JEAN-Luc EGGER: Dire ii silenzio. La filosofla di Max

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Dire ii silenzio. La filosofla di Max Picard, Prefazione
di Giampaolo Azzoni, Trento, Ii Margine, 2014
JEAN-Luc EGGER:
Non ~ certo facile presentare con chiarezza persuasiva la filosofla di Picard, perch~ si
tratta di una filosofla che per piü aspetti si sarebbe tentati di definire «fuori del mon
do»: fuori del mondo attuale, di certo, perch~ dove l‘et~ nostra ~ un vocfo continuo
e un clamore interminabile Picard tesse l‘elogio del silenzio; noi siamo travolti dal
flusso delle immagini mediatiche, e Picard le liquida come «pseudo-immagini» men
tre richiama invece all‘importanza dell‘immagine vera, che non ti schiaccia con la sua
prepotenza mediatica ma innalza alla contemplazione. «Fuori dcl mondo», anche,
perch~ Picard fonda di continuo ii suo argomentare su termini desueti dcl linguaggio
filosofico odierno, quale «l‘indicibile», «l‘assoluto», «l‘invisibile», «gli enti»: e tutto
questo senza definire i termini e i concetti relativi, senza svolgere una fondazione
logica e deduttiva delle tesi avanzate. «Fuori del mondo», infine, perch~ ii suo argo
mentare dcl mondo, dell‘uomo, del linguaggio, della visione ecc. non tiene conto
di quanto la scienza spiegava e documentava, sugli stessi temi, gi~ nella prima metä
dcl Novecento, quando Picard sviluppava ii suo pensiero; e anzi, rifugge dal sapere
scientifico per non incorrere nel rischio di un riduzionismo che sbarrerebbe l‘accesso
all‘unica cosa che a Picard sta piü a cuore: la pienezza ontologica.
Per tutto questo non ~ facile «dire Picard». Questo libro di Jean-Luc Egger per~ ci
riesce e bene. E in qualche modo riesce a dare la chiarezza della sistematicit~ a un
autore che non ~ per nulla sistematico, ma che, piuttosto, oscilla sempre al confine
incerto tra l‘argomentazione e la visione immaginiflca, tra l‘esposizione filosofica e la
suggestione poetica, in un continuo ammiccare con il misticismo.
Mis ticismo: la parola, etimologicamente, rinvfa al silenzio. Mistico ~ colui che tace
per impossibilitä di dire le sue visioni interiori. E perö, malgrado cR, si sa quanto i
grandi mistici abbiano parlato e scritto! Proprio in questo paradosso si colloca anche
l‘attivitä scrittoria di Max Picard: il mistico ha intuizioni e visioni che il linguaggio
comunicativo non puö esprimere, e perö la sovrabbondante pienezza di tali intuizioni
urge come un richiamo impellente a evocare, ad alludere a quanto di inesprimibile
~ apparso interiormente. E per fare questo occorre in qualche modo far violenza al
linguaggio e usarlo in modo non conforme alla prassi comunicativa consueta.
Egger ~ perfettamente consapevole di questa dialettica contraddittoria. Gi~ il ti
tolo dcl suo libro quasi un ossimoro: Dire ii silenzio espone immediatamente
la difficolt~ dell‘impresa. Ma un pregio dcl lavoro di Egger sta proprio nell‘aver
rispettato l‘allusiva argomentazione di Picard dandole perö anche una sistematicitä
che non tradisce il carattere quasi aforismatico degli scritti dcl fllosofo svizzcro, ma
che ne agevola la comprensionc in un‘ottica complessiva che ne abbraccia l‘intera
produzione. Egger sottolinca, giustamente, «che ii metodo d‘indagine di Picard puö
essere descritto come una discreta contemplazione in profondit~, anzi piü esatta
mente come un pacato ma pur attento ascolto delle essenze, con tutto ciö che siffatta
impostazione eminentemente «paziente» (nel senso di massima apertura rispettosa
dell‘alteritä) comporta [...]. CR non significa che l‘intento dcl pensatore svizzero sia
infiessibilmente antiteoretico, irrazionalistico e scevro di qualsiasi pretesa speculativa
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come gli rimproverava Luk~cs» (p. 68). Del pan, Egger ricorda che «uno degli scopi
dell‘opera di Picard ~ di restituire alle cose parte del mistero di cui ii nostro tempo
ha voluto privarle». «Eppure» aggiunge «il pensiero di Picard ~ tutt‘altro che una
mistica» (p. io8). L‘insistenza con la quale Egger torna ripetutamente sul fatto che
la filosofla di Picard abbia affinitä con il misticismo e perö non vi si identifichi yale a
collocare il pensatore svizzero in uno spazio originale e propriamente suo. Cosi, nel
la sua sintesi cnitica del pensiero picardiano, Egger rispetta giustamente il continuo
rinvio al mistero indicibile, pur dando ordine sistematico alla parola che vi allude.
