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Luigi Monga 589 LA POESÌA LATINA DI GIOVANNI PASCOLI Testo e traduzione integrale. Firenze: La Nuova Italia, 1996. 773 pp. Nell'ambito dell'attuale rivalutazione della poetica del Pascoli, un lavoro in corso ormai da un decennio, non poteva mancare questo tentativo di rimettere in luce anche la poesia latina del poeta romagnolo, offrendola alla lettura di un pubblico còlto che, forse, la conosceva parzialmente, attraverso rare scelte antologiche. Ora Arturo Carbonetto, che ci ha dato pochi anni fa una bella antologia della Poesia latina da Dante al Novecento (Firenze: La Nuova Italia, 1993), presenta l'intera opera latina di Giovanni Pascoli, corredata di una sua bella traduzione poetica, la prima realizzata a 82 anni dalla morte del poeta. Non ci saranno più attenuanti a chi finora ha potuto giustificare la propria incoltezza con la scusa della difficoltà di reperire i testi dei Carmina pascoliani. L'opera latina di Giovanni Pascoli è divisa in cinque raccolte (Liber de poetis, Res romanae, Poemata Christiana, Hymni, Ruralia) e seguita da un'abbondante silloge di Poematia et epigrammata di contenuto vario, epigrafi, versi per nozze e complimenti ad amici. Le prime due serie fanno rivivere il mondo culturale e letterario dei poetae novi e dell'età augustea, rievocando momenti di vita e di storia romana, filtrati attraverso la protesta del Pascoli contro la servitù crudele dei gladiatori. La terza serie, più nota, perché in parte già tradotta, presenta momenti più intimi e personaggi intensamente introversi, come Pomponia Graecina, processata per aver seguito un culto straniero, costretta ad abiurare la sua fede per non essere separata da figlio che ama e dilaniata dal rimorso. Gli inni esaltano Roma e Torino, città dalla lunga storia, collegate dal fato in un'Italia rinata alla libertà e alla unità del territorio. Tra i Ruralia, la trilogia dei poemetti sugli animali ("Canis," "Myrmedon" e "Pecudes") e "Castanea" ricordano momenti di Luigi Monga __ 590 semplicità georgica che ritornano nel dettato lirico delle Myricae. La straordinaria varietà tematica dei Carmina pascoliani ("Amant alterna Camoenae," aveva suggerito il Maestro) e lo stile personalissimo del poeta colpiscono immediatamente il lettore. Benché la lingua, ovviamente, sia diversa, è lo stesso mondo poetico delle Myricae e dei Poemetti che vive nei Carmina: "si verbo residem reddere ventuli / quo frons arida decerpitur impetum, / si pascentis apis murmur et aurea / dulcem ad sidera neniam, // si possum in viridi colle volubilis / alas, quis molitur parva inopis seges, / aut longa in nebulis agmina pingere / et clangentis iter gruis [...]." "L'ultimo degli umanisti," come è stato definito dal Traina il Pascoli "per l'utopia di far rivivere un mondo sepolto," mantiene nei suoi versi latini le stesse contraddizioni presenti nella sua opera in italiano. Mistico e allo stesso tempo razionalista, socialista umanitario e nazionalista, verista con la consapevolezza di una realtà segreta che sta dietro (o dentro) alle cose, attonito osservatore di macrocosmi che s'impiccioliscono e rientrano nelle dimensioni del comune, romantico per istinto e classico per formazione, "ultimo figlio di Vergilio," secondo la felice definizione del D'Annunzio nell'Alcyone — e non mi pare senza importanza notare questo accordo tra i critici sulla poetica pascoliana come epigono di fortunati antecedenti — Pascoli recupera la tematica delle infime realtà naturali, le "humiles myricae" che gli permettono di inserire nella sua poesia (non solo latina) il "parlato" e l'immediatezza del contatto diretto e vissuto con la realtà. Ma neppure la realtà scientifica è assente dalla sua osservazione acutissima: ne è prova quel monostichum sull'elettricità, un capolavoro di stringatezza latina, un esametro che meriterebbe un posto privilegiato nell'Olimpo dell'Internet ο del software: Et loquor et scribo, magis est quod fulmine iungo. La straordinaria abilità del Pascoli nel maneggiare il latino non è esercizio scolastico ο stilistico per il nostro poeta, quanto un aspetto vissuto della sua realtà intellettuale quotidiana. Gli epigrammi e i versi di circostanza, soprattutto, mi sono parsi illuminanti a questo proposito. Non si troverà in essi l'afflato poetico dei suoi lavori più lunghi e meditati, ma non li si giudicherà necessariamente privi di alito poetico, come suggerisce l'editore di questa raccolta, testimone quel pentametro intriso di dolce tristezza alla sorella (tu scis ut doleant gaudia nostra, soror). La richiesta ad un amico che gli mandi delle mozzarelle in Luigi Monga 591 cambio dei suoi poemetti (tot mihi caseolos quot sunt haec carmina mittas), la mite afflizione di diventare spauracchio di esaminandi (dum facio trepidis haud gratapericula /[...] discipulis) mentre il suo preside (nostri dux gregis) e amico Giannini si diletta tra le sue vigne, sono aspetti complementari della più conosciuta tematica pascoliana. Testimone di una natura che non è sempre madre benigna, come in un "Sermo" dopo un terremoto (Maeret homo de nocte sedens. Casa mane ruinam / parva dedit ante domus, vetus inde sepulcrum, I quippe ubi defossi iaceant mater, pater, uxor), il mite poeta sa offrire versi latini di amichevole elogio all'avversario, secondo dopo il Pascoli al certamen poeticum di Amsterdam (Hartman, non vinci, magis est vicisse pudori, / cum victor victi carmina saepe lego). Se mi sono soffermato soprattutto sugli esempi umili e sulla poesia di circostanza, è perché questa mostra più chiaramente la spontaneità e la verità casalinga di una lingua amata e vissuta, praticata con quotidiana alacrità dal più grande poeta della neolatinità. Poche note a piè di pagina, quasi in punta di piedi, ma precise ed essenziali, per non ingombrare la lettura di particolari filologici e letterari, lasciano il lettore libero di gustare senza interruzione la musica del verso e il fluire delle immagini. Constatazione e allo stesso tempo augurio, in conclusione, sarà per questo volume il complimento che rivolge al non più giovane Orazio la ancor bella Neera ("Reditus Augusti," v. 127): perpetuo gaudes aetatis flore poeta. LUIGI MONGA Vanderbilt University, Nashville, Tennessee