capitolo 1: crisi dei prezzi all`ingrosso

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capitolo 1: crisi dei prezzi all`ingrosso
RELAZIONE ANNUALE SUL PIANO
PRODUTTIVO DEL GRANA PADANO
2014
A cura di:
Aprile 2015
NOMISMA – Società di studi economici s.p.a.
Palazzo Davia Bargellini
Strada Maggiore, 44 – 40125 Bologna
tel +39-051.6483149 fax + 39-051.6483155
www.nomisma.it
IL GRUPPO DI RICERCA
“AGRICOLTURA E INDUSTRIA ALIMENTARE”
Denis PANTINI (Responsabile area), Stefano BALDI, Paolo BONO, Emanuele DI FAUSTINO, Ersilia DI TULLIO,
Evita GANDINI, Fabio LUNATI, Massimo SPIGOLA, Chiara VOLPATO, Silvia ZUCCONI
Nomisma è un Istituto di studi economici, fondato nel 1981 con sede a Bologna, al cui capitale sociale
partecipano più di ottanta azionisti fra gruppi industriali, assicurazioni, istituti di credito italiani ed esteri. La
parola “nomisma” indicava nel greco antico il valore reale delle cose: in questo spirito Nomisma si propone
quale osservatorio sui principali fenomeni dell’economia reale e della società contemporanea. Nomisma
compie ricerche a livello internazionale, nazionale e locale sui fattori di produzione, sull’economia dei settori
e delle imprese, sui problemi dello sviluppo e – in genere – sui fenomeni che influiscono sulla struttura, il
comportamento ed i risultati delle economie contemporanee.
Consorzio Tutela Grana Padano
Indice
PREMESSA: LE MOTIVAZIONI E I CONTENUTI DEL PIANO PRODUTTIVO ................................................... 4
IL CONTESTO DI RIFERIMENTO .................................................................................................................... 5
La congiuntura macroeconomica............................................................................................................ 5
Il mercato lattiero-caseario internazionale ............................................................................................ 7
Il prezzo del latte in Italia ........................................................................................................................ 9
IL MERCATO DEL GRANA PADANO DOP ................................................................................................... 12
Prezzi del Grana Padano DOP ............................................................................................................... 12
L’andamento delle vendite in Italia e all’estero................................................................................... 14
La qualità ............................................................................................................................................... 17
RISULTATI OTTENUTI E IMPATTO SUL MERCATO DEL LATTE ................................................................... 18
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Consorzio Tutela Grana Padano
PREMESSA: LE MOTIVAZIONI E I CONTENUTI DEL PIANO PRODUTTIVO
L’Unione Europea, con l’adozione del Pacchetto Latte (regolamento CE 261/2012), ha messo a
disposizione dei produttori di formaggi DOP uno strumento di governo e regolazione dell’offerta (cd.
Piano produttivo). Il consorzio di tutela del Grana Padano, nel 2014, ha pubblicato il nuovo Piano
produttivo approvato ufficialmente dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAAF) con
decreto ministeriale in data 14/03/2014. Il piano ha validità triennale (2013-2015) e sarà valido fino al
31 dicembre 2015. Secondo le disposizioni contenute nel decreto, il consorzio di tutela è tenuto a
presentare annualmente “una relazione sullo stato di attuazione del piano di regolazione dell’offerta del
formaggio Grana Padano DOP”; la relazione “deve altresì evidenziare l’impatto del piano sul mercato del
latte e degli altri prodotti lattiero-caseari che potrebbero essere influenzati dalla sua attuazione.” In
considerazione dello scenario evolutivo che contraddistingue il mercato internazionale e domestico dei
formaggi, la presente relazione descrive l’evoluzione intervenuta nel corso del 2014 per il mercato del
Grana Padano DOP sia per effetto di accadimenti esogeni che per effetto delle azioni previste dal Piano
stesso. Inoltre, la relazione ha lo scopo di valutare il raggiungimento degli obiettivi del piano stesso.
Nello specifico, il Piano di regolazione dell’offerta del Grana Padano DOP ha l’obiettivo di disciplinare la
gestione dell’offerta del formaggio al fine di adeguare l’offerta alla domanda attraverso:

Consolidamento della presenza del prodotto sui principali mercati e acquisizione di nuovi spazi
di mercato

Promozione e tutela della qualità
Tabella 1 - Evoluzione del punto di equilibrio e della sommatoria dei punti di riferimento (2006-2014)
Punto di
equilibrio
Decurtazione
Punto di
equilibrio
effettivo
Sommatoria
p u n ti d i
riferimento
Decurtazione
Sommatoria
p u n ti d i
riferimento
effettiva
PIANO PRODUTTIVO QUINQUENNALE 2006-10
ANNO 2006
FF.
4.220.000
4.220.000
4.262.479
4.262.479
ANNO 2007
FF.
4.271.400
4.271.400
4.334.057
4.334.057
ANNO 2008
FF.
4.271.400
4.271.400
4.334.826
4.334.826
ANNO 2009
FF.
4.330.000
-5,0%
4.113.500
4.375.024
-2,5%
4.265.649
ANNO 2010
FF.
4.395.000
-5,0%
4.175.250
4.436.774
-2,5%
4.325.857
-1,5%
4.431.046
PROROGA AL PIANO PRODUTTIVO QUINQUENNALE 2006-10
ANNO 2011
FF.
4.460.000
-5,0%
4.237.000
4.498.524
ANNO 2012
FF.
4.330.000
4.330.000
4.544.434
ANNO 2013
ANNO 2014
FF.
FF.
PIANO PRODUTTIVO TRIENNALE 2013-15
4.500.000
-2,5%
4.387.500
4.580.099
4.500.000
-2,5%
4.387.500
4.660.221
4.544.434
-2,5%
-3,0%
4.465.603
4.520.414
Fonte: Consorzio Tutela Grana Padano.
