1) La filosofia come creazione del genio ellenico

Transcript

1) La filosofia come creazione del genio ellenico
1
CHE COS’E’ LA FILOSOFIA – ORIGINE DELLA FILOSOFIA IN GRECIA
La filosofia è una particolare forma di conoscenza, una particolare espressione della cultura, cioè della coscienza
che l’uomo ha di se stesso e della realtà che lo circonda. Gli storici della filosofia ritengono (per le ragioni che
vedremo oltre) che essa sia stata creata nell’antica Grecia, a partire dal VI secolo a.C. Quindi per definire la
filosofia dobbiamo far riferimento anzi tutto a ciò che i Greci stessi intendevano con questo termine, al significato e
alle caratteristiche che essi attribuivano a questa particolare attività del pensiero umano. Successivamente, nel
corso della storia, la filosofia ha assunto anche altri significati e altre funzioni, ma la definizione data dagli antichi
Greci conserva la sua validità perché identifica i tratti essenziali della filosofia. Quindi, per comprendere che cos’è
la filosofia, partiamo dalla definizione fornita dai primi filosofi antichi.
“CONCETTO E FINE DELLA FILOSOFIA ANTICA
1) I caratteri essenziali della filosofia antica
A) La filosofia come amore di sapienza
La tradizione vuole che il creatore del termine "filo-sofia" sia stato Pitagora: cosa, questa, che, se non è
storicamente sicura, è tuttavia verosimile. Il termine è stato certamente coniato da uno spirito religioso, che
presupponeva come possibile solo agli dèi una sophia (σουία = sapienza), ossia un possesso certo e totale del
vero, mentre riservava all’uomo sola mente una tendenza alla sophia, un continuo avvicinarsi al vero, un amore di
sapere mai appagato del tutto, da cui, appunto, il nome "filo-sofia", ossia "amore di sapienza".
Che cosa intesero i Greci con questa amata e ricercata "sapienza"?
Fin dal suo primo nascere, la filosofia presentò i seguenti tre connotati, riguardanti:
a) il suo contenuto;
b) il suo metodo;
c) il suo scopo.
B) Il contenuto della filosofia
Per quanto concerne il contenuto, la filosofia vuole spiegare la totalità delle cose, ossia tutta quanta la
realtà, senza esclusione di parti o di momenti.
La filosofia si distingue pertanto dalle scienze particolari, che si chiamano così appunto perché si limitano a
spiegare parti o settori della realtà, gruppi di cose o di fenomeni” 1 (p.e. la matematica studia soltanto i numeri; la
fisica studia i corpi materiali, la biologia studia gli organismi viventi, la zoologia studia gli animali, la botanica i
vegetali, l’astronomia le stelle e i pianeti ecc.).
Tuttavia la realtà totale non può essere conosciuta e spiegata semplicemente elencando tutti gli elementi che
sono contenuti in essa, infatti sarebbe impossibile redigere un elenco completo, ed inoltre un elenco di tal genere,
anche se potesse essere realizzato, non spiegherebbe la struttura della realtà, l’organizzazione della realtà totale.
Quindi la filosofia, per conoscere e spiegare l’intera realtà, ne cerca le cause prime, o il primo principio, o gli
aspetti universali .
Infatti già i primi filosofi ricercavano «il pr incip io (ar ché - ἀρτή ) di tutt e le cos e», e anche
Aristotele (uno dei maggiori filosofi antichi), concepisce la filosofia come la scienza dei primi principi e delle
prime cause, ossia delle cause di tutto l’essere, come la scienza più universale.
“Si trova però nella storia della filosofia un altro concetto della filosofia stessa: è quello della filosofia come
impostazione e soluzione del problema della vita: che significato, che valore ha la vita umana? e in che modo
l’uomo può condurre una vita buona e può realizzarsi, raggiungendo la felicità? Ma i due problemi - quello
dell’essere nella sua totalità, e quello della vita umana – sono strettamente connessi, perché l’uomo fa parte del
tutto, e risolvere il problema del tutto significa anche risolvere il problema dell’uomo, del valore della vita
umana; infatti, per sapere quale significato ha la vita umana bisogna vedere da dove essa proviene e dove
termina (sono io il prodotto di forze cieche o di una provvidenza ordinatrice? Il termine della mia vita è il nulla o
è il conseguimento di un’altra vita, più intensa e più alta?) Per rispondere a questa domanda dobbiamo svolgere
tutta la filosofia, dobbiamo studiare tutta la realtà.
Per questo la filosofia, pur nella sua apparente astrazione, incide così profondamente sulla vita. Non è
indifferente per la vita morale di un uomo la filosofia che egli professa, mentre è indifferente il suo grado di
conoscenza in fatto di matematica o di chimica.” 2
“ C) Il metodo della filosofia
1
Giovanni Reale / Dario Antiseri, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1A, Editrice La Scuola Brescia 2012,
pp. 23-25
2
Sofia Vanni Rovighi, Elementi di filosofia, vol. I, Editrice La Scuola
2
Per quanto concerne il metodo, la filosofia mira ad essere spiegazione puramente razionale di quella
totalità che ha come oggetto. Ciò che vale in filosofia è l’argomento di ragione, la motivazione logica, il logos
(λόγος) . Non basta alla filosofia constatare, accertare dati di fatto, adunare esperienze: la filosofia deve andare
oltre il fatto, oltre le esperienze, per trovare la causa o le cause solo con la ragione. È proprio questo il
carattere che conferisce "scientificità" alla filosofia. Si dirà che tale carattere è comune anche alle altre scienze,
le quali non sono mai mero accertamento empirico, ma sono sempre ricerca di cause e di ragioni; ma la
differenza sta nel fatto che le scienze particolari, come abbiamo già detto, sono ricerche razionali di realtà
particolari e di settori particolari, la filosofia, invece, è ricerca razionale di tutta quanta la realtà (del principio o dei
princìpi di tutta quanta la realtà).
