politica comunitaria

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politica comunitaria
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POLITICA
COMUNITARIA
1
L’UE (richiami)
1.1
Nascita e sviluppo dell’UE
1.2 Le istituzioni comunitarie
1.3
Gli organismi dell’UE
1.4 Il finanziamento delle attività comunitarie
2
L’Unione Economica Monetaria (UEM)
2.1 La nascita della moneta unica europea
2.2 I principi della moneta unica
3
L’agricoltura nell’UE
4
La nascita della Politica Agricola Comunitaria (PAC)
5
Il finanziamento della PAC
5.1
Generalità
5.2 La sezione Garanzia del FEAOG
5.3
La sezione Orientamento del FEAOG
6
Lo sviluppo della PAC
7
L’organizzazione dei mercati agricoli comunitari
7.1 Premessa
7.2 Le OMC (Organizzazioni Comuni di Mercato)
7.3 Classificazione delle Organizzazioni Comuni di Mercato
8
La riforma della PAC e Agenda 2000
9
Le prospettive future della PAC
10
La PAC e l’organizzazione mondiale del commercio
11
L’allargamento dell’UE e gli effetti sul settore agricolo
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1 L’UE (richiami)
1.1 Nascita e sviluppo dell’UE
Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’agricoltura europea si trovò a dover affrontare
numerosi ed urgenti problemi legati alle proprie carenze strutturali e produttive.
La presa di coscienza di questa situazione, insieme alle felici intuizioni dei primi “eurocrati” creatori dei disegni comunitari, portarono alla definizione di una forte azione
sovranazionale in campo agricolo.
L’esigenza era quella di uniformare quanto più possibile le azioni e le metodologie di
quei Paesi dove i problemi di politica agraria erano stati affrontati seguendo metodi
diversi tra loro, con il risultato di dare notevoli differenze in tema di prezzi dei prodotti e di funzionamento dei mercati interni.
A determinare l’incremento ed il peso delle questioni agricole all’interno del documento di costituzione della Comunità Economica Europea (il cosiddetto “Trattato di
Roma”) fu proprio l’Italia, con lo scopo, tra gli altri, di risolvere i propri problemi strutturali.
Il Trattato di Roma fu sottoscritto il 25 marzo del 1957 ed entrò in vigore a partire dal
1o gennaio 1958; alla nuova comunità aderirono inizialmente i sei Paesi membri della
CECA1 (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo ed Olanda).
I trattati istitutivi sono stati modificati più volte, ad esempio in occasione dell’entrata di nuovi Stati membri nel 1973 (Danimarca, Irlanda, Regno Unito), nel 1981
(Grecia), nel 1986 (Spagna, Portogallo) e nel 1995 (Austria, Finlandia, Svezia). Sono
state effettuate anche altre riforme di vasta portata implicanti cambiamenti istituzionali significativi e che hanno introdotto nuove aree di competenza delle istituzioni europee:
● il Trattato cosiddetto di fusione, firmato a Bruxelles l’8 aprile 1965 ed entrato in
vigore dal 1o luglio 1967, ha istituito un Consiglio unico e una Commissione unica
delle allora tre Comunità europee;
● l’Atto Unico Europeo (AUE), firmato a Lussemburgo e all’Aja ed entrato in vigore il
1o luglio 1987, ha disposto gli adattamenti richiesti per la realizzazione del mercato interno;
● il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997, ed entrato in vigore il 1o maggio
1999: ha emendato ed ha introdotto una nuova numerazione dei trattati UE e CE
e reca in allegato le versioni consolidate dei trattati stessi. Il trattato di Amsterdam
ha modificato la designazione degli articoli del Trattato sull’UE, che erano indicati
dalle lettere maiuscole da A a S, sostituendola con una numerazione progressiva;
● il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001, modifica i trattati esistenti;
● il Trattato sull’UE, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, ed entrato in vigore il
1o novembre 1993, ha per obiettivo un’unione politica tra gli Stati membri e ha
apportato cambiamenti considerevoli ai trattati esistenti. Il Trattato ha istituito
l’UE, concetto che racchiude in sé le Comunità europee ed altre forme di cooperazione.
Ulteriori modifiche saranno probabilmente apportate ai trattati in seguito alla convenzione sul futuro dell’Europa e in base al trattato di adesione di 10 nuovi Stati
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CECA: Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.
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(Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica slovacca
e Slovenia) firmato il 16 aprile 2003 e destinato ad
entrare in vigore il 1o maggio 2004.
Fig. 1 – La bandiera dell’UE.
1.2 Le istituzioni comunitarie
Il sistema istituzionale dell’UE è costituito da quattro organi principali:
a) ❖ Il Consiglio dell’UE è l’istituzione decisionale principale dell’Unione e riunisce
i ministri dei quindici Paesi in relazione ai problemi iscritti all’ordine del giorno:
affari esteri, agricoltura, industria, trasporti, ambiente, ecc.
Il Consiglio, che rappresenta gli Stati membri, adotta gli atti giuridici comunitari (i
regolamenti, le direttive e le decisioni) e dispone di un potere quasi legislativo che
condivide con il Parlamento europeo. Insieme a quest’ultimo, esercita anche il potere
di bilancio. Infine il Consiglio adotta gli accordi internazionali negoziati preliminarmente dalla Commissione. Ogni Paese dell’UE esercita la presidenza, a turno, per un
periodo di sei mesi. Le decisioni del Consiglio vengono preparate dal Comitato dei
rappresentanti permanenti degli Stati membri (COREPER), assistito da gruppi di
lavoro composti da funzionari dei ministeri nazionali. Il Consiglio dispone ugualmente
di un segretariato generale, con sede a Bruxelles, che prepara ed esegue le decisioni.
b) ❖ Il Consiglio europeo è l’istituzione che riunisce regolarmente i capi di Stato o
di governo della Comunità Europea. È nato dalla prassi iniziata nel 1974 ed istituzionalizzata dall’Atto Unico Europeo nel 1987.
Il Consiglio europeo si riunisce almeno due volte all’anno. Esso conta, come membro di diritto, il presidente della Commissione e prevede la partecipazione del presidente del Parlamento europeo. Originariamente (1961) era costituito per regolare i vertici convocati su iniziativa di uno Stato membro.
c) ❖ Il Parlamento europeo è l’organo di espressione democratica e di controllo
politico della UE. Oltre a svolgere tali funzioni, partecipa al processo di adozione
degli atti comunitari.
Eletto a suffragio universale dal giugno 1979, è formato oggi da 626 deputati, eletti
ogni cinque anni: 99 deputati provengono dalla Germania, 87 rispettivamente dalla
Francia, dall’Italia e dalla Gran Bretagna, 64 dalla Spagna, 31 dai Paesi Bassi,
25 rispettivamente dal Belgio, dalla Grecia e dal Portogallo, 22 dalla Svezia, 21 dall’Austria, 16 rispettivamente dalla Danimarca e dalla Finlandia, 15 dall’Irlanda e
6 dal Lussemburgo. Nella prospettiva dell’ampliamento, il numero di seggi è stato
limitato dal trattato di Amsterdam a 700.
Le sessioni plenarie del Parlamento si svolgono, di norma, a Strasburgo. I gruppi politici e le 20 commissioni parlamentari, che preparano i lavori delle sedute plenarie si riuniscono di norma a Bruxelles, mentre il Segretariato generale ha sede a Lussemburgo.