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IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
Il 2015 si configura come un anno cruciale per gli operatori del comparto lattiero caseario italiano ed
europeo soprattutto alla luce del passaggio da un sistema governato dalle quote latte ad un sistema di
libera concorrenza. E’ evidente come questo passaggio, eliminando il tetto massimo alla produzione di
latte, ancor più di prima, spingerà le imprese lattiero-casearie a confrontarsi con il mercato
internazionale. Per tali motivi, da questo momento sarà sempre più importante monitorare con
continuità l’evoluzione dei driver che governano il mercato mondiale per essere in grado di anticipare ed
affrontare i cambiamenti.
La congiuntura macroeconomica
L'economia mondiale ha continuato a espandersi nel corso del 2014, ma ad un ritmo moderato,
disomogeneo da paese a paese e, in complesso, inferiore alle previsioni di inizio anno. La crescita è stata
sostenuta in alcuni paesi sviluppati come gli Stati Uniti, ma ha rallentato in Giappone ed in alcuni paesi
emergenti (Cina). L’incertezza e lo scarso ottimismo sul futuro hanno condizionato l’evoluzione del
sistema economico internazionale e dunque, malgrado il permanere di condizioni monetarie espansive,
gli investimenti sono rimasti stagnanti, anche nelle economie avanzate.
Nel 2014 una spinta decisiva alla crescita è venuta dagli Stati Uniti, che hanno fatto registrare l’aumento
del Prodotto Interno Lordo (PIL) più consistente tra tutti i paesi sviluppati: 2,4% sul 2013. In una
situazione opposta a quella degli Stati Uniti si è trovato invece il Giappone, la cui economia è entrata in
recessione nel corso del 2014. In Asia, oltre al Giappone, un’attenzione particolare merita la Cina perché
l’andamento della sua economia condiziona anche gli altri paesi emergenti dell’area. Il FMI ha stimato
che il PIL della Cina è cresciuto del 7,4% nel 2014. Un attenzione particolare va dedicata alla Russia, la
cui economia ha risentito di alcuni cambiamenti a livello internazionale e delle tensioni politiche con
l’Ucraina. A fronte di una crescita dello 0,6% nel 2014, le prospettive per il 2015 sono di un calo del -3%
del PIL. La proiezione riflette l'impatto economico sull’economia russa del calo dei prezzi del petrolio e il
possibile inasprimento delle tensioni geopolitiche, due circostanze che hanno minato la fiducia nei
confronti di questo paese. L’impasse dell’economia russa ed il deprezzamento del rublo in prospettiva
indeboliscono gravemente anche le aspettative di sviluppo degli altri paesi della Comunità degli Stati
Indipendenti (CSI).
Nell'area dell'euro la ripresa ha perso slancio perché la crescita economica è rimasta modesta. Nel 2014
il PIL della zona euro è cresciuto dello 0,8%, con andamenti differenziati tra i singoli paesi. In Francia il
PIL è tornato ad aumentare (+0,4%) grazie all’espansione dei consumi (pubblici e privati). Anche in
Germania (+1,5%) c’è stato un piccolo incremento giustificato dalla maggiore spesa delle famiglie e della
Pubblica Amministrazione. Il PIL è invece diminuito in Italia (-0,4%).
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Le ambizioni di crescita dell’Eurozona possono però avvantaggiarsi di un complesso di condizioni
favorevoli per il rilancio dell’economia che lasciano ben sperare per il 2015: dal ribasso del prezzo del
petrolio, agli effetti delle politiche monetarie espansive della Banca Centrale Europea (BCE) fino al
recupero di competitività conseguente al progressivo deprezzamento dell’euro sul mercato monetario.
In tal senso, vale la pena di effettuare alcune considerazioni sulle implicazioni economiche che possono
derivare, da un lato, dall’andamento del prezzo del petrolio e, dall’altro, dal progressivo deprezzamento
dell’euro sul mercato dei cambi.
Tra i mesi di giugno e dicembre 2014, dopo una lunga fase di quotazioni elevate (in media poco oltre i
100 US $/barile), il prezzo del petrolio è progressivamente calato fino a più che dimezzarsi (47,5 US
$/barile), facendo registrare un calo molto più rapido di quello delle altre materie prime (gas, rame). In
prospettiva il calo del greggio consentirà ai paesi importatori di petrolio di trasferire il minore costo del
greggio sui costi manifatturieri e, tramite il prezzo di vendita, sul reddito reale dei consumatori, dando
ulteriore impulso alla domanda interna e, di riflesso, alla crescita.
Per quanto riguarda invece il trend della valuta europea, nel 2014, a partire dal mese di aprile, in
corrispondenza con l’annuncio della BCE delle misure di allentamento monetario poi introdotte in
giugno, l’euro si è progressivamente indebolito rispetto a molte altre monete, prima tra tutte il dollaro
statunitense (US $). Nei confronti di questa moneta Il tasso di cambio si è deprezzato di oltre il 21% nel
periodo marzo 2014 – marzo 2015 (Figura 1).
Figura 1 – Trend mensile del tasso di cambio US $/€
1,45
1,382
1,40
1,35
1,30
1,25
1,20
1,15
1,10
1,084
1,05
gen-12
feb-12
mar-12
apr-12
mag-12
giu-12
lug-12
ago-12
set-12
ott-12
nov-12
dic-12
gen-13
feb-13
mar-13
apr-13
mag-13
giu-13
lug-13
ago-13
set-13
ott-13
nov-13
dic-13
gen-14
feb-14
mar-14
apr-14
mag-14
giu-14
lug-14
ago-14
set-14
ott-14
nov-14
dic-14
gen-15
feb-15
mar-15
1,00
Fonte: BCE
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Consorzio Tutela Grana Padano
La valuta europea si è però deprezzata non solo rispetto al dollaro USA ma anche verso il dollaro
canadese (-4,6% tra gennaio 2014 e febbraio 2015), lo yen giapponese (-4,8%) ed il Renminbi (Yuan)
cinese.
