Rassegna stampa 16 Ottobre 2016
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Rassegna stampa 16 Ottobre 2016
USTICA LINES Domenica, 16 ottobre 2016 USTICA LINES Domenica, 16 ottobre 2016 Autorità portuali 16/10/2016 Gazzetta del Sud Pagina 27 ALESSANDRO TUMINO Sabbia negli approdi, risuona l' ennesimo campanello d' allarme 16/10/2016 Gazzetta del Sud Pagina 31 3 Beni culturali, la nostra "miniera" 16/10/2016 Gazzetta del Sud Pagina 37 1 GIOVANNI PETRUNGARO Possibile passaggio ai Comuni 5 Cantieristica navale 16/10/2016 Avvenire (Diocesane) Pagina 67 7 «Misericordiæ Vultus», una mostra per far riflettere 16/10/2016 Il Fatto Quotidiano Pagina 14 LUCIO MUSOLINO Guerra tra poveri nel porto fantasma di Gioia Tauro 16/10/2016 L'Espresso Pagina 44 LUCA PIANA L' industria non c' è più 16/10/2016 L'Espresso Pagina 50 LUCA PIANA L' industria non c' è più 9 11 16 Demanio marittimo 16/10/2016 La Sicilia Pagina 4 GIUSEPPE CELLURA Crocetta a Licata "gelido" col sindaco «Non abbiamo paura pronti a... 16/10/2016 La Sicilia Pagina 40 21 23 Due settimane di sedute per il Consiglio comunale Trasporti marittimi 15/10/2016 GiornaleDiLipari 24 Ripresi i collegamenti marittimi in nave 16/10/2016 L'Osservatore Romano Pagina 2 25 Sempre meno distanza tra Cuba e Stati Uniti 15/10/2016 Messina Oggi 26 Eolie, ripresi i collegamenti della Siremar 15/10/2016 TP24 27 Meteo Trapani Marsala. Fine settimana stabile e poco nuvoloso. Temperatura... Porti 15/10/2016 Agrigento Oggi STAFF ONLINE Rogo all' ex Hotel Africa di Porto Empedocle 16/10/2016 Gazzetta del Sud Pagina 27 30 Surfista in crisi a Tremestieri salvato dalla Guardia costiera 16/10/2016 Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Pagina 33 31 «Non scaricare la crisi sui lavoratori» 16/10/2016 Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Pagina 33 32 Pedà: «Non è colpa di Oliverio Nessun Governo ha fatto... 16/10/2016 Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Pagina 34 ARISTIDE BAVA La Calcementi torna in mano ai D' Agostino 16/10/2016 Giornale di Sicilia (ed. Agrigento) Pagina 25 16/10/2016 Giornale di Sicilia (ed. MessinaCatania) Pagina 30 37 «Considerata una bestia, così sono fuggita dall'... 16/10/2016 Giornale di Sicilia (ed. SiracusaRagusa) Pagina 22 39 Scafisti, maxi condanna da 166 milioni di euro 16/10/2016 Giornale di Sicilia (ed. SiracusaRagusa) Pagina 27 40 «È lo scafista»: fermato senegalese 16/10/2016 Giornale di Sicilia (ed. Trapani) Pagina 5 41 Servizio di pediatria a Lampedusa Intesa con la Fondazione... 16/10/2016 Giornale di Sicilia (ed. Trapani) Pagina 18 42 È stata recuperata e curata, Penelope ora è libera 15/10/2016 IlDiarioMetropolitano 45 I rifiuti di Milazzo finiscono in Bulgaria. A2A pronta per il... 16/10/2016 La Sicilia (ed. Enna) Pagina 40 47 segnalazioni al numero fax 095 253495 email [email protected] 16/10/2016 La Sicilia (ed. Messina) Pagina 32 49 All' àncora per tre giorni il panfilo "Guilty" a bordo decine di... 16/10/2016 La Sicilia (ed. Messina) Pagina 32 50 in breve Arte antica in cambio di armi Affari d' oro in Italia per l' asse fra Isis... 34 36 La «Adriatica» ha lasciato il porto 16/10/2016 La Stampa Pagina 8 29 DOMENICO QUIRICO 51 16 ottobre 2016 Pagina 27 Gazzetta del Sud Autorità portuali Lo scirocco ha portato 6.000 metri cubi, il piccolo porto resta agibile Sabbia negli approdi, risuona l' ennesimo campanello d' allarme Si rischia di perdere l' uso di un molo, e l' iter del porto procede lento Alessandro Tumino Un' altra sequela di giorni di scirocco come quella attuale, o peggio una violenta sciroccata, e la conseguenza pressocché certa sarà la parziale chiusura degli approdi di Tremestieri. Accadrà, in tal caso, che la striscia sabbiosa apparsa con tutta evidenza ieri mattina, diverrà la solita "spiaggetta" da incubo che dimezza lo smaltimento dei tir nel piccolo porto d' emergenza. "Cronaca di un insabbiamento annunciato", per parziale che sia, così potrebbe intitolarsi l' ennesima telenovela autunnale degli approdi d' emergenza. Un copione che chiunque saprebbe riscrivere: la solita striscia sabbiosa che si produce all' interno del bacino, attaccata alla diga, il dragaggio preventivo non autorizzato dalla Regione e non eseguito dall' Autorità portuale, ed alla seconda o alla terza "mazzata" inferta dallo scirocco, prevedibile pure da un bambino, ecco centinaia di Tir torneranno ogni giorno sul viale Boccetta. E il coro dei sospettosi leverà la sua voce, ed affermerà che nulla di tutto ciò ai piani alti è casuale, e che questi approdi per quanto fragili e malnati proprio non li si vuole fare funzionare bene. Lasciando perdere la dietrologia, appare certo che non v' è più nulla di oscuro, d' imprevedibile. Tutto ormai è certificato, calcolato, anticipato al meglio grazie alla collaborazione scientifica che l' Autorità portuale e il Comune hanno attivato con la grande società danese Dhi in merito al calcolo matematico delle correnti e del trasporto dei sedimenti. Che sul l' attuale "contenuto" insabbiamento ha già definito le quantità quasi al grammo. Sono 6.000 metri cubi. L' insufficienza della diga protettiva degli approdi rispetto al moto ondoso sprigionato dallo scirocco (e meno male che fu allungata di 50 metri con variante in corso d' opera! ) è ormai una certezza su cui potrebbero farsi tesi di laurea. Solo che, anche stavolta, a Tremestieri, si rischia d' arrivare in ritardo. Il caso potrebbe essere ancora disinnescato visto che l' Authority diversi mesi fa ha già aggiudicato una gara per un dragaggio preventivo di 60.000 metri cubi (120.000 euro) e visto che l' assessore regionale messinese Maurizio Croce ha dato più volte rassicurazioni per una celere procedura da parte degli Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 1 16 ottobre 2016 Pagina 27 < Segue Gazzetta del Sud Autorità portuali uffici. Impegno che ogni volta deve misurarsi con i tempi delle analisi delle solite sabbie sempre uguali e delle varie burocrazie. Ma adesso serve che tutti giochino d' anticipo.4. ALESSANDRO TUMINO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 2 16 ottobre 2016 