a cura del Settore Ricerca e Informativa Finanziaria

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a cura del Settore Ricerca e Informativa Finanziaria
26 settembre 2016
a cura del Settore Ricerca
e Informativa Finanziaria
Read-across, ovvero cosa si può desumere riguardo la BCE dalle azioni delle altre maggiori banche centrali
che in settimana hanno tenuto i loro meeting di politica monetaria. Questa parola è stata utilizzata
abbondantemente nella settimana appena passata nelle analisi delle banche d’investimento e dagli
osservatori. Il risultato finale per i mercati è stato positivo, con un rally contemporaneo di azioni e
obbligazioni (governative e societarie), sino a venerdì, quando la chiusura negativa di Wall Street ha limato
una perfomance settimanale comunque positiva. La settimana corrente si apre però in territorio negativo
per i maggiori indici asiatici (Nikkei – 1,25%, Shangai -1,76%) e per gli indici europei, mentre prosegue il
rally del mercato obbligazionario.
La decisione della Fed di lasciare i tassi invariati ha visto tre membri del FOMC dissenzienti e in favore di un
rialzo; è solo la quinta volta in 30 anni che una decisione viene presa con un così elevato numero di
dissenzienti (l’ultima volta è stato nel settembre 2011). La caratterizzazione dell’economia USA fornita nel
comunicato della Fed (scenario macro con rischi bilanciati, opportunità di un rialzo dei tassi aumentata)
mantiene la porta aperta per un’azione nei prossimi meeting. Dal momento che quello del 1-2 novembre è
troppo prossimo alla data delle elezioni presidenziali (8 novembre), le aspettative si concentreranno sul
meeting del 13-14 dicembre. In realtà la Fed è stata per tutto il 2016 pronta al secondo rialzo dei tassi, ma
vari shock (tra cui la Brexit) e alcune tornate di dati deboli hanno impedito di raggiungere un consensus
solido all’interno del FOMC (l’organismo decisionale in tema di politica monetaria della banca centrale
USA). L’uscita dalla grande recessione del 2008-09 è oramai vecchia di sette anni e da allora il tasso di
crescita medio è stato attorno al 2%, il mercato del lavoro è ciclicamente vicino ad una situazione di pieno
utilizzo delle risorse (anche se la sua struttura è mutata in peggio) ed il tasso d’inflazione, pur ancora
distante dall’obiettivo del 2% (ci riferiamo al deflatore dei consumi, la misura di inflazione obiettivo della
Fed) è lontano dalla deflazione.
Lo scenario che potrebbe far deragliare la fase di rialzo dei tassi è che nei prossimi mesi qualche indicatore
cominci a mostrare segni di affaticamento e/o le elezioni presidenziali consegnino un risultato
problematico, ricompattando il FOMC su una posizione attendista.
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Per quanto riguarda la Banca del Giappone, la decisione di non abbassare ulteriormente i tassi costituisce
un implicito riconoscimento dei danni (o per usare un’espressione più sfumata, degli effetti collaterali) che
un ambiente di tassi bassi o negativi comporta per alcuni attori del sistema (banche, assicurazioni, fondi
pensione, ma anche semplici risparmiatori); questo ha tra l’altro provocato un discreto rally delle banche
(Topix Banks Index +5,4% dai livelli pre-meeting a venerdì) e delle assicurazioni giapponesi. Ma la misura
che appare come più innovativa è la sostituzione di un obiettivo quantitativo, l’acquisto di 80 tr Yen
all’anno di titoli governativi (JGB), con un obiettivo in termini di rendimento (yield targeting), mantenere
quello del decennale attorno all’attuale livello (0%). Secondo alcuni osservatori, questo può aprire la porta
ad un gigantesco stimolo fiscale, dal momento che il governo giapponese potrebbe emettere una quantità
illimitata di titoli per finanziare un crescente deficit di bilancio. Allo stesso tempo, l’impegno a mantenere i
rendimenti attorno allo 0% implica anche che, in caso di discesa in territorio negativo, la BoJ dovrebbe
rallentare gli acquisti, impedendo che i rendimenti scendano significativamente.
Quale è allora il famoso read-across per la BCE? La minore enfasi su ulteriori tagli dei tassi è strettamente
pertinente anche per l’area euro. Anche qui la direzione sembra essere quella di mantenere i
tassi/rendimenti compressi verso il basso, evitando però una caduta in territorio eccessivamente negativo.
Una misura che agevolerebbe il compito sarebbe una revisione delle capital keys che renderebbe la BCE
libera di diminuire gli acquisti sui titoli tedeschi (alleviando il problema dei tassi negativi in Germania) e
aumentare quelli dei paesi periferici (come l’Italia). L’ostacolo qui non è tanto di tipo operativo (la BCE
gode già di un’ampia discrezionalità nella conduzione del programma di acquisti), ma politico, con alcuni in
Germania che hanno minacciato nuovi ricorsi contro un eventuale adozione di questa misura. Totalmente
fuori discussione è invece l’adozione da parte della BCE di un yield targeting, dal momento che questo
verrebbe percepito come un passo nella direzione di uno stimolo fiscale.
In prospettiva:
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Le elezioni presidenziali americane entrano nel vivo, con il primo confronto televisivo diretto tra i
due candidati in programma lunedì. La performance televisiva sarà importante per dare una
direzione precisa alle intenzioni di voto, dal momento che circa il 20% dell’elettorato è ancora
indeciso (dal 1992 la più alta proporzione di indecisi a questo punto della campagna elettorale).
Durante la settimana continuerà il flusso di indicatori di fiducia per l’area euro per il mese di
settembre. Le prime indicazioni dagli indici PMI (usciti in settimana) hanno mostrato un ulteriore
lieve declino della fiducia degli imprenditori, concentrato nel settore dei servizi, mentre la fiducia
del settore manifatturiero sembra reggere bene.
Nella giornata odierna il governo fisserà la data del referendum costituzionale, che in tutta
probabilità catalizzerà una fetta crescente di attenzione da parte degli investitori.
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