Il deprezzamento dell’euro verso il dollaro statunitense rappresenta un’opportunità per l’intero sistema
economico europeo - quello italiano in particolare - di vendere all’estero beni e servizi con maggiore
facilità, soprattutto prodotti di pregio come i formaggi duri e semiduri, che a qualità invariata,
risulteranno più convenienti per i consumatori d’oltreoceano e di tutti gli altri paesi del mondo dove
questi prodotti sono ricercati.
Il mercato lattiero-caseario internazionale
Il 2014 è stato un anno record per la produzione di latte sia nell’Unione Europea (UE) che nel resto del
mondo (Tabella 2). Nell’UE le favorevoli condizioni climatiche (inverno mite e umido e primavera
anticipata) in concomitanza ai bassi prezzi dei mangimi hanno favorito un forte incremento produttivo. I
volumi di latte consegnati sono stati di gran lunga più alti di quanto si potesse prevedere ad inizio
campagna, con incrementi superiori al 6% in molti stati dell’Europa centro-settentrionale1 rispetto al
2013. In complesso, la raccolta è stata di poco inferiore a 148 milioni di tonnellate, cioè oltre 6 milioni di
tonnellate di latte in più dell’anno precedente. Nel resto del mondo, tra i principali paesi produttori,
anche Australia e Nuova Zelanda hanno fatto registrare incrementi produttivi del latte, mentre in
Argentina, a causa di un andamento climatico sfavorevole, vi è stato un leggero calo dei volumi. Le
esportazioni lattiero-casearie dell’UE hanno raggiunto un picco storico (oltre 3,5 milioni di tonnellate),
trainate da una domanda mondiale sostenuta (2% di crescita in media). Nella seconda metà dell’anno si
è però registrata una forte pressione al ribasso sui prezzi, che è stata innescata dal verificarsi di due
eventi: le restrizioni russe alle importazioni di prodotti lattiero-caseari dall’UE (agosto 2014) ed un calo
superiore al previsto della domanda di latte in polvere da parte della Cina.
L’incremento eccezionale di produzione dell’UE nel 2014 poteva essere ancor più accentuato se, negli
ultimi tre mesi dell’anno, la raccolta del latte non avesse rallentato in conseguenza dell’abbassamento
delle quotazioni e della prospettiva del pagamento delle multe legate al superamento della quota,
nell’ultimo anno di applicazione. Nel 2015, le forze opposte rappresentate da un lato dal calo dell’offerta
che è proseguito nei primi mesi dell’anno e dall’altro dai bassi prezzi dei mangimi e dalla buona
disponibilità di foraggio dovrebbero portare ad una stabilizzazione del sistema nel medio periodo. In
definitiva, le stime della Commissione Europea vedono, per il primo anno senza quote, un aumento
moderato dei volumi di latte consegnato, pari al +1%.
1
Belgio, Estonia, Lituania, Lettonia Lussemburgo, Polonia, Regno Unito ed Ungheria.
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Tabella 2 – Produzione di latte nei principali paesi esportatori e nei BRICs (.000 tonnellate)
UE-28
Stati Uniti
Nuova Zelanda
Argentina
Australia
India
Cina
Brasile
Russia
Totale
2013
141.698
91.272
20.200
11.519
9.400
57.500
34.300
32.380
30.529
428.798
2014
147.737
93.462
21.742
11.404
9.700
60.500
36.000
33.350
29.900
443.795
2015* var. 2014/13 var. 2015/14
149.400
4,3%
1,1%
96.300
2,4%
3,0%
22.120
7,6%
1,7%
11.746
-1,0%
3,0%
9.800
3,2%
1,0%
63.500
5,2%
5,0%
37.500
5,0%
4,2%
34.500
3,0%
3,4%
29.300
-2,1%
-2,0%
454.166
3,5%
2,3%
*previsioni
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Commissione UE e USDA.
L'abolizione del regime delle quote latte probabilmente provocherà un aumento dell’offerta nelle
regioni produttrici più competitive dell’UE (Irlanda, Paesi Bassi e Germania). D’altra parte, il venir meno
dei limiti alla produzione sarà anche un banco prova importante per le aziende zootecniche italiane, che
a partire dal 2015 dovranno confrontarsi quotidianamente con la domanda e l’offerta internazionale e di
conseguenza con una crescente volatilità dei prezzi.
In tale contesto, è ragionevole ipotizzare un sostegno contenuto ai consumi di latte e derivati da parte
della domanda comunitaria (a causa del perdurare della stagnazione economica nell’Eurozona), motivo
per cui lo stimolo all’incremento dell’offerta dovrà necessariamente provenire dalla domanda extra
europea. In effetti, anche con il regime delle quote in vigore le esportazioni lattiero-casearie europee
sono aumentate del 95% in valore nel periodo 2009-2014, superando il picco dei 10 miliardi di euro.
Questa circostanza lascia ben sperare sul fatto che, in un mercato libero, l’export possa diventare il
driver principale per l’ulteriore sviluppo della produzione lattiero-casearia dell’UE.