Pagina 31 Gazzetta del Sud Autorità portuali Se ne è discusso durante la "due giorni" promossa dall' Università di Messina Beni culturali, la nostra "miniera" Gli interventi del presidente dell' Ars Ardizzone e dell' assessore Vermiglio Rachele Gerace I beni culturali costituiscono ancora oggi una risorsa poco valorizzata. Le strategie e le politiche d' intervento nel settore culturale messe in atto finora in Italia non sono state in grado di garantire una reale ricaduta economica. È indispensabile, pertanto una progettualità che metta a sistema competenze e forze istituzionali. Questo quanto è emerso dal convegno di studi su "Patrimonio culturale, modelli organizzativi e sviluppo territoriale", tenutosi nei locali del Rettorato, che s' inquadra nell' ambito delle attività del Master di I livello in Management turistico culturale, diretto dal professor Francesco Astone. Un' idea nata dalla collaborazione dei dipartimenti universitari di Giuriprudenza e Scienze politiche, diretti dai professori Giancarlo De Vero e Giovanni Moschella. In apertura di convegno, venerdì mattina, sono intervenuti l' on. Giovanni Ardizzone, presidente dell' Ars e l' avv. Carlo Vermiglio, assessore regionale ai Beni culturali. Ardizzone ha richiamato l' esigenza primaria che la Sicilia ha di intercettare il flusso turistico, creando una rete che includa tutti gli elementi patrimoniali territoriali e culturali che la regione possiede. Per quanto riguarda Messina, nonostante alcune peculiarità culturali come i due dipinti di Caravaggio al Museo regiona le, ha sottolineato la mancanza di un attrattore turistico primario che, in un futuro prossimo, potrebbe essere rappresentato dal polo eco culturale d' eccellenza della penisola di S. Raine rie dalla Cittadella della cultura che sorgerà nel sito dell' ex ospedale Margherita. In sintonia d' intenti, l' assessore Vermiglio ha definito la Sicilia "porto sicuro per i turisti", rimarcando l' unicità del territorio siciliano per la posizione geografica e gli aspetti climatici, ma soprattutto per il patrimonio culturale invidiato in tutto il mondo. Il processo d' industrializzazione culturale in Italia ha avuto una dinamica diversa rispetto al resto del mondo. La perce zione delle nuove forme di consumo di tipo esperienziale, rimanda al concetto di un mercato legato alla fruizione del singolo bene più che alla sua essenza. Un tema affrontato nel dibattito tenutosi sabato mattina e moderato dal professore Marco Centorrino, con la presenza di diversi soggetti istituzionali. L' ingegnere Francesco Di Sarcina, segretario generale dell' Autorità portuale ha parlato dei nodi legati al turismo crocieristico e alla percezione "mordi e fuggi" generata dalla mancanza di un' esatta messa a punto dei modelli di offerta turistica. In Sicilia, infatti, c' è un' offerta frammentata e auto Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 3 16 ottobre 2016 Pagina 31 < Segue Gazzetta del Sud Autorità portuali referenziale: manca un model lo di governance di sistema che leghi gli eventi ai territori, ha detto Filippo Grasso, delegato dell' Assessorato regionale al turismo. Sinergia e competenza, dunque, sono alla base di un servizio da rendere alla collettività per incentivare la fruizione dei beni culturali visti come risorsa e non come onere: questo è il parere del direttore del Polo regionale di Messina per i siti culturali, Caterina Di Giacomo. Una politica culturale di successo, attenta al territorio e ai singoli soggetti, dunque, necessita di investimenti per ottenere quella pluralità di competenze che fino ad oggi l' Italia non ha avuto, ha concluso la professoressa Daniela Rupo.3. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 4 16 ottobre 2016 Pagina 37 Gazzetta del Sud Autorità portuali Strada Asi di Giammoro: il vertice tra Autorità portuale, ex Provincia e Amministrazioni Possibile passaggio ai Comuni L' Irsap non può assicurare la manutenzione; condizioni di estremo pericolo Giovanni Petrungaro PACE DEL MELA Passerà da una conferenza di servizi il futuro della strada Asi di Giammoro. È quanto emerso a conclusione dell' incontro promosso dall' Autorità portuale con i rappresentanti della Città metropolitana e gli amministratori del comprensorio. Ancora una volta assente l' Irsap che ha la competenza sull' arteria e che nelle scorse settimane, denunciando le condizioni di potenziale pericolo per la pubblica incolumità dovuto alle precarie condizioni strutturali e igieni co sanitarie in cui versa l' Asse viario, ha comunicato a tutte le Amministrazioni l' intendimento di valutare l' opportunità dell' eventuale interdizione al transito delle vie di comunicazione in esame. Nell' evidenziare la gravità di queste affermazioni, il commissario straordinario De Simone, ha sottolineato come già da tempo fosse intendimento dell' Authority porre in essere i necessari interventi di messa in sicurezza del tratto stradale di competenza dell' ente. «Ciononostante ha detto in conseguenza della impossibilità di giungere ad una soluzione condivisa con l' Irsap, l' Autorità portuale non è stata messa nelle condizioni di poter disporre l' avvio delle procedure di gara finalizzate all' affidamento degli interventi. Abbiamo comunque informato il prefetto». Il sindaco di Pace del Mela, Pippo Sciotto ha manifestato «ampia disponibilità» a sostenere l' iniziativapromossa dal commissario straordinario De Simone «per giungere finalmente all' effettiva realizzazione degli interventi programmati, quantomeno in riferimento al tratto stradale di competenza dell' Autorità portuale. Sulla stessa linea il pensiero dell' assessore di Milazzo, Damiano Maisano. Quindi è toccato all' ing. Mobilia dell' Autorità portuale illustrare la tipologia di lavori previsti; interventi di messa in sicurezza dell' area mediante la realizzazione di segnaletica stradale orizzontale e verticale, l' installazione dì guardrail, l' esecuzione dì lavori di scerbatura. Non sarà invece prevista la realizzazione dell' auspicato impianto di illuminazione. Il sindaco pacese ha anche rappresentato la disponibilità del Comune ad