NFL Super Bowl 50
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NFL Super Bowl 50
NFL Super Bowl 50: i Denver Broncos battono i Carolina Panthers 24-10 e si laureano campioni Santa Clara, 08 febbraio 2016 – L’attacco vende i biglietti ma la difesa vince le partite. Nessun detto può sintetizzare meglio il Super Bowl 50, che ha visto i Broncos avere la meglio sui Panthers. Partita con basso punteggio ed avara di grandi emozioni, ma che ha consegnato al leggendario quarterback di Denver Peyton Manning il suo secondo titolo in quella che, probabilmente, è stata la sua ultima partita in carriera; un uomo che ha scritto pagine indelebili di questo sport e che ha polverizzato una marea di record, ma che cominciava a sentire il peso dei suoi 39 anni e delle molteplici operazioni subite in carriera. Ma torniamo alla finalissima. Dopo l’inno americano, cantato per l’occasione da Lady Gaga è subito tempo per entrambe le squadre di dimostrare la loro voglia di vincere. Denver, nel suo primo drive, mette a segno 3 punti con un Field goal da 34yard di McManus. Palla ai Panthers del fresco MVP di stagione Cam Newton, ragazzo che ha dimostrato un grande talento ed un grandissimo carisma durante la regular season, ma ormai lo sanno tutti, il Super Bowl è un’altra cosa; insieme all’attacco di Carolina però scendono in campo gli undici componenti della difesa migliore della lega, cioè la difesa di Denver: miglior attacco dell’NFL contro la miglior difesa, risultato? Sack del Linebacker Von Miller e fumble provocato e ricoperto in Touchdown dal Defensive Tackle di Denver Malik Jackson, Newton e compagni demoliti nel morale, parziale contro ogni pronostico di 10-0 per i Broncos. Nel secondo quarto slancio d’orgoglio di Stewart che segna un Td per Carolina con una corsa di 1 yard, a cui risponde McManus per Denver don un Field goal da 33 yard. Finisce il primo tempo 7-13 per Denver. L’intervallo tra i due tempo corrisponde storicamente con l’Halfitme Show, che quest’anno ha visto come protagonisti Beyonce, Coldplay e Bruno Mars, che hanno cantato e ballato per un quarto d’ora, dando vita ad un bellissimo spettacolo che ha coinvolto anche il pubblico presente al nuovissimo Levi’s Stadium di Santa Clara (un’ora e mezza da San Francisco). Riprende la partita con un terzo quarto dove Denver praticamente sceglie di non giocare in attacco, mettendo in piedi una serie di giochi molto conservativi dando spazio alle corse di Hillman ed Andreson, evitando di rischiare fumble od intercetti, lasciando alla propria difesa il compito di arginare la rimonta dei Panthers che, dal canto loro, continuano a soffrire l’aggressività della difesa di Denver, in particolar modo dei linebackers Ware ma soprattutto l’immarcabile Von Miller, che non danno tregua (e tempo di lanciare) a Newton, colpendolo ripetutamente ogni volta che ne hanno occasione. Il quotatissimo Newton viene annullato e Carolina non segna, mentre McManus piazza tra i pali il suo terzo Field goal della partita. 7-16 Denver all’inizio dell’ultimo quarto. Gli ultimi 15 minuti hanno questo schema: Denver non rischia e quindievitadilanciare,Carolinaciprovaconpoca convinzione e soprattutto viene sistematicamente bloccata e maltrattata dalla monumentale difesa della squadra del Colorado, che addirittura provoca un altro fumble con Von Miller recuperato da Ware (si, ancora loro due), cambio palla che porta al Touchdown su corsa di Anderson. Prima di tutto ciò anche la difesa dei Panthers aveva provocato prima e ricoperto poi con Ealy (autore anche di un intercetto nel secondo quarto) un fumble, che aveva portato al Field Goal del kicker di Carolina Gano. A tre minuti dal termine viene fissato il punteggio finale che permette ai Denver Broncos del General Manager John Elway (indimenticato quarterback degli stessi Broncos e vincitore con essi dei Super Bowl del 1997 e del 1998) di dare inizio alla festa per la conquista del “Vince Lombardi Trophy”. Classica storia a lieto fine quella di Manning, da molti considerato grandissimo Qb ma non da grandi eventi, che invece probabilmente lascerà il football da