A questo proposito le prospettive di medio termine del mercato internazionale sono favorevoli. Per i
prossimi anni le previsioni OECD-FAO stimano una crescita ulteriore dei consumi di prodotti lattierocaseari in India, in Cina, in Medio Oriente ed in altri paesi asiatici e dell'Africa, che potranno venire
soddisfatti solo in parte dall’incremento della produzione locale di latte (per una strutturale carenza di
acqua, di terreni adatti e tecnologie di produzione arretrate). Per il prossimo decennio (2014-2023) è
dunque probabile un’ulteriore espansione del commercio di prodotti lattiero-caseari che coinvolgerà
tutti i più importanti paesi esportatori (Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia e Argentina), tra cui anche
l’UE. La crescita dell’interscambio riguarderà, seppur in misura diversa, tutte le più importanti categorie
dei derivati del latte: dal siero, al burro sino ai formaggi verso cui si registra un crescente interesse di
molti mercati extra-comunitari. Si tratta di prodotti per i quali le prospettive di crescita rimangono forti
come illustrato nella Figura 2 che riporta le variazioni dei volumi di formaggi duri consumati in alcuni dei
principali mercati extra europei nel quinquennio 2009-2014 e la variazione prevista nel periodo 2014-
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2019. I dati mettono in luce come l’interesse per questa categoria di prodotti sia cresciuto
particolarmente in Russia e Giappone dove la crescita è stata rispettivamente del 17% e del 14%. I tassi
di crescita a tre cifre dei consumi di formaggi duri in Cina sono dovuti sostanzialmente alle variazioni su
quantitativi molto ridotti – si pensi che nel 2014 in Cina si è consumato un quantitativo di formaggi pari
al 5,8% dei consumi italiani. Tuttavia, il graduale processo di occidentalizzazione delle diete che sta
riguardando anche il mercato cinese rappresenta senz’altro un primo segnale della tendenza che i
consumi di formaggio hanno già intrapreso in questo mercato.
In generale gli incrementi delle vendite nel periodo 2014-2019 sono inferiori a quelli del quinquennio
precedente con l’eccezione del Nord America dove nei prossimi cinque anni ci si attende una crescita dei
consumi del 7,1% per gli Stati Uniti e del 10,0% per il Canada.
Figura 2 - Variazione delle vendite* (a volume) di formaggi duri nei principali mercati extra UE
Svizzera
4,2%
2,2%
6,3%
7,1%
Stati Uniti
Canada
Russia
Giappone
2009-2014
2014-2019
1,9%
10,0%
17,1%
7,9%
13,7%
4,6%
395,1%
Cina
120,0%
*I dati fanno riferimento alle vendite nel canale off trade (sono eslusi quindi i volumi consumati nel canale Ho.Re.Ca)
Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati Euromonitor International.
Il prezzo del latte in Italia
L’analisi degli andamenti dei prezzi del latte nel corso del 2014 ha messo in luce un tendenziale calo
delle quotazioni rispetto ai valori registrati nell’annualità precedente ma sostanzialmente in linea con il
2012. In particolare, il latte spot (Figura 3), cioè il latte che viene commercializzato al di fuori degli
accordi interprofessionali e che rappresenta una sorta di costo opportunità del latte indirizzato ad
utilizzi alternativi, nei primi mesi del 2014 ha iniziato un progressivo calo che lo ha portato a dicembre a
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toccare il punto di minimo di 36,9 €/100 L. Si tratta della quotazione più bassa del biennio 2013 - 2014) –
per trovare un valore ancora più basso bisogna risalire a maggio 2012, con 32,5 €/100 L - dopo un 2013
da record che aveva portato le quotazioni ben oltre i 50 €/100 L. Questo rapido declino è evidentemente
legato al trend dei prezzi internazionali del latte che, come già accennato in precedenza, ha reagito in
conseguenza di un forte incremento produttivo legato alle quotazioni elevate raggiunte nel 2013 e alle
favorevoli condizioni climatiche e di mercato. Inoltre, a partire dalla seconda metà del 2014, i prezzi
sono stati ulteriormente condizionati dagli effetti del calo della domanda cinese e dell’embargo russo sui
prodotti lattiero-caseari provenienti dall’UE. Nel 2015 non ci si attendono sostanziali miglioramenti in
considerazione del fatto che il permanere dell’embargo russo verso l’UE e la svalutazione del rublo
porteranno un importante importatore come la Russia a defilarsi dalla scena del mercato internazionale,
riducendo la richiesta di prodotti lattiero caseari. Nei primi tre mesi del 2015 le quotazioni del latte
hanno oscillato tra i 36 ed i 36,5 €/100 L ben al di sotto del valore medio dello stesso periodo del 2014
(46,3 €/100 L).
Figura 3 – Andamento del prezzo del latte in Lombardia* e del prezzo del latte spot alla CCIAA di Lodi
(€/100 lt., mar 2010 – mar 2015)
55
Prezzo latte (€/100 L)
50
Prezzo latte spot (€/100 L)
45
40
35
30
gen-15
mar-15
set-14
nov-14
lug-14
mag-14
gen-14
mar-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
gen-13
mar-13
set-12
nov-12
lug-12
mag-12
gen-12
mar-12
set-11
nov-11
lug-11
mag-11
gen-11
mar-11
set-10
nov-10
lug-10
mar-10
mag-10
25
* I dati sono basati sugli accordi firmati da Italatte con le principali associazioni agricole lombarde. Dal mese di luglio 2014 il valore è una stima
sui prezzi rilevati in regione.
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Clal.
Per quanto riguarda il prezzo del latte in Lombardia, tradizionalmente coincidente con quello raggiunto
nell’ambito dell’accordo interprofessionale annuale tra allevatori e industriali, nel 2014 le associazioni
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Consorzio Tutela Grana Padano
agricole lombarde non hanno raggiunto l’accordo con Italatte la società che si occupa di acquistare la
materia prima sul mercato italiano per il Gruppo Lactalis, uno dei principali gruppi caseari mondiali.
Nello specifico, fino al 30 giugno 2014 era in vigore un accordo (fissato a gennaio 2014) che fissava il
prezzo a 44,5 €/100 L per il periodo gennaio-giugno 2014. Dopodiché, le parti non sono state in grado di
definire un prezzo che potesse soddisfare entrambi per cui il prezzo di scambio del latte in Lombardia si
è allineato alle quotazioni spot nazionali.
