agricoltura … quale futuro - CISL Area Metropolitana Bolognese

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agricoltura … quale futuro - CISL Area Metropolitana Bolognese
AGRICOLTURA … QUALE FUTURO?
Intervento di Alessandro Alberani, Segretario generale Cisl Bologna
al convegno del 14 novembre 2008
Agricoltura…quale futuro?
Il Poeta libanese Kalhil Gibran in una poesia intitolata “La terra” scriveva:
“E prima di lasciare la piazza del mercato
Badate che nessuno sia andato via a mani vuote.
Poiché lo spirito supremo della terra
Non dormirà pacifico nel vento,
finché il bisogno dell’ultimo tra voi non sia saziato”.
Come vedete da questo brano di Gibran, il tema della terra è sempre stato centrale per lo
Stato, per la comunità, per gli uomini e le donne di tutti i paesi.
Negli ultimi 100 anni, e in particolare proprio negli ultimi decenni, si è sempre meno
parlato di agricoltura e di problemi legati alla terra. Non è nei taccuini dei giornalisti, al
massimo è negli spot televisivi delle merendine e delle mozzarelle o nelle trasmissioni
domenicali con i vari chef.
L’agricoltura invece è un tema importantissimo per il sistema paese. Il 56% della
popolazione dei 27 stati dell’Unione Europea vive in zone rurali. Molte di queste zone,
soprattutto le campagne, sono una ricchezza fondamentale per lo sviluppo nonché parte
integrante del patrimonio paesaggistico del paese.
Sono partito proprio dall’Europa perché la cosiddetta PAC, Politica Agricola Comune, è
stata un punto di riferimento per la costruzione dell’Unione Europea e la strategia di
Lisbona aveva individuato, tra gli altri, gli obiettivi per la costruzione per una nuova
politica rurale: il miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, il
dell’ambiente, della qualità della vita nelle zone rurali e la diversificazione
dell’economia rurale. Il tutto in coerenza con le altre politiche dell’Unione Europea.
La Commissione Europea ha, in questi giorni, adottato il Libro Verde sulla qualità dei
prodotti agricoli e alimentari. Si apre una nuova fase di riflessione sul tema della qualità
per essere maggiormente competitivi. La qualità è una strada obbligata per tutti i
produttori poiché noi non siamo competitivi sul piano dei costi. La qualità e l’efficienza,
sia dal punto di vista strutturale che organizzativo sono quindi le nuove sfide per
l’agricoltura.
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Solo in questo modo saremo in grado di dare risposte di qualità e di competitività ai
mercati.
Rendere l’agricoltura più sostenibile da un punto di vista economico e sociale, a livello
nazionale ed europeo, diventa un obiettivo fondamentale.
A tal fine mi sembra interessante riportare il sondaggio della Comunità Europea sulle
priorità della politica agricola per i cittadini che dovrebbero essere:
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fornire prodotti alimentari sani e sicuri.
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garantire un equo tenore di vita agli agricoltori.
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promuovere il rispetto dell’ambiente.
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garantire che gli animali da allevamento vengono trattati bene.
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aiutare gli agricoltori a rispondere alle esigenze dei consumatori.
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garantire prezzi ragionevoli ai consumatori.
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favorire la crescita e l’occupazione nelle aree rurali.
In Italia, rispetto ad altri paesi europei, l’agricoltura ricopre un ruolo sicuramente
inferiore nelle strategie complessive dalla politica, ciò è deducibile anche dalla bassa
percentuale dei giovani che intraprendono un’attività in un’azienda agricola. Insieme al
Portogallo siamo il fanalino di coda in Europa. Gli strumenti a sostegno di chi vuole
costruire un’impresa sono spesso insufficienti.
Lo Stato dovrebbe aiutare chi vuole fare impresa agricola, con una politica di
sorveglianza e di controllo anti-speculazioni, facilitando l’accesso al credito,
alleggerendo la burocrazia, dando quindi una prospettiva d’impresa.