acquisire, mediante concessione rilasciata dall' Autorità portuale, il tratto di strada in esame una volta che l' Irsap ribadirà l' insussistenza di alcun interesse al mantenimento della gestione della struttura viaria. Il commissario De Simone ha condiviso e sottolineato che tale procedura può avviarsi attraverso una conferenza di servizi, al fine di risolvere in via definitiva la questione delle attività Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 5 16 ottobre 2016 Pagina 37 < Segue Gazzetta del Sud Autorità portuali manutentive relative all' intero Asse viario. Un ruolo di coordinamento in tale processo potrebbe essere assunto è stato detto dal prefetto e dalla Città metropolitana, trattandosi di un tratto stradale che attraversa il territorio di più Comuni. Una proposta che l' ing. Chiofalo ha detto percorribile dando disponibilità ad avviare ogni interlocuzione finalizzata alla sinergica gestione dell' intero Asse viario, rappresentando, però, che un concreto impegno potrà essere assunto solo in seguito alla formazione del nuovo bilancio dell' ente.3. GIOVANNI PETRUNGARO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 6 16 ottobre 2016 Pagina 67 Avvenire (Diocesane) Cantieristica navale «Misericordiæ Vultus», una mostra per far riflettere DI LUCA ANELLI * Cani ovunque: per strada, in taverna, in carcere, persino in chiesa e all' ospedale. Un dettaglio che colpisce i visitatori della mostra «Misericordiæ Vultus», al Museo diocesano di Lodi, è la presenza costante di cani in ogni scena. Quasi un elemento unificante al pari ovviamente dei bisognosi, veri protagonisti nelle sette tele delle opere di misericordia, dipinte da Cornelis De Wael nel 1630. Forse è semplice descrizione: molti i cani randagi che si aggiravano per città e villaggi, specialmente nei tempi duri delle pestilenze come quella degli anni in cui il pittore fiammingo dipingeva. Se nobili e borghesi ne ospitavano volentieri nelle loro dimore, un gran numero di cani vagabondava per le strade, in cerca di cibo più che di affetto. L' aspetto descrittivo sembra preponderante: nel «Dar da bere agli assetati», eleganti cani da caccia accompagnano i padroni accaldati che nemmeno scendono da cavallo per ricevere un po' d' acqua offerta dai frati di un convento. E in «Alloggiare i pellegrini»: i cani, attratti da qualche delizioso profumo, cercano ospitalità in un' affollata locanda. Le sette opere di misericordia sembrano utilizzare anche in senso simbolico la presenza degli animali: il cane accovacciato accanto al collettore di offerte in «Visitare gli infermi» suggerisce la tipica fedeltà del migliore amico dell' uomo, come pure la vigilanza del cagnetto che abbaia ai questuanti in «Vestire gli ignudi». Peraltro, in questa tela, nessun cane si mette in fila per essere rivestito E poi si richiama il tema biblico della povertà e del bisogno, le pennellate degli evangelisti che descrivono il povero Lazzaro alla porta del ricco: «Erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe» (Lc 16,21), e l' insistenza della donna straniera che invoca la guarigione della figlia: «Eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (Mt 15,27). Le letture «trasversali» delle tele sono molte: vi si potrebbe studiare l' abbigliamento di poveri e ricchi, o l' architettura, manifestamente ispirata a costruzioni genovesi dell' epoca o, ancora, i ruoli sociali, con i numerosi pellegrini di Santiago di Compostela o le ispirazioni artistiche che hanno guidato l' autore. In ogni caso, i dipinti esaltano la carità cristiana, descritta fin dalla prima opera, «Dar da mangiare agli affamati», ove la statua emblematica si invera nel gesto della donna che allatta il suo bambino: la misericordia non è solo dare qualcosa, ma offrire se stessi per incontrare e soccorrere l' altro in necessità. Le opere messe a disposizione dal Banco Popolare rappresentano un mondo, Genova nel XVII secolo, dove De Wael ebbe grande fortuna come pittore delle famiglie altolocate: cantieri navali, battaglie per mare, porti gremiti di genti d' ogni provenienza, scene cittadine che inquadrano edifici gentilizi o scorci Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 7 16 ottobre 2016 Pagina 67 < Segue Avvenire (Diocesane) Cantieristica navale ove il popolino si accalca, in cerca di pane o in visita ai malati; ogni scena unisce poveri e ricchi nella necessità e nel compiere opere buone. Il felice recupero al piacere dei visitatori di una delle poche serie integre delle opere di misericordia offre un approccio peculiare al tema del Giubileo. Insieme alle quattro tele sulla Parabola del Figliol prodigo si possono vedere, fino al 30 ottobre, al Museo diocesano, sistemato e riaperto per l' occasione. * direttore del Museo diocesano Al Museo diocesano, sistemato e riaperto per l' occasione, fino al 30 ottobre Alloggiare i pellegrini, uno dei dipinti della mostra. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 8 16 ottobre 2016 Pagina 14 Il Fatto Quotidiano Cantieristica navale La protesta Guerra tra poveri nel porto fantasma di Gioia Tauro Dopo l' annuncio dei 442 esuberi dalla Mct, i lavoratori hanno scioperato per 50 ore bloccando le navi container contro l' azienda che esternalizza. Governo assente Cinquanta ore di blocco. Più di 400 lavoratori che rischiano di essere licenziati entro dicembre. Usato per decenni come strumento clientelare della politica e come "depandance della 'ndrangheta" (scrive la Direzione nazionale antimafia, ndr), in questi giorni il porto di Gioia Tauro fa da sfondo a una delle bombe sociali più pericolose della Calabria. Ieri notte il blocco è stato sospeso, i portuali hanno ripreso a lavorare e le navi container hanno ricominciato ad attraccare di nuovo nel porto commerciale più importante del Mediterraneo. L' ennesima riunione tra i sindacati e i vertici del terminalista Medcenter (Mct) ha partorito uno striminzito verbale secondo cui l' azienda "si impegna a effettuare un approfondito riesame della situazione considerando gli aspetti del lavoro sulla base dei volumi di traffico". Questo ha raffreddato gli animi dopo la minaccia di