PECORINO SARDO DOP

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PECORINO SARDO DOP
PECORINO SARDO
DOP
Fuori c’è l’etichetta. Dentro c’è la Sardegna
PECORINO SARDO
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Fuori c’è l’etichetta. Dentro c’è la Sardegna
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Le prime precise notizie storiche sulle tecnologie di produzione dei formaggi sardi risalgono alla fine del 1700.
I formaggi allora prodotti erano denominati i Bianchi, i Rossi Fini, gli Affumicati, la Fresa e lo Spiatatu.
Il Rosso Fino e l’Affumicato potrebbero essere considerati i progenitori del Pecorino Sardo.
Questi formaggi venivano ottenuti da latte crudo o da latte riscaldato con pietre arroventate immersevi a tale scopo. Alcuni
produttori usavano effettuare in alcuni periodi dell’anno la semicottura o come si usava dire in gergo si “riportava a fuoco”
la cagliata.
L’immersione nel latte di sassi arroventati può essere considerata una specie di trattamento termico in quanto l’elevata
temperatura degli stessi era tale da determinare la mortalità dei batteri presenti nel latte. Il riportare a fuoco la cagliata può
invece essere considerata come una vera e propria operazione di semicottura.
Agli inizi del ‘900, per la produzione del Pecorino Sardo cominciano a diffondersi gradualmente alcune nuove pratiche di
base quali l’uso del termometro, la filtrazione del latte, l’impiego di caglio liquido titolato e macchinari moderni per una
lavorazione igienicamente più sana. In questo periodo alcuni importanti studiosi del settore parlano di un pecorino dolce
fabbricato con caglio liquido di vitello e con cottura della cagliata seguita da compressione della pasta con un torchio.
Nel dopo guerra e soprattutto negli anni sessanta vengono introdotte alcune importanti innovazioni tecnologiche riguardanti
il miglioramento delle condizioni igieniche di trasformazione, la razionalizzazione dei trattamenti termici, la semicottura, l’uso
di innesti di batteri lattici e del caglio. E ciò in ragione del fatto che i nuovi e più ampi mercati che si aprono nell’orizzonte
di un’Italia in piena ripresa economica, richiedono prodotti sicuri dal punto di vista igienico-sanitario, con qualità organolettiche
definite e di facile comodità d’uso.
Per tale ragione a partire dagli anni sessanta si assiste ad un continuo e progressivo miglioramento delle attività connesse
alla trasformazione lattiero-casearia ovina e ad un affinamento continuo della tecnologia caratteristica di produzione del
Pecorino Sardo che arriva sino ai giorni nostri, ma sempre e comunque nel più completo rispetto degli insegnamenti della
tradizione.
I riconoscimenti
Dal 4 novembre 1991 il Pecorino Sardo vanta il riconoscimento della Denominazione
di Origine: prima grande consacrazione di un formaggio tipico tra i più diffusi e
rappresentativi del panorama lattiero-caseario della Sardegna. Successivamente, con
l’entrata in vigore della normativa comunitaria sui prodotti a Denominazione di Origine,
al riconoscimento nazionale si è aggiunto un altro importantissimo riconoscimento che
ha di fatto innalzato ed esteso a livello europeo la soglia di protezione per le produzioni
tipiche. Nel luglio del 1996, con Reg. Cee n.1263/96 il Pecorino Sardo ottiene infatti
la D.O.P., Denominazione di Origine Protetta.
Tale Denominazione viene assegnata dall’Unione Europea solo ai prodotti tipici più
rappresentativi le cui peculiarità sono strettamente ed indissolubilmente legate all’ambiente
geografico di provenienza e che proprio per tale ragione sono unici ed inimitabili.
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Prodotto esclusivamente con latte di pecora intero proveniente dal Territorio
Amministrativo della Regione Sardegna, il Pecorino Sardo è un ottimo formaggio da
tavola e si presenta in due tipologie differenti per caratteristiche dimensionali ed
organolettiche: il DOLCE ed il MATURO.
La tecnologia di produzione prevede che il latte intero di pecora venga inoculato con
colture di fermenti lattici autoctoni e successivamente coagulato ad una temperatura
compresa tra 35° e 39°C con una quantità di caglio di vitello tale da completare la
coagulazione in circa 35-40 minuti.
Successivamente la pasta viene sottoposta a rottura fino al raggiungimento di granuli
di cagliata delle dimensioni di una nocciola per la tipologia dolce e di un chicco di mais
per la tipologia maturo. La cagliata è quindi sottoposta a semicottura ad una temperatura
non superiore a 43°C e successivamente è posta in appositi stampi di forma circolare,
le cui dimensioni variano a seconda dell’uso del prodotto finito.
Il formaggio così ottenuto è sottoposto a stufatura e/o pressatura in condizioni di
temperatura e per tempi tali da consentire l’acidificazione e lo spurgo ottimali. Ultimato
lo spurgo del siero, viene salato per via umida o a secco. Segue la fase della maturazione
- stagionatura che avviene in appositi locali a temperatura ed umidità controllate.