campione del mondo mentre un grande bagno d’umiltà per Cam Newton che a 25 anni sicuramente avrà tempo per rifarsi, ma che forse ieri ha capito che deve ancora crescere sotto il profilo della tenuta mentale. Per entrambe le squadre comunque gli attacchi si sono dimostrati abbastanza sterili ed avari di big plays, con Carolina che non è mai riuscita a superare la difesa avversaria e con Denver che ha preferito non sfidare troppo la sorte ed il braccio stanco del proprio leader che dopo anni di statistiche impressionanti, in questa stagione ha reso palese il suo calo fisico e quindi qualitativo. Capitolo difese: semplicemente uno spettacolo. Difesa dei Panthers che ha giocato una buona partita, limitando Manning e compagni, mettendo a statistiche un intercetto ed un fumble. Strabiliante invece la difesa dei Broncos che, dopo aver annullato in finale di Conferenze Brady ed i suoi Patriots, l’ha fatta da padrone in questo Super Bowl guidando i Broncos alla conquista del titolo. Menzione d’onore per l’MVP della partita Von Miller: non ci sono aggettivi per lui, è stato lo spauracchio della linea d’attacco delle pantere e l’incubo di Newton, mettendo pressione e colpendo duramente per tutti i 60 minuti di gioco, senza dare mai tregua agli avversari. di Daniele Pepe Boniek: Il parere di Zbigniew Torino, 28 gennaio 2016 – L’ex calciatore di Juventus e Roma (e attuale presidente della Federcalcio polacca) Zbigniew Boniek, dice la sua al programma ‘Radio anch’io sport’, su vari argomenti riguardanti il campionato italiano e non solo. Vediamoli insieme. Per prima cosa un commento sul presunto insulto di De Rossi ai danni dell’attaccante bianconero Mandzukic; Boniek assolve il centrocampista giallorosso affermando che: “Quando sei arrabbiatissimo in campo si dicono tante cose, una frase ti può scappare, ma non è razzismo.”, e precisando: “Ai miei tempi qualche volta mi dicevano lavavetri”. “Una volta” – aggiunge Boniek – “c’erano meno telecamere, ma soprattutto la gente in campo era diversa. Se c’era qualcosa da chiarire lo si faceva nel tunnel degli spogliatoi a fine partita, e tutto si chiudeva lì”. Contrario invece al paragone tra lui e il calciatore romanista Salah: “Io giocavo come Salah? senti figlio mio” – ha replicato Boniek – “comincia a vedere un pò di filmati e poi parliamo. Io ho giocato e vinto coppe, campionati, fatto tante finali. Salah ha buoni manager, una buona immagine di mercato, ma giocare così, con un totale disinteresse quando gli avversari hanno la palla, non è bene per la sua formazione.” Per quanto riguarda la vittoria della serie A Boniek vede ormai uno scontro a due tra Napoli e Juventus, quest’ultima in stato grande forma, traianta dalle recenti prestazioni di Dybala. Infine, un commento anche sulla squalifica di Platini, per 8 anni, da ogni incarico nel mondo del calcio: “L’hanno fatto fuori, ma Michel Platini è un uomo onesto. E’ stato fatto fuori dalla Fifa, ma se si rivolge alla giustizia ordinaria sarà assolto al 100%. Chi conosce Michel” prosegue “sa che è una persona pulita e onesta. Come si può condannarlo per una cosa di anni fa? Io ero e sono suo amico, lo stimo e mi dispiace per questa faccenda.” di Emanuel Bazzichi Campionato Serie A: le pagelle di Natale Roma, 21 dicembre 2015 – Il girone di andata del campionato di Serie A è finito ed è arrivato il tempo delle pagelle natalizie. Dando uno sgurdo rapido alla classifica si può subito notare il gruppo delle cinque squadre di testa: Inter, Fiorentina, Napoli, Juventus e Roma (cinque squadre in cinque punti!), con il Milan che si posiziona solo in sesta posizione, distanziato di ben dieci punti dalla quinta. Al momento la squadra da battere rimane l’Inter, che sta dimostrando di avere i numeri e la continuità necessari per vincere il titolo, inseguita a distanza di un solo punto da Fiorentina e Napoli. Da non sottovalutare però la Juventus, entrata in una spirale positiva che potrebbe portare a obbiettivi irrealistici fino ad un mese fa. Juventus, non dimentichiamocelo, ancora in corsa anche in Champion League e Coppa italia. Tempi duri invece per la Roma, che