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199-200_art_mali:Layout 2 2-04-2012 10:11 MALI Pagina 199 Colpo di stato d imenticare Touré Una minaccia di destabilizzazione per la regione saheliana U Bamako, 25 marzo. n’atmosfera sospesa da drôle de guerre avvolge Bamako a tre giorni dal golpe militare che ha portato al rovesciamento del presidente Amadou Toumani Touré, a poco più di un mese dalle elezioni previste per il prossimo 29 aprile. Dopo una notte di tensione, percorsa da voci insistenti di un contrattacco dei lealisti che non ha poi avuto luogo, la capitale del Mali ha provato a risvegliarsi dal torpore spaventato in cui era precipitata dal pomeriggio del 21 marzo. Le bancarelle cariche di manghi dorati sono rispuntate agli angoli delle strade e i cittadini di Bamako hanno con cautela ripreso le proprie attività, riversandosi nelle arterie principali, insolitamente poco trafficate, della metropoli africana e sciamando sui ponti che, scavalcando agilmente le acque scure del Niger, collegano le due parti della città. Ma la parvenza di prosaica normalità non ha tardato a essere scalfita da raffiche di colpi d’arma da fuoco, quasi a voler ricordare che la situazione è ben lungi dalla normalizzazione. Un golpe da decifrare Il Mali sta vivendo quella che potrebbe definirsi una fase di transizione piuttosto fluida. Il potere della giunta militare, autobattezzatasi «Comité national pour le redressement de la démocratie et la restauration de l’État» («Comitato nazionale per il ristabilimento della democrazia e la restaurazione dello stato», CNRDR), non è ancora consolidato. Manca il sostegno di ben 38 partiti,1 tra cui il Party for National Renewal (PARENA), che in una dichiarazione congiunta hanno condannato la sospensione della democrazia e invocato il ritorno all’ordine costituzionale, una rapida organizzazione di elezioni libere e trasparenti e la liberazione dei prigionieri politici. Manca il sostegno della comunità internazionale, in primis dell’Unione Africana, che ha provveduto a sospendere il Mali, e dell’Economic Community Of West African States (ECOWAS), che ha escluso il paese dal summit previsto ad Abidjan il 27 marzo. Manca il sostegno di Francia, Stati Uniti, Unione Europea, Banca mondiale e Banca africana dello svi- luppo, che hanno interrotto o minacciato d’interrompere la cooperazione con il paese. Persino la Cina, di solito restia a intervenire e commentare affari riguardanti la giurisdizione interna di altre nazioni, ha condannato tout court il putsch. Manca il sostegno delle alte gerarchie militari, che non si sono schierate a favore di un golpe ideato e gestito da oscuri militari di rango medio-basso. Manca il sostegno di parte della popolazione,2 abituata a un ventennio di democrazia e stabilità politica e spaventata dalle razzie e requisizioni di cui alcuni militari si sono macchiati nelle Amadou Toumani Touré. IL REGNO - AT T UA L I T À 6/2012 199 199-200_art_mali:Layout 2 2-04-2012 10:11 prime confuse ore del golpe. E soprattutto, nonostante l’incarcerazione di molti ministri del precedente governo, manca ancora all’appello ATT (acronimo con cui è conosciuto in tutta l’Africa occidentale il presidente deposto). Le voci sulla sorte del presidente sono contrastanti: i membri della giunta si limitano a dire che l’ex capo di stato si trova «in sicurezza»; i lealisti dicono che è ben protetto dai «berretti rossi», come viene chiamato il corpo di paracadutisti maliani cui ATT apparteneva prima di gettarsi nell’agone politico. Le incertezze sull’esatta localizzazione di Amadou Toumani Touré, e soprattutto sulla consistenza di eventuali forze lealiste che potrebbero virtualmente tentare di scalzare la giunta golpista, contribuiscono ad alimentare la tensione. Tuttavia si sospetta che, discretamente, sia in atto una negoziazione tra le due parti. La ribellione tuareg Il «pronunciamiento» del 21 marzo, partito da una caserma di Kati a 15 km dalla capitale, vuole essere la risposta, nelle parole del luogotenente Konaré portavoce (ironicamente afono) della giunta, proprio all’«incapacità notoria» del governo di ATT di far fronte alla crisi che imperversa nel Nord del paese. Da metà gennaio infatti, nei vasti territori semidesertici del Nord del Mali, si è registrata una recrudescenza dell’insurrezione tuareg. Organizzati nel Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mouvement national pour la liberation de l’Azawad, MNLA) e in altri gruppi,3 i separatisti tuareg hanno guadagnato molte posizioni, conquistando la città di Tessalit, infliggendo umilianti sconfitte all’esercito maliano e provocando un’emorragia di sfollati e rifugiati che, secondo l’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), ha superato le 150.000 persone4 in fuga verso i paesi confinanti o altre regioni del Mali. La