E, con questo, viene chiarita anche la differenza fra filosofia, arte e religione. Anche la grande arte e le grandi
religioni mirano a cogliere il senso della totalità del reale, ma lo fanno, l’una, con il mito e la fantasia, l’altra,
invece, con la credenza e con la fede, mentre la filosofia cerca la spiegazione della totalità del reale appunto a
livello di logos.” 3
Riguardo a questo va notato che, prima della nascita della filosofia, la sapienza degli antichi Greci, (e anche la
sapienza degli altri popoli antichi), era espressa e tramandata soprattutto attraverso i miti narrati nelle opere
letterarie: i miti erano racconti (e non argomentazioni) nei quali i popoli trovavano risposta ai grandi interrogativi
sull’origine dell’universo, dell’uomo, della società e delle leggi, sulla divinità e sui rapporti tra gli uomini e gli dei,
sul destino dell’uomo, sul bene e sul male. Tutte le credenze religiose p.e. erano fondate sui miti. L’origine dei miti
era remota e avvolta dal mistero, e si tendeva ad attribuire ai miti un’origine divina e a credere nei miti. Il mito non
era un discorso argomentativo che poteva essere compreso razionalmente ed eventualmente discusso e criticato, era
invece un racconto che doveva essere accettato e creduto. La filosofia greca nasce proprio differenziandosi dalla
mitologia, criticandola, respingendo il credere senza ragioni, e propone invece spiegazioni che si reggono su
argomentazioni razionali, e che pertanto possono essere valutate, discusse e criticate da tutti gli esseri umani.
“D) Lo scopo della filosofia
Lo scopo o il fine della filosofia sta nel puro desiderio di conoscere e di contemplare la verità. La filosofia
greca è, insomma, disinteressato amore di verità.
Gli uomini - scrive Aristotele - nel filosofare «ricercarono il conoscere al fine di sapere e non per conseguire
qualche utilità pratica». E infatti la filosofia nasce solo dopo che gli uomini hanno risolto i problemi fondamentali
della sussistenza e si sono liberati delle più urgenti necessità materiali.
«È evidente dunque - conclude Aristotele - che noi non ricerchiamo la filosofia per nessun vantaggio che sia
estraneo ad essa, e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non asservito ad
altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, diciamo libera: essa sola è fine a se stessa».
È fine a se stessa perché ha di mira la verità, la quale è cercata, contemplata e fruita come tale.” 4
L’aggettivo Teoretica con cui si qualifica la filosofia designa esattamente la sua finalità puramente conoscitiva e il suo
carattere disinteressato.
Tuttavia il fatto che la filosofia sia “teoretica”, cioè disinteressata e priva di utilità pratica, non comporta che essa
sia del tutto inutile e superflua. Essa non è asservita a scopi utilitaristici, ma possiede una grande rilevanza morale e
politica. Infatti, come abbiamo già rilevato, la concezione della realtà intera e dell’esistenza umana incide
profondamente sulla vita morale degli uomini, sui loro comportamenti individuali e collettivi. Inoltre occorre
precisare che nell’antichità molti filosofi hanno attribuito alla filosofia lo scopo di guidare gli uomini alla “vita
buona” e alla felicità, le hanno quindi assegnato una funzione etica: la filosofia dunque non cerca solo la sapienza
(la conoscenza della verità), ma cerca anche la saggezza, cioè l’arte di vivere bene. Soprattutto nella tarda antichità
(nel periodo ellenistico e nel periodo dell’impero romano) il filosofo è stato identificato con il saggio, colui che sa
fronteggiare i mali della vita e sa conservarsi libero e sereno anche nelle circostanze più ostili ; in tal senso la
filosofia è stata anche considerata una via di “salvezza” ed è stata avvicinata alla religione.
“Questi tre connotati della filosofia (contenuto, metodo e scopo) rendono evidente l’assoluta originalità di
questa creazione greca. Anche i popoli orientali ebbero una "sapienza" che tentava di interpretare il senso di tutte le
cose (il senso dell'intero), e che non era asservita a scopi pratici. Ma tale sapienza era intrisa di rappresentazioni
fantastiche e mitiche e questo la riportava nella sfera dell’arte, della poesia o della religione. Nell'aver tentato
questo approccio con il tutto facendo uso della sola ragione (del logos) e del metodo razionale, sta, in conclusione,
la grande scoperta della greca "filo-sofia". Una scoperta che ha condizionato strutturalmente e in maniera
irreversibile tutto l’Occidente.
2) La filosofia come bisogno primario dello spirito umano
3
4
G.Reale /D.Antiseri, op.cit. pag. 24
G.Reale /D.Antiseri, op.cit. pag. 24
3
Ma - si domanderà - perché l’uomo ha sentito il bisogno di filosofare? Gli antichi rispondevano che tale
bisogno si radica in maniera strutturale nella stessa natura dell’uomo: «Tutti gli uomini - scrive Aristotele - per
natura aspirano al sapere». E ancora: «L’esercitare la sapienza e il conoscere sono desiderabili per se stessi dagli
uomini: non è possibile, infatti, vivere da uomini senza queste cose».