Il Parlamento esercita, congiuntamente con il Consiglio, la funzione legislativa: esso
partecipa infatti all’elaborazione delle direttive e dei regolamenti comunitari e si
pronuncia sulle proposte della Commissione europea, che quest’ultima è invitata
a modificare di conseguenza.
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d) ❖ La Commissione europea è uno degli organi chiave del sistema istituzionale
comunitario. Rappresenta, infatti, l’organismo comune alle tre Comunità europee:
la CECA, la CEE, e l’EURATOM.
Composta, dal 5 gennaio 1995, da 20 membri (due membri per la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, l’Italia e la Spagna e un membro per ciascuno degli altri
Paesi) nominati di concerto per 5 anni dagli Stati membri, la Commissione è soggetta ad un duplice voto d’investitura del Parlamento.
La Commissione gode di una grande indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni, infatti:
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incarna l’interesse comunitario e non deve sottomettersi ad alcuna ingiunzione
da parte dell’uno o dell’altro Stato membro;
è custode dei trattati, vigila sull’applicazione dei regolamenti e delle direttive
adottate dal Consiglio;
può adire la Corte di giustizia per far osservare il diritto comunitario;
è titolare del monopolio d’iniziativa legislativa;
può intervenire in qualunque momento per favorire il raggiungimento di un
accordo in seno al Consiglio oppure tra quest’ultimo e il Parlamento;
esegue le decisioni prese dal Consiglio, per esempio nel settore della politica
agricola comune;
dispone anche di ampi poteri nell’attuazione delle politiche comuni di cui le è
affidata la responsabilità finanziaria: ricerca e tecnologia, aiuto allo sviluppo,
coesione regionale, ecc.
La Commissione dispone di un apparato amministrativo la cui sede provvisoria è
ripartita tra Bruxelles e Lussemburgo.
Oltre a questi operano altre istituzioni di notevole importanza, quali:
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la Corte di Giustizia delle Comunità europee, con sede a Lussemburgo, è composta di 15 giudici, assistiti da 9 avvocati generali, nominati di concerto dagli
Stati membri per un mandato, rinnovabile, di 6 anni e la cui indipendenza è
garantita.
Il ruolo della Corte è quello di garantire il rispetto del Diritto nell’interpretazione e
nell’applicazione dei Trattati;
il Tribunale di primo grado istituito nel 1989 e composto da 15 giudici è competente per l’esame, con riserva di impugnazione dinanzi alla Corte di Giustizia
per i soli motivi di Diritto, dei ricorsi contro la Comunità presentati da persone
fisiche o giuridiche, dei ricorsi proposti contro la Commissione in virtù del trattato Ceca e infine delle controversie tra la Comunità ed i suoi funzionari e agenti;
la Corte dei Conti, creata dal trattato del 22 luglio 1975, ha 15 membri, eletti di comune
accordo per 6 anni dagli Stati membri previa consultazione del Parlamento europeo.
Essa verifica la legalità e la regolarità delle entrate e delle spese della Comunità,
nonché la sua corretta gestione finanziaria. La sua azione globale si concreta nella
presentazione di una relazione annuale, realizzata dopo la chiusura di ciascun esercizio. Il trattato sull’UE firmato a Maastricht nel 1992 eleva la Corte dei Conti al
rango di quinta istituzione della Comunità;
il Consiglio e la Commissione sono assistiti dal Comitato economico e sociale. Quest’ultimo è formato da 222 membri, che rappresentano le diverse categorie del mondo
economico e sociale. Deve obbligatoriamente essere consultato prima dell’adozione
di un gran numero di decisioni (in materia di occupazione, questioni sociali, formazione professionale ecc.) e può ugualmente esprimere dei pareri di propria iniziativa.
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Il Comitato economico e sociale è l’organismo che consente la partecipazione
attiva dei rappresentanti professionali e sindacali allo sviluppo della Comunità;
il Comitato delle Regioni, istituito dal Trattato di Maastricht, è composto da 222
delle collettività regionali e locali, nominate per 4 anni dal Consiglio su proposta
degli Stati. Esso è consultato dal Consiglio o dalla Commissione nei casi previsti
dal Trattato e può esprimere dei pareri di propria iniziativa.
1.3 Gli organismi dell’UE 2
Il processo decisionale da parte delle Istituzioni comunitarie è stabilito da una serie
di norme con diverse caratteristiche, portata ed obbligatorietà: si tratta dei Regolamenti, delle Direttive, delle Decisioni e delle Raccomandazioni.
❖ I Regolamenti sono atti giuridici di portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili dagli Stati membri (non necessitano, cioè, di
attuazione da parte del potere legislativo degli Stati membri).
❖ Le Direttive sono atti che vincolano il Paese destinatario solo per il risultato da
raggiungere, ma non per la scelta dei modi e degli strumenti atti a consentire il
risultato indicato; le direttive vanno anche recepite dallo Stato membro che deve
provvedere ad adottare specifiche norme di attuazione.
❖ Le Decisioni sono atti giuridici determinati individualmente verso Stati membri
o soggetti privati, e sono obbligatorie in tutte le loro componenti, con le stesse
modalità di applicazione descritte per le direttive.
❖ Le Raccomandazioni ed i pareri non sono altro che consigli che la Comunità
esprime su determinati comportamenti (raccomandazioni) o avvenimenti
(pareri), senza obbligo alcuno a carico del destinatario.
1.4 Il finanziamento delle attività comunitarie 3
Nei primi anni dalla sua costituzione il funzionamento dei vari organi comunitari fu
assicurato attraverso la concessione di contributi versati dagli Stati membri e calcolati
in base a criteri di ripartizione, che tenevano conto delle capacità contributive e dei
vantaggi che gli Stati membri traevano dall’attuazione delle diverse politiche.
Attualmente la politica regionale europea si fonda sulla solidarietà finanziaria e su
obiettivi realmente condivisi.
A riprova di ciò si consideri che più di un terzo del bilancio dell’Unione, costituito in larga
misura dall’apporto degli Stati membri più ricchi, è trasferito alle Regioni più povere.
Questo meccanismo non avvantaggia soltanto i Paesi beneficiari, bensì anche quelli
che forniscono il maggior contributo netto, dal momento che le loro imprese usufruiscono di considerevoli possibilità di investimento e di trasferimento di know-how
economico e tecnologico, specialmente nelle regioni in cui alcuni tipi di attività non
sono stati ancora avviati. Attraverso la politica regionale, tutte le realtà locali concorrono così ad accrescere la competitività dell’Unione.
Strumenti principali della solidarietà europea sono i 4 Fondi strutturali, ciascuno dei
quali, pur operando in modo coordinato, ha una sua specializzazione settoriale:
●
2
3
il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) finanzia infrastrutture, investimenti
produttivi destinati a creare occupazione, progetti di sviluppo locale e interventi a
favore delle piccole e medie imprese;
Fonte: sito Web UE.
Fonte: sito Web UE.
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il Fondo Sociale Europeo (FSE) promuove l’inserimento professionale dei disoccupati e dei gruppi svantaggiati, fornendo, in particolare, sostegni alla formazione
e incentivi per la creazione di posti di lavoro;
● lo Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP) ha come obiettivo
l’ammodernamento del settore;
● la sezione “orientamento” del Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e di Garanzia (FEAOG) finanzia iniziative di sviluppo rurale e fornisce aiuti agli agricoltori,
soprattutto nelle regioni arretrate, mentre la sezione “garanzia” assolve lo stesso
compito, nel quadro della politica agricola comune, nelle altre parti dell’Unione.