reviviscenza della ribellione tuareg sarebbe una delle tante cause indirette della cosiddetta primavera araba e in particolare della caduta di Gheddafi. La proliferazione e la rapida circolazione delle armi un tempo custodite negli arsenali del raìs avrebbe permesso ai tuareg di 200 IL REGNO - AT T UA L I T À 6/2012 Pagina 200 rafforzarsi e dar vita a una rivolta in grande stile, finalizzata alla secessione e all’indipendenza dell’Azawad.5 Questo nuovo elemento di destabilizzazione rende ancora più precaria una zona già infestata da Al-Qaeda au Maghreb islamique (Al-Qaeda nel Maghreb islamico, AQMI), cellula ben insediata nella regione e che prospera grazie al business del rapimento di cittadini occidentali, finanziandosi con i ricchi riscatti (cf. in questo numero a p. 200). Sebbene non esistano prove inconfutabili a riguardo, in molti, tra cui il ministro della Difesa del deposto governo e il giornalista di Radio France Internationale Daniel Leger, autore del libro AQMI, l’industria del rapimento,6 credono che negli ultimi tempi i legami tra il movimento separatista tuareg e la cellula terroristica si siano rinsaldati. Il MNLA nega però ufficialmente ogni connivenza con i fondamentalisti. Se il motivo scatenante del golpe è effettivamente da ricercare nell’esasperazione dell’esercito maliano di fronte a un atteggiamento troppo accomodante di ATT nei confronti dei tuareg e nell’insufficienza di mezzi messi a disposizione dell’esercito per sedare la ribellione in atto, certo è che la confusione ingenerata dal putsch ha sortito l’effetto contrario. I ribelli tuareg hanno infatti approfittato del caos per tentare di estendere il proprio controllo del territorio verso Sud, tra le inquietudini sempre più palpabili degli abitanti di Kidal, che si sentono per la prima volta seriamente minacciati dall’insurrezione. L’inf luenza di Al-Qaeda Tutti si aspettavano che il Comitato nazionale per il ristabilimento della democrazia e la restaurazione dello stato, viste le motivazioni addotte per giustificare il golpe, avrebbe tenuto una linea dura contro i ribelli tuareg. Invece il capo del CNRDR, Sanogo, ha dichiarato di essere aperto alla negoziazione. Ma il MNLA, pur non rifiutando il dialogo, preferisce attendere il consolidarsi del potere della giunta e una sua più ampia legittimazione internazionale prima di impegnarsi in un nuovo round di negoziati. Nel frattempo, approfittando della situazione, continua a guadagnare posizioni, incrementando la destabilizzazione del Nord del paese. Insomma: il golpe non sembra aver contribuito a districare i problemi in cui si dibatte il paese ma sembra piuttosto averli esacerbati, con una lapalissiana assenza di tempismo. Infatti in capo a un mese i maliani sarebbero stati chiamati alle urne per scegliere un nuovo presidente e ATT, come più volte dichiarato (e a differenza di molti leader africani della regione pervicacemente attaccati alla poltrona), era pronto a lasciare il potere favorendo l’alternanza. Ironico epilogo quello di Amadou Toumani Touré, putschista anche lui, che con un golpe aveva interrotto la sanguinosa dittatura di Moussa Traoré nel 1991. Insolitamente però, dopo aver guidato un governo di transizione democratica, aveva riconsegnato il potere ai civili e solo anni dopo, terminata la carriera nell’esercito, si era presentato alle elezioni riuscendo per ben due volte (nel 2002 e nel 2007) a farsi eleggere democraticamente! E ora il «militare democratico», l’uomo considerato in tutta l’Africa come un modello, è stato a sua volta deposto dall’esercito a solo un mese dalle elezioni cui aveva promesso di non ricandidarsi, in onore alla Costituzione del paese. Il colpo di stato rappresenta dunque un grave vulnus alla stabilità della regione saheliana, non risolvendo i nodi critici della ribellione tuareg e della minaccia terroristica di AQMI, e riportando il paese indietro di trent’anni sulla strada della democrazia. Francesca Datola 1 Il golpe è invece sostenuto dal movimento MP22 di cui fa parte il SADI (Solidarité africaine pour la démocratie et l’indépendance) di Oumar Mariko. 2 Rieletto nel 2007 con il 71% dei suffragi, Amadou Toumani Touré era stato recentemente criticato per una certa arrendevolezza nei confronti dei ribelli tuareg e per una cultura del consensus così spinta da aver praticamente assorbito l’opposizione in una sorta di Große Koalition alla maliana. 3 Tra di essi spicca l’Ansar Dine (Difensori dell’islam), che, a differenza dei laici dell’MNLA vorrebbe instaurare la sharia nelle zone sottoposte al suo controllo. 4 Cf. Il rapporto dell’UNHCR aggiornato all’8.3.2012 (Mali UNHCRupdate_1_8march2012. pdf). 5 Regione abitata dai nomadi tuareg e che comprende parte del Mali, dell’Algeria e del Niger. 6 S. DANIEL, AQMI, l’industrie de l’enlèvement, Fayard, Paris 2012.