A Sassari diventano americani i quattro mori della storica bandiera

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A Sassari diventano americani i quattro mori della storica bandiera
La città
A Sassari diventano
americani i quattro mori
della storica bandiera
MASSIMO ONOFRI
SASSARI
I
l Palasport di Sassari è intitolato a Roberta
Serradimigni, straordinaria cestista turritana, vincitrice
nel 1980 della medaglia d'argento ai Campionati
Europei delle cadette, dove s'aggiudicava anche il
titolo di miglior marcatrice, scomparsa nel 1996 in un
incidente stradale, a soli 32 anni. La stessa atleta che portò
il basket viterbese ai massimi livelli, giovane donna
d'intensa bellezza interiore, che nella Tuscia non è stata
dimenticata. Non per niente, l'altra sera, aViterbo tifavano
tutti Dinamo: a cominciare dal giornalista Rai
Massimiliano Mascolo che negli anni scorsi, da Sassari, ha
condotto memorabili dirette. Ma non è solo per questo che
venerdì ho prima sofferto e poi gioito più d'un sassarese.
Ero ad Alghero, insieme al mio collaboratore Michelino
Cuccù, in un tavolo davanti allo schermo panoramico che,
alristorantesotto casa, avevano apparecchiato per me:
ravioli alla bottarga, carpaccio di polpo e un eccellente
vermentino. Circondato, per di più, da emiliani in vacanza,
ma ferraresi: che facevano un tifo indiavolato contro
Reggio, come si trattasse di Reggiana-Spal del calcio d'una
volta. Come si poteva non essere
contagiati da questa finale
Scudetto, una delle più
11 volto
emozionanti e belle di sempre?
(JQJ qjocatori
Per di più tra due squadre, Sassari
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e Reggio Emilia, della più nobile e
della Sardegna
profonda provincia italiana: la
e la festa dopo
città dei presidenti della
una delle finali
Repubblica, di Segni, Cossiga e
più emozionanti
Berlinguer di contro all'Emilia
civilissima e operosa, quella che
Qui è davvero la
somiglia di più all'Italia che ho
squadra di tutti
sempre sognato. Due squadre mai
scudettate epperò speciali:
l'emiliana costruita su un nucleo
di italiani fortissimi (Achille Polonara, Andrea Ondarmi e
un incredibile Amedeo Della Valle), la sassarese su un
pugno di americani imprevedibili ed eccentrici, come
l'anche nigeriano Shane Lawal, finito nella Libia di
Gheddafi tra il 2010 e il 2011, poi scampato per miracolo
alla guerra civile, asserragliandosi in un hotel, per
raggiungere rocambolescamente Malta. Senza dire di
come ci si è arrivati. Con l'eliminazione mozzafiato di
Venezia da parte di Reggio. E la Dinamo sotto di due punti
a due secondi dalla fine di gara 7 con Milano, poi
sopravvissuta a tre supplementari in gara 6 con Reggio. E
l'altro ieri con uno svantaggio di 17 punti nel primo quarto,
in cui alla Grissin Bonrisultavatutto facile. Poi c'è
l'immagine indimenticabile di Drake Diener, una specie di
Ettore omerico: magari il più forte di tutti, ma condannato
dal fato a stare sempre dalla parte sbagliata: con la
Dinamo, due anni fa, in gara 7, perduta beffardamente con
Cantù, questa volta con Reggio contro i suoi ex compagni.
In citta è il delirio: Supercoppa, Coppa Italia, Scudetto. Al
Club House in Piazzale Segni, a piazza Tola, a piazza
d'Italia. Ma è in rete che circola il meglio. Come l'elogio
d'un grandissimo sardo d'adozione, Gigi Riva, per
l'allenatore della Dinamo, Meo Sacchetti, mentre rimbalza
ovunque la bandiera sarda: ma i quattro mori hanno ora il
volto di Lawal, David Logan, Jerome Dyson, e
dell'immenso Rakim Sanders. È anche un po' la vittoria
della democrazia, lasciatemelo dire: se è vero che la
Dinamo, qui, coi suoi oltre cento sponsor, è davvero la
squadra di tutti.