I Fondi strutturali non sono destinati a progetti isolati, bensì a programmi pluriennali
di sviluppo regionale, concordati tra Regioni, Stati membri e Commissione europea,
conformemente agli orientamenti proposti da quest’ultima per l’intera Unione.
A queste risorse si aggiungeranno quelle:
– del Fondo di coesione (destinate a Spagna, Irlanda, Grecia e Portogallo);
– di ulteriori programmi specifici ideati per trovare soluzioni comuni a problemi
riscontrabili su tutto il territorio europeo.
In particolare ai seguenti quattro programmi è destinato il 5,35% del bilancio dei Fondi
strutturali:
● Interreg III, che promuove forme di cooperazione transfrontaliera, transnazionale
e interregionale, ovvero accordi tra Paesi diversi per favorire lo sviluppo equilibrato
di aree multiregionali (è finanziata dal FESR);
● Urban II, che sostiene strategie innovative per il risanamento di centri urbani e
quartieri degradati (è finanziata dal FESR);
● Leader +, che tende a favorire scambi di esperienze fra operatori socio-economici
di zone rurali sulle nuove strategie locali di sviluppo sostenibile (è finanziata dal
FEAOG-Orientamento);
● Equal, che mira ad eliminare le cause delle disuguaglianze e delle discriminazioni
nell’accesso al mercato del lavoro (è finanziata dal Fondo sociale europeo).
In totale, nel periodo interessato (2000-2006) saranno mobilitati 213 miliardi di euro
per migliorare la situazione economica delle regioni svantaggiate, delle aree con problemi specifici e dei ceti sociali più deboli.
●
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Obiettivi prioritari e definizione delle zone di intervento
❖ OBIETTIVO 1 (TERRITORIALE)
Promuove lo sviluppo delle Regioni più arretrate, dotandole di quelle infrastrutture di base
di cui sono ancora prive e favorendo l’afflusso
di investimenti per il decollo delle attività economiche. Il 70% degli stanziamenti previsti è
assorbito da una cinquantina di Regioni, in cui
vive il 22% della popolazione dell’UE. I fondi
interessati sono il FEAOG – Orientamento, il
FSE, il FESR e lo SFOP.
❖ OBIETTIVO 2 (TERRITORIALE)
Sostiene la riconversione economica e
sociale nelle zone con problemi strutturali,
siano esse aree industriali, rurali, urbane o
dipendenti dalla pesca. L’11,5% degli stanziamenti previsti è destinato a questi territori, in
cui vive il 18% della popolazione dell’UE. I
fondi interessati sono il FSE e il FESR.
❖ OBIETTIVO 3 (SETTORIALE)
Modernizza i sistemi di formazione e incrementa l’occupazione. Questo riguarda l’intera
Unione, ad eccezione delle Regioni che rientrano nell’Obiettivo 1, dove le misure introdotte a tale scopo sono parte integrante dei
programmi tendenti a ridurre i divari di sviluppo. Il 12,3% del bilancio dei Fondi strutturali è destinato al perseguimento di questo
obiettivo. Il fondo interessato è il FSE.
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Fig. 2 – Unione Europea. Fondi strutturali 2000-2006: aree ammissibili agli Obiettivi 1 e 2.
2 L’Unione Economica Monetaria (UEM)
2.1 La nascita della moneta unica europea
La nascita della moneta unica è il risultato di una lunga e paziente evoluzione. Già
nel 1970, il rapporto Werner aveva proposto la creazione di un’Unione economica e
monetaria in tre fasi, scaglionata in un periodo di dieci anni. Ma la volontà degli Stati
membri di realizzare tale Unione si scontrò con le conseguenze della prima crisi petrolifera e subì una battuta d’arresto.
Nel 1972 fu creato il sistema di cambio europeo, noto sotto il nome di SME (Serpente
Monetario Europeo).
Nel 1974 il Consiglio adottò una decisione relativa alla realizzazione di un elevato
grado di convergenza nella Comunità nonché una direttiva concernente la stabilità,
la crescita e la piena occupazione. Tuttavia, la crescente instabilità economica minò a
poco a poco le basi sulle quali era fondato il sistema e ciò comportò l’uscita del franco
francese, della sterlina e della lira italiana dal serpente.
2.2 I principi della moneta unica 4
Nel giugno 1989, sulla base della relazione presentata dal presidente della Commissione Jacques Delors, il Consiglio europeo di Madrid ha stabilito i principi generali
4
Fonte: Istituzioni Comunitarie.
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Lo SME
Il 6 e 7 luglio 1978, al Consiglio europeo di
Brema, i capi di Stato e di governo decisero
di creare un Sistema monetario europeo
(SME) che è entrato in vigore il 13 marzo
1979. Il suo successo ha aperto la via a una
zona di stabilità monetaria in Europa, che si
è rivelata propizia alla crescita e agli investimenti.
Lo SME si basa su tre elementi principali:
❖ L’ECU: concepito come elemento centrale del sistema, costituisce un paniere
composto dalle valute di tutti gli Stati membri.
❖ I meccanismi di cambio e d’intervento:
ogni moneta ha un tasso centrale rispetto
all’ECU. I tassi centrali servono a stabilire
una griglia di tassi centrali bilaterali. Fino
all’agosto 1993 erano consentiti rispetto ai
tassi bilaterali margini di fluttuazione del
2,25% (o eccezionalmente fino al 6%). Successivamente, questi margini sono stati
allargati fino al + 15% a seguito delle forti
perturbazioni intervenute sui mercati dei
cambi.
❖ I meccanismi di credito: non appena un
tasso di cambio bilaterale raggiunge la
soglia del +15% le banche centrali sono
tenute a intervenire in misura illimitata per
impedire di superare tale soglia.
È stato così possibile creare una zona di
stabilità monetaria. Tuttavia, lo SME non ha
potuto sviluppare tutte le sue potenzialità,
in quanto diversi Stati membri non hanno
aderito al meccanismo di cambio o vi partecipano sulla base di margini di fluttuazione più ampi.
per la realizzazione di un’Unione economica e monetaria: obiettivi di una moneta
unica, processo in più tappe, la prima delle quali ha avuto inizio il 1o luglio 1990 e
parallelismo fra l’aspetto monetario e quello economico. Nel corso di questa prima
fase, gli Stati membri si sono impegnati a presentare dei “programmi di convergenza”
diretti ad avvicinare e migliorare le loro prestazioni economiche, al fine di rendere
possibile l’introduzione di parità fisse fra le loro monete.
Con il trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992, si è reso irreversibile il cammino verso la moneta unica fissando un calendario in tre fasi delle azioni da realizzare.
I criteri per il passaggio alla terza fase sono stati fissati come segue:
● stabilità dei prezzi: il tasso di inflazione non deve superare di oltre l’1,5% la media
dei tre Stati che hanno riportato i tassi di inflazione più bassi;
● tassi d’interesse: i tassi d’interesse a lungo termine non devono superare di oltre
due punti percentuali la media dei tre Paesi aventi i tassi d’interesse meno elevati
dell’Unione;
● disavanzo: i disavanzi di bilancio nazionali devono essere vicini o inferiori al 3% del
PNL;
● indebitamento: il debito pubblico non può superare il 60% del PNL, tranne che
nel caso in cui si mostri una tendenza a diminuire avvicinandosi a tale livello;
● stabilità dei corsi: una valuta nazionale non può essere stata svalutata durante il
biennio precedente e deve essere rimasta entro il margine di fluttuazione del 2,25%
previsto dallo SME.
o
Il 1 luglio 2002 l’Euro ha sostituito le monete nazionali negli Stati membri che partecipano all’unione monetaria.
