FAI SE LA FIGLIA DELLA TUA
MIGLIORE AMICA È SCOMPARSA...
ED È SOLO COLPA TUA?
Lisa è una donna come tante, che come tante cerca di
essere una buona madre, una buona moglie, una buona
lavoratrice. Come tante, annaspa per tenere insieme tutti i
pezzi della sua vita. Non come Kate, la sua migliore amica,
che non avendo impegni di lavoro può dedicarsi anima e
corpo alla cura dei suoi figli, trovando persino il tempo di
occuparsi dei problemi altrui. Una donna perfetta. Lisa sa
di non essere perfetta, ma fa del suo meglio.
Finché, in un giorno particolarmente difficile di una
settimana estremamente dura, accade qualcosa di terribile.
Basta un attimo di distrazione, un tragico errore, e la figlia
tredicenne di Kate, che le era stata affidata per un giorno,
sparisce nel nulla. La prima, sconvolgente ipotesi è che sia
stata adescata da un maniaco sospettato di aver rapito e
violentato un’altra adolescente nella stessa zona.
Comincia così per Lisa un lungo calvario, fatto di accuse
spietate da parte della pubblica opinione e di inevitabili sensi
di colpa, che la spinge però a intraprendere un’indagine
privata. Un’indagine che rivelerà l’orrore nascosto sotto
l’apparente tranquillità della vita quotidiana...
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Sono qui, con la testa fra le mani, non so più da quanto.
Dieci minuti? Mezz’ora? Ho perso la nozione del tempo,
quando sento bussare al finestrino.
« Tutto bene? » mi chiede la mamma di Jessica. Non so
come si chiami e lei probabilmente non sa come mi chiamo io, ma è una mamma che si ferma sempre, se ti vede in
difficoltà.
Faccio di sì con la testa.
« Sicura? » insiste. Ha un’espressione preoccupata. Devo
essere in uno stato pietoso.
Annuisco di nuovo, questa volta con più decisione, perché non sono in grado di parlarne con nessuno. Non ora,
non subito. La mamma di Jessica se ne va, ma non senza
avermi dato un’ultima occhiata per assicurarsi che io stia
bene davvero. Perché è questo che fanno le mamme: controllano e ricontrollano, si accertano che sia tutto a posto.
E io non l’ho fatto.
Ero così presa da... da che cosa, esattamente? Che cosa
stavo facendo? Me lo chiedo ma, ripensando alla giornata di
ieri, non mi viene in mente nulla. Nulla di nulla.
Mi guardo intorno. La macchina di Kate non c’è. Naturale. Oggi non verrà a scuola. Non accompagnerà Fergus,
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non parlerà con la segretaria della colletta che ha organizzato per il regalo alla maestra di sostegno, che a Natale se ne
va. Non si occuperà degli oggetti smarriti, restituendo felpe
con il logo della scuola ai legittimi proprietari. Non dirà a
Fergus: « Su, sbrigati! Dai gli stivali alla mamma, tesoro! »
Poso le mani sul volante. Devo andarmene, non posso
restare in eterno davanti al cancello della scuola. La gente
sta cominciando a guardarmi con aria incuriosita.
Per il momento nessuno sa niente.
Nessuno sa che cos’ho combinato.
Mi viene da piangere. Ho bisogno di Joe. Ho bisogno
di lui come si ha bisogno della mamma quando si è piccoli
e disperati. Quando ci si sente crollare il mondo addosso.
Ho bisogno di lui e nello stesso tempo ho paura di sentire
la sua voce.
Dopo un po’ lo chiamo al cellulare. Risponde all’ottavo
squillo, tossisce e poi grida: « Sono in piedi! Sono in piedi!
Sto andando da Booths, tranquilla, non mi sono dimenticato ».
« Joe? »
Capisce subito che non l’ho chiamato per ricordargli gli
ingredienti della pizza. « Che cosa c’è, amore? Che cos’è
successo? »
« Lucinda » dico, controllando a stento la voce. « La figlia di Kate, Lucinda. È scomparsa. »
« Cristo, Lisa. Quando? Dov’era? Hai parlato con Kate?