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IL MERCATO DEL GRANA PADANO DOP
Prezzi del Grana Padano DOP
Nel corso del 2014, le quotazioni all’ingrosso del Grana Padano DOP rilevate presso la Camera di
Commercio di Milano hanno ripreso il trend di discesa interrotto nella seconda metà del 2013 – quando
il rapido aumento dei prezzi del latte aveva riportato in alto tutti i listini dei prodotti lattiero caseari – e
hanno toccato i 6,4 €/kg per il Grana Padano “9 mesi e oltre” e i 7,33 6,4 €/kg per il Grana Padano a
stagionatura più lunga (15 mesi e oltre). Nello specifico, se a gennaio 2014, sul mercato, le forme di
Grana Padano “9 mesi e oltre” venivano scambiate a 7,24 €/kg, a fine anno le stesse forme venivano
vendute a 6,4 €/kg con un calo netto dell’11,6%. Dopodiché, i prezzi si sono stabilizzati su questi valori
nei primi mesi del 2015. Con ogni probabilità, il repentino calo dei prezzi del Grana che si è verificato nel
2014 è stato influenzato anche dal forte incremento delle forme prodotte dai caseifici nei primi 9 mesi
dell’anno.
Per quanto riguarda il prodotto a lunga stagionatura (“15 mesi e oltre”), nel 2014 le quotazioni hanno
seguito da vicino l’andamento del prodotto a stagionatura più breve diversamente da quanto successo
nel 2012, quando il “15 mesi e oltre” aveva contenuto il calo dei prezzi. Questa tendenza ha portato il
Grana Padano a lunga stagionatura ad essere scambiato a 7,33 €/kg nel dicembre 2014 contro gli 8,32
€/kg registrati nel gennaio dello stesso anno, con una riduzione dei 12 mesi dell’11,9%. Ad oggi, il
differenziale di prezzo tra i due prodotti si assesta poco al di sotto di 1 €/kg.
Figura 4 – Trend dei prezzi all’ingrosso del Grana Padano DOP (€/kg, piazza di Milano)
9,5
9 mesi e oltre
9,0
15 mesi e oltre
8,5
8,0
7,5
7,0
6,5
6,0
5,5
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Clal.
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Consorzio Tutela Grana Padano
Un’analisi più approfondita dell’andamento dei prezzi del formaggio DOP (Tabella 3), permette di
comprendere con maggiore chiarezza il trend effettivo di medio periodo delle quotazioni. Dal confronto
tra i prezzi medi annuali e le relative variazioni nominali e reali è evidente come negli ultimi tre anni si
sia assistito ad un calo strutturale del valore di scambio del Grana Padano DOP dopo il picco raggiunto
nel 2011. In altre parole si è ritornati ai prezzi rilevati sul mercato nel 2010. Questo trend di decrescita
delle quotazioni è stato più marcato nel 2012 e 2013, mentre si è attenuato nell’ultimo anno. In
particolare, il fenomeno di crescita zero in cui l’economia italiana si è ritrovata negli ultimi due anni ha
innescato un processo deflattivo che ha chiaramente avuto conseguenze anche sui prezzi dei beni. Nel
2014, la deflazione registrata nei prezzi alla produzione industriale (-0,6%) e in quelli alla produzione
alimentare (-0,2%), ha infatti contenuto il calo nominale dei prezzi. La variazione media nominale
nell’ultimo anno si è assestata sul -1,7% che, opportunamente deflazionata si trasforma in una
variazione reale rispettivamente del -1,1% o -1,5% impiegando i due indici dei prezzi alla produzione
industriale e alimentare.
Tabella 3 - Andamento del prezzo medio annuale all’ingrosso del Grana Padano DOP a 9 mesi (€/kg,
2010 - 2014)
2010
2011
2012
2013
2014
Prezzo medio all'ingrosso Grana Padano DOP (€/kg)
6,603
8,140
7,431
6,969
6,853
Var. media annuale nominale (%)
14,7%
23,3%
-8,7%
-6,2%
-1,7%
3,2%
4,5%
2,0%
-0,2%
-0,6%
18,0%
-10,4%
-6,1%
-1,1%
4,6%
3,8%
2,4%
-0,2%
17,9%
-11,9%
-8,3%
-1,5%
Var. media annuale prezzi alla produzione industriale (%)
Var. media annuale deflazionata (%)
Var. media annuale prezzi alla produzione prodotti alimentari
e bevande (%)
Var. media annuale deflazionata rispetto all'andamento dei
prezzi alla produzione dei prodotti alimentari e bevande (%)
0,6%
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat e Consorzio Tutela Grana Padano.
Il calo dei prezzi all’origine del Grana Padano DOP ha avuto un impatto analogo sui prezzi al
consumatore: la variazione media registrata rispetto all’anno precedente è stata infatti del -1,0%, per
una quotazione media nel 2014 pari a 12,35 €/kg (IRI).
L’abbassamento dei prezzi all’ingrosso del Grana Padano per il terzo anno consecutivo, ha cominciato a
generare problemi di rimuneratività alla filiera produttiva; in particolare, le quotazioni del latte stanno
13
Consorzio Tutela Grana Padano
mettendo in crisi l’anello più a monte della filiera stessa. Il 2015, si configura come un anno di forte
incertezza per quanto riguarda i prezzi del latte e quindi dei prodotti lattiero caseari in virtù degli eventi
che stanno caratterizzando il mercato internazionale (embargo russo, abolizione delle quote latte,
evoluzione della domanda mondiale, ecc.) e in conseguenza dei potenziali effetti della elevata
produzione di forme realizzata nel 2014.