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I l c a l e n d a ri o d e l l ’ E u ro
❖ 10 dicembre 1991: firma del trattato sull’UE; si decide di creare un’unione monetaria e vengono adottati cinque criteri di convergenza.
❖ 1 gennaio 1994: seconda fase dell’UEM
(periodo di transizione); creazione dell’IME
a Francoforte; rafforzamento delle procedure di coordinamento delle politiche economiche a livello europeo; lotta contro i
disavanzi eccessivi e politica di convergenza economica degli Stati membri; indipendenza delle banche centrali nazionali.
❖ 16 dicembre 1995: Consiglio europeo di
Madrid; adozione della denominazione
“Euro”; si crea il quadro tecnico per l’introduzione dell’euro e si stabilisce il calendario per il passaggio alla moneta unica.
❖ 13 dicembre 1997: Consiglio europeo di
Lussemburgo: risoluzione sul coordinamento delle politiche economiche nel corso
della terza fase dell’UEM (sorveglianza multilaterale) e sugli articoli 109 e 109 B del trattato (politica di cambio e rappresentanza
della Commissione a livello internazionale).
❖ 1 e 2 maggio1998: il Consiglio europeo
stabilisce quali sono i Paesi che parteciperanno all’Euro sulla base dei criteri di convergenza; consultazione del Parlamento
europeo; fissazione di tassi di cambio bilaterali irrevocabili.
❖ Nel 1998: creazione della Banca Centrale Europea (BCE) nomina del suo comitato esecutivo; si incominciano a stampare
banconote e a coniare monete.
❖ 14 dicembre 1996: Consiglio europeo di
Dublino; adozione di un patto di stabilità
finanziaria e di crescita; statuto giuridico
dell’Euro.
❖ 1 gennaio 1999: terza fase dell’UEM;
l’Euro diventa una moneta a tutti gli effetti;
passaggio all’Euro per le banche e le
imprese.
❖ 16 giugno 1997: Consiglio europeo di
Amsterdam; conferma del patto di stabilità
e di crescita; adozione di regolamenti sullo
statuto giuridico dell’Euro; risoluzione sullo
“SME bis” destinata ai Paesi che non partecipano alla zona Euro; scelta del disegno
delle monete.
❖ 1 gennaio 2002: introduzione dell’Euro;
messa in circolazione di monete e banconote.
❖ 1 luglio 2002: annullamento dello status
di valuta legale delle monete e delle banconote nazionali.
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3 L’agricoltura nell’UE
Il Trattato di Roma, al suo Titolo II, dedica alla problematica agricola ben 10 articoli,
che nella particolarità precisano:
1. Condizioni di inserimento dell’agricoltura nel mercato comune.
2. Obiettivi, mezzi e metodi della nascente Politica Agricola Comunitaria (PAC).
3. Misure economiche da adottare durante la transizione dal vecchio al nuovo mercato.
Le finalità peculiari della PAC sono riassunte all’articolo 39 che auspica:
● l’incremento della produttività in agricoltura, in particolare attraverso lo sviluppo
del progresso tecnico;
● il raggiungimento di un equo tenore di vita della popolazione rurale, attraverso il
miglioramento del reddito dei lavoratori agricoli;
● la stabilizzazione dei mercati (a garanzia del produttore agricolo) contro il fenomeno delle fluttuazioni dei prezzi provocate dallo squilibrio tra domanda ed offerta;
● la garanzia e la sicurezza degli approvvigionamenti con produzioni comunitarie
stabili e costanti;
● la possibilità di assicurare ai consumatori finali equi prezzi dei prodotti agricoli.
L’articolo 40 tocca invece uno degli aspetti più importanti della nascente politica agricola comunitaria, vale a dire l’organizzazione comune dei mercati.
Attraverso quest’ultima ci si pone l’obiettivo di creare, alla fine del periodo di transizione dal vecchio mercato agricolo (di tipo nazionale) al nuovo (di tipo comunitario),
un mercato unico nel quale gli scambi si effettuino in condizioni analoghe a quelle
esistenti in un mercato interno.
Le linee direttrici della nascente PAC possono perciò essere così riassunte:
a) esigenza della progressiva attuazione di un Mercato Unico, con libera circolazione
dei prodotti agricoli all’interno del territorio comunitario;
b) affermazione del principio della preferenza comunitaria per i prodotti agricoli
interni.
A questo scopo gli organismi comunitari hanno studiato e poi introdotto:
● forme di solidarietà finanziaria tra gli Stati membri in ordine agli eventuali oneri
derivanti dall’applicazione della PAC;
● forme di intervento sui mercati nazionali e sull’esportazione delle eccedenze agricole al di fuori della Comunità;
● azioni comuni nel settore delle strutture agricole.
4 La nascita della Politica Agricola
Comunitaria (PAC)
Nel giugno del 1960 la Commissione della Comunità Europea, a seguito dell’elaborazione teorica e pratica dei punti previsti dal “Trattato di Roma”, presentò al Consiglio le proprie proposte operative relative alla nascente Politica Agricola Comunitaria.
Le proposte (conosciute come “Piano Mansholt n. 1” o “Bibbia verde”) furono accolte
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con un certo favore nel mondo agricolo comunitario, che, si ricorda, era allora rappresentato da 6 Stati membri (Francia, Germania federale, Italia, Belgio, Olanda e
Lussemburgo).
Il progetto era costituito da un ampio volume suddiviso in una parte generale, dedicata allo studio e all’illustrazione dello stato dell’agricoltura nelle sei diverse realtà
nazionali, ed in due capitoli che riguardavano l’enumerazione dei principi di base della
PAC e del suo sviluppo futuro.
Il “Piano Mansholt n. 1” basò la sua concezione della PAC sul principio che poneva l’agricoltore come parte integrante dell’economia ed elemento di base dei rapporti socioeconomici interni.
Da ciò vennero definiti una serie di principi che riguardavano i diversi settori di interesse, quali il mercato, le strutture, il commercio e la protezione sociale (vedi
Approfondimento a pag. 204).
5 Il finanziamento della PAC
5.1 Generalità
La possibilità di attuare una politica di sostegno dei prezzi, di miglioramento ed adeguamento delle strutture presuppone la presenza di uno strumento finanziario
comune: il FEAOG (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia).
Il FEAOG, inoltre, permette alla politica agricola comunitaria di raggiungere i suoi
obiettivi grazie alla totale copertura delle spese da lei stessa prodotte, sia nel campo
dei mercati, che in quello strutturale.
Sin dalle prime fasi la dotazione finanziaria del FEAOG, suddiviso in due sezioni
(Orientamento e Garanzia), venne assicurata dagli Stati membri attraverso ripartizioni che interessavano:
● i prelievi agricoli;
● i dazi doganali;
● una percentuale sull’IVA incassata da ciascuno Stato membro;
● i contributi derivati dallo zucchero.
Allo stato attuale il FEAOG è parte integrante del bilancio generale comunitario; la
Commissione che gestisce i relativi fondi, risponde al Consiglio sulla loro utilizzazione.
5.2 La sezione Garanzia del FEAOG
La sezione Garanzia provvede al finanziamento delle spese derivanti dalla politica
comune dei prezzi e dei mercati agricoli.
Si tratta specificatamente:
● della restituzione alle esportazioni nei Paesi extracomunitari (cioè del meccanismo di compensazione, calcolato sulla differenza tra i prezzi praticati all’interno
della UE ed i prezzi mondiali);
● degli interventi atti a regolarizzare i mercati agricoli (stoccaggi, ritiri, aiuti, premi,
ecc.).
