Travis: a Sassari 4 anni d`oro «Ciao Sassari, ci

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Travis: a Sassari 4 anni d`oro «Ciao Sassari, ci
DINAMO, L'ADDIO DI UNA STELLA
Travis: a Sassari 4 anni d'oro
Oggi Diener vola negli Usa: «Tornerò, devo molto all'isola»
"Family first, Marquette,
Dinamo". Le tre cose più
importanti per Travis Die-
ner: oggi il più grande talento che abbia mai indossato
la maglia biancoblù salirà
su un volo per Chigago e
dal mese prossimo entrerà
in servizio all'università di
Marquette dove ricoprirà il
ruolo di direttore tecnico
della squadra di basket.
BASKET » IL PERSONAGGIO
«Ciao Sassari, cirivediamopresto»
Travis Diener toma oggi in America. Chiusa la carriera da giocatore, ora entrerà nello staff tecnico della "sua" Marquette
di Andrea Sini
» SASSARI
Alla fine il segreto era sotto gli
occhi di tutti, bastava andarlo a
leggere sul suo profilo Twitter:
"Family first, Marquette, Dinamo". Le tre cose più importanti
per Travis Diener sono affisse
da anni in cima alla sua bacheca multimediale. E oggi che il
più glande talento che abbia
mai indossato la maglia biancoblù ha fatto la sua scelta di vita,
i conti tornano Uitti. Il genio
della lampada, il ballerino che
per quattro anni ha deliziato
Sassari con numeri da leccarsi i
baffi, oggi è un ex giocatore in
carriera. Questa mattina, insieme alla sua famiglia, salirà su
un volo per Chigago e inizierà
una nuova vita: dal mese prossimo entrerà in servizio all'università di Marquette, nel
Wisconsin, a due passi da casa
sua. Dove ricoprirà il ruolo di
direttore tecnico della squadra
di basket che nel 2003 uascinò
alle Final Four Ncaa.
Come sono stati i pruni giorni dopo il ritiro?
«Molto particolari. Ho 32 anni e ho giocato a basket per 28,
cioè per quasi tutta la mia vita.
Da gara 6 con Milano in poi ho
vissuto emozioni fortissime, a
partire dal saluto dei tifosi l'altra sera al palazzetto. E poi, valigie e saluti a parte, abbiamo
cercato di goderci questi ultimi
giorni a Sassari».
A 32 anni molti sportivi sono al top della propria carriera. Per il basket è un peccato
perdere un giocatore come lei.
Non è un po' presto per ritirarsi?
«Forse sì, forse è un peccato,
ma non è una decisione presa
in due minuti. È maturata dopo
una lunga riflessione fatta dopo aver consultato la mia famiglia e i miei amici più stretti».
A proposito, quando ha iniziato a pensare seriamente di
smettere di giocare a basket?
«Questo per me è stato un anno molto lungo. Dopo la scorsa
stagione ho avuto pochissimi
giorni di riposo e poi sono partito con la nazionale. Non ho visto mia figlia per 2 mesi e per
me è stato molto pesante. Poi
siamo rientrati a Sassari e mi
sono immerso direttamente
nella nuova stagione. Diciamo
che in quel periodo pensavo
già di ritirarmi o di prendermi
un periodo di pausa. Poi siamo
entrati nel vivo della nostra stagione, che è stata fantastica».
E dopo cos'è successo?
«Qualche mese dopo sono
stato contattato da Marquette,
che rappresenta un pezzo fondamentale della mia vita. E mi
sono detto: è un segno. Però
prima di decidere ho riflettuto
a lungo».
Quindi il suo ritiro non è legato ai problemi fisici, come si
è detto in queste settimane.
«Direi di no, anche se qualche acciacco mi pesa. Io come
giocatore ho sempre speso tutto quello che potevo dare, non
mi sono mai risparmiato. Ma
credo che avrei potuto competere ancora ad alti livelli. Le ragioni vere sono altre».
Quali?
«Quelle di cui ho parlato prima. Ovvero il fatto di dover stare lontano dalla famiglia.