avviare la procedura di mobilità per 442 dipendenti. Comunque è troppo poco per scongiurare il licenziamento dei portuali con buona pace degli impegni che Mct aveva assunto a luglio con i sindacati, la Regione Calabria e i ministeri del Tesoro e delle Infrastrutture. Il servizio è ripreso dopo due giorni di paralisi totale dello scalo. Non senza difficoltà per Cgil, Cisl, Uil e Sul. Per molti, infatti, è l' ennesima dimostrazione di come il terminalista in Calabria sembra fare il bello e il cattivo tempo. L' ufficio stampa dell' azienda fa sapere che non intende commentare la situazione che la stessa Mct ha contribuito a creare assumendo nel 2011, in piena crisi, circa 300 dipendenti prima a tempo determinato e poi con contratti definitivi, in seguito alla decisione del giudice del lavoro di Palmi. Oggi quegli stessi dipendenti rischiano di essere licenziati mentre buona parte del lavoro che potrebbero svolgere all' interno del porto di Gioia Tauro negli anni è stato esternalizzato dalla Medcenter e affidato ad altre aziende che, a loro volta, hanno assunto personale. Fare un passo indietro, a questo punto, significherebbe che saranno le ditte che lavorano con Mct ad avviare i licenziamenti: una guerra tra poveri in una delle Regioni con il più alto tasso di disoccupazione. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 9 16 ottobre 2016 Pagina 14 < Segue Il Fatto Quotidiano Cantieristica navale E intanto politici regionali e nazionali stanno dimostrando tutta la loro incapacità non riuscendo neanche a trattare alla pari con la Medcenter che, da oltre 5 anni, ha fatto ricorso alla cassa integrazione "a rotazione" per far fronte alla crisi che, dal 2008 a oggi, ha visto una riduzione del volume dei container in transito da Gioia Tauro. L' accordo di programma quadro prevede l' istituzione di un' Agenzia del lavoro, dove i portuali in esubero saranno "parcheggiati" in attesa di essere formati e riconvertiti in altre attività funzionali allo scalo, come la cantieristica navale (con la realizzazione del bacino di carenaggio), il gateway ferroviario (l' appalto è stato già assegnato ma dei lavori ancora neanche l' ombra) e tutta una serie di iniziative che possono nascere con un piano di utilizzo del retroporto. L' accordo però, al momento, è solo sulla carta. Per i lavoratori, infatti, "l' Agenzia è l' anticamera del licenziamento. Come facciamo a credere a chi ha promesso mari e monti per una zona industriale del porto di Gioia Tauro che di fatto non esiste?". Nella migliore delle ipotesi i sindacati riescono a convincere l' azienda a ridurre gli esuberi. Ma i licenziamenti saranno, comunque, qualche centinaio. E qui si consuma l' altro capitolo della guerra tra poveri. "Siamo noi si sfoga un giovane operaio assunto nel 2011 che spostiamo i container e non possiamo essere considerati esuberi. Pretendiamo meritocrazia nella scelta di chi licenziare. Siamo noi la forza produttiva e se andiamo via il porto si ferma". "La mancanza di occupazione è dovuta al fatto che dietro il porto non c' è una zona industriale o un sistema di logistica come avviene da altre parti. aggiunge il segretario generale della Cgil Nino Costantino . Questo è il deficit di chi ha governato in questi 10 anni il Paese e la Regione Calabria". Un dipendente di Mct sbotta: "Dov' è la politica qui? Avete visto un ministro che protesta con noi?". Nell' estate del 2014 era venuto il ministro dell' Ambiente Gianluca Galletti, ma all' epoca serviva a tenere buoni gli operai per il trasbordo delle armi chimiche provenienti della Siria. Una visita accompagnata da un tweet del premier Matteo Renzi: "Reggio Calabria. Tribunale, porto di Gioia Tauro, mantenimento posti di lavoro Finmeccanica, cantieri in dissesto e scuole. #italiariparte". LUCIO MUSOLINO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 10 16 ottobre 2016 Pagina 44 L'Espresso Cantieristica navale L' industria non c' è più la data clou non è ancora fissata ma a Cassino, nello stabilimento Fiat che un tempo sfornava modelli popolari come la 131 o la Ritmo, se l' aspettano per fine novembre. In gergo lo chiamano "Job One": è l' esemplare numero uno che uscirà dalla catena di montaggio del primo Suv nella storia dell' Alfa Romeo, nome in codice Stelvio, nome definitivo chissà. I lavoratori trattengono il fiato, perché il rilancio della casa del biscione da parte del gruppo Fiat Chrysler (Fca) è un passo fondamentale per far tornare stabilmente l' Italia nel mondo dei produttori di auto, scongiurando l' ennesimo tracollo del sistema produttivo. «Se tutto va bene, con l' avvio del secondo turno di lavoro sulla nuova Giulia e l' inizio della produzione del Suv, da gennaio a Cassino finalmente sarà riassorbita la solidarietà. Un buon segnale, che conferma i progressi degli ultimi tempi», dice Ferdinando Uliano, segretario nazionale dei metalmeccanici Cisl. L' obiettivo che Uliano ha in testa è questo: nel 2016, se i ritmi attuali terranno fino a dicembre, la produzione di veicoli in Italia dovrebbe tornare sopra la soglia di un milione l' anno. È tanto, è poco. Tanto perché non accadeva dal 2008, l' ultima volta sopra quota un milione. E anche perché nell' anno più buio per l' automobile made in Italy il 2013 il conteggio si fermò addirittura a 595 mila unità, un dramma. Allo stesso tempo è poco. Perché la ripresa, e la strategia di Fca di costruire qui vetture di fascia alta come Alfa, Jeep e Maserati, che possono generare un valore aggiunto più elevato, non appare sufficiente a cambiare il segno di un fenomeno preoccupante: l' industria italiana, quella delle fabbriche e delle tute blu, non crea più lavoro. Basta guardare i dati pubblicati in queste pagine per toccare con mano uno dei motivi per cui l' anno scorso altri 39 mila giovani molti laureati, tanti dalle regioni del Nord hanno deciso di lasciare l' Italia, come racconta l' ultimo rapporto della Fondazione Migrantes. Un quarto di secolo fa il principale gruppo metalmeccanico nazionale, la Fiat, dava lavoro in patria a 237 mila persone, su un totale di 303 mila nel mondo. Nel 2015 il numero complessivo è