E gli uomini tendono al sapere perché si sentono pieni di "stupore" o di "meraviglia". Dicono Platone e
Aristotele: «Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da
principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco,
giunsero a porre problemi sempre maggiori, come i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e
degli astri e poi i problemi riguardanti l'origine dell’intero universo».
Dunque, proprio questa "meraviglia", la quale sorge nell’uomo che si pone nei confronti del Tutto (dell’intero)
e si chiede quale sia l’origine e il fondamento di esso e quale posto occupi egli stesso in questo universo, è la radice
della filosofia. E se così è, la filosofia è ineliminabile e irrinunciabile, appunto perché è ineliminabile la meraviglia
di fronte all’essere, così come irrinunciabile è il bisogno di soddisfare ad essa.
Perché c'è questo tutto? Da che cosa è sorto? Qual è la sua ragion d’essere? Sono problemi, questi, che
equivalgono al seguente: perché c'è l'essere e non il nulla?
E un momento particolare di tale problema generale è anche il seguente: perché c'è l’uomo? perché io esisto?
Come è evidente, si tratta di problemi che l’uomo non può non porsi, o, comunque, sono problemi che, nella
misura in cui vengono rifiutati, menomano colui che li rifiuta. E sono problemi che mantengono il loro senso
preciso anche dopo il trionfo delle scienze particolari moderne, perché nessuna di queste è fatta per risolverli. Le
scienze rispondono solamente a domande sulla parte e non a domande sul senso del "tutto".
Per queste ragioni, dunque, potremmo ripetere, con Aristotele, che, non solo in origine, ma anche ora, e sempre, la vecchia domanda sull’intero ha senso, e avrà senso, fino a quando l’uomo proverà "meraviglia" di fronte
all’essere delle cose e di fronte al proprio esserci.” 5
GLOSSARIO DI ALCUNI TERMINI-CHIAVE DEL
LINGUAGGIO FILOSOFICO
(tratto da Protagonisti e testi della filosofia di Abbagnano-Fornero)
“Prima di intraprendere lo studio della storia della filosofia è bene aver presente il significato di alcuni termini che
ricorrono continuamente in questa disciplina, termini che saranno afferrati in tutta la loro portata solo alla fine del
Corso, ma di cui è possibile avere una comprensione preliminare.
 Storicamente parlando, la filosofia («amore del sapere», dal greco υιλέω, «amare» e σουία, «sapienza») si è
configurata come un’indagine critica e razionale intorno agli interrogativi di fondo che l’uomo si pone circa se
stesso e le realtà che lo circondano. Gli ambiti problematici in cui si è articolato il discorso dei filosofi
dell’Occidente, a cominciare da quelli del mondo antico, sono rappresentati soprattutto dalla metafisica, dalla
gnoseologia e dall’etica.
 Per metafisica (dal greco μετὰ τα υσσικὰ, «dopo la fisica») si intende quella parte della filosofia che si
interroga sulle strutture ultime e sulle cause supreme delle cose. All’inizio, con i presocratici, la metafisica ha
preso le sembianze della cosmologia (dal greco κόσμος, «universo» e λόγος, «discorso, ragione, pensiero»), ossia
di un’indagine intorno all’universo naturale e ai princìpi che lo costituiscono. In seguito, soprattutto con Aristotele,
si è presentata soprattutto nelle vesti dell’ontologia ( dal greco ὢν-ὄντος participio presente di εἶναι, «essere» e
λόγος), ossia di una trattazione intorno all’essere o alla realtà in generale. Strettamente connessa alla metafisica è
la teologia (dal greco θεός, «Dio» e λόγος), che si interroga intorno all’esistenza di Dio. In altri termini, la
metafisica è quella sezione del pensiero filosofico che si è storicamente concretizzata in domande del tipo: «quali
sono i princìpi e gli elementi di base dell’universo?», «che cos’è l’essere e quali sono le sue strutture di fondo?»,
«esiste o meno un Dio?», «l’ordine del cosmo obbedisce ad un piano intelligente o è frutto di una necessità
meccanica?» ecc.
 Per gnoseologia (dal greco γνῶσις, «conoscenza» e λόγος) si intende quella parte della filosofia che si occupa
dei problemi relativi alla genesi, alla natura e alla validità della conoscenza. Infatti, i filosofi non si sono interrogati
solo intorno alla struttura della realtà, ma anche sui mezzi tramite cui la conosciamo. La gnoseologia o teoria della
conoscenza si concretizza in domande del tipo: «da dove provengono le nostre cognizioni?», «in che rapporto
5
G.Reale /D.Antiseri, op.cit. pp. 24-25
4
stanno la mente e le cose, il pensiero e l’essere?», «quali relazioni sussistono fra i sensi e la ragione?», «che
valore hanno i nostri concetti?», «quali sono le garanzie di un sapere vero?» ecc.
Connessa in qualche modo alla gnoseologia è la logica (dal greco λόγος) la quale, almeno nella accezione greca del
termine si occupa di ciò che concerne i nostri discorsi e le modalità attraverso cui formuliamo i nostri
ragionamenti.
 L’etica (dal greco ἔθος, «abitudine») o morale (dal latino mos «costume, modo di vita») è quella parte della
filosofia che studia il nostro comportamento e le norme cui esso obbedisce, sia descrivendo come di fatto agiamo,
sia prescrivendo come dovremmo agire. In altri termini, l’etica è quella sezione del pensiero filosofico che si è
storicamente concretizzata in domande del tipo: «quali sono i motivi che spingono gli individui ad agire?», «che
cos’è il bene?», «qual è il fine ultimo di tutte le nostre azioni?», «che cos’è la felicità?», «da dove possiamo
ricavare le norme ispiratrici della nostra condotta?» ecc.
