«Così il Trentino della ricerca affonda» |

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«Così il Trentino della ricerca affonda» |
Data: 27/07/2014 | Testata: L'Adige | Pagina: 19
Il segretario generale del consorzio dell'innovazione critica la «politica miope»,
l'Università, Mach e Fbk «Così si sta dissipando un capitale costruito nel tempo» «I
finanziamenti caleranno e si taglierà sulla "carne viva" Ma chi decide si comporta
come chi, vedendo avvicinarsi la catastrofe, pensa di salvarsi chiudendosi in casa»
Un gioco al ribasso, un sistema della ricerca scientifica incapace di mantentersi «in quota», a quel livello internazionale
raggiunto negli anni, una classe politica che gioca in difesa e che mette in campo le persone sbagliate. Il giorno dopo il
rinnovo delle cariche nel consiglio direttivo del consorzio TrentoRise, di cui è segretario generale, uscente, Fernando
Guarino esterna. L'uomo della ricerca durante «l'Epoca Dellai» (Lorenzo Dellai, ex presidente della Provincia e oggi
parlamentare), fra gli «architetti» del sistema trentino dell'innovazione, non le manda a dire. Classe 1951, socialista, ex
vicesindaco di Trento e amministratore comunale negli anni, ex membro dei cda dell'ateneo trentino e dell'Ite
(Istituto trentino di cultura, poi divenuto Fondazione Kessler), oggi si toglie più di un sassolino dalle scarpe. Un camion
di ghiaia. Guarino, cosa ne pensa del nuovo consiglio direttivo del consorzio per l'innovazione TrentoRise, che è anche
una sua creatura? «Sono preoccupato. Università e Fbk sono i partner principali. Qualche mese fa hanno liquidato il
consiglio scientifico dove sedevano membri internazionali. In TrentoRise sono stati, di fatto, silurati i professori Martin
Golumbic e Klaus Tochermann. Mandati via per essere sostituiti con componenti locali». Una scelta sbagliata. «Sì. Qui
dobbiamo capire che non stiamo parlando di una sezione del "dopolavoro ferroviario" ma della sezione italiana
dell'istituto europeo di tecnologia». Lei ovviamente non condivide la linea, ma come spiega il cambio di rotta? «I
decisori si sono fatti prendere dall'ansia. Non sanno cosa accadrà nel prossimo futuro. Sanno che non sarà un futuro
roseo. Sanno che i finanziamenti caleranno e che si taglierà ferocemente sulla "carne viva". Ma stanno avendo la
reazione tipica e miope di chi, vedendo avvicinarsi la catastrofe, pensa che l'unico modo per salvarsi sia quello di
chiudersi in casa propria». Troppo chiusi in tutti i settori? «Mi sono studiato il piano strategico dell'Università. Noto
che i finanziamenti in più forniti dalla Provincia sono stati allocati in disgraziate selezioni di progetti interni». Quando
invece si sarebbero dovuti destinare a... «Alle chiamate di professori e ricercatori di chiara fama, come si fa in tutte le
aree di eccellenza di questo mondo». Ci parli di casi concreti. «Raccolgo grande preoccupazioni da parte dei ricercatori
Ere (European Research Council). A Ingegneria ci sono Ere che non sono neanche supportati della dotazione minima di
laboratorio. C'è grande preoccupazione al Cimec (Centro Mente Cervello): i sette vincitori Ere hanno avuto la
sensazione di essere stati dimenticati dall'ateneo». Secondo lei cosa sta accadendo? «In questo avvio di legislatura la
regia è passata nelle mani dell'Università». Ma c'è stata la provincializzazione (una riforma voluta da Dellai e dal
presidente dell'ateneo Cipolletta). «Sì. E chi la criticava oggi invece usa la Provincia come un bancomat. Assistiamo
al venir meno di una visione strategica che può azzerare il vantaggio competitivo che il Trentino si è guadagnato». Si
riferisce alle scelte fatte per TrentoRise e al futuro della Fondazione Kessler? «Oggi vedo
che si torna ad una dimensione provinciale con la p minuscola, dove ciò che sembra
interessare ai due soci di TrentoRise (ateneo e Fbk) non è usare il consorzio per andare
sul mercato internazionale. Penso alle fondazioni, all'ateneo e alla Fondazione Mach
(Istituto agrario di San Michele). Di fronte al successo straordinario della Mach (il primo
posto della classifica Anvur che ha messo in fila tutte le uni italiane dietro San Michele,
le due copertine di Nature), l'assessore Michele Dallapiccola vuole accompagnare alla
porta il presidente Francesco Salamini, dicendo che abbiamo a disposizione l'ottimo
direttore del consorzio antigrandine (il riferimento è ad Andrea Berti, a capo del Codipra,
indicato come possibile presidente entrante o come co-timoniere con una formula ancora
da definire, ndr)». Non è che lei oggi critica perché rischia di essere messo al margine,
visto che è cambiato, almeno in parte, il governo provinciale? «Guardi, le mie osservazioni
vengono da un'analisi fredda. Ho illustrato i sintomi della malattia». Ma se il sistema è
malato, come lei dice, forse non lo è da oggi. Forse i sintomi c'erano anche durante il
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precedente governo provinciale. E il bubbone scoppia ora? «Mi sembra che siano sotto gli occhi di tutti i risultati di una
stagione che ha visto un forte investimento nel futuro. Dellai ha riassunto in modo coerente la politica della ricerca.
Con la sua sua lungimiranza si spiega perché in un territorio montano, abitato da 500 mila persone, si è riusciti a
costruire un università e un sistema della ricerca che si è affermato nel mondo». Altri tempi. «Certamente ci sono state
"congiunzioni astrali" favorevoli, una disponibilità finanziaria senza precedenti e una continuità di governo che hanno
concorso a definire questo quadro. Non si chiede a chi governa oggi di avere le stesse condizioni e di avere la stessa
visione, ma almeno di non dissipare quanto è stato costruito».
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ANDREA TOMASI
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