L’andamento delle vendite in Italia e all’estero
Le vendite di Grana Padano DOP nei canali della distribuzione moderna nel 2014 sono rimaste
sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente nonostante il perpetuarsi della congiuntura
economica negativa e la conseguente flessione dei consumi (totali e alimentari). Secondo i dati IRI
(Tabella 4), il volume complessivo delle vendite è incrementato dello 0,7% a fronte di un calo del
fatturato al consumo pari al -0,3%, risultato dell’abbassamento dei prezzi di vendita. Tale variazione
positiva delle quantità vendute è stata determinata dalle performance realizzate nelle due aree del
Paese dove di consuma maggiormente Grana Padano: nord ovest e sud che insieme rappresentano circa
il 60% dei volumi commercializzati. In queste due aree le vendite di Grana Padano sono aumentate sia a
volume che a valore. In particolare, i volumi sono incrementati rispettivamente del 2,3% e del 6,1% nel
nord ovest e sud Italia. Soffrono invece il nord est e il centro, dove sono calati le quantità e il fatturato al
consumo.
Tabella 4 - Variazione delle vendite di Grana Padano DOP* per area geografica, canale distributivo e
formato di vendita (var. % 2014/2013, gennaio- dicembre 2014)
TOTALE ITALIA
NORD-OVEST
NORD-EST
CENTRO
SUD
IPER
SUPER
LSP
DISCOUNT (solo PI)
FORME (PV)
PEZZI (PI)
GRATTUGIATO
SCAGLIE
BOCCONCINI/CUBETTI
VOLUME DELLE VENDITE
VALORE DELLE VENDITE
0,7%
2,3%
-6,9%
-1,4%
6,1%
-2,8%
2,2%
-0,3%
-0,5%
-1,5%
-10,6%
10,3%
41,9%
-8,3%
-0,3%
0,4%
-6,0%
-2,3%
4,9%
-3,8%
0,7%
-0,5%
-0,6%
-3,0%
-8,0%
8,5%
39,5%
-5,9%
I dati si non includono il Trentingrana e fanno riferimento al solo canale retail, distribuzione moderna
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati IRI.
14
Consorzio Tutela Grana Padano
Per quanto concerne i canali di vendita, l’unico a crescere è quello dei supermercati dove nel 2014 le
vendite di Grana Padano hanno fatto un balzo in avanti del 2,2% a volume e 0,7% a valore. Anche in
questo caso, le vendite crescono nel principale canale di riferimento, i super, che rappresentano il 59,2%
del mercato a volume. Negative invece le performance di tutti gli altri canali della distribuzione
moderna, primo fra tutti quello degli ipermercati (-2,8% a volume e -3,8% a valore), secondo per
importanza dopo i super. Anche l’analisi dei formati di vendita infine mette in luce tendenze divergenti;
da un lato calano i volumi e i valori commercializzati di Grana Padano in forme, pezzi e bocconcini.
Dall’altro, si segnala un forte incremento del grattugiato le cui vendite, nel 2014, sono aumentate del
10,3% a volume e dell’8,5% a valore.
Il quadro delle vendite mette in evidenza quindi come i consumi nazionali di Grana Padano nel 2014 si
siano fondamentalmente assestati anche se, osservando le performance della categoria grana, i prodotti
delle fasce di prezzo superiori (Trentingrana e Parmigiano Reggiano) hanno fatto registrare tassi di
crescita più elevati. In controtendenza invece gli altri formaggi duri (tra cui i similari) che negli anni
passati avevano eroso quote di mercato ai prodotti DOP.
Figura 5 – Composizione delle vendite di Grana Padano DOP per area geografica, canale distributivo e
formato di vendita (% sul totale vendite in volume Grana Padano)
Area Geografica
SUD
28,9%
Canale distributivo
LSP
15,6%
NORDOVEST
30,5%
DISCOUNT
(solo PI)
9,2%
SUPER
59,2%
CENTRO
22,9%
NORD-EST
17,7%
Formato di vendita
BOCCONCI
NI/CUBETTI
2,6%
SCAGLIE
0,5%
GRATTUGI
ATO
24,1%
FORME
(PV)
69,5%
IPER
15,9%
PEZZI (PI)
3,2%
I dati si riferiscono al periodo gennaio-dicembre 2014-e non includono il Trentingrana
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati IRI.
Se le vendite interne mettono in luce un quadro di stabilità rispetto al 2013, le esportazioni di Grana
Padano DOP proseguono il percorso di crescita intrapreso negli anni passati. Lo dimostra l’incremento
del 4,5% (Figura 6) delle forme esportate nel 2014, che equivale a oltre 68.000 forme in più collocate sui
mercati esteri nell’ultimo anno – per un totale di 1,58 milioni di forme commercializzate fuori dai confini
nazionali. Questo incremento assume ancor più valore se inquadrato nel contesto macro economico di
recessione e stagnazione dei consumi descritto in precedenza e tenendo conto soprattutto che i
principali mercati di destinazione del Grana Padano sono quelli che più hanno risentito degli effetti della
crisi sulle vendite (Paesi membri dell’Unione Europea, Germania in primis). Tale performance è perfino
15
Consorzio Tutela Grana Padano
superiore al più generale incremento delle esportazioni italiane di formaggi duri vaccini DOP (di cui il
Grana Padano rappresenta circa il 75%) che nel 2014 si è attestata sul +3,3%.
Figura 6 – Esportazioni di Grana Padano DOP: numero di forme e propensione all’export*
1.800.000
Forme esportate
1.600.000
Propensione all'export
32,8%
35%
30%
1.400.000
1.200.000
25%
21,7%
1.000.000
20%
800.000
15%
600.000
10%
400.000
5%
200.000
0
0%
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
*Forme esportate/forme prodotte
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat, Consorzio Tutela Grana Padano e Clal.
