Ferme, fermate

Transcript

Ferme, fermate
2° CLASSIFICATO
CONCORSO DI SCRITTURA CREATIVA
Liceo T. Tasso
2014
Ferme, fermate
di Beatrice Colotti I A
Si baciavano. Erano giovani. I baci nascono in modo così naturale sulle labbra di una ragazza di
vent’anni! Non è un amore, è un gioco; non si insegue la felicità, ma un attimo di piacere. Il cuore
non desidera ancora niente: è stato colmato d’amore durante l’infanzia, saziato di affetto. Che
taccia, adesso. Che dorma! Che lo si dimentichi!
Mi auguravo che quella ragazza, alla fermata dell’autobus, lo sapesse.
Io almeno ricordavo così i miei vent’anni, dai bordi appena sfumati nel tempo caliginoso, che
cancella le litigate da dieci minuti e i momenti imbarazzanti, facendo emergere dalla nebbia ciò che
sembrava essenziale: i momenti felici, i mille ragazzi a sussurrarmi complimenti, i momenti di vita
estrema, i momenti condivisi con i migliori amici del momento, il sentirsi eterni.
Ed ecco lì, in mezzo alla gente in attesa, quelle figure intrecciate, fantasmi tridimensionali. Lei è
disinvolta, incrocia il mio sguardo per un secondo, guarda lui, gli sorride.
“I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno”, diceva Prévert, o forse era qualcun altro. La
poesia ha smesso di essere interessante da troppo tempo, per me.
Chi sono io?
Donna. 42 anni di disincanto. 163 centimetri: il mio spazio nell’universo. 67 chilogrammi (66.8 se
vogliamo essere precisi e vogliamo fidarci della bilancia antidiluviana che tengo sotto il lavandino,
ma sempre decisamente troppi): la massa che mi tiene ancorata sul pianeta. 1: coniuge, individuo
scostante e taciturno che si aggirava per la sua stessa casa, ricercatore. 2: motivi per non far
esplodere quella finzione, più comunemente detti: figli, uno di 12 e una di 17. 1: relazione
extraconiugale con il mio “migliore amico”. 3: lavatrici da caricare appena tornata a casa dal mio
lavoro in banca. 0: baci naturali sulle mie labbra, recentemente. 0: attimi di piacere.
Totale: 308 (307.8, se vogliamo essere precisi). Un numero che non significa assolutamente niente,
anche per me che vivo nell’irrazionalità matematica ogni giorno.
Ma disgraziatamente anche poesia ha smesso di essere interessante per me, l’ho già detto.
1
Si baciano. Sono giovani. I baci nascono in modo così naturale sulle labbra di una ragazza di
vent’anni!
Ecco cosa, probabilmente, passa dietro gli occhi grigi di quella donna. Mi sono passati addosso, una
ventata di sentimenti indecifrabili che mi ha distolto per un secondo dal calore di lui, dalle sue
labbra. Solo un secondo, ma è bastato. Mi guarda confuso dalla mia pausa repentina. Sfodero il mio
miglior sorriso, ne approfitto per respirare, mi devo ancora abituare a questo, a lui, alle sue mani
che mi cingono la vita.
Getto ancora un’occhiata a quella donna: è ancora lì, con una busta della spesa in mano (si intravede
un pacco di biscotti dietetici), le gambe rivestite di nylon nero affondate in un paio di stivali
impregnati di fretta. E gli occhi. Fissi. Su. Di. Noi.
Occhi spenti, o stanchi, o entrambe le cose, ma senza alcuna ombra di dubbio ci squadrano.
Salve, signora. Potrebbe continuare per la sua strada?
Il suo sguardo sta rovinando un bel momento, sa.
E’ il mio primo bacio.
Oh, no, signora, le assicuro che ha capito bene.
Ho vent’anni e questo è il mio primo bacio.
Oh, sì, so che riderebbe, grazie, rida pure, mi fa piacere che ci sia ancora vita dietro quegli occhi
grigi da leporide.
“Sembri così disinvolta”, dice? Io?
Sarò abile a simulare e dissimulare, allora, perché ho paura, signora.
Ora che la guardo meglio sono quasi sicura di scorgere una goccia di invidia sapientemente
amalgamata in quell’occhiata di ammonimento.
Ma perché rimane ancora qui?
Avrà un autobus da prendere.
Lei è una bella donna, avrà un marito da baciare a casa.
Avrà una bella dose di autostima.
Una dieta da non riuscire a seguire.
Avrà dei figli.
2
«Sai perché si dice “Il gioco non vale la candela” ?»
Lui le chiede qualcosa, lei gli risponde; sussurrano, non riesco a capire. I loro sguardi sono
avvinghiati, inestricabili, come se non avessero mai visto niente di più incredibile nelle loro vite.
Lo sguardo di un bambino che vede la neve, di
“Guardali, che dolci, quanta immortalità!” direbbe qualcuno. Io no, ai suoi occhi sarei una vecchia
acida pessimista e guastafeste, dall’aria millenaria, dalle ferite seccate ma ancora visibili, che
guarda con astio i giovani che si baciano.
