Io non ho mani che mi accarezzino il volto
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Io non ho mani che mi accarezzino il volto
GIACOMELLI FOR AFRICA Io non ho mani che mi accarezzino il volto Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008 Il progetto benefico. Perché Africa? Uno dei bambini di kimbondo Foto Marcello Quinci Il progetto nasce in collaborazione con lo stilista Jerry Tommolini, collezionista d’arte contemporanea, marchigiano di nascita e proprietario dell’intera serie di Mario Giacomelli, e la Pin-Up Stars, da sempre sensibili alle problematiche dell’infanzia, che da anni finanziano una comunità in Congo di bambini senza tetto, abbandonati dalle famiglie perché non in grado di mantenerli o perché vittime di credenze popolari di stregoneria. Da questo contesto, dove l’infanzia non viene tutelata, si sviluppano con celerità gravi malattie. Padre Hugo Rios con alcuni bambini Foto Marinella Lentini Dopo l’ultimo viaggio in Congo e dopo aver visionato le scarsissime strutture ospedaliere Jerry Tommolini ha ideato un progetto: costruire un nuovo reparto per bambini affetti da tubercolosi nella Pediatria di Kimbondo, predisponendo anche l’acquisto di nuove attrezzature e culle. Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008 L’iniziativa è svolta in collaborazione con la fondazione “Un Mondo di Amici” e Padre Hugo Rios, che negli anni ’80, insieme a Laura Perna, medico di Siena, hanno deciso di aiutare i bambini del Congo. Photology intende appoggiare questa iniziativa attraverso una serie d’appuntamenti espositivi, da svolgersi in sedi diverse tra il 2008 e il 2009, in cui presentare le 24 opere fotografiche della serie “Io non ho mani che mi accarezzino il volto” di Mario Giacomelli, devolvendo l’utile delle vendite dell’omonimo catalogo Photology alla raccolta fondi di questo progetto. Un’ala dell’ospedale di Kimbondo Foto Marcello Quinci Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008 Io non ho mani che mi accarezzino il volto Il titolo della serie fotografica di Mario Giacomelli s’ispira ad una poesia del 1948 di Padre David Maria Turoldo, intitolata semplicemente “Io non ho mani”. Essa parla di solitudine, e alla solitudine si consegnano questi giovani votandosi alla vita religiosa. Ma le immagini restituiscono un’idea di festa, di partecipazione emotiva, di divertimento, e il contrasto con il titolo è certamente voluto. “Nella serie dei pretini ho trovato una dimensione a me sconosciuta; ho spogliato il soggetto dai canoni convenzionali per mettere a nudo l’uomo”. Queste immagini, dapprima identificate con i titoli “Seminaristi marchigiani” e semplicemente “Pretini”, descrivono i momenti di ricreazione nel seminario vescovile di Senigallia. Ciò che salta all’occhio è lo straordinario gioco grafico che questi ragazzi in uniforme creano con il loro movimento. L’effetto manuale di stampa amplifica il contrasto facendo risaltare il nero delle tonache su uno sfondo che appare di sola luce bianca. Inizialmente, nelle prime stampe degli anni ’60, questo effetto non era così accentuato lasciando trasparire dietro le figure nere dei seminaristi il segno dell’erba o della pavimentazione. L’idea del movimento è accentuata dalla bassa velocità che serve a creare immagini parzialmente sfuocate, mentre la neve (dopo un anno di frequentazione dei seminaristi) viene scelta per l’effetto di contrasto voluto dall’autore e in quanto ideale per scatenare la voglia di gioco: “Nevicava, mi sono preparato a fotografare con loro che facevano le palle di neve, ma li ho avvertiti prima; un’altra volta ero nascosto sul tetto mentre facevano il girotondo”. I protagonisti sono così collocati in uno spazio irreale, quasi sospesi nell’aria, leggeri nella loro giovinezza. Come in altre occasioni, Giacomelli impiega un lungo periodo di tempo per ambientarsi e conquistare la fiducia delle persone che intende fotografare. In seminario i rapporti sono infine divenuti difficili: “Per un concorso fotografico sui sigari ho mandato una serie sui preti che fumano in un terrazzo all’aperto pieno di fumo, ed erano sigari che ai preti avevo dato io. Il rettore mi trovò e mi mandò via. Ho vinto un concorso importante ma nel seminario non sono