identico, sempre 303 mila, ma lo è soltanto grazie alle acquisizioni all' estero, a cominciare dall' americana Chrysler. Oggi le attività industriali della famiglia Agnelli, le auto, i camion, i trattori, raggruppate sotto la holding Exor, contano 100 mila addetti in Nord America, 53 mila in America Latina, 84 mila in Italia e il resto in giro per il mondo. In venticinque anni, dunque, in Italia solo la Fiat ha visto svanire oltre 152 mila posti di lavoro, aumentandoli invece enormemente all' estero. Merita ancora un' occhiata la tabella qui sotto: l' azienda Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 11 16 ottobre 2016 Pagina 44 < Segue L'Espresso Cantieristica navale con il maggior numero di dipendenti, oggi, sono le Poste Italiane. Che puntano tutto sui risparmi depositati dai clienti al BancoPosta e probabilmente non sono più la fabbrica di poltrone sognata dai fanatici del posto fisso "a prescindere", come il personaggio di Checco Zalone nel film "Quo vado?". Ma certamente restano ancora lontane dal diventare il motore della digitalizzazione del Paese, com' è avvenuto altrove. La scomparsa delle manifatture non è un fenomeno solo italiano ma colpisce tutto l' Occidente. Uno dei simboli è certamente Detroit, la capitale dell' auto americana, che con la crisi vissuta nei primi anni Duemila ha visto la popolazione dimezzarsi, le scuole professionali che un tempo sfornavano i tecnici per General Motors, Ford, Chrysler, ridursi a scheletri di cemento, le villette dei sobborghi finire soffocate dalle erbacce, il municipio dichiarare bancarotta. Anche nelle città italiane, però, la chiusura degli stabilimenti ha lasciato ovunque ferite più o meno estese, al punto che nemmeno Milano, la più dinamica fra le nostre metropoli, dove la mutazione verso il commercio e i servizi è iniziata prima, è riuscita a rimarginarle del tutto. Un po' di numeri: nel 1990 l' industria dava lavoro a 5,8 milioni di italiani; dieci anni più tardi era scesa a 5,1 milioni. Con l' inizio del nuovo millennio le cifre hanno ballato su e giù per un po', mostrando addirittura un lieve aumento nel biennio precedente la crisi del 2008. Con la recessione, però, è arrivato un nuovo collasso, ancora più profondo: nel 2014 gli addetti dell' industria erano scesi ormai a 4,5 milioni, un numero rimasto fermo anche nel 2015, quando nell' intero Paese l' occupazione è tornata a crescere. Nei primi sei mesi del 2016 la musica non è cambiata, anzi: il numero degli occupati nell' industria è sceso anche se di pochissimo sotto la soglia dei 4,5 milioni, mentre nel complesso dell' economia i posti di lavoro rilevati dall' Istat sono aumentati di 222 mila unità. Difficile che le cose possano cambiare molto entro la fine dell' anno, nonostante l' aumento registrato in agosto dalla produzione industriale (+4,1 per cento su base annua). più commessi che operai Giuseppe Berta, uno dei più noti storici dell' industria nonché collaboratore de "l' Espresso", ha pubblicato pochi giorni fa il saggio "Che fine ha fatto il capitalismo italiano?" (il Mulino). Alla domanda del titolo, nel libro Berta risponde in modo articolato e complesso. Tuttavia, ammette lui stesso in un passaggio, guardando «l' architettura storica del sistema delle imprese» la conclusione più immediata sarebbe dire che, semplicemente, il capitalismo italiano «non esiste più». La stessa suggestione si può trarre mettendo a confronto i dati elaborati nelle due classifiche qui sotto, che riportano la "Top ten" delle imprese con più occupati in Italia, com' era nel 1990 e com' è diventata un quarto di secolo più tardi, nel 2015. L' effetto è dirompente. Detto della Fiat, nelle prime posizioni ci sono le Poste e le Ferrovie dello Stato, che nel 1990 non erano nemmeno società per azioni e che ancora oggi restano saldamente nelle mani dello Stato. Sono scomparsi quasi del tutto due colossi industriali privati com' erano Olivetti e Montedison, ma sono scivolati fuori classifica anche altri operatori che un tempo davano lavoro a decine di migliaia di persone, Ilva, Alitalia, Fincantieri. La prima, passata per la privatizzazione e la gestione della famiglia Riva, è ora commissariata per i danni ambientali causati a Taranto, aggrappata a una vendita che slitta di volta in volta. Alitalia fatica a trovare un rilancio nonostante sia stata radicalmente ridimensionata e abbia accolto in plancia di comando gli emiri di Etihad. Fincantieri è sempre controllata dallo Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti, e conserva il baricentro in Italia, ma agli otto cantieri navali sul territorio nazionale ne affianca ormai cinque in Norvegia, tre negli Stati Uniti, due in Romania, altrettanti in Brasile e uno in Vietnam. Risultato: fra il 1990 e il 2015 i dipendenti sono cresciuti un po', da 20.623 a 21.120. Prima però erano tutti in Italia; ora ne è rimasto appena uno su tre. Per una nazione che ha costruito ogni slancio sull' export, non è un bel segnale nemmeno la pochissima industria che c' è tra le new entry. Hanno fatto il loro ingresso i supermercati, con il gigante del sistema cooperativo la Coop che è ormai il quarto datore di lavoro tricolore, seguito in nona posizione dall' Esselunga dei Caprotti. Ed è entrata la famiglia Benetton, con la holding Edizione. Anche qui, però, c' entrano poco i maglioncini che avevano proiettato Luciano e i suoi fratelli al vertice dell' industria tessile Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 12 16 ottobre 2016 Pagina 44 < Segue L'Espresso Cantieristica navale e dell' abbigliamento mondiale. Il grosso dei dipendenti, oltre 40 mila su un totale di quasi 65 mila, il gruppo Edizione li conta infatti nel settore della ristorazione, dove i Benetton hanno debuttato acquistando dallo Stato l' Autogrill, per allargarsi in tutto il globo con 250 marchi diversi, dalla cucina asiatica dei ristoranti Pei Wei alle birrerie Gordon Biersch. Poi seguono le concessioni autostradali e aeroportuali, anche quelle acquisite via privatizzazione, con 14.600 dipendenti. Ultimo arriva l' abbigliamento, che occupa 9.164 persone. Nel complesso, però, i