Bisogna quindi rifondare l’agricoltura, questa è una sfida che riguarda l’intero sistema
economico italiano ed europeo. Bisogna rendere l’impresa agricola centrale per il
sistema economico e per l’agenda politica. Bisogna creare le condizioni per un nuovo
patto tra produttori e consumatori. Bisogna creare le condizioni affinché il federalismo
riesca a rendere competitive tutte le aree produttive del sistema agricolo. Bisogna creare
un sistema che tenga insieme agricoltori, imprese agricole e consumatori.
L’obiettivo è costruire un nuovo patto che permetta il rilancio delle aziende.
E’ importante poi investire sul binomio prodotto-territorio. Per venire al nostro territorio
bolognese, sul piano provinciale nell’ultimo decennio il mondo agricolo si è molto
modificato: sono calati i salariati fissi, si sono ridotte le giornate lavorate, sono
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diminuiti i caseifici sociali, sono state chiuse alcune attività e alcune aziende, questo è
un segno tangibile di un disagio economico-sociale.
Le istituzioni Provincia e Regione hanno cercato di fare la loro parte, come noi del
sindacato. Le misure adottate sono: introduzione nei contratti percorsi di prevenzione e
formazione sicurezza, introduzione di nuove figure professionali, allargamento delle
prestazioni, nuovi mansionari, aumenti contrattuali. Ci siamo poi confrontati con il
cambiamento del tessuto sociale, nel mondo rurale sono oggi occupati molti lavoratori
extracomunitari. Alla Provincia chiediamo un’attenzione alla formazione professionale,
ad azioni d’informazione, consulenza, incentivi, sostegno d’investimenti.
Parlare poi di agricoltura significa poi parlare di agriturismo, turismo, politiche
energetiche, acquedotti, viabilità, sviluppo e rinnovamento.
Come sindacato abbiamo rinnovato due contratti provinciali, l’agricoltura è una realtà
difficile per il sindacato vista la numerosa presenza di piccole aziende.
Per troppi anni le sorti dell’agricoltura sono state affidate alla capacità imprenditoriale
degli agricoltori. Questo non è più sufficiente per assicurare lo sviluppo del settore.
Dobbiamo sostenere la ricerca e l’innovazione, promuovere il capitale umano e il
ricambio generazionale, accrescere le capacità concorrenziali delle imprese,
semplificare e rendere efficiente la macchina amministrativa, proiettare a livello
internazionale il nostro sistema agro-alimentare attraverso la valorizzazione della
qualità.
Vorrei concludere venendo un po’ all’attualità e ad un aspetto critico nel confronto con
il Governo sul tema dell’agricoltura: il Governo ha deciso di considerare il lavoro
agricolo “non più lavoro”. Tutto questo è stato fatto per decreto senza alcun confronto
con il sindacato dei lavoratori. Si vogliono cancellare diritti di migliaia di lavoratori
mutandogli lo status: da operai agricoli stagionali, ma con regolare retribuzione
sindacale, a soggetti da assistere. Tutto inglobato in un buono del valore complessivo di
10 euro in cui sono inclusi retribuzione e contributi che però non fanno maturare alcun
diritto, nemmeno quello pensionistico.
Se ne parlava da tempo e purtroppo è accaduto che si possono assumere lavoratori
agricoli attraverso voucher. Questo riguarda uomini, donne, giovani, immigrati,
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semplicemente operai agricoli su cui piombano gli effetti di un capovolgimento del
concetto d’inclusione come punto cardine del welfare-state.
Il Decreto 112 del 25 giugno scorso considera “lavoro accessorio” tutte le attività
agricole stagionali e rimanda tali attività non più alla normativa del lavoro subordinato
ma a quello accessorio. Si era tentata una sperimentazione attraverso convenzioni
regionali ma il decreto mette fine alla sperimentazione. Purtroppo, come ha già
denunciato la Fai-Cisl, condanniamo persone che hanno già un lavoro svantaggiato ad
avere diritti ridotti, quando smetteranno di lavorare.
Speriamo che il successivo confronto che ci sarà con il Ministro Sacconi, veda delle
aperture da parte del Governo.
Infine credo che parlare di agricoltura ci dia la possibilità di ragionare su aspetti
innovativi e importanti per la nostra società: il tema dell’agricoltura biologica, lo
sviluppo dei prodotti agricoli di qualità, la capacità di dare futuro alla grande ricchezza
che Dio ci ha consegnato: la terra.
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