Hanno avvertito la polizia? »
« Joe, non è solo questo » dico, con la voce rotta. « È
ancora peggio. È colpa mia. È sparita per colpa mia. »
« Come può essere sparita per colpa tua? » ribatte. « È
assurdo. »
Joe è fatto così: prende le mie difese prima ancora di
avere il quadro completo della situazione. Non gli importa
sapere che cos’ho fatto, se è colpa mia o no. Quando qualcuno se la prende con me, Joe mi difende a prescindere. Ma
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oggi è inutile.
« Lucinda doveva restare a dormire da noi ieri sera » dico.
« Doveva venire a casa con Sally, dopo la scuola, per fare i
compiti insieme. Non so che cosa, una ricerca di geografia,
forse, non mi ricordo. Ma Sally non... » Non riesco a dirlo.
« Sally non... »
« Sally ieri non è andata a scuola » finisce Joe per me.
« No » ribadisco sottovoce. « Non c’è andata. Ha detto
che non si sentiva bene e io non avevo tempo di stare a
discutere, così l’ho tenuta a casa. Stamattina ha preso il minibus e, quando ha visto che Lucinda non c’era, si è preoccupata per la ricerca e l’ha chiamata al cellulare. E siccome
Lucinda non rispondeva, ha chiamato Kate... »
« E Kate le ha detto: ‘Non è con te?’ »
« Esatto. »
La gravità della situazione in cui ci troviamo mi colpisce
in tutto il suo orrore per la seconda volta, a mano a mano
che anche Joe se ne rende conto. Mi sembra di vederlo, non
in piedi, come sosteneva di essere, ma seduto sul bordo del
letto in mutande, con la testa bassa.
« Quindi da quanto tempo non si hanno sue notizie
esattamente? » chiede. « Da ieri pomeriggio? »
Non rispondo.
« Merda » impreca. « Da ieri mattina? »
« Di preciso non si sa ancora, ma non ha dormito a casa,
Joe » dico. « Ha tredici anni e non si sa dove abbia passato
la notte. Tredici anni! Tredici! » Non riesco più a trattenere
i singhiozzi. « Che cosa le sarà successo? Oddio, Joe, è come
se fosse capitato a noi, ma è ancora peggio. Perché non è
nostra figlia che ho perso, non è nostra figlia, è... la figlia
di Kate. »
Joe sospira e poi mi chiede, il più gentilmente possibile:
« Lisa, perché non li hai avvertiti che Sally stava poco bene? »
« Ho detto a Sally di mandare un SMS a Lucinda per
avvertirla che non stava bene e non andava a scuola. Invece
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avrei dovuto farlo io, avrei dovuto telefonare a Kate... »
« Kate » ripete Joe con enfasi. « S anto cielo, proprio
Kate. »
Immagino la faccia che deve avere.
« Joe » comincio, cauta, « stai dicendo che sarebbe più
facile, se si trattasse di qualcun altro, anziché della figlia di
Kate? È questo che stai dicendo? »
« No » risponde con fermezza. Ma poi ammette: « Sai
come la penso, però, no? »
Lo so, ma cerco di non pensarci. Chiudo gli occhi. È
come se mi avessero sparato nello stomaco. Sono paralizzata.
« Aiutami, Joe » imploro fra le lacrime. « Ti prego, aiutami. Non so che cosa fare. »
« Certo, amore » mi zittisce, affettuoso. « Certo che ti
aiuto. Dove sei? Vengo a prenderti. È meglio che non guidi.
Arrivo fra pochissimo. »
*
Anche Kate e Guy Riverty abitano a Troutbeck, come noi,
ma la loro casa è dall’altra parte della valle. Lascio la mia
macchina davanti alla scuola di Sam e salgo sulla monovolume di Joe.
