Il viaggio e la ricerca di una patria
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Il viaggio e la ricerca di una patria
Autrici: Aurora Baccari Silvia Giuliani Charlotte Ramires Sara Santini Classe 2B linguistico Il viaggio e la ricerca di una patria Il nostro lavoro si basa principalmente su due argomenti: la ricerca di una patria e la precarietà della vita. Siamo state ispirate dal fatto che oggi i giornali, la televisione e tutti i mass media parlano di questi temi senza il rispetto necessario. Immigrati e morti diventano banalmente numeri e tutto ciò che c'è dietro non viene preso in considerazione. Allora ci siamo chieste chi meglio di noi, ancora giovani e sentimentaliste, avrebbe potuto parlare di questi argomenti senza il fine di aumentare gli ascolti o di informare attraverso freddi dati, ma con onestà, quasi infilandosi nei panni di chi vive ogni giorno queste esperienze. Frequentando un liceo in cui si ha sempre a che fare con coetanei di altre culture ci siamo sentite forse più vicine a coloro che lasciano il proprio paese alla ricerca di qualcosa di migliore. Le poesie di Ungaretti che abbiamo scelto ci hanno fatto ragionare ancor meglio su questi temi e ci hanno fatto comprendere gli stati d'animo di chi non riesce ad integrarsi e quali possono essere le conseguenze di questa condizione. Grazie alla maggior parte delle poesie sotto elencate, abbiamo avuto la possibilità di conoscerci meglio e soprattutto attraverso la poesia "I fiumi", la quale ci ha fatto riflettere sul fatto che ogni fiume simboleggia un luogo della propria infanzia e quindi che ogni luogo ha il proprio simbolo che suscita nell'autore e in noi delle emozioni... Ungaretti nasce in Egitto da immigrati italiani provenienti da Lucca. Suo padre infatti si era trasferito lì per contribuire alla costruzione del Canale di Suez e sua madre lo aveva seguito. 1 Nel 1912 si trasferisce a Parigi, con il suo amico Moammed, per studiare filosofia alla Sorbona. Lì conosce e frequenta artisti e intellettuali dell'Avanguardia, matura esperienze importanti e arricchisce la sua formazione. Ungaretti dunque viaggia a lungo, conoscendo persone provenienti da tutto il mondo e ampliando le sue conoscenze senza però dimenticare le sue origini italo egiziane. I fiumi Cotici il 16 agosto 1916 Mi tengo a quest’albero mutilato Abbandonato in questa dolina Che ha il languore Di un circo Prima o dopo lo spettacolo E guardo Il passaggio quieto Delle nuvole sulla luna Stamani mi sono disteso In un’urna d’acqua E come una reliquia Ho riposato L’Isonzo scorrendo Mi levigava Come un suo sasso Ho tirato su Le mie quattro ossa E me ne sono andato Come un acrobata Sull’acqua Mi sono accoccolato Vicino ai miei panni Sudici di guerra E come un beduino Mi sono chinato a ricevere Il sole 2 Questo è l’Isonzo E qui meglio Mi sono riconosciuto Una docile fibra Dell’universo Il mio supplizio È quando Non mi credo In armonia Ma quelle occulte Mani Che m’intridono Mi regalano La rara Felicità Ho ripassato Le epoche Della mia vita Questi sono I miei fiumi Questo è il Serchio Al quale hanno attinto Duemil’anni forse Di gente mia campagnola E mio padre e mia madre. Questo è il Nilo Che mi ha visto Nascere e crescere E ardere d’inconsapevolezza Nelle distese pianure Questa è la Senna E in quel suo torbido Mi sono rimescolato E mi sono conosciuto 3 Questi sono i miei fiumi Contati nell’Isonzo Questa è la mia nostalgia Che in ognuno Mi traspare Ora ch’è notte Che la mia vita mi pare Una corolla Di tenebre La poesia I fiumi fu scritta da Ungaretti mentre si trovava in trincea sull' Isonzo durante la prima guerra mondiale e fa parte della raccolta Allegria di naufragi. Le acque del fiume Isonzo lo avvolgono come una reliquia: questo senso di ritrovata pace lo spinge a riflettere sul significato della sua esistenza e suscita in lui, uomo dalle tante patrie, la memoria delle proprie radici e dei luoghi che hanno segnato la sua vita fino a quel momento. De I fiumi Ungaretti dice: Questa è una poesia che tutti conoscono ormai, è la più celebre delle mie poesie: è la poesia dove so finalmente in un modo preciso che sono un lucchese, e che sono anche un uomo sorto ai limiti del deserto e lungo il Nilo. E so anche che se non ci fosse stata Parigi, non avrei avuto parola; e so anche che se non ci fosse stato l'Isonzo non avrei avuto parola originale. In questa poesia è dunque sottolineata l'importanza di avere una patria, una terra alla quale si è affezionati, tema che Ungaretti affronta in molte delle sue opere. Al giorno d'oggi possiamo pensare ad esempio a tutti coloro che si trovano costretti ad emigrare in condizioni estreme a causa di una guerra, ma anche alle piccole famiglie o ai singoli che cercano fortuna e lavoro in altri paesi o regioni. Adattarsi al nuovo luogo in cui si vive senza dover abbandonare le proprie usanze è complicato, alle volte impossibile ed è anche per questa