Strettamente connessa all’etica è la filosofia politica che si occupa (in modo descrittivo e prescrittivo) dei problemi
relativi alla vita associata, concretizzandosi in questioni del tipo: «qual è il fine dello Stato?», «quali sono le forme
ottimali di governo?», «chi deve comandare?», «che cos’è la giustizia, che cos’è la libertà?» ecc.
 Parallelamente a queste tematiche la filosofia ha storicamente affrontato altre questioni: dal problema delle leggi
(filosofia del diritto), a quello dell’arte e della bellezza (estetica, dal greco αἴσθησις, «sensazione» ); dal
problema del linguaggio (filosofia del linguaggio) a quello della scienza (epistemologia, dal greco ἐπιστήμη ,
«scienza»,); dal problema dell’uomo e del suo posto nel mondo (antropologia, dal greco ἄνθρωπος, «uomo») a
quello della civiltà e della storia (filosofia della storia) ecc.
 Oltre a questi termini che indicano settori e aspetti della ricerca filosofica, va chiarita l’espressione filosofia
teoretica (oppure speculativa), che sta a indicare il carattere puro e disinteressato della ricerca filosofica,
finalizzata alla conoscenza della verità in se stessa, senza obiettivi pratici o finalità utilitaristiche.
Da ciò la vastità e ricchezza del discorso filosofico, il quale appare come un aspetto costitutivo di ciò che
denominiamo con il termine “uomo”, al punto che Platone affermava che non si può essere uomini senza essere,
in qualche modo, filosofi.
Ecco taluni passi di Abbagnano che esemplificano la stretta connessione fra esistere e filosofare: «La filosofia non
si giustifica come lavoro d’indagine o ricerca dottrinale, se non la si riconosce formata sulla natura stessa
dell’uomo, in quanto esistenza», «Trattare oggi della natura della filosofia significa ritenere già fermamente
stabilito un punto essenziale: la necessità per l’uomo, per ciò che egli è, per ciò che deve essere, del filosofare»,
«Filosofare significa per l’uomo, in primo luogo, affrontare ad occhi aperti il proprio destino e porsi chiaramente i
problemi che risultano dal proprio rapporto con se stesso, con gli altri uomini e con il mondo».” 6
“GENESI DELLA FILOSOFIA PRESSO I GRECI
1) La filosofia come creazione del genio ellenico
La filosofia, sia come termine sia come concetto, è considerata dalla quasi totalità degli studiosi come una
creazione peculiare dei Greci. In effetti, tutte le altre componenti della civiltà greca hanno un corrispettivo presso
altri popoli dell’Oriente che raggiunsero anteriormente o parallelamente ai Greci livelli di progresso assai elevati;
infatti credenze e culti religiosi, manifestazioni artistiche di varia natura, conoscenze e abilità tecniche, istituzioni
politiche, organizzazioni militari esistevano anche presso i popoli orientali che si affacciarono alla civiltà prima
dei Greci. Per quanto concerne la filosofia, invece, noi ci troviamo di fronte a un fenomeno così nuovo che
non soltanto non ha un corrispettivo identico presso questi popoli, ma che non ha nemmeno qualcosa di analogo e
di paragonabile con la filosofia greca.
Rilevare tutto ciò significa riconoscere che in questo campo i Greci diedero alla civiltà qualcosa che essa non
aveva , e che – come vedremo – si sarebbe rivelata di tale portata rivoluzionaria da mutare il volto alla civiltà
medesima. Se non si tiene ben presente tale concetto, è impossibile comprendere perché la civiltà occidentale,
sotto la spinta dei Greci, abbia preso una direzione completamente differente da quella dell’Oriente. In
particolare, non si può comprendere perché la scienza sia potuta nascere solamente in Occidente e non in Oriente;
infatti gli Orientali, quando hanno voluto beneficiare della scienza occidentale e dei suoi risultati, hanno dovuto
far proprie anche alcune categorie della logica occidentale, ed è stata proprio la filosofia greca che ha creato
queste categorie e questa logica, ossia un modo di pensare e una mentalità del tutto nuovi, ed è stata la filosofia,
6
Abbagnano - Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, vol. 1 Paravia:
5
con le sue categorie razionali, a render possibile la nascita della scienza e , in certo senso, a generarla. E
riconoscere questo significa riconoscere ai Greci il merito dì aver apportato un contributo davvero eccezionale alla
storia della civiltà.
2) L’ impossibilità di una derivazione della filosofia dall’Oriente
Naturalmente, non sono mancati, sia da parte di alcuni antichi, sia da parte di storici della filosofia moderni
(specie nell’età romantica), tentativi di far derivare la filosofia greca dall’Oriente, soprattutto sulla base di generiche analogie constatabili tra le concezioni dei primi filosofi greci e certe idee proprie della sapienza orientale.