lavoratori italiani sono poco più di uno su tre, sul totale dei 65 mila nel mondo. Mentre i Benetton si muovono sempre più da investitori finanziari, puntando su settori meno rischiosi, lontani dalle frontiere dell' industria. quei giganti smantellati dalle lobby Italia, abbiamo un problema, verrebbe dunque da dire. I motivi dell' arretramento dei posti di lavoro creati dal sistema manifatturiero sono vari. Alcuni toccano noi come gli altri Paesi. Fulvio Coltorti, a lungo direttore dell' Area Studi di Mediobanca e oggi professore di Storia economica all' Università Cattolica di Milano, indica tra gli altri il progresso delle tecnologie, l' internazionalizzazione, la frantumazione delle fasi produttive che un tempo venivano realizzate all' interno della stessa fabbrica, e che oggi sono affidate a terzi, magari in Paesi dove la manodopera costa meno. A questi affianca però problemi più caratteristici del nostro sistema, come ad esempio «l' incapacità italiana di gestire le grandi imprese e i metodi di governo societario che richiedono». Gli esempi possibili sono potenzialmente infiniti, dalla crisi dell' Alitalia allo smembramento della Montedison post Ferruzzi, causato dalla scalata favorita dalla Fiat per scopi puramente speculativi, mentre un caso particolare è quello dell' industria pubblica che un tempo faceva capo all' Iri, sul quale concentrano la loro attenzione sia Coltorti che Berta. Scorrendo le due "top ten", quella del 1990 e quella del 2015, balza infatti agli occhi un altro fattore cruciale. Tra i big italiani, infatti, l' industria di Stato resta dominante oggi come allora. In termini di occupati, però, tutti i gruppi hanno fatto marcia indietro. C' è il progresso tecnologico, e c' è la ricerca di maggiore efficienza indotta dal fatto che molte aziende sono state aperte a capitali terzi, attraverso la quotazione in Borsa. «Ma conta anche il dimagrimento imposto dalle lobby private, che puntavano a occupare spazi di mercato e spingevano perché i gruppi statali cedessero parte delle loro attività», dice Coltorti. Con il paradosso che poi, quando l' uscita dello Stato è avvenuta, come nel caso di Telecom Italia, le famiglie del capitalismo italiano non sono state in grado di assumerne la gestione, e i gioielli dell' Iri sono finiti in mani straniere. Anche Berta indica nella progressiva uscita di scena dello Stato padrone il punto di non ritorno per molti dei giganti che un tempo assorbivano più manodopera: «I dati dimostrano che, in Italia, gli investimenti più massicci sono sempre stati fatti dalla mano pubblica. Quando il duopolio fra l' industria di Stato e le grandi famiglie è venuto meno, perché la prima è andata dissolvendosi e le seconde hanno venduto le loro attività, il nostro modello produttivo che rappresentava un vero e proprio sistema di economia mista è stato definitivamente disarticolato, senza che fosse pronto un modello alternativo», spiega lo storico. Un fatto importante, sottolineato ancora da Coltorti. La perdita di occupati che ha colpito quasi tutti i big italiani, considerando sia i posti in patria che quelli all' estero, non è un dato scontato. In diversi gruppi stranieri, infatti, la storia si è mossa in maniera opposta. Coltorti vi aveva dedicato uno studio qualche anno fa, quindi i numeri possono essere un po' vecchiotti. Ma il senso non cambia. La tedesca Volkswagen nel 1993 aveva 260 mila dipendenti, che nel 2009 erano saliti a 376 mila. La Siemens nello stesso periodo aveva tenuto botta, restando sempre sopra la soglia dei 400 mila. Un altro gigante tedesco della componentistica, Bosch, era salito da 165 a 271 mila, mentre gli pneumatici Continental avevano più che raddoppiato, salendo da 50 a 133 mila addetti. Il colosso alimentare svizzero Nestlé era passato da 214 a 278 mila, la multinazionale francese del vetro Saint Gobain da 96 a 199 mila. il padrone? a formentera Certamente molti altri gruppi, anche esteri, hanno ridotto le loro dimensioni com' è avvenuto qui. Ma quello che colpisce, in Italia, è soprattutto il fatto che dal basso non sia emerso Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 13 16 ottobre 2016 Pagina 44 < Segue L'Espresso Cantieristica navale nessun attore industriale di peso, capace di occupare gli spazi liberati dai big in disarmo o di sfruttare le occasioni offerte dallo sviluppo di molti nuovi mercati , un tempo inesistenti. Le patologie dei "top ten" di un tempo, dunque, erano presenti anche nei gruppi di taglia inferiore. Marco Tronchetti Provera ha venduto il controllo della Pirelli al gruppo statale cinese Chemchina, la famiglia Pesenti l' Italcementi alla tedesca HeidelbergCement e gli eredi Merloni la storica Indesit all' americana Whirlpool, facendo scomparire l' ultimo grande produttore italiano di elettrodomestici, un comparto che un tempo pullulava di dinastie imprenditoriali, da Zoppas a Zanussi. «Sono centinaia i casi di crisi del capitalismo di seconda generazione, dove i figli dei fondatori non sono stati in grado di portare avanti le aziende dei padri», dice il segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, Marco Bentivogli. Ne racconta uno, emblematico: «Mi ricordo il momento durissimo di un' acciaieria del Nord Italia, seguito alla scomparsa del proprietario. Mi creda, per portare il figlio al tavolo delle trattative siamo andati a prenderlo in spiaggia a Formentera». In un suo recente libro, intitolato "Abbiamo rovinato l' Italia?" (Castelvecchi editore), Bentivogli cita i dati di uno degli indicatori più importanti della salute generale dell' industria, la domanda mondiale d' acciaio, messi a confronto con i profitti che gli imprenditori si sono distribuiti sotto forma di dividendi: «Ebbene, negli anni che vanno da 2005 al 2007, quando l' economia tirava ma si stavano per manifestare gli effetti più duri della globalizzazione, gli imprenditori italiani invece d' investire per fronteggiare la concorrenza hanno pensato soprattutto al benessere delle proprie famiglie», spiega il sindacalista, che rintraccia in fenomeni come questo il motivo della crisi di produttività delle imprese