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Il Pecorino Sardo Maturo invece ha un periodo di stagionatura non
inferiore ai 2 mesi; la forma è cilindrica a facce piane con scalzo diritto;
la crosta si presenta liscia, consistente, di colore bruno nelle forme
più stagionate; la pasta è bianca, tendente con il progredire della
stagionatura al paglierino, compatta o con rada occhiatura, dal gusto
forte e gradevolmente piccante.
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Il Pecorino Sardo Dolce completa il suo periodo di maturazione in 20-60 giorni; la forma
è cilindrica a facce piane con scalzo diritto o leggermente convesso, la crosta è liscia, sottile
di colore bianco o paglierino tenue, la pasta è bianca, morbida, compatta o con rada occhiatura,
dal sapore dolce-aromatico.
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Nella corona esterna dell’etichetta, così come nei bollini numerati rilasciati
dal Consorzio è presente il marchio della Denominazione il quale consiste
nelle parole “Pecorino Sardo DOP” scritte in caratteri maiuscoli di colore
verde, disposte su due righe separate da uno stretto cono con base leggermente
arcuata di colore blu il quale rappresenta uno spicchio di formaggio.
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Inoltre, al momento dell’immissione al consumo, a seguito di una ulteriore
verifica di conformità e qualità, l’identificazione visiva delle forme rispondenti
ai requisiti richiesti dal disciplinare è affidata ad altri due elementi essenziali
ed inscindibili, anch’essi elementi costitutivi della Denominazione e parte
integrante del Disciplinare:
- l’etichetta del produttore in cui è presente il marchio Pecorino Sardo DOP
disposto a raggiera;
- ed un bollino numerato rilasciato dal Consorzio di Tutela che viene apposto
direttamente sulla corona esterna dell’etichetta in cui è presente il marchio.
Il bollino verde individua le forme di Pecorino Sardo Dolce, il bollino blu le
forme di Pecorino Sardo Maturo.
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A garanzia della qualità e della provenienza del prodotto, su tutte le produzioni
di Pecorino Sardo Dolce e Maturo pronte allo svincolo nella zona di produzione
viene apposto un contrassegno ad inchiostro alimentare che costituisce parte
integrante del Disciplinare e che riporta le iniziali maiuscole della Denominazione
ed il casello identificativo dell’azienda di produzione. Le parole PS DOP ed
il casello identificativo del produttore sono disposte su due righe separate
da uno stretto cono con base leggermente arcuata rappresentante uno
spicchio di formaggio.
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Il Consorzio di Tutela viene costituito il 2 luglio1996, su iniziativa di 28 caseifici.
Dal 1996 la storia del Pecorino Sardo DOP si è dunque identificata con la storia
del Consorzio di Tutela, il quale sin dal momento della sua costituzione si è
attivamente impegnato per favorire e stimolare la crescita e lo sviluppo della
Denominazione nel pieno e più totale rispetto delle norme vigenti.
Il Consorzio ha innanzitutto regolamentato l’uso del marchio ed individuato un
sistema univoco di etichettatura delle forme in grado di identificare il Pecorino
Sardo DOP e distinguerlo così dai formaggi ovini comuni. Oggi tale sistema è
diventato parte integrante del Disciplinare di produzione e, in quanto tale,
elemento costitutivo della Denominazione.
Allo scopo di favorire un miglioramento continuo del Disciplinare, il Consorzio
ha inoltre integrato, chiarito e perfezionato la descrizione della tecnologia
caratteristica di produzione, evidenziando meglio la distinzione tra le due tipologie
di Pecorino Sardo: il Dolce ed il Maturo.
Infine, fatto citato per ultimo ma certo non ultimo in ordine di importanza, ha
adeguato il proprio Statuto ai Decreti Ministeriali relativi alla rappresentanza e
rappresentatività dei Consorzi di Tutela, ottenendo nel Dicembre del 2002, con
Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, il riconoscimento
ufficiale e l’incarico a svolgere le funzioni di vigilanza.
Il Consorzio, per Legge dello Stato, è dunque diventato l’unico Soggetto legittimato
a rappresentare ad ogni livello la Denominazione Pecorino Sardo ed a svolgere
sia nel territorio di produzione che in quello di commercializzazione funzioni di
tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e salvaguardia
degli interessi relativi alla Denominazione, contro ogni e qualsiasi abuso, atto di
concorrenza sleale e contraffazione.