dopo la batosta contro il Barcellona sembra aver perso lo smalto di inizio stagione (come già avvenuto nelle ultime stagioni), con vari giocatori lontani dallo stato di forma migliore e mancanza di una personalità da squadra vincente. Nelle parti basse della classifica, da segnalare solo l’Hellas Verona ancora alla ricerca della prima vittoria. Anche in questo caso rimangono grandi dubbi su quali squadre torneranno in B nel 2016. Per quanto rigurda invece la classifica marcatori, dominio indiscusso di Gonzalo Higuain, con le sue 16 reti, che assegna al reparto offensivo del Napoli il titolo provvisorio di miglior attacco della Serie A. Il campionato è ancora lungo e, come potete facilmente immaginare, sicuramente non mancherà di offrirci spettacolo e colpi di scena! Alla prossima e continuate a seguirci. di Emanuele Bazzichi. La Juventus passa agli ottavi di finale Torino, 26 novembre 2015 – La juventus passa agli ottavi di finale. Sarà l’ultima partita contro il Siviglia l’8 dicembre a decretare se in prima o seconda posizione. Dopo una partita a fasi alterne, con occasioni da una parte e dall’altra, decide il risultato una zampata di Mario Mandžukić al 18′, premiando così la decisione di Allegri di schierarlo titolare al posto di Morata. Manchester City forse un po’ sfortunato, ma comunque risultato complessivamente giusto. Il video del gol. Campionato Serie A: Inter capolista, rallentano Roma e Fiorentina Milano, 22 novembre – L‘Inter affonda il Frosinone con le reti di Biabiany, Icardi, Murillo e Brozovic, dando un chiaro segnale al campionato: i nerazzurri ci sono, segnano e divertono il pubblico di San Siro e si proiettano verso Napoli con due punti di vantaggio sui parteonopei, usciti vincitori dallo scontro con l’Hellas per due reti a zero. A segno per gli uomini di Sarri, Insigne e Higuain, capocannoniere in solitaria con 10 reti. A tallonare il pipita, Nikola Kalinic, che entrato nel secondo tempo con la Fiorentina sotto di due reti al Franchi contro l’Empoli, ha segnato entrambe i gol del pareggio. Pareggia la Lazio grazie ad un rigore di Candreva contro il Palermo, mentre il ritorno di Montella a Genova sponda Samp inizia nel peggiore dei modi: una sconfitta ad Udine, con gol di Badu. Vince il Genoa 2-1 contro il Sassuolo che rallenta il passo dal gruppo di testa, sorride il Chievo vittorioso a Carpi due reti a uno, mentre il Toro passa a Bergamo e raggiunge la stessa Atalanta a quota 18 punti grazie ad un gol di Bovo. Negli anticipi del sabato, pareggio di “rigore” della Roma a Bologna (tre i calci di rigore assegnati, due ai capitolini, uno ai felsinei) mentre la Juventus batte il Milan e lo supera in classifica grazie ad un gol di Dybala. di Nicola Iacopetti Tribuna d’onore, uno sguardo alla Serie A Milano, 21 novembre – Questo weekend torna la Serie A, dopo una pausa per le Nazionali caratterizzata dalla paura degli attentati di Parigi. Sorvegliati speciali saranno gli stadi, soprattutto sotto il profilo della sicurezza. Ma come si dice in questi casi, “The show must go on”, e calcisticamente parlando quello che ci attende sarà un weekend molto importante per la classifica. Si parte con gli anticipi del sabato di Serie A, dove alle 18 la Roma sfiderà il Bologna allo stadio Dall’Ara, e per i giallorossi orfani di Gervinho per le prossime 3 settimane, i tre punti sono d’obbligo. Ancor più importante sarà la sfida serale dell’Olimpico di Torino: in scena le due grandi deluse di questa prima parte di torneo, Juventus e Milan. Il Milan senza Balotelli operato, è in cerca di conferme soprattutto per il tecnico Mihajlovic, mentre la Vecchia Signora è in cerca di sé stessa. Fari puntati domenica al Bentegodi per Verona – Napoli, per un mezzogiorno di fuoco. L’allenatore dei partenopei Sarri spera che la sua ex squadra, l’Empoli, faccia uno sgambetto alla Fiorentina capolista nel derby tutto toscano del pomeriggio. Chiuderà il turno l’Inter, intrisa di zen manciniano e di Sun Tzu, che a San Siro affronterà il Frosinone terzultimo in Serie A e reduce dal pari interno col Genoa. Chissà se quest’Inter così cinica e solida (solo 12 gol fatti in 12 partita, miglior difesa) riuscirà a mantenere la giusta concentrazione sapendo già i risultati degli altri campi, o se si proietterà già alla sfida della prossima settimana al San Paolo con il Napoli rischiando di perdere la vetta. Questo il quadro completo della 13^ giornata di Serie A. 21/11 – 18:00 Bologna – Roma 21/11 – 20:45 Juventus – Milan 22/11 – 12:30 Verona – Napoli 22/11 – 15:00 Atalanta – Torino 22/11 – 15:00 Carpi – Chievo 22/11 – 15:00 Fiorentina – Empoli 22/11 – 15:00 Genoa – Sassuolo 22/11 – 15:00 Lazio – Palermo 22/11 – 15:00 Udinese – Sampdoria 22/11 – 20:45 Inter – Frosinone Di Nicola Iacopetti Mondo del rugby in addio a Jonah Lomu lutto: Auckland, 19 novembre 2015 – Il mondo del rugby è in lutto per la scomparsa di uno dei suoi più grandi campioni: Jonah Lomu è morto mercoledì 18 novembre, all’età di quarant’anni, a causa di una grave malattia che gli fu diagnosticata da giovanissimo, nel 1996, e che inizialmente non si manifestò in tutti i suoi effetti. Ha giocato per i mitici All Blacks, la nazionale neozelandese di rugby, dal 1994 al 2002, collezionando un totale di 63 presenze (caps, nel rugby) e 37 mete, nel ruolo di trequarti ala: alto 196cm per 119kg di peso, il suo impatto sul rugby -che solo nel 1995 si accingeva a convertirsi al professionismo- fu devastante. Si può dire che le sue prestazioni, in particolare nel corso della Coppa del mondo del 1995, abbiano marcato lo spartiacque tra il rugby di una volta, amatoriale e cadenzato da fasi più statiche, e il rugby moderno, più fisico, veloce, dinamico, che oggi conosciamo: mai infatti si era visto un giocatore tanto potente nel suo ruolo, in cui di solito giocano i fisici più asciutti e longilinei; un vero e proprio gigante in grado di correre i 100m in dieci secondi e otto decimi che seminava il panico nella difesa avversaria, al punto da demotivarla fino all’impotenza. La storia di questo ragazzone inizia nei degradati sobborghi di Auckland, in una famiglia di immigrati tongani; un destino forse segnato dalla criminalità e dall’emarginazione. Praticamente da bambino assistette all’uccisione di suo zio con un machete. Al college però l’incontro col rugby gli dà un’opportunità preziosa: Jonah si mette in mostra, brucia le tappe e a 19 anni debutta in nazionale, il più giovane di sempre ad aver vestito fin ad allora la mitica maglia nera. Nel 1995, l’attesissima Coppa del mondo in Sud Africa: le nazionali di mezzo mondo si trovano di fronte un gigante che nessuno sa come fermare, Lomu passa letteralmente sopra ai più che tentano di placcarlo: l’inglese Mike Catt -non esattamente l’ultimo arrivato, vincerà il mondiale otto anni dopo con la sua nazionale- finirà la partita segnato dai tacchetti del neozelandese. A neutralizzarlo riusciranno solo i padroni di casa, i fortissimi Springboks di Nelson Mandela, che nella finale di Johannesburg piegheranno gli All Blacks per 15-12: ogni placcaggio dei possenti afrikaners su Lomu veniva salutato dall’ovazione di un pubblico impaurito. Nonostante l’amara delusione, Lomu è il miglior giocatore del torneo anche grazie alle sue sette mete, i media lo soprannominano “big Jonah”, tanti sponsor si offrono di abbinare il proprio marchio all’ancora giovane campione, la federazione di rugby neozelandese deposita il suo nome come marchio registrato, mettendolo sotto contratto per sottrarlo ai corteggiamenti delle grandi squadre del football americano in NFL: il rugby non sarà mai più come prima. Galles, 1999: un’altra Coppa del mondo, un’altra grande occasione per gli All Blacks, che non vincono il titolo dal 1987, ma che partono come sempre da favoriti. Le prime cinque partite sono poco più che allenamenti, con vittorie rotonde perfino contro avversari come l’Inghilterra e la consueta forza distruttiva di Lomu, che farà male anche ai nostri Azzurri. Arriva la semifinale, a Twickenham, contro una Francia coraggiosa ma ritenuta alla portata: Lomu segna due mete, una delle quali incredibile, resistendo per metri alle cariche dei giocatori francesi più massicci, che gli si gettavano letteralmente