italiane. Dice: «Si parla sempre dei salari, che però in media pesano soltanto per il 15 per cento sull' indicatore che misura la produttività, il costo del lavoro per unità di prodotto. Quello che è mancato davvero, in Italia, sono stati gli investimenti, la capacità di dare alle imprese una migliore organizzazione, la formazione del personale. Guardi la Fiat di Cassino: soltanto l' adozione di un' organizzazione in linea con i principi della "World class manufacturing" ha reso possibile l' utilizzo di tecnologie che hanno richiesto forti investimenti, dando un futuro allo stabilimento». il trionfo della classe media Torniamo alla classifica, e guardiamo sotto la decima posizione. Quando c' è da citare un esempio di successo di un' azienda che da piccola si è fatta grande, il primo caso che viene in mente è quasi sempre quello della Luxottica di Leonardo Del Vecchio. Nel 1990 aveva 2.605 dipendenti, oggi ne conta 78.933. Mica male, verrebbe da dire. Studiando i numeri da vicino, si può però osservare che questa crescita esponenziale ha toccato in misura marginale l' Italia. Ben 42.313 dei suoi addetti, l' azienda specializzata nella produzione e nella vendita di occhiali li ha infatti in Nord America, 18.31 in Asia e nel Pacifico. Perché? Il motivo è che nello stabilimento bellunese di Agordo e negli altri cinque impianti italiani Luxottica produce, mentre al di là dell' Atlantico e in Oriente vende attraverso una serie di negozi che ha acquisito o sviluppato nel tempo, 4.458 dei quali in Nord America, 330 in Cina e a Hong Kong, 878 tra l' Asia e il Pacifico, soprattutto in Australia e Nuova Zelanda. Benissimo per le fabbriche italiane e per quelle straniere (in Cina, in India, in Brasile, negli Stati Uniti) ma è chiaro che, dal punto di vista occupazionale, l' impatto sulla patria d' origine resta piuttosto limitato. Molto interessante anche un altro esempio, quello della veronese Calzedonia, un gruppo nato nel 1986, soltanto quattro anni prima della nostra top ten di un quarto di secolo fa. Ebbene, pochi sanno che l' azienda presieduta da Sandro Veronesi, proprietaria anche di marchi come Intimissimi e Tezenis, ha ormai 32.382 dipendenti, 1.677 assunti nell' anno dell' ultimo bilancio disponibile, relativi al 2015. Il gruppo produce i suoi capi di abbigliamento biancheria, lingerie, costumi da bagno all' estero, in particolare in Sri Lanka, Croazia e Serbia, poi li vende nei negozi monomarca, diffusi in mezzo mondo. Così in Italia, la patria d' origine, i dipendenti sono solo una fettina del totale, circa 3.300. Se Luxottica e Calzedonia sono ormai nomi conosciuti, va detto che molte delle medie aziende che costituiscono l' ossatura dell' industria italiana non hanno nemmeno l' interesse di aumentare in maniera radicale le loro dimensioni di scala. «Essendo molto specializzate, se escono dal business che conoscono meglio rischiano di perdere la loro presenza sul mercato», spiega il professor Berta, Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 14 16 ottobre 2016 Pagina 44 < Segue L'Espresso Cantieristica navale sottolineando che in questa "tara dimensionale" pesa molto anche la scarsa propensione delle famiglie proprietarie e dei manager a condurre aggregazioni. I nomi di questi gioielli imprenditoriali sono numerosi: ci sono i freni Brembo, i collanti della Mapei, i macchinari della Ima, solo per limitarsi ai più citati. Eppure, anche se non hanno mai smesso di crescere, dal punto di vista dell' occupazione non possono essere poche eccellenze a dare le risposte che servono all' Italia. Un po' di speranza, piuttosto, potrebbe venire dalla rivoluzione chiamata Industria 4.0. È un processo di digitalizzazione della produzione, che porta i macchinari a interagire direttamente fra loro e con le altre funzioni dell' azienda, dal marketing alla forza vendite, nel nome di una flessibilità estrema delle diverse fasi produttive. Il lato positivo è che i vantaggi di scala delle grandi fabbriche e del basso costo del lavoro vengono meno, e che questo potrebbe favorire il rientro in Italia di molte produzioni in passato delocalizzate nei Paesi più poveri. Ma ci sono molte incognite, a cominciare dal fatto che bisogna investire in centri ricerca, competenze professionali, reti digitali e quant' altro. il governo si è mosso, con un piano ad hoc proposto dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Ma la sfida è colossale, perché l' industria cambierà in maniera molto profonda nel giro di pochi anni. Guai a muoversi in ritardo. n Inchiesta Addio al lavoro Negli ultimi 25 anni Fiat, Eni e Telecom hanno perso due terzi dei dipendenti in Italia. Come loro, tutti gli altri big. E dopo è rimasto solo il vuoto I maggiori datori di lavoro in Italia nel 2015... LUCA PIANA Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 15 16 ottobre 2016 Pagina 50 L'Espresso Cantieristica navale L' industria non c' è più la data clou non è ancora fissata ma a Cassino, nello stabilimento Fiat che un tempo sfornava modelli popolari come la 131 o la Ritmo, se l' aspettano per fine novembre. In gergo lo chiamano "Job One": è l' esemplare numero uno che uscirà dalla catena di montaggio del primo Suv nella storia dell' Alfa Romeo, nome in codice Stelvio, nome definitivo chissà. I lavoratori trattengono il fiato, perché il rilancio della casa del biscione da parte del gruppo Fiat Chrysler (Fca) è un passo fondamentale per far tornare stabilmente l' Italia nel mondo dei produttori di auto, scongiurando l' ennesimo tracollo del sistema produttivo. «Se tutto va bene, con l' avvio del secondo turno di lavoro sulla nuova Giulia e l' inizio della produzione del Suv, da gennaio a Cassino finalmente sarà riassorbita la solidarietà. Un buon segnale, che conferma i progressi degli ultimi tempi», dice Ferdinando Uliano, segretario nazionale dei metalmeccanici Cisl. L' obiettivo che Uliano ha in testa è questo: nel 2016, se i ritmi attuali terranno fino a dicembre, la produzione di veicoli in Italia dovrebbe tornare sopra la soglia di un milione l' anno. È tanto, è poco. Tanto perché non accadeva dal 2008, l' ultima volta sopra