Si sorridono con malizia.
Malizia, che strana parola. E pensare che significa “mala azione”, “azione malvagia”: buffo, no?
Eppure non si accorgono di niente, del male che si faranno, prima o poi.
Non è un amore, è un gioco; non si insegue la felicità, ma un attimo di piacere!
Devo reprimere l’istinto di afferrarla per le spalle, scuoterla e urlarglielo in faccia.
Salvati finché puoi!
Se potessi, la schiaffeggerei.
La insulterei.
Soffrirai!
Le chiuderei gli occhi per impedirle di guardarlo così.
Non è amore!
Ma probabilmente non mi ascolterebbe lo stesso.
Mi direbbe che per lei le cose andranno diversamente, che non sarà una storia triste da raccontare a
nipoti annoiati, che l’oblio non la toccherà. Che non diventerà come me.
Sciocca, stolta ostinazione. Ma la mia o la sua?
La voce profonda di lui mi fa sussultare, mi fa percepire quanto fossi concentrata nel mio discorso
immaginario con quella donna, che cosa assurda, se lo sapesse mi prenderebbe per pazza; appena
riesco a trasformare le sue parole in un significato accettabile, ammetto:
«No, come mai?»
E’ un gioco che facciamo da quando ci siamo conosciuti: ci sfidiamo a sorprenderci a vicenda,
ricercando sapientemente curiosità, domande che generalmente nessuno sano di mente si pone, in
un’ambiziosa sfida egocentrica per dimostrare di essere interessanti.
3
«Nel Medioevo, quando si giocava d’azzardo nelle taverne, si doveva accendere almeno una
candela, per vedere. Se quindi qualcuno aveva una mano di carte perdenti, diceva che la partita non
era valsa neanche il costo della candela.»
Una gara di insicurezze, in fondo.
Ma solo conoscendo le insicurezze reciproche si può superare con un passo deciso quella sottile
linea invisibile che impedisce di fidarsi dell’altro, di essere innamorati.
Ops.
Mi capita di dirlo troppo spesso in questi giorni, va contro i miei principi. “Essere innamorati”.
“Fall in love” direbbe con saccenteria la professoressa d’inglese. “Cadere in amore”.
Ma se io soffrissi di vertigini?
Oh, salve signora, è ancora lì con quella busta in mano?
Sì, se avesse sentito quello che ho pensato storcerebbe il suo nasino all’insù.
“La solita adolescente stupida”. Oh, no, non la smentirò, non ho pretese di superiorità, di fare la
filosofa.
Mi dispiace che mi abbia incontrata ora, di solito sono una persona razionale, calcolatrice, in un
altro momento forse le sarei piaciuta di più.
Però, la prego, la smetta di violentarmi con quello sguardo di rimprovero.
.
Mi guardi di nuovo, ragazzina, più insistentemente. Quello è lo sguardo di chi conosce la paranoia,
di chi ha avuto sguardi di giudizio e ormai sa come spazzarli via
Il cuore non desidera ancora niente: è stato colmato d’amore durante l’infanzia, saziato di affetto
L’ho pensato quando vi ho visti, ma ora…
Io non ti conosco, tu non mi conosci, eppure stiamo qui a giudicarci a vicenda come ragazzini alle
medie, mentre basterebbero pochi passi per avvicinarmi quanto basta per chiederti:
“Scusa. Ti senti colma d’affetto? Sto cercando di capire come ci si sente in quel modo, per potermi
esercitare fino a mostrarne la parvenza, magari se mi impegnassi riuscirei quasi a provare di nuovo
quella sensazione di abbandono alla gioia”
Ma in fondo penso che non lo farò: forse capiresti, ma ti comporteresti come se fossi più pazza di
te, rideresti senza riflettere, come se non capissi che il tuo riflesso è più vicino di quanto tu e io
siamo disposte ad ammettere.
4
Un rombo mi distrae dalle mie disquisizioni mentali. L’autobus si ferma lentamente, apre le porte e continua
a tremare.
La gente scende a sciami, interrompe il contatto visivo con la ragazza.
Il numero fatto di led sulla facciata mi è familiare, è il mio autobus. Salgo.
I due ragazzi rimangono lì, e una piccola scheggia di disappunto mi trafigge, il non poter continuare il
discorso.
Poi
Inaspettatamente
La ragazza mi guarda
E mi sorride
So già che non farò parte dei ricordi essenziali della ragazza. Che già domani non sarò nessuno. Che ci
passeremo vicine senza riconoscerci, magari.
Ma, dopotutto, è ciò che le ho augurato.
Che lo si dimentichi!
L’autobus arriva rombando,
Oh, signora, finalmente se ne va.
Le sorrido
In un certo senso mi dispiacMi bacia di nuovo, e stavolta guardo solo lui, ho fatto scorta di ossigeno, mi fa tacere.
Che taccia, adesso.
Che dorma!
Che lo si dimentichi!
5