L’analisi della propensione all’export, intesa come rapporto tra quantità esportate e quantità totali
prodotte a livello nazionale, fornisce ulteriori elementi per valutare l’evoluzione dei flussi commerciali di
Grana Padano. Nell’ultimo anno, infatti, nonostante l’aumento delle forme esportate, questo parametro
è sceso a quota 32,8%, rispetto al 33,3% dell’anno precedente dopo alcuni anni di crescita. Le ragioni di
questa stabilizzazione sono evidentemente da ricercarsi nel forte incremento produttivo realizzato dai
caseifici che ha visto il numero di forme prodotte aumentare del 6%. In generale comunque si tratta di
un valore particolarmente elevato se si considera che la propensione all’export dell’industria alimentare
italiana si attesta sul 21%. D’altra parte, l’aumento delle forme collocate sui mercati terzi non
rappresenta più solo un’opportunità per le imprese di raggiungere un più ampio bacino di consumatori,
ma, in questi anni di scarsa dinamicità della domanda italiana, è diventata sempre più una necessità per
evitare di deprimere il mercato domestico. Soprattutto se si tiene conto del trend delle vendite
osservato negli ultimi 3 anni. Già in passato, infatti, gli eccessi di offerta hanno provocato il crollo dei
prezzi mettendo in crisi la sostenibilità economica del sistema Grana Padano.
16
Consorzio Tutela Grana Padano
La qualità
Le straordinarie condizioni climatiche e di mercato che hanno contraddistinto l’annata produttiva 2014
hanno indirettamente prodotto effetti anche sul livello qualitativo delle forme prodotte. Negli ultimi tre
anni, i prezzi del formaggio avevano garantito un’adeguata remunerazione ai produttori permettendo
loro di curare gli aspetti qualitativi della produzione e quindi di contenere la quota di sottoscelto
marchiabile al di sotto del 20%. Nel 2014, la concomitanza di riduzione delle quotazioni e innalzamento
della produzione di latte -- legata alle condizioni climatiche che, soprattutto in estate, hanno favorito la
produttività delle bovine – hanno spinto i caseifici a realizzare un maggior numero di forme con un più
elevato contenuto di grasso e acqua. Le conseguenze di questa combinazione di eventi hanno quindi
influito sul livello qualitativo finale delle forme. La Figura 7 mostra chiaramente come la quota di Grana
Padano sottoscelto marchiabile sia incrementata considerevolmente passando dal 23,7% del gennaio
2014 al 34,21% di dicembre. Già in passato, Il riprodursi di marginalità negative, legato al calo dei prezzi
di vendita all’ingrosso, nel periodo 2008-2011, aveva messo a dura prova la qualità media delle forme
prodotte di Grana Padano. Infatti, per tutto il 2008 e buona parte del 2009 la quota di formaggio di
categoria “Uno2” si era mantenuta a livelli decisamente elevati (intorno al 30%) a discapito delle
categorie “Scelto” e “Zero”. Di certo, il piano di regolazione dell’offerta, grazie al sistema di
contribuzione aggiuntiva (cd. differenziata) che si attiva in caso di sforamento del punto di riferimento
aziendale e del punto di equilibrio complessivo, ha permesso di contenere il surplus produttivo e quindi
di limitare l’incremento del numero di forme classificate come sottoscelto marchiabile.
Figura 7 – Quota di sottoscelto marchiabile (% marzo 2009 - marzo 2015)
38,1%
40%
35%
32,1%
30%
25%
20%
15%
14,5%
dic-14
mar-15
set-14
giu-14
mar-14
dic-13
set-13
giu-13
dic-12
mar-13
set-12
giu-12
dic-11
mar-12
set-11
giu-11
dic-10
mar-11
set-10
giu-10
mar-10
dic-09
set-09
giu-09
mar-09
10%
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Consorzio Tutela Grana Padano.
2
Formaggio sottoscelto marchiabile. Le categorie marchiabili sono, in ordine di qualità, lo “Scelto”, lo “Zero” e
l’”Uno”. La forma che non ha le caratteristiche minime per rientrare in una di queste categorie viene retinata e
immessa sul mercato come formaggio duro non marchiato.
17
Consorzio Tutela Grana Padano
RISULTATI OTTENUTI E IMPATTO SUL MERCATO DEL LATTE
I caseifici aderenti al Consorzio del Grana Padano, considerati nel loro complesso, hanno sensibilmente
aumentato la propria produzione nel corso del 2014, facendo registrare una crescita del 6,0% rispetto
all’anno precedente e arrivando così a una produzione complessiva di 4.840.019 forme di Grana Padano
(Tabella 5).
Tabella 5- Produzione totale di Grana Padano DOP (forme, 2012–2013-2014)
GENNAIO
FEBBRAIO
MARZO
APRILE
MAGGIO
GIUGNO
LUGLIO
AGOSTO
SETTEMBRE
OTTOBRE
NOVEMBRE
DICEMBRE
TOTALE
2012
2013
2014
VAR. 2014/13
forme
forme
forme
%
453.049
443.630
488.014
471.076
464.392
418.667
348.053
316.027
270.100
311.071
337.798
399.357
431.511
415.285
475.400
455.416
445.207
397.698
317.736
272.542
266.536
335.512
353.030
399.464
442.836
424.681
486.481
476.647
469.681
426.387
384.725
352.623
304.088
325.273
337.543
409.054
2,6%
2,3%
2,3%
4,7%
5,5%
7,2%
21,1%
29,4%
14,1%
-3,1%
-4,4%
2,4%
4.721.234
4.565.337
4.840.019
6,0%
Fonte: Consorzio Tutela Grana Padano.
Per quanto concerne l’applicazione del meccanismo della contribuzione differenziata la situazione è
stata la seguente (dati Consorzio Grana Padano):

La sommatoria delle forme prodotte in più rispetto ai punti di riferimento assegnati è
stata di +353.031;

La sommatoria delle forme prodotte in meno rispetto ai punti di riferimento assegnati è
stata di -33.456;

Non sono state compensate forme;

Sono andate in contribuzione differenziata 353.031 forme, pari all’100%.