L‘ordine sistematico ~ ottenuto presentando, successivamente, i temi fondamentali
del pensiero di Picard: cosi, dopo una premessa biografica, l‘esposizione di Egger par
te dalla critica condotta dal filosofo svizzero contro ii brusio continuo, la chiacchiera
incessante che spezza il legame contemplativo con le cose e che riduce la realt~ alle
immagini, alle interpretazioni e ricostruzioni distribuite dai media. Da questo esordio
prende avvio la ricerca della «trama del reale», dei «fenomeni oniginari»: «fenomeni
fondamentali e irriducibili che costituiscono l‘orizzonte dell‘agire umano e la misura
dell‘essere nel mondo. Veri paradigmi reali di oggettivit~, i fenomeni originari sono
originari in quanto principi di intelligibilitä e realt~, quindi irniducibili non nel senso
che vi sia un limite alla loro analisi, ma piuttosto perch~ segnano il limite di perti
nenza oggettiva per l‘essere umano: ogni analisi che ne riducesse la realt~ a causalitä
di altra natura ne tradirebbe irnimediabilmente l‘essenza. In questo senso, i fenomeni
originari non vanno spiegati o giustificati partendo da ipotetiche loro motivazioni o
funzioni. Ogni spiegazione deve invece muovere da loro. 11 silenzio ~ fra i fenomeni
oniginari quello che racchiude piü oggettivit~, quello che permea di se stesso tutti gli
altri e, forse propnio per questo, il primo» (pp. 4 5-46).
II silenzio, questa landa sconfinata priva di contorni, ~ il piü evidente esempio di
quello che Egger chiama «il principio dell‘eccesso», elemento centrale della metafi
sica picardiana sul quale si fonda tutta la sua riflessione: «Tutta la realtä ~ fondata
sulla norma ontologica dell‘eccesso, in virtü della quale ogni ente ~ piü di quanto ne
cessiterebbe per essere ci~ che ~» (p. 54). Non si tratta, come chiarisce Egger, di una
ripresa del tema platonico dell‘inadeguatezza del mondo materiale rispetto ai modelli
immateriali delle Idee, poich~ non vi ~ alcuna ipostasi nella concezione picardiana
della realt~: ogni ente ~ la sua piena sovrabbondanza, ed ~ proprio il suo eccesso a
collocarlo nella regione dell‘indicibile e a fare del silenzio lo spazio immenso che solo
puö accogliere tale immensitä oniginaria. Giustamente Egger precisa: «il silenzio as
sociato alla pnofondit~ dell‘essere ~‚ per Picard, soprattutto un silenzio di discnezione
e rispetto piü che, classicamente, un silenzio d‘ineffabilit~ e di buio abissale» (p. 79).
Di questo silenzio occorre dunque parlare, e quindi giustificare la parola che ne
deve essere espnessione: e qui l‘appanente paradossalit~ dell‘ossimoro Dire ii silenzio
trova la sua soluzione. «Occorre per Picand superare la dialettica antitetica tna silen
zio e parola, secondo la quale la presenza di uno dei due termini implica la contem
poranea negazione dell‘altno, e scorgere la profonda complicit~ che Ii unisce» (p. 90).
