MDM 13-14_Materiale didattico 5 - SFP
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MATEMATICA E DIDATTICA DELLA MATEMATICA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA – III ANNO a.a. 2013-2014 Docente: Ana Millán Gasca Materiale didattico V TEMA 3 ASPETTI CRITICI DELL’INSEGNAMENTO DELLA MATEMATICA AI BAMBINI. 3.1. La matematica nell’istruzione pubblica e di fronte alla diffusione della alfabetizzazione: la crisi della tradizione europea nel Novecento. 3.2. Il versante pedagogico, dal pragmatismo americano alla matematica del cittadino. Pensare in matematica, paragrafo 13.1 Una matematica per tutti: scopo formativo e scopo utilitario (Citazione di Flexner a pp. 466-467). 3.3 La psicologia e la mente matematica infantile. La didattica come psicologia applicata: Psicologia dell’aritmetica di Edward Thorndike. Lo studio clinico delle manifestazioni spontanee del bambino. La didattica come terapia. I lavori di Piaget con Szeminka e Inhelder: 1) quando è pronto il bambino per la matematica? 2) quale è l’ “inizio” della matematica? Abasso Piaget!: la scuola di Edimburgo. Pensare in matematica, paragrafo 13.3 La mente matematica del bambino Donaldson, Margaret 2010, Come ragionano i bambini, Springer, Milano (l’originale inglese Children’s minds è del 1978), in particolare i cap. 2, 4 e 6. MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca 3.4 Il dibattito fra i matematici I matematici, il formalismo e la questione della geometria. Ha senso una geometria intuitiva? Abasso Euclide! L’influsso dei matematici del gruppo Bourbaki e la “insiemistica”. Le idee di Enriques e Amaldi, di Thom, di Polya. Pensare in matematica, paragrafo 10. 1 Il “rigore” in matematica, paragrafo 10.4 Le “strutture” in matematica e paragrafo 13.2 Abasso Euclide! La matematica moderna a scuola. 3.5 Alcuni punti di vista innovativi recenti Quale matematica? Come i bambini pensano in matematica. Un esempio: il numero 3 (parole, simboli, modelli concreti, rappresentazione geometrica, esperienze). L’intuizione del continuo alla base della geometria, alla base della misura e alla base della rappresentazione dei numeri sulla retta. Il lavoro di Karen Fuson sul contare e i concetti di numero nei bambini. Gellmann e Gallistel e l’analisi del contare. La prassi nella didattica della matematica e il pensiero matematico: George Polya e Miguel de Guzmán. Il far di conto e la geometria nella scuola primaria secondo Laurent Lafforgue Pensare in matematica, paragrafo 2.1 La notazione simbolica dei numeri per contare, paragrafo 2.2 I nomi dei numeri Pensare in matematica, paragrafo 3.7 Contare. La cardinalità di un insieme finito. E i paragrafi 6.1 e 7.1 già indicati all’inizio del tema I 2 MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca Lettura 3. 1. I bambini e la conoscenza intima dei numeri. Entrai nella Scuola Normale Superiore nel 1943. A quell’epoca mi interessavano, come a molti giovani, gli aspetti fondazionali della matematica, la logica, la teoria degli insiemi. Ero in qualche modo un modernista ante litteram… I nostri maestri erano quasi tutti in contatto col gruppo Bourbaki, che sosteneva appunto i concetti e i metodi moderni. La storia di questo movimento modernista, la cui influenza fu reale molti anni più tardi, sarebbe di vero interesse per un sociologo delle scienze. Sarebbe un bell’argomento di studio: la motivazione, lo sviluppo e, infine, la situazione un po’ ambigua di oggi. Qual è la sua posizione a questo proposito? Mi sono espresso molto come anti-modernista, in gran parte perché i modernisti hanno commesso degli eccessi. Quando, con l’appoggio del governo, hanno voluto trasformare l’insegnamento della matematica nel primo livello, sono stati creati in tutte le università degli istituti pedagogici, i famosi Istituti di ricerca sull’insegnamento della matematica (IREM). E questi hanno intrapreso un proselitismo negli ambienti dei maestri elementari. Si sono potuti vedere vecchi maestri canuti, che insegnavano il calcolo elementare con dei bastoncini, costretti a venire ad aggiornarsi. Si disse loro: Signori, quel che fate è ridicolo; non conoscete