Nel corso del secondo anno di applicazione del piano di regolazione dell’offerta, il punto di equilibrio
complessivo (effettivo) è stato fissato a quota 4.387.500 forme. Per soddisfare un tale livello produttivo
sarebbero stati necessari 23.309.192 quintali di latte (Tabella 6) che rappresentano il 40,7% del totale
18
Consorzio Tutela Grana Padano
latte raccolto nelle provincie di riferimento3. Rispetto a quanto accadeva prima dell’applicazione del
nuovo piano di regolazione dell’offerta (media del triennio 2010-2012) in cui venivano trasformati in
Grana Padano DOP 24.307.358 quintali di latte, si tratta di una riduzione della domanda di latte per
Grana pari a circa 998.166 quintali. Tale quantità teoricamente sarebbe disponibile per destinazioni
alternative al Grana Padano DOP nell’areale di riferimento, con conseguenze trascurabili sul mercato del
latte a causa della ridotta incidenza rispetto ai volumi totali di latte prodotti (1,7%) nelle province
interessate.
In realtà, nel 2014, come visto nei paragrafi precedenti, le condizioni di mercato hanno spinto la
produzione dei caseifici oltre il punto di equilibrio fissato nonostante questo abbia comportato
l’attivazione del meccanismo di contribuzione differenziata. La domanda di latte per Grana Padano DOP
si è quindi attestata sui 25.836.370 quintali. Questo valore, rapportato alla quantità di latte media
annuale destinata a Grana Padano nel periodo 2010-2012, si concretizza in un incremento di 1.529.012
quintali, pari al 2,6% del latte raccolto nelle province su cui insiste la produzione del formaggio DOP.
Appare quindi evidente come il piano produttivo, nell’annata produttiva 2014, non abbia avuto impatti
negativi sul mercato del latte rendendo indisponibile una quota di prodotto.
Tabella 6 - Impatto dell’adozione del piano sul mercato del latte nell’areale di produzione del
formaggio Grana Padano DOP
Ante Piano
media
2010-2012
Produzione (FF)
Latte a Grana Padano (q.li)
Latte a Grana Padano - ∆ piano in corso-ante piano (q.li)
Tot. Latte raccolto nelle province (q.li)
Latte Grana Padano/tot latte raccolto nelle province
Var. latte destinaz. alternative a Grana Padano
4.575.395
24.307.358
57.331.173
Piano in
Piano in
corso
corso
2014 - punto
2014 d'equilibrio
reale
4.387.500 4.840.019
23.309.192 25.836.370
-998.166 1.529.012
59.889.910
40,7%
43,1%
1,7%
-2,6%
var.
2014/media
2010-2012
5,8%
6,3%
4,5%
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Consorzio Tutela Grana Padano.
Nell’annualità 2014, il piano di regolazione dell’offerta del Grana Padano DOP ha permesso di
raggiungere importanti obiettivi, nonostante le complicate condizioni che hanno caratterizzato il
mercato lattiero-caseario.
In particolare:
3
In questo caso sono state considerate le province su cui effettivamente sussiste la produzione di Grana Padano:
Bergamo, Brescia, Cremona, Cuneo, Lodi, Mantova, Padova, Pavia, Piacenza, Rovigo, Trento, Vicenza, Verona.
19
Consorzio Tutela Grana Padano

è proseguito il trend di crescita delle esportazioni di forme. Nell’ultimo anno si è registrato
l’ennesimo record di forme di Grana Padano commercializzate in Paesi terzi, risultato senz’altro
ottenuto grazie alle accresciute capacità dei caseifici di saper aggredire e presidiare i mercati
esteri ma anche agli investimenti in promozione effettuati dal Consorzio di Tutela grazie alle
risorse raccolte con il meccanismo della contribuzione differenziata previsto dal piano
produttivo.

Le performance di vendita sul mercato domestico sono risultate stabili nonostante anche il 2014
sia stato un anno caratterizzato da una flessione dei consumi alimentari. Anche in questo caso, a
tale risultato hanno in buona parte contribuito gli investimenti promozionali.

Il piano produttivo non ha reso indisponibile una quota di prodotto4; al contrario, le condizioni di
mercato hanno provocato un incremento dei livelli produttivi a quota 4,8 milioni di forme. A tal
proposito è importante sottolineare come il piano abbia permesso di mantenere sotto controllo
le quantità prodotte e immesse sul mercato. I produttori, infatti, sono stati disincentivati dal
realizzare un numero di forme ancor superiore rispetto a quello effettivamente raggiunto grazie
al meccanismo della contribuzione differenziata. Questo sistema ha quindi scongiurato un
eccesso di offerta che avrebbe potuto deprimere un mercato già contraddistinto da prezzi
contenuti.

La qualità del formaggio ha risentito degli effetti derivanti dalle basse quotazioni e dal surplus
produttivo. Tuttavia, come appena accennato, il sistema della contribuzione differenziata ha
permesso di arginare ulteriori produzioni contenendo quindi l’aumento della quota di prodotto
di categoria sottoscelto marchiabile.
In definitiva, nel 2014 il piano di regolazione dell’offerta è stato in grado di espletare il suo ruolo di
monitoraggio del mercato, mantenimento dell’equilibrio tra domanda e offerta, consolidamento e
acquisizione di nuovi spazi di mercato e preservazione della qualità del prodotto. Nel 2015, alla luce
delle prospettive incerte dei mercati lattiero caseari (basso livello delle quotazioni e aspettative su un
mercato senza quote latte e sull’evoluzione della domanda mondiale), questo strumento rappresenterà
ancor di più uno strumento fondamentale nelle mani dei produttori per affrontare le sfide impegnative
che si trovano innanzi.
4
Punto 5 del documento “Criteri per la valutazione e l’istruttoria dei Piani di regolazione dell’offerta dei formaggi
DOP e IGP” predisposto dal Comitato per la valutazione dei Piani di regolazione dell’offerta dei formaggi DOP e IGP
20