La parola che enuncia il silenzio non lo contrasta n~ lo nega, anzi, ne fa emergere
l‘assoluta presenza: « Ciö significa innanzi tutto che il silenzio ~ il pnincipale garante
dell‘autenticitä della parola, ossia che la panola ~ parola a pieno titolo soltanto quan
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do nasce dal silenzio del fondo e a esso resta intimamente legata quale suo referente
asso!uto» (ivi).
Per fare questo la parola non puö essere, evidentemente, la chiacchiera vana dell‘in
sulso cianciare: deve essere atto creativo, «decisione, atto concreto di libero arbitrio e
di creazione» (p. 91), come spiega diffusamente Egger nel quarto capitolo, ne! quale
emerge opportunamente ii legame tra parola ed essere, parola e silenzio. Forse, la
migliore esemplificazione di questi profondi e oscuri !egami pu~ essere trovata nella
musica. Daniel Barenboim ha scritto: «Ii suono di per s~ non un fenomeno indipen
dente ma ~ in costante e imprescindibile relazione con ii silenzio. In questo contesto,
la prima nota non rappresenta l‘inizio, essa proviene dal silenzio che la precede. Se ii
suono ~ in rapporto con ii si!enzio, quale relazione ii lega? Ii suono domina ii silenzio
o ~ ii silenzio a dominare ii suono? Dopo attenta osservazione, ci accorgiamo che
la relazione fra i due ~ analoga a quella fra un oggetto e la forza di gravit~. Se un
oggetto viene sollevato da terra, ci vuole poi una certa quantit~ di energia per man
tenerlo a quel!‘altezza. A meno che non si app!ichi altra energia, l‘oggetto ricadr~ al
suolo, ubbidendo alla legge di gravit~. Analogamente, se un suono non ~ sostenuto,
precipita ne! silenzio. Ii musicista che produce un suono !o porta in senso stretto ne!
mondo fisico»‘.
L‘analogia, mi pare, regge bene: anche un rumore erompe da! silenzio, ma non un
atto creativo; la musica invece, come la parola picardiana che canta i! silenzio, !o
Un‘argomentazione in tutto simile yale anche per !‘immagine, al!a quale ~ dedicato
ii quinto capito!o. Come per la parola, che ne!la sua autenticit~ va nettamente di
stinta da! brus~o incessante, cosi l‘immagine vera va distinta da!le pseudo-immagini.
Egger espone con chiarezza la «dottrina picardiana dell‘immagine, vettore privi!e
giato per accedere a! mondo incontaminato («unversehrt») del!e realt~ primordia!i,
de!l‘originario e di quanto ~ veramente presente» (p. 107). Riprendendo un‘eredit~
che da Platone a! neoplatonismo giunge fino a Bachelard, Picard ritrova nel!a sua
importanza «la dimensione de!!a forma intesa come manifestazione visiva di una
verit~ che non puö essere dedotta o dimostrata, ma che s‘impone direttamente per !a
sua presenza» (p. 114). Ma Egger mette giustamente in rilievo anche la differenza che
distanzia la concezione picardiana del!‘immagine dalla teorizzazione neop!atonica:
«Picard ~ un platonico,» annota Egger «ma un platonico con i piedi per terra»
(p. izo). L‘importanza che !‘immagine riveste in Picard ~ dovuta dunque «non tanto
a!!a sua funzione metabasica verso i! modello, quanto piuttosto alla dimensione de!
la «Gegenwärtigkeit» («presenza»). L‘immagine ~ gi~ perfetta in quanto immagine,
ne!!a sua pienezza fenomenica, ne!la sua generosit~ entitativa a! di !~ anche de!!a sua
re!azione partecipativa con i! mode!lo» (ivi).