niente della teoria degli insiemi, e non si può fare aritmetica senza capirla. E quei vecchi maestri furono costretti a venire a sedersi sui banchi della scuola per ascoltare giovani pretenziosi che spiegavano loro che non avevano capito niente dei numeri! Ma non le sembra utile l’introduzione, con molte precauzioni e prudenza, di questo modo di avvicinarsi alla matematica nella formazione dei giovani? Certamente è utile, ma a partire da quindici o sedici anni. Prima di quell’età, l’utilizzazione dei concetti di algebra pura, come la commutatività, l’associatività, la teoria degli insiemi nel senso stretto, cioè quella delle potenze, non mi sembra utile. Il resto, si può continuare ad apprenderlo empiricamente, come facevamo in altri tempi. Quando ero io stesso alla scuola elementare, imparavamo le tabelline di addizione e di moltiplicazione. Era una buona cosa! Sono convinto che autorizzando l’uso del calcolatore fin dall’età di sei o sette anni si arriva a una conoscenza del numero meno intima di quella a cui accedevamo noi grazie alla pratica del calcolo mentale. In qualche modo, la nostra calcolatrice veniva fuori dalle nostre teste.» René Thom, Prevedere non è spiegare (intervista con E. Noël), ed. originale Éditions Eshel 1991, traduzione italiana di Giuseppe del Re con Giovanna Bonomi, Università del Salento 2008, pp. 5-6 Medaglia fields 1958 3 MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca Lettura 3.2 Esplicito e implicito, razionale e subconsciente: Thom e De Finetti 3.2 a) Il brano seguente è tratto da un intervento del matematico francese René Thom al Congresso “Developments in mathematical education”, della Commissione internazionale per l’insegnamento della matematica (International Commission for Mathematical Instruction) tenuto a Exeter nel 1972 Gli psicopedagogisti, consapevoli della indeterminatezza della loro posizione dottrinale credevano di aver trovato la soluzione dei loro problemi nelle affermazioni dei logicisti e dei matematici formalisti. Poiché si riconosceva che la progressione del pensiero matematico era modellata da quei grandi schemi formali che sono le strutture – strutture di insieme e di logica, strutture algebriche e topologiche – che il bambino apprende nei primi anni di vita, la definizione e l'uso di queste strutture sarebbero sufficienti a dargli un facile accesso alle teorie matematiche contemporanee. Questa argomentazione merita una discussione approfondita; sotto la sua convincente apparenza c'è un errore psicologico di base che invalida completamente lo sforzo del modernista. Ci si dovrebbe prima render conto che la maggior parte di queste grandi strutture astratte — teoria degli insiemi, algebra Booleana, strutture topologiche — sono già presenti qua e là nella psiche infantile in forma implicita, quando vengono proposte esplicitamente nell'insegnamento. (Nel caso delle strutture algebriche ci sono motivi per fare delle distinzioni: alcune, quali quelle di gruppo, esistono allo stato implicito; altre, come quelle di anello e di campo, invece, sono molto più artificiali). Tutta l'argomentazione modernista si basa essenzialmente su questa ipotesi: rendendo consci ed espliciti i meccanismi o le tecniche impliciti del pensiero, si rendono più facili le tecniche stesse. Ora ciò solleva un grosso problema psico-pedagogico che non è affatto proprio della matematica. Lo si trova, per esempio, nell'insegnamento delle lingue moderne: si deve insegnare ad un alunno una lingua in modo esplicito, partendo dai testi, istillando in lui la grammatica e il vocabolario di questa lingua? O gli si dovrebbe, invece, insegnare la lingua con l'uso diretto, come un bambino straniero l'apprenderebbe se fosse immerso nella società che parla questa lingua? La risposta non è facile, ma dal punto di vista dell'efficacia, il metodo diretto è spesso preferibile. Nel primo sviluppo del bambino, l'insegnamento esplicito deduttivo non ha parte alcuna: quando s'impara a camminare sarebbe più d'intralcio che d'aiuto conoscere (e capire) l'anatomia della gamba, e aver studiato la fisiologia del sistema digestivo non è affatto d'aiuto quando