ragione che in parecchi falliscono, o che molti degli immigrati si danno all'illegalità rinunciando alla ricerca del lavoro che nessuno offrirebbe loro a causa del loro cognome un po' strano o del colore della pelle che li segna come emarginati. Quante volte proprio noi giovani nelle nostre case e nelle nostre città abbiamo sentito adulti insultare gli stranieri e dire che dovrebbero tornare ai loro paesi? Probabilmente queste persone non pensano a ciò da cui gli immigrati scappano: dittature, guerre, povertà e distruzione nei loro paesi sono all'ordine del giorno. E allora, come far capire a noi italiani tutto questo? Ricordando coloro che emigrarono dall'Italia verso le Americhe e che incontrarono molte difficoltà, come le persecuzioni razziali, la perdita dei loro averi, la nomina di mafiosi, la mancanza di lavoro. 4 In Memoria Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri di nomadi suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa. Riposa nel camposanto d’Ivry sobborgo che pare 5 sempre in una giornata di una decomposta fiera E forse io solo so ancora che visse L'amico Moammed Mohammed Sceab era un amico egiziano di Ungaretti, ritrovato morto a Parigi. Entrambi abitavano lo stesso piccolo albergo nel quartiere latino: L'hotel d'Orléans, 5 rue des Carmes tra la rue des écoles e il boulevard Saint-Germain. Mohammed non riusciva più a vivere come un arabo: l’esperienza francese aveva modificato la sua cultura e il suo modo di vivere, rendendolo incapace di adattarsi di nuovo alle consuetudini e alla mentalità della sua gente. Infatti, la migrazione innesca una crisi d'identità dove il rischio maggiore è la perdita di sé. I ricordi sono la base della nostra persona e Sceab li aveva persi tutti, come poteva vedersi vivere? Ungaretti riesce a salvarsi da questa condizione grazie alla poesia, che utilizza per esprimersi e trovare quindi uno sfogo liberatorio. Sceab si darà la morte durante l'estate 1913 all'età di 26 anni. Riferimenti all'amico compaiono anche in altri testi legati a varie fasi dell'Allegria, come in Chiaroscuro: Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo che s'è ucciso l'altra sera. E nella poesia scritta in francese Roman Cinéma, dove Sceab viene descritto come un re che non poté sopravvivere in Occidente. La precarietà della vita 6 Ungaretti, dopo aver studiato alla Sorbona, si arruola volontario nella Prima Guerra Mondiale, dove il poeta sperimenta subito sulla propria pelle il dolore ed il senso della precarietà umana. La vita in trincea provoca in lui un disperato attaccamento alla vita e, perennemente a contatto con la morte, un senso di solidarietà umana e fratellanza. Nella poesia ungarettiana, alla consapevolezza del dolore e alla precarietà della vita si oppone lo sforzo di reagire alla sconfitta. Soldati Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie Questa poesia è datata 2 ottobre 1916, scelta dal poeta per chiudere la raccolta di liriche "Il porto sepolto". Il titolo costituisce un elemento fondamentale per la comprensione del testo: il poeta racconta la condizione dei soldati durante la guerra, alla quale lui stesso ha preso parte, paragonandoli alle foglie degli alberi in autunno. Le parole-chiave della lirica sono, infatti, proprio «autunno» (v. 2) e «foglie» (v.4). L’analogia nasce dalla somiglianza presente tra la fragilità delle foglie d’autunno, destinate a cadere o ad essere spazzate via dal vento, e la precarietà della condizione dei soldati al fronte che, in qualsiasi momento, possono cadere per un colpo di arma da fuoco. L’utilizzo della forma impersonale «Si sta» (v. 1) rende la situazione universale, in quanto tutti abbiamo un equilibrio precario e su ognuno di noi si aggira la presenza della morte. Militaires nous sommes tels qu’en automne sur l’arbre la fueille A differenza del testo italiano, la poesia è strutturata su due unici versi, di cui uno endecasillabo. Inoltre viene utilizzata la prima persona plurale, cambiandolo nel verbo essere. Infine, mentre in italiano appare la pluralità degli alberi e delle foglie, in francese si utilizza il singolare. Un' Altra Notte 7 In quest'oscuro colle mani gelate distinguo il mio viso Mi vedo abbandonato nell'infinito Con questa poesia Ungaretti ci trasmette le sensazioni provate durante una fredda notte di trincea. l'oscuro rappresenta non solo il buio della notte ma anche la paura di poter cadere da un momento all'altro sotto il colpo di un fucile. Le sue mani ormai gelide distinguono il viso di un uomo cambiato e distrutto dalla guerra. Gli ultimi due versi della poesia sono forse i più significativi, rappresentano il senso di abbandono provato dall'uomo durante la guerra, in una situazione di estrema difficoltà in cui non ci si può fidare dell'altro e allo stesso tempo si scopre il vero sé. Bibliografia: G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, vol.4,6 Loescher editore, Torino, 2010 8