Tuttavia, nessuno è riuscito in questo intento, e la critica rigorosa, già a partire dalla fine del XIX secolo, ha
addotto una serie di argomentazioni incontrovertibili contro la tesi della derivazione della filosofia dei Greci
dall’Oriente:
a) In epoca classica nessuno dei filosofi né degli storici greci fa il minimo accenno ad una derivazione della
filosofia dall’Oriente.
b) Noi non siamo a conoscenza di qualche utilizzazione da parte dei Greci di scritti orientali né di traduzioni
dei medesimi.
c) Se anche si potesse dimostrare che qualche idea dei filosofi greci abbia antecedenti nella sapienza orientale,
e che da questa sia potuta derivare, non cambierebbe la sostanza del problema che stiamo discutendo. Infatti, i
popoli orientali con i quali i Greci vennero a contatto possedevano, sì, una forma di "sapienza" fatta di convinzioni
religiose, miti teologici e "cosmogonici", ma non una scienza filosofica basata sulla pura ragione; perciò, dal
momento in cui la filosofia nacque in Grecia, rappresentò una nuova forma di espressione spirituale, tale che,
nell’istante stesso in cui accoglieva i frutti di altre forme di vita spirituale, li trasformava
strutturalmente, dando loro una forma rigorosamente logica.
3) Le cognizioni scientifiche egizie e caldaiche e la trasformazione operata dai Greci
Dagli Orientali i Greci presero, invece, alcune conoscenze scientifiche. Infatti:
a) dagli Egizi derivarono alcune conoscenze matematico-geometriche;
b) dai Babilonesi alcune cognizioni astronomiche.
Ma anche quelle nozioni sono state radicalmente trasformate dai Greci proprio a livello conoscitivo.
a) Per quanto ci risulta, la matematica egizia consisteva prevalentemente nella conoscenza di
operazioni di calcolo aritmetico aventi scopi pratici, come ad esempio il modo di misurare certe quan tità
di derrate alimentari, oppure di dividere un determinato numero di cose fra un dato numero di persone. E
così, analogamente, la geometria doveva avere carattere prevalentemente pratico e rispondere, ad esempio,
alla necessità di rimisurare i campi dopo le periodiche inondazioni del Nilo, o alla necessità della
progettazione e della costruzione delle piramidi. Tuttavia, è chiaro che gli Egizi, nel raggiungere quelle
conoscenze matematico-geometriche, esplicarono una attività di ragione, e anche assai considerevole. Ma
nella rielaborazione dei Greci quelle conoscenze divennero qualcosa di assai più consistente, compiendo un
vero e proprio salto di qualità. Essi, infatti, soprattutto con Pitagora e i Pitagorici, trasformarono quelle
nozioni in una teoria generale e sistematica dei numeri e delle figure geometriche, andando assai al di là degli
scopi prevalentemente pratici cui gli Egizi sembrano essersi limitati.
b) La stessa considerazione vale per le nozioni astronomiche. I Babilonesi le elaborarono a scopi
prevalentemente pratici, ossia per fare gli oroscopi e le predizioni; i Greci le purificarono e le
coltivarono a fini prevalentemente conoscitivi, in virtù di quello spirito "teoretico" mirante all'amore della
pura conoscenza, da cui nacque e trasse alimento la filosofia.
II. LE FORME DELLA VITA GRECA CHE PREPARARONO LA NASCITA DELLA FILOSOFIA
1) I poemi di Omero, di Esiodo e i poeti gnomici
Gli studiosi sono concordi nel ritenere che, per poter capire la filosofia di un popolo e di una civiltà, è
indispensabile far riferimento: 1) all’ arte; 2) alla religione; 3) alle condizioni socio-politiche di questo popolo.
1) Infatti la grande arte tende a raggiungere in maniera mitica e fantastica, ossia mediante l’intuizione e
l’immaginazione, obiettivi che sono propri anche della filosofia.
2) E la religione, analogamente, tende a raggiungere per via di fede certi obiettivi che la filosofia cerca
di raggiungere con i concetti e con la ragione.
3) Ma non meno importanti (e oggi si insiste molto su questo punto) sono le condizioni socio-economiche
e politiche che spesso condizionano il nascere di determinate idee e che, in particolare, nel mondo greco, creando
le prime forme della libertà istituzionalizzata e della democrazia, hanno reso possibile appunto il nascere della
filosofia, che della libertà si alimenta in maniera essenziale.
6
Incominciamo dal primo punto.
Anteriormente alla nascita della filosofia i poeti ebbero grandissima importanza nell’educazione e nella
formazione spirituale dell’uomo greco, assai più di quanto essi l’avessero presso altri popoli. La prima grecità
cercò alimento spirituale prevalentemente nei poemi omerici, ossia nell’ Iliade e nell’ Odissea (che, come è noto,
esercitarono un influsso analogo a quello che la Bibbia esercitò presso gli Ebrei, non essendoci in Grecia testi
sacri).
Ora, i poemi omerici contengono alcune peculiarità che li differenziano dai poemi che stanno all’origine della
civiltà di altri popoli e contengono già alcuni di quei caratteri dello spirito greco che risulteranno essenziali per la
creazione della filosofia.
a) Infatti, Omero ha un forte senso dell’ armonia, della proporzione, del limite e della misura;
b) non si limita a narrare una serie di fatti, ma ne ricerca anche le cause e le ragioni (sia pure a livello
mitico-fantastico);
c) cerca in vario modo di presentare la realtà nella sua interezza, sia pure in forma mitica (dei e uomini,
cielo e terra, guerra e pace, bene e male, gioia e dolore, totalità dei valori che reggono la vita dell’uomo).
Molto importante fu poi, per i Greci, Esiodo con la sua Teogonia, che narra la nascita di tutti gli dei. E
poiché molti dei coincidono con parti dell’universo e con fenomeni del cosmo, la teogonia diventa anche
cosmogonia, ossia spiegazione mitico-poetica e fantastica della genesi dell’universo e dei fenomeni cosmici, a
partire dal Caos originario, che fu il primo a generarsi. Questo poema spianò la strada alla successiva cosmologia
filosofica, che cercherà con la ragione, e non più con la fantasia, il “principio primo” da cui tutto si è generato.