si deve digerire un pasto troppo pesante. Senza dubbio mi si obietterà di aver usato esempi troppo rozzi, che non hanno niente in comune con quell'attività supremamente razionale che è il pensiero matematico. Ma ciò significherebbe dimenticare che la stessa ragione umana ha radici biologiche e che il pensiero matematico nasce dal bisogno dello spirito di stimolare la realtà esterna. Thom, R. 1979, “La matematica moderna, esiste?”, in C. Sitia (a cura di), La didattica della matematica oggi. Problemi, ricerche, orientamenti, Bologna, Pitagora Editrice, pp. 115-116 (ed. originale inglese a cura di A.G. Howson, Cambridge University Press, 1973). 4 MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca 3.2 b) Il brano seguente, intitolato “Il razionale e il subcosciente: un ripensamento e il capovolgimento della posizione abituale nei riguardi dell’uso della ragione nell’apprendimento” è tratto da un intervento del matematico italiano Bruno De Finetti sull’insegnamento scolastico della matematica. Abitualmente, sembra che la preoccupazione sia di far tabula rasa di tutto ciò che fa parte della più preziosa acquisizione dell’intelligenza umana nel corso dell’infanzia: la conoscenza immediata intuitiva inconscia o pressoché inconscia di un’infinità di cose e la capacita di orientarsi e reagire istintivamente con lume spontaneo di intelligenza alle esigenze o problemi che ne derivano. Si dovrebbe fare tabula rasa di ciò perché non è abbastanza scientifico o abbastanza filosofico secondo le predilezioni di certi specialisti; in base alle loro convinzioni si dovrebbe fargli riimparare in modo puramente razionale e colla preoccupazione del più pedante rigore con grande spreco di tempo una piccola parte di ciò che già avevano acquisito, travestendola poi in modo che ne perda la visione ed il gusto. Così si atrofizza e distorce l’intelligenza che si dovrebbe sviluppare; resta, infatti, da una parte, il nucleo di conoscenze intuitive di cui uno deve servirsi, ma su cui l’insegnamento ha steso un velo di diffidenza, e dall’altra rimangono residui più o meno indigeriti e indigeribili di astruserie o mattoni o pillole propinati controvoglia e senza persuasione. Invece, per assolvere alla sua funzione, la ragione dovrebbe essere utilizzata come complemento delle facoltà intuitive, atto a perfezionarle, a svilupparle, anche – beninteso – a correggerle con lo spirito critico e l’abito gradualmente acquisibile della riflessione metodica; non però a sostituirle. Tratto da Periodico di matematiche, 42 (1964) Lettura 3.3 Diario matematico di una madre Questo diario è tratto dalla prima parte, dedicata ai vocaboli numerali, del saggio Children’s counting and concepts of number (1988) di Karen C. Fuson. Occupandosi delle prime esperienze dei bambini con le parole numerali, in particolare in ambiente domestico, Fuson trascrive le annotazioni del suo diario relativo alla prima infanzia di sua figlia Adrienne che riguardano gli usi di parole numerali da parte della bambina. Fuson era in quel periodo una ricercatrice di matematica: si osservi l’importanza dell’analisi degli errori e della “correttezza” matematica. Nell’ultima colonna sono classificate le situazioni numerali (S sta ad indicare la acquisizione della sequenza dei numerali, C la padronanza del contare, Ca l’assimilazione del valore cardinale del numero, O del valore ordinale, M del valore nella misura, Ca+ e Ca– l’esplorazione delle operazioni) Esercizio: Mettersi alla prova coprendo questa colonna nella prima lettura del diario. 