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S e tt o ri d ’ i n t e re s s e d e l l a PA C
❖ POLITICA DI MERCATO
In attesa degli esiti prodotti dall’applicazione di adeguate forme di politica strutturale (vedi successivo punto “Politica delle
Strutture”), che tra l’altro avrebbe fatto
sentire il proprio effetto non prima di un
decennio, si convenne che solo la politica
di sostegno dei mercati agricoli e dei relativi prezzi sarebbe stata in grado di conseguire adeguati risultati per la popolazione
rurale.
Esisteva quindi la necessità di creare un
grande mercato comune, avente le stesse
caratteristiche di un mercato interno, il cui
scopo principale fosse quello di realizzare
un equilibrio tra produzione agricola e possibilità del suo collocamento sia all’interno
che all’esterno dei confini comunitari.
L’organizzazione comune dei mercati agricoli avrebbe presto fissato un livello
comune dei prezzi, lasciando solo differenze minime legate a circostanziate realtà
comprensoriali. La linea da seguire avrebbe
inoltre protetto i mercati comunitari contro
le fluttuazioni dei prezzi presenti nei mercati
mondiali.
La Commissione propose infatti di fissare i
prezzi dei prodotti agricoli circolanti nel
mercato interno alla Comunità, superiori ai
prezzi esterni, in quanto le condizioni di produzione dei Paesi europei non erano certamente paragonabili a quelle presenti nei
grandi Paesi esportatori extraeuropei.
Quindi i prezzi agricoli comunitari sarebbero
stati fissati, in attesa di nuove linee di politica agricola, ad un livello superiore a quelli
mondiali.
❖ POLITICA DELLE STRUTTURE
Al fine di sopperire all’insufficienza del reddito agricolo e determinare uno stabile
equilibrio tra domanda ed offerta di prodotti
agricoli, si ritenne opportuno avviare una
valida politica comune nel settore delle
strutture agrarie necessarie alla produzione
ed alla trasformazione dei prodotti del settore.
Ciò allo scopo di sviluppare più razionali
forme di conduzione aziendale in modo da
assicurare stabili livelli di redditività e di
produttività, paragonabili alle condizioni
presenti nei centri urbani e periurbani.
Si intuì che i problemi del settore agricolo
sarebbero stati risolti solo nel medio-lungo
periodo e solo in presenza di una profonda
trasformazione delle strutture agricole di
produzione, di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli.
❖ POLITICA COMMERCIALE
Con la creazione di una “unione doganale”,
gli Stati appartenenti alla Comunità avrebbero creato una uniformità nel sistema
commerciale interno, predisponendo anche
l’auspicato sviluppo del commercio internazionale, come previsto dalla Conferenza
Mondiale che regola gli scambi commerciali tra gli Stati (denominata degli “accordi
GATT” – General Agreement Trade and
Tariffs).
❖ POLITICA SOCIALE
Tale politica si prefiggeva, nei confronti di
tutti i lavoratori agricoli e delle loro famiglie,
una protezione sociale uguale a quella di
altre categorie.
Le linee fondamentali da intraprendere
sarebbero state quelle di estendere l’insegnamento generale e la formazione professionale dei giovani agricoltori.
Da questo punto di vista, particolare importanza ebbe l’attività che venne a svolgere il
Fondo Sociale Europeo (FSE), che congiuntamente ad altri organismi europei (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia –
FEAOG – e Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR –) avrebbe assunto il compito di
migliorare la possibilità di occupazione all’interno del mercato del lavoro comunitario,
prevedendo tutte le forme di mobilità geografica e professionale dei lavoratori.
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5.3 La sezione Orientamento del FEAOG
La sezione Orientamento è chiamata a definire il sostegno finanziario della politica
delle strutture.
Da un punto di vista gestionale troviamo il concorso:
● delle azioni dirette, dove la Commissione UE concede un contributo direttamente
al beneficiario che ne fa richiesta presentando un progetto di investimento;
● delle azioni indirette, nelle quali il FEAOG Orientamento rimborsa allo Stato membro una determinata percentuale delle spese ammissibili previste, conformemente
alle disposizioni comunitarie e/o alla normativa nazionale.
Dal bilancio complessivo dei finanziamenti della PAC emerge chiaramente la ridistribuzione di ricchezza tra gli Stati membri, che però, contrariamente alla logica dei trattati, non ne hanno beneficiato in eguale misura. Si può in effetti affermare che maggiori vantaggi hanno avuto quei Paesi con un’agricoltura meglio organizzata (Germania, Francia, Olanda).
L’ingresso di Spagna, Portogallo e Grecia accentua ancora di più l’esigenza di una revisione della PAC per attenuare gli squilibri esistenti tra aree arretrate e aree già sviluppate.
6 Lo sviluppo della PAC
Allo scopo di avviare a soluzione tutti i problemi relativi ai quattro principi di base enunciati nel § 4, la Commissione CEE elaborò numerose linee economiche di programmazione, predisponendo specifiche normative (Regolamenti e Direttive).
In questa sede si ritiene opportuno concedere particolare spazio alle sole problematiche che riguardano la politica di mercato e quella delle strutture, in quanto, oltre a
rappresentare con maggiore peso la politica generale dell’UE, impegnano attualmente,
con preponderanza, le finanze comunitarie.
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Sviluppo della politica di mercato e delle strutture
❖ POLITICA DI MERCATO
La Commissione CEE suddivise in due fasi la
realizzazione del mercato comune: la prima di
passaggio (fino al 31/12/1969), durante la
quale sarebbero stati rimossi i principali ostacoli sulla strada dell’armonizzazione dei mercati dei singoli Stati comunitari, la seconda
(dal 1/1/1970) corrispondente all’instaurazione
di un mercato unico. Fu inoltre presa una serie
di provvedimenti che andavano a sostituire i
diritti doganali presenti per ciascuno degli
Stati comunitari nei confronti dei Paesi Terzi,
creando una “tassa di compensazione”.
Con il fine di realizzare l’organizzazione
comune dei diversi mercati agricoli, furono
previsti appositi “fondi di stabilizzazione”
destinati ad operare con i finanziamenti previsti dal FEAOG, sezione garanzia.
❖ POLITICA DELLE STRUTTURE
L’azione comunitaria si individuò soprattutto
nel coordinamento della programmazione
delle politiche nazionali, poiché la responsabilità di azioni strutturali sarebbe dovuta ricadere sui singoli Stati membri lasciando alla UE
solo l’onere di intervenire indirettamente,
attraverso indicazioni programmatiche enunciate con Direttive o al limite con Regolamenti.
Riguardo la partecipazione finanziaria, la Commissione CEE propose di interessare una
sezione apposita del FEAOG (la sezione Orientamento) che avrebbe corrisposto somme
addizionali a quelle erogate dai singoli governi.
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7 L’organizzazione dei mercati agricoli
comunitari 5
7.1 Premessa
Le linee fondamentali della politica dei mercati agricoli comunitari si basano sui principi:
●
●
●
●
dell’unità del mercato, attraverso la libera circolazione dei prodotti agricoli comunitari;
della preferenza comunitaria per i prodotti agricoli interni;
della solidarietà finanziaria tra gli Stati membri per la suddivisione degli oneri derivanti dal sostegno dei mercati agricoli;
della corresponsabilità generalizzata, principio di recente introduzione, che si traduce nelle limitazioni di garanzia nei confronti di alcuni prodotti agricoli che risultano eccedenti.