E lo stesso Esiodo, con l’altro suo poema Le opere e i giorni, ma soprattutto i poeti successivi impressero nella
mentalità greca alcuni principi che saranno di grande importanza per il costituirsi dell’etica e in genere del
pensiero filosofico antico. La giustizia viene esaltata come valore supremo in molti poeti e diventerà addirittura
concetto ontologico (concernente l’essere, cioè fondamentale), oltre che morale e politico, in molti filosofi e
specialmente in Platone.
Un altro concetto i poeti lirici fissarono in maniera stabile: quello del limite, ossia del né troppo né troppo
poco, vale a dire il concetto della giusta misura, che costituisce il connotato più peculiare dello spirito greco e il
centro del pensiero filosofico classico.
Ricordiamo, da ultimo, una sentenza, attribuita a uno degli antichi saggi e incisa sul tempio di Delfi sacro ad
Apollo: “Conosci te stesso”. Questa sentenza, che fu famosissima fra i Greci, diverrà non solo il motto del
pensiero di Socrate, ma addirittura il principio basilare del sapere filosofico greco fino agli ultimi Neoplatonici.
2) La religione pubblica e i misteri orfici
A) le due forme della religione greca
La seconda componente cui bisogna fare riferimento per capire la genesi della filosofia greca, come
abbiamo detto sopra, è la religione. Ma quando si parla di religione greca bisogna distinguere tra tra la
religione pubblica, che ha il suo modello nella rappresentazione degli dèi e del culto dataci da Omero, e la
religione dei misteri. Fra queste due forme di religiosità ci sono numerosi elementi comuni (come, ad esempio,
la concezione di base politeistica), ma anche importanti differenze che diventano addirittura, in alcuni punti
salienti (come, ad esempio, nella concezione dell’uomo, del senso della sua vita e dei suoi destini ultimi),
vere e proprie antitesi.
Per spiegare la nascita della filosofia sono molto importanti ambedue le forme di religione, ma - almeno
per certi aspetti - ancor più la seconda.
B) Alcuni tratti essenziali della religione pubblica (olimpica).
Per Omer o e per Esiodo, che costi tuiscono il punto di riferimento per le credenze proprie della
religione pubblica, si può dir e che t u tt o qua nt o è divino, perché tutto ciò che accade viene spiegato in
funzione di interventi degli dei. I fenomeni naturali sono promossi da numi: tuoni e fulmini sono scagliati da Zeus
dall’alto dell’Olimpo, i flutti del mare sono sollevati dal tridente di Posidone, il sole è portato dall’aureo carro di
Apollo, e così di seguito. Ma anche la vita associata degli uomini, le sorti delle città, le guerre e le paci sono
immaginate come collegate agli dèi in modo non accidentale e talora addirittura essenziale.
Ma chi sono questi dèi? Come da tempo gli studiosi hanno riconosciuto e messo in evidenza, questi dèi sono
forze naturali personificate in forme umane idealizzate, oppure sono forze ed aspetti dell’uomo sublimati e calati
in splendide sembianze antropomorfe. (Oltre agli esempi sopra addotti, ricordiamo che Zeus è la
personificazione della giustizia, Atena dell’intelligenza, Afrodite dell’amore, e così via.)
Questi dei sono, dunque, uomini amplificati e idealizzati, e, pertanto, differenti dall’uomo comune solo
per quantità e non per qualità (infatti gli Dei sono immortali e potenti, ma possiedono gli stessi caratteri fisici,
psichici e morali degli uomini, possiedono perfino le passioni e i vizi degli uomini; non c’è nella religione
olimpica greca l’idea di una perfezione morale degli dei, di una bontà e di un amore verso gli uomini
7
connaturato alle divinità, gli dei anzi – come possono essere nemici fra di loro – così possono essere ostili agli
uomini, perfino invidiosi della felicità umana! e il culto che gli uomini offrono agli dei ha lo scopo di ottenere i
loro favori, la loro protezione, ma anche di allontanare la loro ira) . Per questo gli studiosi classificano la
religione pubblica dei Greci come una forma di "naturalismo", in quanto essa richiede all’uomo non di mutare la
propria natura, ossia di elevarsi al di sopra di se medesimo, ma, al contrario, di seguire la propria natura. Fare in
onore degli dei ciò che è conforme alla propria natura è tutto quanto si richiede all'uomo. E come "naturalistica"
fu la religione pubblica greca, così "naturalistica" fu la prima filosofia greca, e il riferimento alla "natura" rimase
una costante del pensiero greco nel corso di tutto il suo sviluppo storico.
Aggiungiamo che nella concezione religiosa omerica la “vera” vita dell’uomo è la vita terrena, infatti non c’è
una vita “migliore “ dopo la morte: al massimo c’è la sopravvivenza nell’Ade di un tenue residuo personale che
rimpiange dolorosamente la luce del Sole; perciò l’uomo non deve vivere in funzione della vita ultraterrena, ma
deve cercare di vivere pienamente e di realizzarsi nella breve vita terrena, e la massima realizzazione umana
consiste nella conquista della gloria, grazie alla quale colui che muore rimane vivo nella memoria dei posteri.
