Pensieri di un prigioniero di guerra Sono ormai sette anni che non

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Pensieri di un prigioniero di guerra Sono ormai sette anni che non
Pensieri di un prigioniero di guerra
Sono ormai sette anni che non vedo mia moglie e mia figlia e, sapere che tra qualche
ora potrò riabbracciarle, mi riempie il cuore di gioia.
Chissà come sarà? Chissà se Laura le ha mai parlato di me!
Mi mancano così tanto. Anche se mai ho conosciuto mia figlia per colpa della guerra,
mi manca così tanto.
Sono partito prima che lei nascesse, non so neanche il suo nome. Non so se lei e
Laura stanno bene, magari la guerra ha avuto la meglio su di loro.
Sono partito ben sette anni fa per Napoli. Da lì ho preso una barca per l’Egitto e non
sono più tornato nella mia amata Cerignola. Qualche giorno prima che la guerra
finisse sono stato fatto prigioniero, da non so neanche chi. Qualche giorno fa,
finalmente, un gruppo di soldati americani ci ha liberato da quegli uomini senza
alcuno scrupolo che per anni ci hanno trattato come veri e propri schiavi. Molti dei
miei compagni di sventura in questi anni non ce l’hanno fatta, ma io ho sempre
continuato a lottare, dovevo assolutamente rivedere mia moglie e mia figlia.
Nonostante tutto ciò, una cosa mai ho perso: la Fede. Porto sempre con me una
medaglietta della Patrona della mia città, la Madonna di Ripalta, che mi regalò Laura
come pegno d’amore prima che io partissi. Mai posso dimenticare le sue parole:
“Onofrio tieni, questa portala sempre con te. La Madonna sarà sempre con te, ti
guiderà e ti proteggerà”. Infatti così è stato. Penso sia stata proprio la Madonna di
Ripalta a vegliare su di me in tutti questi anni.
Ho visto gente morire in trincea, altri esplodere, altri ancora uccidersi per la
disperazione, io invece no, mai ho perso la speranza di poter un giorno ritornare a
casa mia, rivedere mia figlia, mia moglie e avere con lei altri bambini. Adesso questo
mio sogno sta per realizzarsi, solo qualche altro minuto e potrò riabbracciare la mia
famiglia.
Riesco a riconoscere il vialetto della nostra piccola casa in campagna. Non sarà
all’altezza di una regina come lei, ma di certo è l’unica che potevamo permetterci, e
poi è vicina ai campi in cui lavoravo prima che cominciasse la guerra e ha un piccolo
orticello in cui possiamo piantare dei pomodori, delle melanzane, insomma qualcosa
da mangiare.
Non è cambiato niente, i soliti ragazzini che giocano a palla, le donne che lavano i
panni sotto la fontana. Sembra quasi che il tempo per questo posto si sia fermato a
quel maledetto giorno in cui sono partito.
Vedo in lontananza Domenico, il fratello di Laura. Mi guarda con un’espressione
quasi incredula. Mi guarda per qualche secondo, poi urla il mio nome, mi corre
incontro e mi abbraccia.
Le urla di Domenico attirano l’attenzione di Laura, la mia Lauretta, che subito corre
verso di me.
È sempre così bella, ogni volta mi perdo nei suoi occhi verdi.
Per la prima volta vedo mia figlia, è uguale a sua madre. L’ha chiamata Ripalta, come
la Madonna che ha vegliato su di me in tutti questi anni e che mi ha permesso di poter
riabbracciare oggi la mia famiglia.
Mai sono stato così felice in tutta la vita mia!