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Il Quel che resta di Keynes Il capitalismo in cerca di un'anima ------ Un volume per capire quali insegnamenti possiamo ancora trarre dal pensiero dello studioso inglese Giorgio I.a Malfa rilegge la lezione del grande economista Il di ANTONIO PATUEW ORMAI tornato ad alti studi soprattutto di storia economica e bancaria, dopo aver pubblicato la biografia di Enrico Cuccia, ora Giorgio La Malfa approfondisce il pensiero di Keynes ("John Maynard Keynes", Feltrinelli Editore) in un volume nel quale ne ricostruisce la biografia, le elaborazioni, i dialoghi innanzitutto con Hayek e soprattutto verifica, anche in modo critico, quali insegnamenti Keynes possa ancora fornire. L'AUTORE innanzitutto rileva che, dopo la crisi del 1929, la forza del messaggio di Keynes fu quella di offrire una spiegazione convincente delle cause della crisi, accompagnata dal rifiuto morale di rassegnarsi davanti ai problemi: Keynes, infatti, scrisse nel 1933 che «se la nostra povertà attuale dipendesse da una carestia o da un terremoto, se mancassimo DEPRESSIONE Dopo la crisi del 1929, in coda negli Stati Uniti per ricevere aiuti sotto un cartellone che propaganda l'American Way of Lite. Sotto: Keynes nel 1933, Giorgio La Malta e la copertina del suo libro . ~ Protago"j~a ~ del '900. "' -" . -, . ~ John Maynard Keynes, (Cambridge 1883 -Tilton 1946), è uno dei più grandi economisti del XX secolo. Rappresentò il ministero del Tesoro britannico alla Conferenza di Pace di Versailles, dopo la Grande Guerra, dove si batté invano per limitare le sanzioni alla Germania convinto - come spiegò nel suo "Le conseguenze economiche della pace" - che avrebbero portato il Paese alla catastrofe. Le sue due opere fondamentali, il "Trattato sulla Moneta" (1930) e la "Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta" (1936) ispirarono la risposta del New Deal d.i Roosevelt alla Crisi del 1929, con l'intervento pubblico dello Stato per rilanciare l'economia e sostenere l'occupazione. LA NUOVA SFIDA Conciliare l'intervento pubblico rispettando le libertà individuali ed economiche IMPULSO ETICO Dopo la crisi del 1929 il rifiuto morale di rassegnarsi: «Sono le nostre menti che non vanno» di beni materiali e delle risorse per produrli, non potremmo ritrovare la via della prosperità se non attraverso il duro lavoro, rastinenza e l'inventività. È ovvio, invece, che i nostri problemi - proseguiva Keynes - hanno un'altra origine. Essi vengono da un cattivo funzionamento delle nostre menti. .. ». E aggiungeva che solo uno sforzo di pensiero sarebbe risultato efficace. crisi. Il capitalismo contemporaneo è, infatti, profondamente diverso dai modelli originari e teorici, perché in Occidente le libertà economiche e i mercati sono garantiti da normative e da organismi di vigilanza che controllano e limitano gli eccessi, soprattutto monopolistici, favorendo la migliore competizione. La fonemente cresciuta globalizzazione e le integrazioni dei mercati internazionali hanno ridotto le possibilità per i vecchi Stati nazionali di realizzare politiche economiche autonome e hanno mandato in soffitta ogni spinta autarchica. GIORGIO LA MALFA sottolinea che Keynes fu sempre legato ad ideali e anche a impegni civili di libenà, in nome dei quali sviluppò le sue originali teorie che ricercavano un equilibrio di principi nella complessità e nelle difficoltà di conciliare le diverse esigenze che si pongono nella società temporanea. Keynes scrisse, infatti, che «il problema politico dell'umanità è quello di combinare tre cose: l'efficienza economica, la giustizia sociale e la libertà individuale». Insomma, occorre concatenare le libertà civili, eco- nomiche e sociali in una catena di cui ogni anello è essenziale. RISPETIO agli anni in cui scriveva Keynes, ora vi sono diverse nuove complessità, ma è superato il vecchio conflitto fra capitalismo e marxismo: di ciò La Malfa fornisce anche una dimostrazione emblematica rilevando che nel Duemila la popolazione dei dodi- - ci Stati dell'Europa Centro Orientale, già "satelliti" dell'Unione Sovietica, e che stavano per entrare nell'Unione Europea, era di circa 106 milioni di persone, con un reddito nazionale complessivo di 408 miliardi di euro, una cifra addirittura inferiore al reddito nazionale di allora della sola Olanda, la cui popolazione ammonta- va a soli 16 milioni di abitanti. Il reddito pro-capite di un cittadino olandese era, quindi, sette volte quello di uno dei Paesi ex "satelliti" di Mosca. IL CAPITALISMO ha vinto la sfida del Novecento, ma l'interrogativo oggi è quale capitalismo sia valido per rafforzare l'uscita dalla INSOMMA, l'intervento pubblico nel nuovo millennio, alla luce delle esperienze novecentesche, deve svilupparsi rispettando le libenà individuali e non distruggendo gli incentivi che vivificano il capitalismo. Al tempo stesso, occorre recuperare in pieno innanzitutto quell'impulso etico che fu la principale spinta di Keynes nelle sue ricerche economiche.