C) L’Orfismo e le sue credenze essenziali
Ma la religione pubblica non fu sentita da tutti i Greci come soddisfacente (infatti essa non garantiva una
salvezza ultraterrena, e alla maggior parte delle persone era preclusa quella forma di realizzazione terrena data dalla
gloria), e per questo si svilupparono, presso cerchie ristrette, i "misteri", aventi proprie credenze specifiche (sia
pure inserite nel generale quadro del politeismo) e proprie pratiche. Fra i misteri influirono sulla filosofia greca
soprattutto quelli orfici, e di questi dobbiamo brevemente parlare. L'Orfismo e gli Orfici derivano il loro nome dal
poeta tracio Orfeo, il presunto fondatore, i cui tratti storici sono interamente ricoperti dalla nebbia del mito.
L'Orfismo è particolarmente importante perché, come gli studiosi moderni hanno riconosciuto, introduce nella
civiltà greca un nuovo schema di credenze e una nuova interpretazione dell'esistenza umana. Infatti, mentre la
tradizionale concezione greca, a partire da Omero, riteneva l’uomo mortale e poneva la fine totale della sua
esistenza appunto con la morte, l’Orfismo proclama l’immortalità dell’anima e concepisce l’uomo secondo lo
schema dualistico che contrappone il corpo all’anima.
Il nucleo delle credenze orfiche può essere riassunto come segue.
a) Nell’uomo alberga un principio divino, un demone (anima), caduto in un corpo a motivo di una colpa
originaria.
b) Questo demone non solo preesiste al corpo, ma non muore col corpo, ed è destinato a reincarnarsi in corpi
successivi (non solo di esseri umani, ma anche di animali), per espiare quella colpa originaria.
c) La "vita orfica" con i suoi riti e le sue pratiche è la sola in grado di porre fine al ciclo delle reincarnazioni e
di liberare, così, l’anima dal corpo. N.B. La reincarnazione (o metempsicosi) in questa concezione non è considerata
un bene, infatti essa prolunga “l’esilio” e la penitenza dell’anima, il vero bene consiste invece nella liberazione del
demone-anima dalla vita corporea.
d) Per chi si è purificato (per gli iniziati ai misteri orfici), nell’al di là vi è un premio (così come per i non
iniziati vi sono punizioni).
In alcune laminette orfiche trovate nei sepolcri dei seguaci di questa setta si leggono - tra l’altro - queste parole
che riassumono il nucleo centrale della dottrina: «Rallegrati, tu che hai patito la passione: questo prima non l’avevi
ancora patito. Da uomo sei nato Dio»; «Felice e beatissimo, sarai Dio anziché mortale»; «Da uomo nascerai Dio
perché dal divino derivi». Il che significa che il destino ultimo dell'uomo è quello di «ritornare ad essere presso gli
dèi». Con questo nuovo schema di credenza, l’uomo vedeva per la prima volta contrapporsi in sé due principi fra loro
in contrasto e in lotta: l’anima (demone) e il corpo (come tomba o luogo di espiazione dell’anima). Si incrina,
così, la visione naturalistica; l'uomo comprende che alcune tendenze legate al corpo sono da reprimere, e la
purificazione (o liberazione) dell’elemento divino da quello corporeo diviene lo scopo del vivere. Da ciò deriva
l’ASCETISMO, cioè l’insieme degli atteggiamenti e dei comportamenti che servono per liberare l’anima dagli
istinti e dai bisogni corporei (ASCESI in greco significa lotta, e indica appunto la lotta dell’anima contro il
corpo).
Ora, si tenga presente questo. Senza l'Orfismo non si spiega Pitagora, non Eraclito, non Empedocle, e,
non si spiega una parte essenziale del pensiero di Platone e poi di tutta la tradizione che deriva da Platone, il che
significa che non si spiega una grossa parte della filosofia antica, come avremo modo di vedere meglio più avanti.
D) Mancanza di dogmi e dei loro custodi nella religione greca
Un'ultima notazione è necessaria. I Greci non ebbero libri sacri o ritenuti frutto di divina rivelazione. Essi, di
conseguenza, non ebbero una dogmatica (cioè un nucleo dottrinale) fissa ed immodificabile. I poeti, come
abbiamo visto, costituirono il veicolo di diffusione delle loro credenze religiose.
Inoltre (e questa è una ulteriore conseguenza della mancanza di libri sacri e di una dogmatica fissa), in Grecia
non poté nemmeno sussistere una casta sacerdotale custode del dogma (i sacerdoti in Grecia ebbero scarsa
8
rilevanza e scarsissimo potere, perché né ebbero la prerogativa di conservare i dogmi, né ebbero il monopolio
delle offerte religiose e dell’officiatura dei sacrifici).
Questa mancanza di dogmi e di custodi dei medesimi lasciò ampia libertà al pensiero filosofico, il quale non
incontrò quegli ostacoli che avrebbe trovato in paesi orientali, dove la libera speculazione avrebbe trovato
resistenza e restrizioni difficilmente superabili.
Perciò gli studiosi giustamente sottolineano questa circostanza favorevole alla nascita della filosofia che si
verificò presso i Greci, e che, nell’antichità, non ha uguali.
3) Le condizioni socio-politico-economiche che favorirono il sorgere della filosofia
Gli studiosi, già nel secolo scorso e soprattutto nel nostro secolo, hanno giustamente messo l’accento anche
sulla libertà politica di cui beneficiarono i Greci rispetto ai popoli orientali. L’uomo orientale era tenuto a
una cieca obbedienza non solo al potere religioso ma altresì a quello politico, mentre il Greco anche a questo
riguardo godette di una situazione privilegiata, perché, per primo nella storia, riuscì a darsi libere istituzioni
politiche.