Il complesso dei meccanismi e dei passaggi in cui si articola l’organizzazione dei mercati comunitari è basato su una serie di atti normativi specifici per ogni prodotto
(tabacco, ortofrutta, latte, carne, olio di oliva, ecc.) che hanno in comune alcuni aspetti
caratteristici come la fissazione di un prezzo unico e l’introduzione di un regime di
scambi con i Paesi terzi.
7.2 Le OCM (Organizzazioni Comuni di Mercato)
❖ Le Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM) sono disposizioni stabilite dalle
decisioni comunitarie, che disciplinano la produzione e gli scambi dei prodotti
agricoli di tutti gli Stati membri dell’UE.
Le OCM hanno progressivamente sostituito le organizzazioni nazionali di mercato
nei settori in cui era necessario, prefiggendosi, innanzitutto:
●
●
●
●
di realizzare gli obiettivi della politica agricola comune;
di stabilizzare i mercati;
di garantire un tenore di vita equo agli agricoltori;
di aumentare la produttività dell’agricoltura.
Sono disciplinati dall’Organizzazione Comune dei Mercati i seguenti settori (rappresentanti circa il 90% della produzione agricola finale comunitaria): cereali, carni suine,
uova e pollame, ortofrutticoli, banane, vino, prodotti lattiero-caseari, carni bovine,
riso, grassi (compresi olio d’oliva e semi oleosi), zucchero, floricoltura, foraggi essiccati, ortofrutticoli trasformati, tabacco, lino e canapa, luppolo, sementi, carni ovine e
caprine e altri prodotti agricoli che non sono oggetto di un’organizzazione specifica di
mercato.
L’istituzione e l’attuazione delle Organizzazioni Comuni di Mercato dipendono dal
Consiglio dei Ministri e dalla Commissione europea; nonostante numerosi meccanismi comuni, esse funzionano in modo diverso a seconda del tipo di prodotto.
5
Fonte: sito Web UE.
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C a r a tt e ri s t i c h e e f u n z i o n i d e l l e O C M
❖ L’istituzione delle OCM
Il Consiglio, deliberando a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione
e previa consultazione del Parlamento, istituisce le Organizzazioni Comuni di Mercato
(articolo 34 del Trattato che istituisce la
Unione Europea); esso decide inoltre talune
modalità di applicazione dei vari Regolamenti recanti organizzazione comune dei
mercati.
❖ L’attuazione delle OCM
La Commissione, assistita da un comitato,
adotta le disposizioni di applicazione necessarie per l’attuazione delle Organizzazioni
Comuni di Mercato. Per ciascuna organizzazione, un comitato di gestione composto
da rappresentanti degli Stati e presieduto
da un rappresentante della Commissione si
esprime sui progetti. Se la Commissione
non condivide il parere del comitato, la
decisione definitiva viene presa dal Consiglio.
❖ ll funzionamento delle OCM
Le Organizzazioni Comuni di Mercato consentono innanzitutto di fissare per i prodotti
agricoli prezzi unici per tutti i mercati europei, di concedere aiuti ai produttori o agli
operatori del settore, di istituire meccanismi
di controllo della produzione e disciplinare
gli scambi con i Paesi terzi. Viene inoltre
promossa la costituzione di organizzazioni
di produttori.
❖ La politica dei prezzi
Il Consiglio, deliberando a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione
e previa consultazione del Parlamento della
Commissione all’inizio di ciascuna campagna di commercializzazione, fissa artificialmente tre diversi prezzi: il prezzo indicativo,
il prezzo d’entrata e il prezzo d’intervento
dei prodotti.
Il prezzo indicativo, detto anche prezzo di
base o prezzo di orientamento, è il prezzo al
quale le autorità comunitarie ritengono
dovrebbe avvenire la transazione. Benché
artificiale, il prezzo indicativo si avvicina al
prezzo che i prodotti avrebbero spuntato in
condizioni normali sul mercato comunitario.
Il prezzo d’entrata o prezzo limite è il prezzo
minimo al quale possono essere venduti i
prodotti importati. È superiore al prezzo
d’intervento e quindi incoraggia gli operatori economici comunitari ad approvvigionarsi all’interno della Comunità europea, al
fine di rispettare il principio di preferenza
comunitaria.
Il prezzo d’intervento è il prezzo garantito al
di sotto del quale un organismo d’intervento
designato dagli Stati membri procede
all’acquisto e al magazzinaggio della produzione. Per non gravare sul bilancio comunitario, il Consiglio incentiva l’ammasso privato corrispondendo un premio ai produttori che procedono personalmente all’ammasso dei prodotti. Dalla riforma del 1992,
in taluni settori la diminuzione dei prezzi
garantiti è compensata dall’aumento degli
aiuti diretti all’agricoltore. I prodotti all’ammasso possono essere denaturati, utilizzati
per fini umanitari o venduti dalla Commissione. La vendita avviene tramite gara e la
Commissione stabilisce preventivamente la
destinazione dei prodotti. In caso di vendita
sul mercato interno, essa si accerta che i
mercati non subiscano perturbazioni.
❖ Gli aiuti ed i premi concessi
Gli aiuti vengono concessi sotto forma di
pagamenti per superficie, aiuti alla produzione, aiuti a favore dell’allevamento o
importi compensativi. Sono inoltre previsti
contributi intesi a favorire la commercializzazione dei prodotti, la competitività della
produzione, la costituzione e il funzionamento di organizzazioni di produttori o di
operatori del settore agroalimentare, nonché aiuti per l’abbandono di talune produzioni o la riconversione di terreni e/o
aziende. In caso di epizoozia vengono adottate misure di sostegno del mercato.
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❖ Il controllo della produzione
Regimi di quote e di quantitativi nazionali
garantiti consentono di controllare la produzione agricola e di limitare le eccedenze
e l’ammasso. Il ritiro dei terreni dalla produzione o la diversificazione nonché il versamento di importi compensativi consentono
anch’essi di prevenire la sovrapproduzione.
Le quote sono quantitativi massimi di produzione concessi agli imprenditori agricoli.
In caso di sovrapproduzione, il produttore
viene penalizzato pecuniariamente.
I quantitativi nazionali garantiti, attribuiti
agli Stati membri, rappresentano quantitativi massimi di produzione. In caso di sforamento, ai produttori viene addebitato un
prelievo di corresponsabilità. Il prezzo d’intervento per la campagna di commercializzazione successiva viene allora ridotto.
Il ritiro dalla produzione e la diversificazione per usi non alimentari sono destinati
a mettere a riposo una superficie agricola o
diversificare la produzione (produzione di
materie prime per i biocarburanti, ad esempio) mediante una contropartita finanziaria.
Gli importi compensativi integrano il reddito
degli agricoltori e sono assegnati in funzione del numero di capi e/o della superficie coltivata.
❖ Gli scambi con i Paesi terzi
Gli scambi con i Paesi terzi consistono nell’importazione di prodotti sul mercato comunitario e nell’esportazione di prodotti comunitari. Sono stati apportati adeguamenti a
favore della trasformazione dei prodotti.
Le importazioni: agli importatori può essere
richiesta la presentazione di un titolo d’importazione ed essere imposto un prelievo
all’importazione. In caso di gravi perturbazioni del mercato comunitario, la Commissione è autorizzata ad adottare misure di
salvaguardia.
I titoli d’importazione sono rilasciati dalle
autorità competenti degli Stati membri previo deposito di una cauzione, che viene
restituita all’importatore allorché quest’ultimo dimostra di aver assolto i suoi obblighi.