Quest'anno, con la coppa, siamo stati spesso via per tanti
giorni, a volte per settimane intere. Le mie priorità con gli anni sono cambiate. Prima esisteva solo il basket. Ora per me
conta solo essere vicino a mia
moglie e alle mie bambine. Per
me è importante trascorrere
più tempo possibile con loro a
questa età. Giocare a basket mi
mancherà molto, è chiaro. Ma
è tutta una questione di priorità».
Il fatto che la chiamata sia
arrivata da Marquette ha cambiato le carte in tavola.
«Io mi considero estremamente leale, lo dico senza presunzione. Marquette è una parte importante della mia vita, come lo sono Sassari e la Dinamo.
Questa per me è una buona
chance, è un treno da prendere».
Entrerà subito nello staff di
coach Steve Wojciechowski.
Che tipo di allenatore pensa di
diventare?
«Ancora non lo so, ma credo
di essere tagliato per questo
ruolo. Ci vorrà tempo ma sono
fiducioso».
Che segreti cercherà di rubare a coach Meo Sacchetti?
«Meo è una grande persona
e ha un glande feeling con i giocatori. Lascia a tutti molta libertà, sia in campo che fuori. Alcuni allenatori sono inflessibili e
alla fine qualche giocatore
scoppia. Con Meo è diverso:
dal suo atteggiamento nasce la
grande fiducia che i giocatori ripongono in lui, ma anche l'autostima che caratterizza tanti
ragazzi che a Sassari hanno disputato le migliori stagioni della loro carriera. Io, Drake, lames White, Othello Hunter, ma
anche gli stessi lack, Brian, Manuel. Il gruppo è la sua forza: è
questo che rende grande Meo».
Non sarà facile imitarlo.
«No, non lo sarà affatto. Io
per esempio non ho la sua pazienza e dovrò certamente lavorare su questo aspetto. Lui è
davvero speciale, te ne accorgi
da come si rapporta con le persone. Giocare per lui è stato
davvero importante per me».
Proviamo a fare un piccolo
bilancio: ricorda il suo primo
giorno a Sassari?
«Perfettamente. Non sapevo
cosa mi attendesse. Era un momento particolare della mia
carriera. Avevo qualche proposta in Nba ma avevo bisogno di
provaie qualcosa di nuovo.
Non avrei potuto fare una scelta migliore. Io, Rosamaria, Kari-
na e Mila saremo sempre legati
a Sassari».
Quale è stato il momento
più bello?
«Troppi, per poterne indicare uno. Dico solo che questi ultimi giorni mi hanno messo seriamente in difficoltà. Il saluto
al palazzetto dei tifosi mi ha fatto tremare le gambe».
Quale è stata la sua migliore
partita?
«Non so se sia stata quella in
cui ho giocato meglio, ma la finale di Coppa Italia è la gara
che porterò sempre nel cuore».
Il momento più brutto?
«Dal punto di vista sportivo
gara 7 con Cantù Ma dal punto
di vista umano non ricordo momenti brutti. Neppure gli infortuni, perché quello è basket.
Come persona sono stato trat-
tato in maniera splendida, e
con me anche mia moglie».
Come farà la Dinamo senza
di lei?
«Troverà altri giocatori e andrà sempre meglio. Questo per
la Dinamo è solo l'inizio, davvero. Stefano Sardara sa come si
vince e come si gestisce una società. Lui è avanti. Sono fiero di
avere fatto parte di questa famiglia, sarò per sempre il tifoso
numero imo e collaborerò con
la società dagli Usa. E tra qualche mese, quando guarderò su
internet i risultati della Dinamo, sono sicuro che troverò
tantissime vittorie».
Siamo ai saluti. Ora le tocca
dire addio alla Sardegna.
«Ma quale addio, ho già programmato un viaggio. Ci vediamo a Sassari a ottobre».
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Travis Diener si è ritirato dal basket a 32 anni. Ora lo attende una carriera da allenatore nel Wisconsin
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