più entrato”. Germano Celant, Mario Giacomelli, Photology-Logos, 2001 Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008 La mostra Mario Giacomelli, il più celebrato fotografo italiano del XX secolo, in mostra con la sua serie più nota e ormai esposta nei più importanti musei del mondo, meglio identificata con il titolo “Seminartisti marchigiani” o “Pretini”. Mai esposto prima integralmente, questo ciclo di fotografie, che descrive i momenti di ricreazione nel seminario vescovile di Senigallia, è stato realizzato a più riprese tra il 1961 e il 1963. Il titolo s’ispira ad una poesia del 1948 di Padre David Maria Turoldo, intitolata semplicemente “Io non ho mani”. Essa parla di solitudine, e alla solitudine si consegnano questi giovani votandosi alla vita religiosa. Ma le immagini restituiscono un’idea di festa, di partecipazione emotiva, di divertimento, e il contrasto con il titolo è certamente voluto. Ciò che salta all’occhio è lo straordinario gioco grafico che questi ragazzi in uniforme creano con il loro movimento. In mostra, la serie completa di 24 Gelatin Silver Prints in formato 28 x 40, di proprietà di Jerry Tommolini. Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008 Mario Giacomelli. Note biografiche Nato a Senigallia nel 1925 da una famiglia poverissima, a 13 anni Mario Giacomelli comincia a lavorare in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa. Nello stesso periodo, comincia a dipingere, si appassiona di corse automobilistiche e scrive poesie. Nel 1954 acquista la sua prima macchina fotografica. Tra il 1954 e il 1957 partecipa a numerosi concorsi fotografici in Italia. Dopo avere completato la sua prima serie “Vita d’ospizio”, comincia una serie di nudi femminili e maschili che abbandona negli anni Sessanta. Assalito da un’ansia investigativa sulla sua identità di narratore, Giacomelli inizia a viaggiare, ma sono solo delle escursioni in altri mondi e in altri modi di vivere più che dei veri e propri viaggi, che lo riportano alla sua infanzia e alle sue condizioni sociali. Nella primavera del 1957 si reca a Scanno, un villaggio dell’Italia centrale che aveva affascinato anche Henri Cartier-Bresson, dove Giacomelli produce capolavori come “Scanno Boy”, e a Lourdes in Francia, dove Giacomelli realizza delle immagini di straordinario impatto emotivo. Negli anni Sessanta, Giacomelli lavora al progetto “Io non ho mani che mi accarezzino il volto”, universalmente conosciuto come la serie “Pretini”, un gruppo d’immagini realizzate nel seminario di Senigallia, presentati da Ferrania per la prima volta nell’edizione 1963 del Photokina di Colonia. John Szarkowski, all’epoca direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York, acquista alcune immagini dalla serie “Scanno” e le pubblica nel volume “Looking at Photographs: 100 Pictures from the collection of the Museum of Modern Art”. Nel 1967 Giacomelli inizia uno studio sul legno. Dopo il grande successo ottenuto dalla serie “Pretini” esposti al Metropolitan Museum di New York e a Bruxelles, negli anni Settanta Giacomelli approfondisce la sua ricerca sulla natura, con i primi scatti aerei di paesaggi e un’incursione nel colore. Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008 Dalla fine degli anni Settanta, caratterizzati da un sempre crescente legame tra fotografia, arte astratta e poesia, Giacomelli attraversa un periodo di analisi e approfondimento della propria attività artistica. Nascono così le serie “Caroline Branson”, dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, del 1971-73; “Il teatro della neve” (1984-86), “Ninna Nanna” (1985-87), “L’infinito” (1986-88); “A Silvia”(1987-88); “Felicità raggiunta, si cammina .....” (1986-92), “Passato” (1988-90); “Io sono nessuno” (1992-94) e “La Notte lava la mente” (1994-95), 28 opere a commento della poesia di Mario Luzi, fino ad arrivare al lavoro più recente, “La Mia Vita Intera”, 30 gelatin silver print stampate dall’autore nell’anno 2000 come commento alla poesia di Jorge Luis Borges. Mario Giacomelli muore a Senigallia il 25 novembre 2000. Oggi è internazionalmente riconosciuto come uno dei principali maestri della fotografia italiana. Progetto confidenziale ad uso riservato © Photology Ottobre 2008