Per gran parte della produzione è stato istituito un regime di prelievo unico all’entrata
nell’UE al fine di evitare che i prezzi dei prodotti importati siano inferiori a quelli dei
prodotti comunitari. Taluni prodotti sono
semplicemente assoggettati alle aliquote
fissate dalla tariffa doganale comune; altri
ne sono esenti. Qualora il mercato comunitario rischi di essere gravemente perturbato a causa delle importazioni ovvero, in
taluni casi, delle esportazioni, possono
essere adottate misure di salvaguardia.
Le esportazioni: l’UE versa restituzioni identiche ai produttori europei che esportano
sul mercato mondiale. Lo scopo è quello di
sovvenzionare le esportazioni affinché i
prezzi dei prodotti europei si allineino sui
prezzi mondiali. In linea di principio l’importo della restituzione è unico, ma può
variare secondo la destinazione del prodotto o la situazione economica. La restituzione può inoltre essere subordinata al rilascio di un titolo di esportazione.
La trasformazione: l’Unione si riserva il
diritto di vietare il ricorso al regime di perfezionamento attivo, che consente di trasportare nell’Unione un prodotto importato da un
Paese terzo senza riscossione dei dazi purché il prodotto venga riesportato. Può inoltre essere vietato il regime di perfezionamento passivo, che consiste nell’esportazione temporanea di una merce verso un
Paese terzo, dove viene trasformata prima
di essere reimportata senza prelievi.
❖ Gli aiuti di Stato
Salvo disposizioni contrarie stabilite dai
regolamenti che istituiscono le Organizzazioni Comuni di Mercato, si applicano le
norme sugli aiuti di Stato previste dal trattato.
❖ Comunicazione e controlli
Gli Stati membri e la Commissione si trasmettono le informazioni necessarie per
l’attuazione dei vari Regolamenti. Inoltre, gli
Stati membri e la Commissione hanno adottato misure atte a verificare il rispetto delle
disposizioni in materia di Organizzazioni
Comuni di Mercato.
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7.3 Classificazione delle Organizzazioni Comuni di Mercato 6
Si possono individuare quattro tipi di Organizzazioni Comuni di Mercato: alcune prevedono premi alla produzione e meccanismi d’intervento, altre attuano un semplice
regime d’intervento, altre ancora prevedono esclusivamente aiuti alla produzione o
istituiscono per il prodotto in questione soltanto una protezione doganale.
Tab. 1
Tipi di Organizzazioni Comuni di Mercato Prodotti interessati
Intervento e aiuti alla produzione*
Latte e prodotti lattiero-caseari (dal 2005), carni
bovine, riso, olio d’oliva, cereali, ovini, semi oleosi,
uve secche
Intervento*
Zucchero, latte e prodotti lattiero-caseari, vino,
carni suine, ortofrutticoli freschi
Aiuti alla produzione*
Lino e canapa, foraggi essiccati, prodotti trasformati a base di ortofrutticoli, tabacco, luppolo, sementi, caprini, banane
Protezione doganale*
Pollame, uova, altri grassi, piante vive e prodotti
della floricoltura, prodotti non assoggettati ad
un’Organizzazione Comune di Mercato specifica
* Talune produzioni di Madera, delle Azzorre e delle Canarie, delle isole del Mar Egeo e dei dipartimenti francesi d’oltremare sono disciplinate da regimi specifici.
8 La riforma della PAC e Agenda 2000 7
La PAC ha realizzato con successo i suoi obiettivi iniziali: è riuscita, infatti, a promuovere sia la produzione che la produttività, ha stabilizzato i mercati, ha assicurato
l’approvvigionamento dei prodotti e ha protetto gli agricoltori contro le fluttuazioni
dei prezzi sui mercati mondiali. Tuttavia, tali risultati positivi sono stati offuscati da
effetti secondari indesiderabili: gli agricoltori dell’UE hanno prodotto più di quanto il
mercato potesse assorbire, creando così eccedenze e una crescita esponenziale delle
spese agricole dell’UE.
La PAC ha dovuto subire, nei quattro decenni della sua esistenza, numerose riforme.
L’ultima, in ordine di tempo, è quella proposta dalla Commissione nel quadro di
Agenda 2000, che costituisce un modello per il futuro della politica comunitaria nell’ottica del previsto allargamento.
Agenda 2000 rappresenta la riforma più radicale e globale della Politica Agraria
Comune dalla sua istituzione ad oggi. Portando avanti il processo iniziato nel 1992,
essa ha fornito una solida base per il futuro sviluppo dell’agricoltura nell’Unione, con6
7
Fonte: sito Web UE.
Fonte: sito Web UE.
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templando tutti gli ambiti di competenza della PAC (economico, ambientale e rurale).
La riforma comprende, in particolare, misure intese a:
● rafforzare la competitività delle materie prime agricole sui mercati interni e mondiali;
● promuovere un tenore di vita adeguato della comunità agricola;
● creare posti di lavoro sostitutivi e di altre fonti di reddito per i lavoratori agricoli;
● elaborare una nuova politica dello sviluppo rurale come secondo pilastro della PAC;
● integrare maggiormente nella PAC questioni ambientali e strutturali;
● migliorare la qualità dei prodotti alimentari e della loro sicurezza;
● semplificare la legislazione in materia agraria e decentralizzarne l’applicazione, in
vista di una maggiore chiarezza, trasparenza e accessibilità di norme e regolamenti.
Con la riforma, quale prevista in Agenda 2000, si creano le condizioni per lo sviluppo
nell’UE di un’agricoltura comunitaria multifunzionale, sostenibile e concorrenziale.
Inoltre, i suoi obiettivi a lungo termine non incideranno positivamente solo sui Paesi
candidati all’adesione, ma ne beneficeranno anche le generazioni future.
Per quanto riguarda l’agricoltura, il nuovo Regolamento di riferimento è il 1257/99 del
Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo Agricolo di
Orientamento e di Garanzia (FEAOG).
Esso accompagna e integra gli altri strumenti della Politica Agricola Comune e della
politica strutturale comunitaria ed abroga, a questo titolo, in particolare i precedenti
Regolamenti relativi al FEAOG (4256/88), l’Obiettivo 5 a (950/97, 951/97, 952/97 e
867/90), le misure di accompagnamento della riforma della PAC del 1992 (2078/92,
2079/92 e 2080/92) e l’aiuto strutturale alla silvicoltura (1610/89).
Le misure di sviluppo rurale ammissibili a titolo del presente Regolamento sono suddivise in due gruppi:
● le misure d’accompagnamento della riforma del 1992, quali il prepensionamento,
le misure agroambientali, l’imboschimento, nonché il regime relativo alle zone svantaggiate;
● le misure di ammodernamento e diversificazione delle aziende agricole, quali investimenti nelle aziende agricole, insediamento di giovani agricoltori, formazione, sostegno agli investimenti negli impianti di trasformazione e commercializzazione, aiuto
complementare alla silvicoltura, promozione e riconversione dell’agricoltura.
Con il Reg. 1257/99, quindi, la nuova fase di programmazione è entrata nel vivo dello
sviluppo rurale.
La predisposizione dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), dei Programmi Operativi
Regionali (POR) nelle aree Obiettivo 1 e dei Documenti Unici di Programmazione nelle
aree Obiettivo 2, ha quindi rappresentato una nuova occasione per il rilancio delle
aree rurali.
