grana padano 2007: boom di consumi e di export, produzione in calo

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grana padano 2007: boom di consumi e di export, produzione in calo
QUOTE LATTE E PIANI PRODUTTIVI
In queste settimane si fa un gran parlare dell’uscita dal regime delle quote latte e dei Piani
Produttivi delle DOP casearie come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e l’Asiago.
E’ bene quindi soffermarci sulle enormi differenze che esistono tra i Piani Produttivi e le quote
latte.
Le quote latte hanno rappresentato un vero freno alle aziende zootecniche e le multe avevano
un costo quasi pari al valore del latte.
Coloro che pagavano tali multe non acquisivano alcun diritto a crescere le produzioni sugli
anni successivi, la sommatoria di tali multe non aveva alcuna ricaduta sul settore e tanto
meno sui soggetti che erano costretti a pagare. Le aziende lattiere erano, di fatto, imbrigliate
rigidamente nella loro espansione che poteva avvenire solo attraverso onerosissimi
investimenti necessari ad acquistare quote dalle stalle che decidevano di chiudere.
Un altro aspetto deleterio che ha fatto nascere male e crescere peggio il regime delle quote
latte è stata l’incertezza che ne ha connotato i primi anni e la malagestione emersa dalle
indagini pubbliche che anni fa sono state svolte nel merito.
La non chiarezza e le “furberie” sono sempre prodromi di confusioni, pronunciamenti e contro
pronunciamenti che fanno male al sistema che le subisce.
L’unico aspetto, che non assolve il malgestito sistema quote, ma che va onestamente
riconosciuto, è che l’aver tenuto l’Italia molto sotto il suo fabbisogno ha consentito negli anni
un prezzo medio alla stalla assai più alto di quelli dei Paesi eccedentari che dovevano
esportare, come la Germania e la Francia, con un differenziale superiore al costo del trasporto
da quei Paesi all’Italia e ciò grazie anche alle DOP, con ciò consentendo di compensare i
maggiori costi di produzione delle stalle italiane rispetto alle franco tedesche.
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Cosa diversissima sono i Piani Produttivi perché si confrontano esclusivamente con i mercati,
la loro ricettività e forniscono risorse aggiuntive per l’acquisto di nuovi spazi di mercato.
Produrre più di quanto il mercato possa assorbire a prezzi accettabili è la prima regola che
l’economia insegna ad evitare, in tutti i settori.
Infatti i Piani Produttivi prevedono costi crescenti con il crescere delle produzioni rispetto ad
un riferimento produttivo del caseificio solo se viene superato il punto di equilibrio globale,
con l’obbligo che tali risorse vengano totalmente e interamente investite per far crescere i
consumi mondiali dei prodotti DOP che li adottano.
Inoltre tali costi aggiuntivi raggiungono al massimo il 15-20% del valore del prodotto in
esubero e chi paga si vede riassegnata una buona parte delle quantità aggiuntive di mercato
conquistate.
Non va neppure dimenticato che i formaggi DOP sono prodotti da tantissimi caseifici ma
vanno sul mercato con un unico marchio e un’unica denominazione e sarebbe pura follia e
anarchico comportamento masochistico se non esistesse un orientamento complessivo sulle
quantità da immettere sul mercato, specie quando trattasi di formaggi prodotti oggi ma
consumati dopo moltissimi mesi.
Venendo al caso del Grana Padano, da quando sono in vigore i Piani Produttivi la produzione è
cresciuta mediamente del 2,5% all’anno e la dimensione media dei caseifici è cresciuta in
produttività annua di ben il 51,6%. Il Piano Produttivo infatti, tra le varie cose, ha anche
favorito gli accorpamenti, le fusioni tra cooperative o le cessioni di ramo d’azienda generando
benefici a chi ha deciso di cedere i rami d’azienda e ovviamente a chi ha deciso di acquistarli.
L’export, grazie anche alle risorse derivanti dall’applicazione del Piano Produttivo, è più che
raddoppiato raggiungendo nel 2014 un milione 588mia forme pari a quasi 800milioni di litri
latte esportati come Grana Padano e facendo del Grana Padano il prodotto DOP più consumato
al mondo.
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Last but not least il Piano Produttivo non interferisce in alcun modo sulle scelte produttive
delle singole stalle ma esclusivamente sulla quantità di latte da trasformare in Grana Padano e
quella da destinare ad altri usi da parte dei caseifici, insieme a tutto il resto dell’ottimo latte
italiano che non va a Grana Padano.
E soprattutto ciò che più conta il Piano Produttivo ha garantito un dividendo medio negli anni
per i soci delle cooperative che producono il 60% di tutto il Grana Padano, sicuramente
positivo, oltre ad aiutare a tenere il prezzo alla stalla di tutto il latte italiano a livelli migliori
rispetto ai franco tedeschi, superiore al costo di trasporto da là a qua.
Tutto ciò è stato raggiunto senza appesantire i prezzi di vendita al consumo italiano di Grana
Padano che sono cresciuti, per le tasche degli italiani, meno del trend inflattivo.
Per cui è bene tenere presente questi numeri, questi risultati, questi obiettivi e queste
prospettive quando si discute di quote latte e Piani Produttivi dei prodotti DOP perché i due
sistemi, quote latte e Piani Produttivi, non solo sono antitetici nell’ispirazione, nella finalità e
nell’applicazione ma lo sono soprattutto nelle prospettive di sviluppo e tenuta futura
dell’intero sistema lattiero caseario italiano.
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