IL GIARDINO SEGRETO La vecchia signora sedeva, come tutti i

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IL GIARDINO SEGRETO La vecchia signora sedeva, come tutti i
IL GIARDINO SEGRETO
La vecchia signora sedeva, come tutti i giorni a quella stessa ora, sul seggiolino
singolo accanto al finestrino. Quello più vicino all’entrata. Ogni giorno prendeva
l’autobus al capolinea e, attraversando l’intera città, andava a casa di suo figlio, per
badare alla nipote che già la chiamava balbettando “nonna”.
La vecchia signora sedeva con le mani tranquillamente intrecciate in grembo,
scrutando dal vetro le vie che conosceva a memoria; nella faccia rugosa come guscio
di noce spiccavano due penetranti occhi azzurro ghiaccio, che l’avanzare dell’età non
era riuscito a rendere meno vispi e attenti.
Da otto mesi la vecchia signora percorreva l’intero tragitto dell’autobus, ma quel
giorno aveva qualcosa di speciale: era il primo giorno delle vacanze estive, e l’autobus
traboccava di ragazzini, diretti chissà dove sotto l’asfissiante calura del sole
splendente.
La vecchia signora sedeva e osservava, e notò con non poco stupore il gruppo di
bambini scendere ad una precisa fermata, con una misera pensilina schiacciata fra il
grigio edificio di una banca e un terreno incolto, recintato da una palizzata di legno
ormai a pezzi.
Il terreno doveva un tempo ospitare un cantiere edile che era stato poi abbandonato,
e null’altro era rimasto che vecchi mattoni crepati e assi di legno marcio.
Prima che l’autobus ripartisse, la vecchia signora dagli occhi vivaci vide i ragazzini
abbandonare gli zainetti per terra e correre a giocare sul prato dall’erba ingiallita.
Pur chiedendosi confusamente cosa trovassero di bello i bambini in quel luogo, la
vecchia signora continuò il suo viaggio, passò un bel pomeriggio con la nipote e tornò
a casa alla sera, troppo stanca per ricordarsi di quell’episodio piuttosto insignificante.
Il giorno successivo la vecchia signora salì come di consueto sull’autobus e fece per
sedere sul solito seggiolino accanto al finestrino, ma si fermò sorpresa: un bambino
già occupava il posto.
Il mio posto, pensò scioccamente la vecchia signora, prima di chiedersi cosa mai ci
facesse un ragazzino di sì e no otto anni sul bus, da solo, alle nove del mattino.
Scotendo la testa occupò in fretta un altro seggiolino sull’autobus che si andava
riempiendo.
La sua attenzione, quel giorno, non era rivolta all’esterno, ai palazzi che grigi
scorrevano ai lati della vettura, ma all’interno. Perché il bus era, ancor più del giorno
precedente, gremito di ragazzini. Bambine dagli allegri abiti traforati, bambini con
indosso colorati cappelli, zainetti dai quali faceva capolino di tanto in tanto la testa
pelosa di un peluche o la nera ruota di una macchinina giocattolo.
Ogni passeggero dell’autobus, adulto o anziano che fosse, scrutava quel curioso
gruppo di ragazzini che ridevano e schiamazzavano, probabilmente chiedendosi quale
scuola organizzasse gite scolastiche durante le vacanze.
La vecchia signora sorrideva, ripensando alla sua infanzia trascorsa nella vecchia
fattoria in campagna, in compagnia dei suoi fratelli e delle galline e dei conigli.
Persa nei suoi ricordi, si accorse che l’autobus si era improvvisamente svuotato solo
quando non udì più le risate e le voci dei bambini, e voltando svelta la testa li vide lì,
sul ciglio della strada, ad aspettare che l’autobus si allontanasse per correre a giocare
nel vecchio cantiere edile.
Ma cosa mai ci troveranno in quel prato dall’erba morta e pieno di calcinacci? Si
ritrovò a pensare.
Come il giorno precedente, dopo un lungo pomeriggio passato a badare alla nipote, la
vecchia signora si dimenticò dei suoi dubbi e delle sue curiosità, ma l’indomani, così
come il giorno dopo e il giorno dopo ancora, fu costretta a ripensarci. Perché ogni
giorno, verso le dieci del mattino, l’autobus si riempiva di bambini, a volte nuovi a
volte sconosciuti, e senza eccezione tutti correvano a giocare nel cantiere edile.
Un giorno, la vecchia signora era comodamente seduta sul solito seggiolino
dell’autobus quando ricevette una telefonata: suo figlio, la voce distorta proveniente
dal microfono del telefonino, le diceva che quel pomeriggio avrebbe portato la famiglia
al mare, e non occorreva più, quindi, che la vecchia signora badasse alla nipote.
Trovandosi già a una certa distanza da casa, la vecchia signora ebbe un’illuminazione:
era l’occasione adatta per visitare il cantiere edile, per scoprire finalmente in che
modo esercitasse una tale attrattiva sui ragazzini della città.
Così, spinta dalla curiosità e dalla voglia di conoscenza che mai nel passare degli anni
avevano abbandonato il suo l’animo, la vecchia signora si alzò su gambe un po’
traballanti e scese alla fermata designata.
Assieme a lei, oltre al numeroso gruppo di bambini, un signore dall’aria seria teneva
per mano il figlio e si guardava attorno perplesso, osservando le rovine e le assi di
legno e l’erba ingiallita e non capendo cosa vedessero i bambini nel cantiere in disuso.
Ma la vecchia signora, finalmente, capiva. Vedeva il verde del prato, il ruscello che
scorreva canticchiando sommessamente, e sentiva il dolce profumo dei fiori colorati e
il cinguettio dei pettirossi. Vedeva il paesaggio idilliaco con gli occhi della mente, e
ridendo sommessamente del signore distinto che ancora non capiva, corse verso il
fiumiciattolo per giocare con i bambini.