9 Le prospettive future della PAC 8
La Politica Agraria Comune costituisce l’ambito politico dalla portata più ampia, il quale
ha dato adito alle maggiori controversie e al quale è stato destinato il bilancio più consistente rispetto agli altri settori della politica comunitaria. Nella politica agraria l’UE
8
Fonte: sito Web UE.
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detiene maggiori poteri che in qualsiasi altro campo e in nessun altro ambito politico
sono state approvate tante disposizioni legislative quante nella sola politica agricola.
La futura prosperità del settore agricolo dell’UE dipenderà, pertanto, dalla sua capacità di sfruttare le opportunità interne ed internazionali che si sono presentate in questi ultimi anni.
Il 22 gennaio 2003 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di proposte di
riforma della Politica Agricola Comune (PAC), con l’obiettivo di rendere l’agricoltura
europea più competitiva e maggiormente orientata al mercato, di portare avanti una
semplificazione sostanziale della PAC, di facilitare il processo di allargamento e di
difendere meglio la politica agricola in ambito OMC.
I tratti salienti della riforma sono i seguenti:
● pagamento unico per azienda (e quindi non più singoli premi e contributi ricevuti
dall’azienda), un unico contributo/premio, slegato dalla produzione (“disaccoppiamento”) e subordinato al rispetto di norme in materia ambientale, di sicurezza alimentare, di benessere degli animali, di igiene e di sicurezza sul lavoro, noché all’obbligo di mantenere i terreni agricoli in buone condizioni (“condizionalità ecologica”);
● politica di sviluppo rurale più forte, con maggiori dotazioni finanziarie, nuove
misure di promozione della qualità, del benessere degli animali ed intese ad aiutare i conduttori agricoli a conformarsi alle norme di produzione dell’UE;
● riduzione dei pagamenti diretti (“riduzione progressiva”) per le aziende di grandi
dimensioni in modo da ricavarne risorse supplementari da mettere a disposizione
dello sviluppo rurale e da poter destinare al finanziamento di ulteriori riforme;
● revisione della politica di mercato della PAC (riduzione finale del 5% del prezzo di
intervento dei cereali parzialmente compensata da un aumento dei pagamenti
diretti a favore dei produttori di seminativi);
● riforma più profonda e rapida di alcuni settori (latte, burro, riso, frumento duro,
frutta a guscio, fecola di patate e foraggi essiccati);
● mantenimento del sistema delle quote latte fino al 2014/15.
10 La PAC e l’organizzazione mondiale
del commercio 9
Gli scambi commerciali in agricoltura rivestono per l’UE un’importanza particolare, se
si considera che essa è il maggiore importatore e il secondo esportatore di prodotti
agricoli nel mondo.
L’UE è membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Nell’ottobre
1999, i ministri dell’Agricoltura dell’UE hanno raggiunto un’intesa comune riguardo al
futuro ciclo del millennio.
Gli obiettivi e gli interessi dell’UE in gioco in tali negoziati si basano sui seguenti elementi:
● esame degli aspetti non commerciali dell’agricoltura, che deve essere considerata
come un’attività che oltre alla produzione alimentare, partecipa alla conservazione
del paesaggio, alla protezione dell’ambiente, alla tutela della sicurezza e della qualità dei prodotti alimentari, al benessere degli animali. In tal senso deve essere
9
Fonte: sito Web UE.
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ricercato un equilibrio tra le questioni prettamente commerciali e quelle non commerciali inerenti all’agricoltura;
applicazione di un trattamento speciale e differenziato nei Paesi in via di sviluppo,
tenendo conto, in particolare, dell’importanza fondamentale dell’alimentazione e
dell’agricoltura in tali Paesi;
miglioramento dell’accesso alle opportunità di mercato: l’UE si impegna, in quanto
massimo esportatore di prodotti alimentari, a migliorare gli sbocchi per i suoi esportatori e a ridurre ingiustificate barriere doganali. In tal modo l’UE tenta di dare il suo
contributo alla sperata espansione del commercio mondiale dei prodotti agricoli.
11 L’allargamento dell’UE e gli effetti
sul settore agricolo 10
I preparativi in vista dell’allargamento dell’UE sono già in fase avanzata.
L’adesione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) assume un importante
significato soprattutto dal punto di vista di una prospettiva economica generale.
Per quanto riguarda in particolare il settore agricolo, con l’allargamento si prevede il
raddoppiamento della popolazione rurale attiva, nonché della superficie coltivata nell’UE e la presenza sul mercato interno di 100 milioni di consumatori in più.
L’allargamento offrirà ai paesi candidati grosse opportunità che consentiranno loro
di sfruttare al meglio il proprio potenziale di produzione agricola.
L’UE ha intensificato le operazioni di sostegno al processo di ristrutturazione nei
PECO, introducendo, tra l’altro, strumenti per le politiche strutturali in vista della preparazione della loro adesione.
Sono previsti inoltre aiuti e accordi di cooperazione specifici (partenariati di preadesione) per Malta, Cipro e Turchia.
Gli strumenti con cui l’UE interviene a sostegno dei dieci Paesi dell’Europa centrale e
orientale (Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia,
Romania, Slovacchia, Slovenia) sono tre:
● il programma PHARE (varato nel 1989), che ha il duplice scopo di rafforzare le istituzioni, le amministrazioni e gli enti pubblici per garantire la corretta applicazione
del diritto comunitario, e di sostenere nuovi investimenti nei settori che più lo
richiedono (infrastrutture, imprese, servizi sociali);
● il programma speciale di adesione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (SAPARD)
ha lo scopo di preparare i Paesi candidati ad adeguarsi alla politica agricola
comune dell’Unione (a partire dal 2000) e prevede un’ampia gamma di interventi
per l’ammodernamento dell’agricoltura, il miglioramento della qualità dei prodotti
alimentari e la tutela dei consumatori, lo sviluppo rurale, la protezione dell’ambiente e l’assistenza tecnica;
● lo strumento strutturale di preadesione (ISPA), che opera (dal 2000) secondo il
modello del Fondo di coesione per finanziare la realizzazione di grandi progetti
nel campo dei trasporti e della tutela dell’ambiente. Questi Paesi presentano
enormi carenze in tutti i settori: infrastrutture, industria, servizi, PMI, agricoltura,
ambiente. Per prepararsi a entrare nell’Unione, hanno messo a punto con la Commissione strategie di cooperazione (i cosiddetti “partenariati per l’adesione”) volte
10
Fonte: sito Web UE.
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a superare i principali ostacoli che ciascuno incontra, stabilendo così il quadro programmatico degli aiuti di preadesione.
Come detto, lo strumento con cui l’UE interviene a sostegno nel settore agricolo è
rappresentato dal SAPARD, messo a punto nel quadro di Agenda 2000, per sostenere i Paesi candidati dell’Europa centrale e orientale nel loro sviluppo rurale e per il
quale è stato stanziato per il periodo 2000-2006 un bilancio annuale pari a 520 milioni
di euro.
Gli obiettivi del programma sono i seguenti:
● istituire un quadro comunitario per la promozione del settore agricolo e dello sviluppo sostenibile delle aree rurali durante il periodo di preadesione dei Paesi candidati;
● la soluzione dei problemi che riguardano l’adeguamento a lungo termine del settore agrario e delle zone rurali;
● il sostegno all’adozione dell’acquis comunitario nei campi della politica agraria
comune e delle politiche correlate.
L’adeguamento della politica agraria nei Paesi candidati costituisce un’impresa complessa, agevolata tuttavia notevolmente dall’attuale riforma della PAC nel quadro di
Agenda 2000.
Fig. 3 – Ipotesi di allargamento della UE (fonte: sito Web UE).