Nei secoli VII e VI a.C. la Grecia subì una trasformazione socio-economica considerevole. Da paese
prevalentemente agricolo quale era si trasformò, sviluppando in misura sempre crescente l’artigianato ed il
commercio. Fu così necessario fondare centri di smistamento per il commercio, che sorsero dapprima nelle colonie
ioniche, in particolar modo a Mileto, e poi anche altrove. Le città divennero fiorenti centri commerciali, e questo comportò un incremento demografico cospicuo. Il nuovo ceto di commer cianti e di artigiani raggiunse a
poco a poco una notevole forza economica e si oppose all’accentramento del potere politico, che era nelle
mani della nobiltà terriera. Con le lotte che i Greci ingaggiarono per trasformare le vecchie for me
aristocratiche di governo nelle nuove forme repubblicane, nacquero le condizioni, il senso e l’amore della libertà.
Ma c'è un fatto molto importante da rilevare, che conferma quanto ora si è detto, nel modo migliore: la
filosofia nacque prima nelle colonie che non nella madrepatria - e, precisamente, prima nelle colonie
d’Oriente dell’Asia Minore (a Mileto) e subito dopo nelle colonie d’Occidente dell’Italia meridionale appunto perché le colonie con la loro operosità e con i loro commerci raggiunsero per prime il benessere, e,
a causa della lontananza dalla madrepatria, poterono darsi libere istituzioni prima di quest’ultima. Furono, dunque,
le più favorevoli condizioni socio-politico-economiche delle colonie che, unitamente ai fattori illustrati nei precedenti
paragrafi, permisero il sorgere e il fiorire in esse della filosofia, la quale poi, passata nella madrepatria, raggiunse le più
alte vette ad Atene, cioè proprio in quella città in cui fiorì la più grande libertà di cui i Greci abbiano goduto. Dunque,
la capitale della filosofia greca fu la capitale della libertà greca.
Un ultimo rilievo resta da fare. Col costituirsi e consolidarsi della Polis, cioè della Città-Stato, il Greco non
sentì più alcuna antitesi e alcun vincolo alla propria libertà; anzi, fu portato a cogliere se medesimo essenzialmente
come cittadino. L'uomo, per il Greco, venne a coincidere con il cittadino medesimo. E così lo Stato divenne e
rimase fino all'età ellenistica l'orizzonte etico dell'uomo greco. I cittadini sentirono i fini dello Stato come propri
fini, il bene dello Stato come il proprio bene, la grandezza dello Stato come la propria grandezza, la libertà dello
Stato come la propria libertà.
Se non si tiene presente questo, non si può capire gran parte della filosofia greca, in particolare l’etica e
tutta la politica dell’età classica, e poi anche i complessi rivolgimenti dell'età ellenistica.
3) Le fasi e i periodi della storia della filosofia antica
La filosofia antica greca e greco-romana ha una storia più che millenaria. Parte dal secolo VI a.C. e giunge
fino al 529 d.C., anno in cui l’imperatore Giustiniano fece chiudere le scuole pagane e fece disperdere i loro
seguaci. In questo arco di tempo si possono distinguere i seguenti periodi.
1) Il periodo naturalistico, caratterizzato dal problema della physis (cioè della natura) e del cosmo, e che tra il
VI e il V secolo a.C. vede succedersi gli Ionici, i Pitagorici, gli Eleati, i Pluralisti e i Fisici eclettici.
2) Il periodo cosiddetto umanistico, che coincide, in parte, con l’ultima fase della filosofia naturalistica e con
la dissoluzione della medesima e che ha come protagonisti i Sofisti e soprattutto Socrate, il quale per la prima
volta cerca di determinare l’essenza dell'uomo.
3) Il momento delle grandi sintesi di Platone e di Aristotele, che coincide con il secolo IV a.C., e risulta
caratterizzato soprattutto dalla scoperta del soprasensibile e dalla esplicitazione e dalla organica formulazione di
vari problemi della filosofia.
4) Segue il periodo caratterizzato dalle Scuole Ellenistiche, che va dalla conquista di Alessandro Magno alla
fine dell’era pagana, e che vede il sorgere dei grandi movimenti dell’Epicureismo e dello Stoicismo, caratterizzati
dalla finalità prevalentemente etica che essi attribuiscono alla filosofia.
5) Il periodo religioso del pensiero antico-pagano si svolge ormai quasi per intero in epoca cristiana ed è
caratterizzato soprattutto da una grandiosa rinascita del Platonismo, che culminerà con il movimento
9
neoplatonico. Il rifiorire delle altre scuole sarà condizionato in vario modo dal Platonismo medesimo.
6) In questo periodo nasce e si sviluppa il pensiero cristiano che tenta di formulare razionalmente la dottrina
della nuova religione e di definirla alla luce della ragione con categorie derivate dai filosofi greci.
Questo momento del pensiero antico non costituisce, però, un coronamento del pensiero dei Greci, ma segna,
piuttosto, la messa in crisi e il superamento del loro modo di pensare, e, così, prepara la civiltà medievale e le basi
di quello che sarà il pensiero cristiano "europeo".
Pertanto, questo momento del pensiero, pur tenendo ben presenti i legami che esso ha con l’ultima fase del
pensiero pagano, va studiato a sé stante, appunto come pensiero antico-cristiano, e va considerato come premessa
e come fondazione del pensiero e della filosofia medievali.” 7
7
G.Reale /D.Antiseri, op.cit. pp. 17-22
10