contro. Una Francia che appariva scoraggiata e ormai sconfitta però riuscì a rimontare e ad affermarsi per 43-31, realizzando uno dei più grandi upset della storia del rugby. Per la Nuova zelanda è un’altra delusione, per Lomu sarà l’ultima Coppa del mondo: nel 2003, a pochi mesi dall’inizio del mondiale australiano, la sua malattia, una sindrome nefrosica, si aggrava ed è costretto alla dialisi. I medici più esperti gli prospettano un futuro che potrebbe vederlo costretto per sempre su una sedia a rotelle: il mondo si commuove, il gigante sembra adesso improvvisamente tornato umano, fermato solo dai suoi problemi di salute. Grazie alla generosità di un amico, lo speaker radiofonico Grant Kereama, nel 2004 a Lomu viene trapiantato il rene da questi donatogli: improvvisamente torna la speranza, e l’exAll Black riesce addirittura a tornare a giocare a buoni livelli, con i Cardiff Blues in Galles e in seguito con North Harbour in Nuova Zelanda. Il fisico non è più lo stesso, ma la sua storia, tanto intensa quanto sfortunata, continua a far sognare migliaia di bambini che si avvicinano alla palla ovale. Il suo ritorno al rugby avvenne proprio in Italia, nella piccola Calvisano, teatro della sfida tra la squadra locale e i Blues di Lomu nel 2005. Dopo anni non facili, scanditi anche da infortuni, nel 2009 arriva il ritiro definitivo dal rugby giocato, ma il neozelandese è destinato a rimanere un simbolo, parte della Rugby Hall of Fame e della Hall of Fame di World Rugby pur non avendo mai vinto un mondiale, detentore -da quest’anno insieme al sudafricano Bryan Habana- del record di mete segnate in Coppa del mondo, ben quindici in sole due edizioni. Il samoano Isaac Feau’nati interpreterà il suo ruolo nel film Invictus, ambientato proprio nel corso di quel mondiale sudafricano che lo vide tra i protagonisti nella storica finale che riconciliò il Sud Africa del dopo-apartheid. Oggi Jonah Lomu è considerato uno dei simboli dei più alti valori del rugby e dello sport: il sacrificio, l’impegno per i compagni, lo spirito di squadra, l’umiltà e la voglia di andare oltre, carica dopo carica. Oltre anche alla malattia e a un destino che sembra accanito. Lo sport non dimenticherà mai ciò che quest’uomo ha significato per tantissimi sportivi: il bulldozer che tanto dolore fisico ha causato ai suoi avversari sui campo di tutto il mondo, nella vita di ogni giorno era un gigante buono, impegnato nel sociale e nelle cause umanitarie, premuroso con i suoi figli. Il rugby gli sarà sempre debitore: uno sport ritenuto tradizionalmente legato a pochi adepti, praticato ad alti livelli solo in Paesi anglosassoni, spesso tramandato di generazione in generazione all’interno di una famiglia, è divenuto anche grazie a Lomu un fenomeno di massa, capace di coinvolgere milioni di appassionati e catalizzare l’attenzione di miliardi di persone in occasione della Coppa del mondo, oggi il terzo evento sportivo per importanza dopo olimpiadi e mondiali di calcio. Dopotutto, chi di noi, a prescindere dalla più o meno forte passione per la palla ovale, non ha visto almeno una volta una delle sue sgroppate, in tv o su Youtube? Chi di noi non si è lasciato suggestionare da questo gigante spiritato durante l’esecuzione della haka, la danza di guerra maori eseguita dagli All Blacks prima di ogni partita? Una vita di corsa, lungo la fascia sinistra, col numero 11 sulle spalle, quella di Jonah Lomu. Contro il pregiudizio di un quartiere difficile, contro gli avversari delle nazionali più forti, contro una malattia infame che l’ha colpito da giovanissimo. Mercoledì Jonah, nella sua Auckland, ha ricevuto il placcato più difficile da evitare, quello del destino. Ma il suo ricordo resterà immortale in tutti noi appassionati di questo sport: non è stato fermato, ha solo passato la palla. di Andrea Di Nino Calciomercato minuto per minuto: Dybala alla Juve Roma 12 maggio 2015 – La Juve mette a segno il colpo di mercato più auspicato: Dybala. Il passggio si è concretizzato, come contropartita Marotta darà 28 milioni più i giovani Goldanica e Spinazzola, più un bonus legato alle prestazioni