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SPORT Corriere del Ticino MERCOLEDÌ 1. FEBBRAIO 2017 21 PATTINAGGIO Oro di Albertoni ai Nazionali nelle Speranze GUERRIERO Jonah Lomu – qui con la maglia degli All Blacks neozelandesi – è scomparso a 40 anni il 18 novembre del 2015. (Foto Keystone) Rugby Jonah Lomu, l’uragano nero Intervista a Marco Pastonesi, autore di un libro dedicato al campione neozelandese «Era un uomo umile, consapevole che in questo sport vince la squadra, non il singolo» FERNANDO LAVEZZO ❚❘❙ «Viva il rugby, sport di valori e sport valoroso». Lo scrive Marco Pastonesi a chi gli chiede una dedica sul suo ultimo libro, «L’Uragano nero», in cui racconta la vita e la morte di Jonah Lomu, mito della palla ovale e della nazionale neozelandese, scomparso a 40 anni il 18 novembre del 2015. Un volume che la storica firma della «Gazzetta» ha presentato lunedì a Porza, ospite dell’Associazione Sportiva Svizzera Italiana Rugby Sevens. Lo abbiamo incontrato. Lomu è unanimemente ritenuto il più forte rugbista di sempre o questa è una visione da profani? «È stato il più forte nel suo ruolo di tre quarti ala, ma soprattutto, quando fece la sua apparizione in occasione della Coppa del mondo del 1995 in Sudafrica, fu una rivelazione assoluta. Mai si era vista un’ala, e quindi un corridore, di quel genere. Non era solo veloce, con quel suo 10’’90 sui 100 metri, ma pure enorme: 196 cm per 119 kg. Il rugby ha dovuto adeguarsi a Lomu. Oggi, 22 anni dopo, ci sono delle ali che almeno fisicamente gli assomigliano. Ma non sono così veloci. In quei giorni del 1995, inoltre, il rugby ‘‘ Quando fece la sua apparizione alla Coppa del mondo del 1995 fu una rivelazione assoluta: non si era mai vista un’ala così veloce con una stazza tanto imponente IL RITORNO DEL CAMPIONE A KLOTEN L’abbraccio dei tifosi a Federer ❚❘❙ Una folla di appassionati ha accolto Roger Federer all’aeroporto di Kloten. Il fenomeno, è rimasto una ventina di minuti con i fan ai quali ha mostrato il suo diciottesimo trofeo del Grande Slam conquistato a Melbourne battendo in finale Rafael Nadal. Mirka e le due coppie di gemelli sono usciti da una porta secondaria, evitando così di esporsi ai sostenitori. La famiglia Federer è poi partita in direzione di Lenzerheide. «Charlene Riva e Myla Rose potranno finalmente sciare», ha detto Roger ricordando che le due ragazzine non vedevano l’ora di tornare in Svizzera. Il campione potrà riposarsi per tre settimane. Tornerà a giocare a Dubai. (Foto Keystone) passava dal dilettantismo puro – ti squalificavano anche se scrivevi un’autobiografia – al professionismo. Finalmente, evitando l’ipocrisia che regnava sottobanco, si veniva pagati per giocare. I rugbisti hanno iniziato ad allenarsi due volte al giorno e sono stati costruiti dei fisici alla Lomu. Ma Jonah era così di natura». La Coppa del 1995 è talmente simbolica che lei ci ha costruito attorno il libro, partendo dalla prima meta di Lomu nella semifinale con l’Inghilterra: 25 passi sul campo che tra le pagine diventano 25 passi nella vita... «Quell’azione è stata esemplare. L’ho studiata, sillabata: 25 passi, 35 metri, 7 secondi, 3 avversari evitati, dribblati o asfaltati. Sono partito da lì per dare una cadenza al libro, raccontando la storia di Lomu, sì, ma anche tante altre storie di rugby parallele, alcune radicate nella provincia italiana». Lomu non vinse mai la Coppa del mondo. Questo dà voce a chi non lo ritiene il più grande? «No, perché Lomu era un uomo umile, un antidivo, consapevole che nel rugby vince la squadra, non il singolo. Un fenomeno da solo non conquista trofei. L’obbligo di passare il pallone soltanto all’indietro significa che da solo, a meno di un’azione pazzesca, non vai lontano. Hai sempre bisogno di qualcuno che ti sostenga. Il rugby si gioca in 15: è più squadra del calcio, della pallavolo, del basket. È una piccola porzione di vita in cui si sta insieme». Per Lomu il rugby è stato anche sinonimo di salvezza. «Lo diceva sempre: il rugby mi ha salvato dalla galera. Forse anche da situazioni peggiori. La sua era una famiglia povera, disastrata, con un padre alcolizzato. Fino a 7 anni ha vissuto felicemente separato dai genitori, con gli zii, poi è tornato da loro, ad Auckland, in un quartiere di miseria, violenza e perdizione. Faceva parte di alcune gang. Il rugby lo ha educato e queste regole di comportamento, questo senso di appartenenza, lo hanno indirizzato. Gli All Blacks hanno fatto il resto: non sono una squadra normale, sono dei sacerdoti. Se entri a farne parte diventi testimone, missionario, modello. Un campione di onestà e di lealtà. Il rugby è lo sport nazionale neozelandese e gli All Blacks sono i suoi ministri». Il Lomu adulto si era poi liberato dai fantasmi del passato? «Qualcosa era rimasto. Penso al rapporto fragile con le donne, ma anche a quello bellissimo con i figli. Aveva bisogno di ricevere affetto nel darlo. E poi gli è rimasta addosso un’ingenuità che lo ha portato a