Mentre Sally mi dava la terribile notizia, Sam è sceso
dalla macchina ed è corso a scuola. Credo di non averlo
nemmeno salutato. Sally era agitatissima. Non so che cosa
fare, se portarla a casa o lasciarla a scuola. Ha detto che la
polizia stava raccogliendo le dichiarazioni dei compagni di
classe e forse non le avrebbero nemmeno dato il permesso
di tornare a casa finché non fosse stata interrogata anche lei.
Ho la mente svuotata e le membra pesanti come se fossero di piombo. Guardo Joe. « Non so che cosa dire a Kate
e Guy. Che cosa gli posso dire? »
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« Che ti dispiace, che sei mortificata. È l’unica cosa che
puoi dire. »
Joe ha ragione, naturalmente. Ma io sono terrorizzata.
« E se mi grida di tutto? Se mi sbatte la porta in faccia? »
« Dovrai fartene una ragione. Non hai scelta. » Mi guarda, sconfortato. « Non le permetterò di farti del male, se è
questo che ti preoccupa. Ti starò vicino. »
Mi volto dall’altra parte, disgustata di me stessa. « Mi
vergogno ad aver paura di parlare con Kate, che è in questa
situazione. Mi faccio schifo da sola. Dovrei cercare di aiutarla. »
Joe allunga il braccio e mi accarezza le dita, che ho intrecciato spasmodicamente. « Non è colpa tua, Lisa. » Non
rispondo. Siamo quasi arrivati a casa Riverty e so che, se
dico quello che ora mi passa per la testa, se mi metto a
gridare: « Sì che è colpa mia, invece! Lo sai anche tu che è
colpa mia! » lasciando spazio all’isteria che ho dentro, mi
mancherà il coraggio di scendere dalla macchina.
Chiudo gli occhi, cerco di respirare lentamente e dico: «
Grazie di essermi venuto a prendere, Joe ».
Lui mi guarda con gli occhi tristi e mi sussurra: « Finché
morte non ci separi ».
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L’ENTUSIASMO
DI SCRITTORI BESTSELLER E STAMPA
«L’ho letto d’un fiato. Esattamente il genere di romanzo che adoro.
Una suspense psicologica che ti consuma. Molti colpi di scena.
Un realismo che incanta nella descrizione dell’affannosa vita
contemporanea che le donne in special modo si trovano ad affrontare.
Cercando comunque di essere perfette sempre. Sono soddisfatta
soprattutto dal twist finale, che non si intuisce fino all’ultima pagina.»
Julia Crouch, autrice di Finché vita non ci separi
«Rivelatore: la Daly arriva dritto al cuore e mette in scena gli incubi
peggiori di ogni genitore, con un ottimo risultato. Ti sembra di
riconoscere la famiglia descritta. Potresti essere una di quelle donne.
Si vola tra le pagine di questo romanzo, che ti tengono avvinta al
dolore, alla speranza, alla suspense.» - Lisa Gardner
«Uno dei libri più ipnotici che abbia letto. Impossibile smettere di
leggere.» - Tess Gerritsen
«Un thriller psicologico inquietantemente e potenzialmente reale
Attente, madri lavoratrici, a non pretendere troppo da voi stesse.»
Sunday Mirror
«Scritto con una voce singolare e distinguibile, una fiera passione
evidente dale pagine, che svela anche una profonda comprensione per
i drammi che si celano dietro la normale apparenza delle famiglie e
delle donne contemporanee.» - Daily Mail
«Uno dei libri più importanti della stagione.» - Publishers Weekly
«Daly ci ricorda che le donne di oggi non possono più avere il
controllo assoluto di tutti gli aspetti della loro vita. Neanche più nella
fiction, dove invece spopolano zombie, vampiri e lettere d’amore
scritte ancora a mano.» - Oprah Winfrey, i 5 libri che ti sorprenderanno
«Gli amanti dei thriller diventeranno dipendenti da questo libro»
Library Journal
I DIRITTI DI TRADUZIONE SONO STATI
VENDUTI IN 12 PAESI