del ragazzo argentino nel prossimo anno. Il suo ingaggio sarà quinquennale a 2,5 milioni. Non contente la Vecchia Signora monitorizza anche avani nel caso in cui Tevez volesse fortemente ritornare in Argentina al Boca. Poi c’è il futuro di Pogba che condiziona le mosse dei bianconeri; l’eventuale sostituto dovrebbe essere scelto tra Witsel, Allan e udite udite Naingolan. Altri affari conclusi, quali Valdifiori dall’Empoli al Napoli e Zukanovic dal Chieco all’Inter. Dall’estero Depay dal PSV al Manchester United. Rumors parlano di Quagliarella all’Udinese e del passaggio di Yaya Tourè all’Inter che già avevamo anticipato. Inoltre… in Europa si sono accorti di Felipe Anderson, asta aperta e la Lazio individua in Saponara il sostituto, Bayern Monaco e PSG le favorite. Poi il Liverpool offre 21 milioni per Kovacic, la Fiore segue la punta Gignac per il dopo Gomez, Cerci sul mercato; il Torino ci pensa. Valzer di allenatori: Benitez attende il Manchester per dire di no al Napoli, Mihajlovic lo sostituirebbe; la Sampdoria cerca Sarri dell’Empoli; il Milan vuole una risposta da Jardim del Monaco ed ha chiamato Donadoni. Ultim’ora: ormai il Milan è cinese. Tevez e Pirlo lasceranno la Juve se la coppa andrà a Torino. di Giuseppe Grassi Calciomercato minuto per minuto: Tevez si, Tevez no… timori bianconeri Roma 21 aprile 2015 – La grande protagonista del periodo sembra voler diventare l’Inter, che sta intavolando più trattative su parecchi giocatori. Problema portiere: Handanovic a meno di una rivalutazione contrattuale sostanziosa, andrà probabilmente in una squadra da Champions (Manchester United favorita) e quindi la sostituzione è obbligata: Cech, Perin o Neto, se la Juve molla, i numeri uno preferiti. Problema difesa: dopo Maurillo già preso, piace De Maio del Genoa. In attacco l’Inter tenta l’assalto a Dybala reperendo i soldi dalla vendita di Icardi che piace a tutti in Premier. Comparto vendite, Kovacic piace al Barcellona!!! I Blugrana darebbero come contropartita Pedro e Song, affare! Altre voci sono il derby Milan–Inter per Perotti del Genoa e la volata tra la Fiorentina e l’Udinese per Zukanovic, terzino del Chievo; a proposito di Fiorentina, Gomez non dovrebbe essere confermato al pari di Mexes del Milan, Matri della Juve e partenza su richiesta di De Jong che si accaserebbe al Manchester United di Van Gaal. Effetto domino per gli allenatori se salteranno le panchine di Manchester City (probabile), PSG (possibile), Real Madrid e Barcellona se alla fine non alzeranno trofei importanti. Intanto sulla piazza c’è già Klopp che annuncia la risoluzione del contratto a fine anno con il Borussia Dortmund; Benitez a cui scotta sempre la panchina eMihailovic ha superato Spalletti nelle preferenze di D.D.L. La Samp fa la corte a Paulo Sosa. Sul fronte Juve se Tevez rientra al Boca Juniors, cosa possibile ma improbabile, i bianconeri avrebbero bisogno di due punte e quindi oltre a Dybala, che ha già dato il suo assenso, nel mirino c’è Cavani, ingaggio però troppo alto e udite udite Higuain a cui è garantita la Champions. Insomma un attacco micidiale per la Vecchia Signora. Ultimora: Mr. Bee sbarca il 26 a Milano per incontrare Berlusconi, in ballo quote societarie. di Giuseppe Grassi Parigi-Roubaix: Degenkolb regola in volata Stybar Roubaix 13 aprile 2015 – E’ dal 1986 che il vincitore della Milano-Sanremo non riusciva a doppiare la vittoria con la Parigi-Roubaix. Così dopo l’irlandese Sean Kelly è Degenkolb il tedescone a riuscire nell’impresa battendo in volata il generoso Stybar e l’affidabile e coriaceo Van Avermaet. Corsa a strappi con vari tentativi di fuga sempre rintuzzati dal gruppo sempre più assottigliato fino a quando uno scatto di Degenkolb ha rotto gli schemi dopo il Carrefour de l’Arbre e solo chi aveva gambe è riuscito a rimanere in corsa. In sette si sono compattati e con le gambe indurite si sono giocati la vittoria del Velodromo di Roubaix. Il tempo è stato clemente e pochi gli incidenti, per cui il vincitore non ha avuto nessun vantaggio dalla fortuna vincendo l’edizione 113 in modo strameritato. di Giuseppe Grassi