1 anno e 8 mesi Tu salendo le scale: “A B C quattro cinque sei” (S) Frasi mie, risposte tue. “A – A, B – B, C – tre” (S) 5 MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca Cinque è in assoluto il tuo numero favorito. Conosci due e lo usi correttamente in nuove situazioni; due significa uno in ogni mano 1 anno e 10 mesi 1 anno e 11 mesi 2 anni compiuti 2 anni un mese 2 anni e 4 mesi 2 anni e 6 mesi (?) (Ca) Accarezzavi Sam (il gatto) e hai detto “Sam coa [coda]”. (Ca) Dopo “Tshad coa” (Tshad, il cane, non era nella stanza). Dopo “Due coe [code]”. Prima d’ora avevi detti spesso due tazze, due biscotti, ma sempre quando entrambi erano presenti fisicamente” “Ho due paette [palette]” (Ca) Occasionalmente conti cose, in particolare disegni. (C) Dici un numero ogni volta che alzi il tuo dito e segnali di nuovo, ma conti alcune cose varie volte e altre non le conti per niente. Tipica serie per contare: “uno, quattro, cinque, otto, quattro, cinque, due, sei”. Ieri sera abbiamo contato i passi per andare al letto (C) (lo facciamo di frequente). Eravamo a nove e hai detto, “Uno due te quattro cinque sei”. Prima volta così tanti corretti. Conti tre cose correttamente. Vale a dire, indichi oggetti e dici “uno due tre”. Dici anche tre correttamente quando ti viene chiesto “quanti” (senza contare) “Uno due tre otto salta” (Sei impegnata a contare e a saltare dal cuscino o persino dal divano). Tu contando i tuoi muffin (un gioco): “Uno due tre otto sette tre” Oggi diverse volte: “Ho due anni” “Faccio una B. La faccio ancora. Due B” (C) (Ca) (S) (C) (M) (Ca)+ Disponi le mie dita per “avere due anni” (M) (il pollice schiaccia le dita terzo e quarto, le altre due dita alzate) Due pomodori sul tavolo. Hai detto e rappresentato (Ca)– quanto segue: “Un pomodoro da due pomodori lascia uno. Due pomodori da due pomodori lascia nessuno”. Ti ho chiesto cosa era nessun pomodoro da due pomodori: “Due pomodori”. I cartoni di Sesame street fanno vedere cose simili alle due prime frasi. 2 anni e 7 mesi Rimettiamo le prugne secche in una scatola, le conti (C) no (Ca) correttamente fino a nove. Quando ti si chiede quante prugne: “tre” (è la tua solita risposta a quanti al momento: tre occhi, ecc.) 2 anni e 8 mesi “Tre di noi siamo seduti. Tu, Erica, e me (indicando 6 (Ca)+ MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca ognuna di noi). Se papà si siede, saremo quattro di noi.” 2 anni e 9 mesi Tu a papà: “Vuoi fare un picnic?”. Papà: “Questa volta no. Verrò la prossima volta.”. Tu: “Faremo due picnic. Tu verrai al secondo picnic.” 2 anni e 10 mesi Taglio il tuo panino in due e poi di nuovo in due. Guardi e dici: “Due e due fanno quattro” Hai appena chiesto quattro olive (ti piacciono tanto!) Tuo padre te le ha dato e hai detto: “Due e due fanno quattro” (Ca, O) (Ca)+ (Ca) (Ca)+ 3 anni Varie volte hai detto cose come questa: (M) “Posso aprire la porta da fuori ora. Quando avevo due anni e mezzo non potevo aprirla, ma adesso che ho tre anni posso aprire la porta.” 3 anni e due mesi “Otto nove dieci undici dodici tredici.” (S) Poi, alzando il numero corretto di dita (unità) (C) e concentrandoti tanto: “ventuno, ventidue, venti tre,ventiquattro, venticinque.” Ogni ven è stato lunghissimo. Conti ogni cosa. Ti piace molto contare. Lettura 3. 4 Le conte «Uno due tre/conta fin che ce n’è ce n’è quattro cinque sei/ sono sette e sono otto/questo fuori e questo sotto. Son venuta su al castello/per trovare mio fratello Tuo fratello qui non c’è/ esci fuori via anche te. Olio pepe sale/per condire l’insalata insalata non ce n’è/a star fuori tocca a te. Conta contarello/Questo gioco è molto bello Molto bello come te/conta uno due e tre.» (Lella Grandini, Anghingò) Lettura 3.5 È facile osservare che le cose che determinano piani orizzontali sono l’acqua e in generale i liquidi, mentre era stato detto che in geometria nulla ci importa della materia che costituisce i vari oggetti. Gli è che i concetti di verticale e orizzontale non sono 7 MDM 13-14 – Università Roma Tre Ana Millán Gasca punto necessari in geometria: è solo conveniente introdurli come ausiliari, e noi li useremo sempre, allo stesso modo che spesso ci serviremo delle idee di destra e sinistra, anch’esse niente affatto necessarie in Geometria. L’idea di destra e sinistra, che non è necessario vi spieghiate fin d’ora, è in relazione colla vostra persona; allo stesso modo i concetti di verticale e orizzontale si riferiscono alla terra su cui viviamo, e determinano posizioni relative alla terra, come la destra e la sinistra determinano posizioni relative al vostro corpo. Geometria per i piccoli. Per l’insegnamento elementare e prescolastico, Grace Chisolm Young e W. H. Young, G.B Paravia e comp, Torino, pp. 17-18 8