Infine, ii capito!o sesto si sofferma su quell‘immagine del tutto particolare che ~ ii
volto umano. Almeno due opere di Picard sono infatti dedicate al!a fisiognomica
non tanto al!a fisiognomica tradizionale di un Della Porta, di Lavater o di Lombroso,
dei quali Picard contesta l‘eccessivo riduzionismo: la deduzione semplicistica di un
carattere dai tratti de! volto mortifica !a profonditä de!!a persona, la svi!isce. Come
~.
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D.
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BARENBOIM,
La musica sveglia ii tempo, trad. it., Milano, Feltrinelli,
2007,
pp.
13-14.
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di consueto, l‘ente originario eccede quanto puö essere cölto da un esame analitico:
1‘interiorit~. del soggetto mantiene una sua distanza, la !ibert~ di essere diversa da!
volto che la esprime. Non c‘~ equivalenza diretta tra le due dimensioni, bens~ uno
scambio dinamico: un uomo puö decidere di essere interiormente cosi come appare
nel volto, ma pu6 anche volere d‘essere buono pur se le sembianze del volto suggeri
scono cattiveria (si pensi, ad esempio, alla profonda bont~ e al vo!to mostruoso de!
Quasimodo di Notre-Dame de Paris).
Questa esposizione sistematica, per temi fondamentali, si conclude con un capi
to!o dedicato a «Max Picard oggi»: qui Egger ne rileva ancora una volta la lonta
nanza da! mondo e dal modo di pensare attuali, ma anche l‘importanza che proprio
questa lontananza puö assumere: come una sorta di richiamo a qualcosa di piü
alto, di ontologicamente piü valido di quella realtä che consumiamo nella distratta
superficialitä del brusio quotidiano; un invito a ricercare «quel !ivello di oggettivit~
assoluta o oggettivit~ a priori che informa ii nostro essere ne! mondo per sve!are
!‘ordine precipuo che contraddistingue !o spessore sostanziale de! reale, una dirnen
sione che abbiamo sempre di fronte a noi pur avendone ormai smarrito le coordi
nate fondamentali» (p. 149).
Come ri!eva I‘Autore (p. z6), il pensiero di Picard ha ricevuto attenzione in Germa
nia, Francia, Ita!ia, Stati Uniti e Giappone ben piü che in Svizzera e ne! Ticino, sua
patria di adozione: si puö sperare che l‘ottima visione complessiva de! suo pensiero,
offerta dal !ibro di Egger, costituisca un‘occasione perch~ !a fi!osofia di Picard e i!
suo richiamo al!‘interezza de!!‘umano trovino fina!mente anche qui la considera
zione che meritano.
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Franco Zambelloni
FILIPP0 TUENA,
Quanto lunghi i tuoi secoli (Archeologia personale),
Prefazione di Tatiana Crivelli, Dadö-Pro Grigioni Italiano, Locarno
Coira 2014
Uno scrittore (anche grigionese) po!ifonico
«Adesso, mentre sto scrivendo questa piccola storia i ricordi si confondono, i tempi si
annullano e ii passato ritorna prepotenternente nel presente cosi come forse era acca
duto a Bilenchi mentre scriveva quei racconti e come accade a ogni scrittore che cerca
di rendere vivo il passato che ha vissuto». Cosi riflette Filippo Tuena in una de!!e prose
che compongono il volume polifonico di scritti suoi (narrativa, poesia, fogli di diario,
teatro, appunti saggistici), edito da!!a Col!ana del!a PGI. Filippo Tuena ha 6i anni,
ha salde radici paterne grigionesi (poschiavine) e poi un irnpasto di nervature romane,
pugliesi, triestine. La citazione sulla scrittura come rammemorazione de! passato in
duce natura!mente un‘eco proustiana. La stessa percezione !‘ha avuta Tatiana Crivelli,
professore di letteratura ita!iana al1‘Universit~ di Zurigo, la quale ne!la sua prefazione
scrive: «Questo libro si nutre di ricordi e, ad introdur!o in modo consono, dovremrno
cominciare appunto con un richiamo alla memoria, citando una qua!sivog!ia proustia
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