dissipare i suoi guadagni e a morire povero». Lomu ha anche sottovalutato la sua malattia ai reni? «Forse i medici, forse lui. Il suo è lo spirito del rugbista, che vuole sempre rialzarsi, uscire sulle proprie gambe. La malattia, un difetto congenito, è esplosa costringendolo al trapianto, alla dialisi, a lunghe riabilitazioni, a faticosi rientri in campo. Non è stato facile, per chi era in paradiso, ritrovarsi a giocare in purgatorio». La haka più toccante della storia non era «con» Lomu, ma «per» Lomu, il giorno del suo funerale. «Sì. Quella haka, proposta da All Blacks di varie epoche, è stata la più emozionante. Una danza di guerra maori, tribale, che diventa una stupenda orazione funebre». MARCO PASTONESI L’URAGANO NERO JONAH LOMU, VITA MORTE E METE DI UN ALL BLACK 66THA2ND, 186 pagine, 18.00 €. ❚❘❙ Si è presentata ai Nazionali della categoria Speranze disputatisi a Rapperswil nel fine settimana con il ruolo di favorita, dall’alto del suo miglior personal best nazionale stagionale: essere la ragazza da battere non è stato però un peso per la giovanissima Isabella Albertoni (CP Lugano), che a tredici anni (li festeggerà il 29 aprile) non ha avvertito la pressione, ma ha semplicemente pensato a pattinare come sa fare, tirando fuori il meglio del suo ottimo repertorio. La luganese ha vinto l’oro ottenendo 81.41 punti (ad un niente dal suo PB di 82.23), con un buon vantaggio sulla seconda classificata. Prima al termine del programma corto, Isabella nel libero ha dovuto respingere la grande rimonta dell’idolo di casa Stefania Amendola, che è riuscita a imporsi nel segmento e a risalire dall’ottava posizione del corto sino al secondo posto finale (77.46 punti). Terza la basilese Claire Deporter con 76.99 punti. Allenata dal duo Marinella Riva-Sabrina Martin, Isabella Albertoni gestisce già senza problemi il doppio axel, che per la maggior parte delle ragazze è un ostacolo durissimo da superare, ed è stata penalizzata sia nel corto sia nel libero dalla mancata riuscita di un triplo toeloop: a lei però l’onore di essere stata la sola ad aver osato proporre un triplo in una gara tanto importante come il campionato svizzero. Sempre tra le speranze, buona prestazione dell’asconese Sofia Franzi, sesta con 72.62 punti (ma sotto il suo PB di 76.26) e anche della chiassese Allison Rizzi, che ha migliorato il suo PB portandolo a 70.20 punti, ciò che le è valso l’ottavo posto. Completano i risultati delle ticinesi la bellinzonese Elisa Bera (11. con 66.92), la luganese Valentina Binaghi (14. con 66.05), la chiassese Carolina Cantagalli (16. con 63.48), le luganesi Bianca Tarchini (20. con 60.88), Sofia Argiolas (21. con 60.51), Camilla Testa (22. con 60.10), la bellinzonese Dyor Gayciri Broggini (25. con 57.33) e l’asconese Noemi Micotti (36. con 46.26). Nella categoria Mini per contro la prima ragazza ticinese si è classificata al 14. posto: si tratta di Valentina Cavalli (Lugano, 65.39). Seguono Nicole Canuti (Lugano, 18.), Sabina Mesic (Lugano, 20.), Sara Franzi (Ascona, 21.), Anna Fallschner (Bellinzona, 23.), Anna Albisetti (Lugano, 24.), Lisa Mengoni (Bellinzona, 38.) e Emma-Jane Jelmini (Lugano, 43.). In questa categoria si è imposta Kimmy Vivien Repond di Basilea con un punteggio stratosferico: 99.19. Per il terzo anno consecutivo la FTP, nonostante possa allineare solo 5 club, si è piazzata seconda nel medagliere nazionale con 4 ori e un argento. Hockey GDT: mancato l’obiettivo principale ❚❘❙ Ieri alla St. Jakob Arena, per il gruppo di Prima Lega della Svizzera centrale, i GDT Bellinzona, al loro penultimo impegno nella stagione regolare, hanno affrontato il Basilea-Kleinhüningen in una partita già decisiva in ottica futura. Infatti, i GDT fin dal via della corrente annata di gare avevano nel mirino un piazzamento fra le prime quattro squadre della «regular season» tra quelle che si sono annunciate per l’ammissione – automatica – al nuovo campionato della Swiss Regio League. Ossia una Prima d’élite che dalla prossima stagione andrà a inserirsi fra quella classica e la NLB. Per la cronaca, nel gruppo della Svizzera centrale, oltre ai GDT, si sono annunciati Brandis, Thun, Basilea-Kleinhüningen e WikiMünsingen. Ebbene, i bellinzo- nesi, peraltro già qualificati con bell’anticipo per i playoff, hanno dovuto cedere il passo al Basilea-Kleinhüningen che si è imposto per 3-2 all’overtime, dopo che i parziali nei tempi regolamentari sono stati di 0-2, 1-0 e 1-0. Quindi, i GDT hanno detto addio alle loro ultime speranze di entrare nelle migliori quattro compagini fra le candidate alla Swiss Regio League del loro gruppo. Ieri anche il Thun, impegnato sul ghiaccio degli Argovia Stars, ha perso per 3-2 all’overtime. Infine, ecco la classifica aggiornata: 1. Brandis 27/65, 2. Thun 28/51, 3. Wiki-Münsingen 27/48, 4. Zuchwil Regio 27/47, 5. Basilea-Kl. 28/47, 6. Burgdorf 27/43, 7. GDT Bellinzona 29/43, 8. Lyss 27/39, 9. Argovia Stars 28/33, 10. Unterseen-Interlaken 28/21, 11. Adelboden 28/19.