Il Pecorino Sardo in cucina
Zuppa d’indivia
Ingredienti per 6 persone
• 400 gr di insalata indivia preferibilmente a costa larga
• 300 gr di pane di semola raffermo
• 200 gr di carne di manzo macinata
• 200 gr di Pecorino Sardo Maturo
• 1 litro di brodo di manzo
• 2 cipolle di media grandezza
• olio extra vergine d’oliva
• 3 spicchi d’aglio
• pepe nero da macinare
• sale (quanto basta)
In un tegame inserire l’olio extra vergine d’oliva. Portare avanti il soffritto
con le cipolle e, quando sono appassite e iniziano a dorare, inserire la carne
di manzo macinata e far rosolare a fuoco vivo. Aggiungere l’indivia
precedentemente cotta e scolata e rimestare il tutto per 5 minuti a fuoco
moderato. Disporre su una teglia uno strato di pane abbrustolito e uno di
soffritto, spolverandovi sopra il Pecorino Sardo grattugiato. Proseguire a
strati, avendo cura di concludere con il soffritto e una spolverata di Pecorino
Sardo grattugiato. Su tutto il preparato distribuire equamente il brodo di
carne, quindi infornare per mezz’ora nel forno già caldo (medio). Servire
ancora caldo con un po’ di pepe appena macinato.
Vino: un bianco secco, giovane e fruttato, leggero d’alcool, abbastanza morbido
e leggero di corpo.
Risotto allo zafferano
Ingredienti per 6 persone
• 500 gr di riso varietà carnaroli
• 1 litro abbondante di brodo vegetale
• 100 gr di Pecorino Sardo Dolce
• 100 gr di Pecorino Sardo Maturo
• 1 cipolla di media grandezza
• olio extra vergine d’oliva
• 1,5/10 di gr di zafferano (48 fili)
• 1 bicchiere di vino bianco secco
• sale (quanto basta)
In un tegame basso e largo inserire l’olio extra vergine e il trito di cipolla.
Rosolare sino ad appassimento. Aggiungere il riso e scottarlo (rimestando
di continuo con un cucchiaio di legno). Versare il vino bianco e continuare
a rimestare sino ad evaporazione. Aggiungere metà del brodo unitamente
al sale (se non è già salato il brodo) e allo zafferano ( se si utilizza quello
in fili, deve essere precedentemente tostato leggermente e sfarinato).
Lasciar cuocere per circa 15 minuti ancora rimestando e integrando
gradualmente il brodo.
A pochi minuti dal completamento della cottura, inserire i cubetti di
Pecorino Sardo Dolce. Mantecare e spegnere. Servire caldo spolverandovi
sopra il Pecorino Sardo Maturo grattugiato.
Vino: un bianco giovane, ricco di profumi, secco, con discreta alcolicità,
morbido e di medio corpo.
Il Pecorino Sardo in cucina
Angioni pane e casu (Agnello, pane e formaggio)
Ingredienti per 6 persone
• 1,5 kg di sella d’agnello
• 500 gr di Pecorino Sardo Dolce
• 5 dischi di pane “carasau” a sfoglia grossa
• 1 litro di brodo di carne leggero
• 2 cipolle di media grandezza
• 400 gr di parti tenere di finocchietti selvatici
• olio extra vergine d’oliva
• pepe nero da macinare
• sale (quanto basta)
In un tegame basso e largo versare l’olio extra vergine d’oliva e rosolare i pezzi
di carne d’agnello. Completare la rosolatura con il trito di cipolla e di finocchietti
selvatici, sino a conseguire una moderata cottura della carne. In una teglia stendere
il pane “carasau” tagliato a pezzi larghi e imbevuto di brodo. Sistemarvi sopra uno
strato di pezzetti di carne d’agnello e qualche cucchiaio di brodo. Salare e macinarvi
un po’ di pepe. Completare gli spazi vuoti col Pecorino Sardo a dadini e pezzi di
pane “carasau” distribuiti uniformemente. Ricoprire totalmente con altro pane
“carasau” bagnato nel brodo e ripetere lo strato come prima. Completare con il
Pecorino Sardo rimasto. Compattare il tutto nella teglia e mettere nel forno caldo,
a temperatura medio-alta, per 40 minuti circa. Lasciare riposare 15 minuti prima
di sistemare nei piatti. Servire caldo.
Vino: un rosso ancora giovane che volge al maturo, ricco di profumi, secco, caldo
d’alcool, abbastanza morbido, di buon corpo.
Anguidda incasada (Anguilla in umido)
Ingredienti per 6 persone
• 1,5 kg di anguillette novelle
• 150 gr di Pecorino Sardo Maturo
• 6 foglie d’alloro
• 3 pomodori secchi
• pepe nero da macinare
• sale (quanto basta)
In una pentola contenente acqua calda a mezza salatura, mettere le
anguillette tagliate a pezzi, le foglie di alloro e i pomodori secchi. Dopo
una bollitura (mai spinta) di 10 minuti al massimo, spegnere la fiamma e
lasciare nel liquido caldo. Cominciare a scolare le anguillette, pescandole
con una schiumarola e sistemandole direttamente sui singoli piatti
preriscaldati. Condirle immediatamente, quando sono ancora calde, con
un abbondante spolverata di Pecorino Sardo grattugiato e arricchito di
pepe nero.
Vino: un bianco secco, fruttato e floreale, di alcolicità media, morbido e
di corpo discreto.