a cura del Settore Ricerca e Informativa Finanziaria

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a cura del Settore Ricerca e Informativa Finanziaria
17 ottobre 2016
a cura del Settore Ricerca
e Informativa Finanziaria
I mercati azionari europei aprono la settimana in territorio leggermente negativo, dopo che la settimana
passata si era chiusa con marginali guadagni (Euro stoxx +0,8%, FTSEMIB +1,1%, sostenuto da un +3% del
settore bancario). In queste ultime settimane un tema è ritornato al centro dell’attenzione dei mercati: la
risalita dei rendimenti obbligazionari. Dai minimi locali toccati alla fine di settembre i rendimenti core,
bund e US treasury a 10 anni sono saliti di circa 20 punti base (pb) e quelli italiani e spagnoli di circa 20 e 25
punti base rispettivamente.
Il fenomeno di rapide risalite dei rendimenti all’interno di un trend decisamente discendente non è nuovo;
a più riprese nell’ultimo anno il rendimento del bund ha sperimentato risalite che curiosamente sono state
di circa 20 pb, dello stesso ordine di grandezza dell’episodio corrente.
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L’interrogativo, ora come allora, è se il movimento è destinato a durare. Alcune considerazioni che aiutano
a sistematizzare il movimento:
 Sotto il profilo ciclico, la nozione generale per l’economia globale è che, pur rimanendo in un
ambiente di crescita moderata, i timori che si sono susseguiti nel corso dell’anno (recessione in
Cina, impatto fortemente negativo della Brexit) sono percepiti ora come meno rilevanti. Questo è
anche il messaggio emerso dall’ultimo meeting annuale della Banca Mondiale e del FMI. Sul fronte
dei prezzi, diversi osservatori cominciano a notare che l’inflazione potrebbe risalire anche solo per
un effetto statistico; negli USA l’inflazione annuale risalirebbe sopra il 2% nei prossimi mesi anche a
fronte di variazioni mensili moderate (che si confrontano con le variazioni fortemente negative
dello stesso periodo di un anno fa). La risalita del prezzo del petrolio nell’ultimo mese (17% per il
WTI) è un tassello di questa narrativa. In Gran Bretagna l’episodio della Marmitte (un prodotto di
largo consumo per cui Unilever, il produttore, ha chiesto a Tesco, una grossa catena di
supermercati, un rialzo dei prezzi in conseguenza del deprezzamento della sterlina) evidenzia un
punto molto semplice: una robusta svalutazione del tasso di cambio, come quella che sta
sperimentando la sterlina, genera inflazione. E questo pone la Banca d’Inghilterra nella posizione di
riconsiderare il grado di espansione della sua politica.
 Per quanto riguarda il mix di politica monetaria e fiscale, la nozione qui è che è molto probabile
che si stia assistendo all’inizio della rotazione da (a) politiche monetarie estremamente
accomodanti a un mix di (b) politiche monetarie che non introducono nessun allentamento
incrementale unite a politiche fiscali quantomeno meno restrittive. All’interno di questa tendenza,
la probabile vittoria della Clinton unita ad una possibile conquista di entrambi i rami del parlamento
da parte dei democratici dovrebbe agevolare uno stimolo fiscale importante, che potrebbe
facilitare stimoli fiscali simili in altre aree. Ora: mentre (a) esercitava inequivocabilmente una
pressione al ribasso sui tassi (specialmente in un mondo in cui le politiche monetarie vengono
percepite come incapaci di generare crescita e inflazione), (b) è nella migliore delle ipotesi neutro e
potrebbe diventare negativo (tassi al rialzo) se questo mix viene percepito come efficace nel
ravvivare il ciclo economico. Un ulteriore elemento: recentemente sono circolate alcune
indiscrezioni su un possibile ritiro (“taper”) progressivo delle misure accomodanti da parte della
BCE. Per quanto infondate possano essere le indiscrezioni, non vi è dubbio che il mercato in questo
momento sia propenso a dar credito all’idea che l’era di un progressivo e deciso allentamento delle
politiche monetarie globali è finito e che questo impatterà anche le mosse della BCE.
Il mercato ha preso nota di quanto sopra.
obbligazionari, altri indizi sono:
In aggiunta al banale effetto di risalita dei rendimenti
 La risalita dell’inflazione implicita nel differenziale tra titoli nominali e titoli legati all’inflazione
(break-even inflation) negli USA da livelli medi attorno all’1,45% dei mesi estivi all’attuale 1,65%.
 La tendenza in atto nei flussi dei fondi obbligazionari USA a preferire fondi con durata bassa. Bank
of America nota che la preferenza per i fondi obbligazionari con duration inferiore ai 4 anni rispetto
a quelli con duration superiore è ai massimi degli ultimi anni.
Nulla assicura che quanto sopra non venga velocemente stravolto da un flusso di dati macro deludente e/o
dalle azioni delle banche centrali e dei governi. Ma il punto rimane che dopo anni in cui il tema dominante
del mercato è stato crescita bassa/inflazione zero/tassi bassi, non è strettamente necessario che uno
scenario di questo tipo si materializzi per fare in modo che la risalita dei rendimenti abbia ancora un po’
di fiato. E’ sufficiente che la probabilità associata allo scenario reflattivo salga da valori vicini allo zero a
valori che lo riportino nel regno degli scenari a cui è atribuita una probabilità apprezzabile.
Per quanto riguarda il calendario degli eventi più importanti della settimana:
Meeting BCE (giovedì 20) – Un report della Reuters suggerisce che la discussione verterà su modifiche
tecniche al PSPP (il programma di acquisti di titoli pubblici) che verranno introdotte però al meeting di
dicembre, assieme ad un prolungamento del programma oltre l’attuale scadenza (marzo 2017).
CPI USA (martedì 18) – In virtù di quanto detto sopra, il dato sui prezzi al consumo di settembre assume
particolare rilevanza. Per un effetto base particolarmente forte, il consensus si attende un’accelerazione
dell’inflazione all’1,5% a/a dall’1,1% di agosto. Il tasso core (depurato delle componenti più volatili) è
atteso stabile al 2,3%.
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