quota un milione. E anche perché nell' anno più buio per l' automobile made in Italy il 2013 il conteggio si fermò addirittura a 595 mila unità, un dramma. Allo stesso tempo è poco. Perché la ripresa, e la strategia di Fca di costruire qui vetture di fascia alta come Alfa, Jeep e Maserati, che possono generare un valore aggiunto più elevato, non appare sufficiente a cambiare il segno di un fenomeno preoccupante: l' industria italiana, quella delle fabbriche e delle tute blu, non crea più lavoro. Basta guardare i dati pubblicati in queste pagine per toccare con mano uno dei motivi per cui l' anno scorso altri 39 mila giovani molti laureati, tanti dalle regioni del Nord hanno deciso di lasciare l' Italia, come racconta l' ultimo rapporto della Fondazione Migrantes. Un quarto di secolo fa il principale gruppo metalmeccanico nazionale, la Fiat, dava lavoro in patria a 237 mila persone, su un totale di 303 mila nel mondo. Nel 2015 il numero complessivo è identico, sempre 303 mila, ma lo è soltanto grazie alle acquisizioni all' estero, a cominciare dall' americana Chrysler. Oggi le attività industriali della famiglia Agnelli, le auto, i camion, i trattori, raggruppate sotto la holding Exor, contano 100 mila addetti in Nord America, 53 mila in America Latina, 84 mila in Italia e il resto in giro per il mondo. In venticinque anni, dunque, in Italia solo la Fiat ha visto svanire oltre 152 mila posti di lavoro, aumentandoli invece enormemente all' estero. Merita ancora un' occhiata la tabella qui sotto: l' azienda Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 16 16 ottobre 2016 Pagina 50 < Segue L'Espresso Cantieristica navale con il maggior numero di dipendenti, oggi, sono le Poste Italiane. Che puntano tutto sui risparmi depositati dai clienti al BancoPosta e probabilmente non sono più la fabbrica di poltrone sognata dai fanatici del posto fisso "a prescindere", come il personaggio di Checco Zalone nel film "Quo vado?". Ma certamente restano ancora lontane dal diventare il motore della digitalizzazione del Paese, com' è avvenuto altrove. La scomparsa delle manifatture non è un fenomeno solo italiano ma colpisce tutto l' Occidente. Uno dei simboli è certamente Detroit, la capitale dell' auto americana, che con la crisi vissuta nei primi anni Duemila ha visto la popolazione dimezzarsi, le scuole professionali che un tempo sfornavano i tecnici per General Motors, Ford, Chrysler, ridursi a scheletri di cemento, le villette dei sobborghi finire soffocate dalle erbacce, il municipio dichiarare bancarotta. Anche nelle città italiane, però, la chiusura degli stabilimenti ha lasciato ovunque ferite più o meno estese, al punto che nemmeno Milano, la più dinamica fra le nostre metropoli, dove la mutazione verso il commercio e i servizi è iniziata prima, è riuscita a rimarginarle del tutto. Un po' di numeri: nel 1990 l' industria dava lavoro a 5,8 milioni di italiani; dieci anni più tardi era scesa a 5,1 milioni. Con l' inizio del nuovo millennio le cifre hanno ballato su e giù per un po', mostrando addirittura un lieve aumento nel biennio precedente la crisi del 2008. Con la recessione, però, è arrivato un nuovo collasso, ancora più profondo: nel 2014 gli addetti dell' industria erano scesi ormai a 4,5 milioni, un numero rimasto fermo anche nel 2015, quando nell' intero Paese l' occupazione è tornata a crescere. Nei primi sei mesi del 2016 la musica non è cambiata, anzi: il numero degli occupati nell' industria è sceso anche se di pochissimo sotto la soglia dei 4,5 milioni, mentre nel complesso dell' economia i posti di lavoro rilevati dall' Istat sono aumentati di 222 mila unità. Difficile che le cose possano cambiare molto entro la fine dell' anno, nonostante l' aumento registrato in agosto dalla produzione industriale (+4,1 per cento su base annua). più commessi che operai Giuseppe Berta, uno dei più noti storici dell' industria nonché collaboratore de "l' Espresso", ha pubblicato pochi giorni fa il saggio "Che fine ha fatto il capitalismo italiano?" (il Mulino). Alla domanda del titolo, nel libro Berta risponde in modo articolato e complesso. Tuttavia, ammette lui stesso in un passaggio, guardando «l' architettura storica del sistema delle imprese» la conclusione più immediata sarebbe dire che, semplicemente, il capitalismo italiano «non esiste più». La stessa suggestione si può trarre mettendo a confronto i dati elaborati nelle due classifiche qui sotto, che riportano la "Top ten" delle imprese con più occupati in Italia, com' era nel 1990 e com' è diventata un quarto di secolo più tardi, nel 2015. L' effetto è dirompente. Detto della Fiat, nelle prime posizioni ci sono le Poste e le Ferrovie dello Stato, che nel 1990 non erano nemmeno società per azioni e che ancora oggi restano saldamente nelle mani dello Stato. Sono scomparsi quasi del tutto due colossi industriali privati com' erano Olivetti e Montedison, ma sono scivolati fuori classifica anche altri operatori che un tempo davano lavoro a decine di migliaia di persone, Ilva, Alitalia, Fincantieri. La prima, passata per la privatizzazione e la gestione della famiglia Riva, è ora commissariata per i danni ambientali causati a Taranto, aggrappata a una vendita che slitta di volta in volta. Alitalia fatica a trovare un rilancio nonostante sia stata radicalmente ridimensionata e abbia accolto in plancia di comando gli emiri di Etihad. Fincantieri è sempre controllata dallo Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti, e conserva il baricentro in Italia, ma agli otto cantieri navali sul territorio nazionale ne affianca ormai cinque in Norvegia, tre negli Stati Uniti, due in Romania, altrettanti in Brasile e uno in Vietnam. Risultato: fra il 1990 e il 2015 i dipendenti sono cresciuti un po', da 20.623 a 21.120. Prima però erano tutti in Italia; ora ne è rimasto appena uno su tre. Per una nazione che ha costruito ogni slancio sull' export, non è un bel segnale nemmeno la pochissima industria che c' è tra le new entry. Hanno fatto il loro ingresso i supermercati, con il gigante del sistema cooperativo la Coop che è ormai il quarto datore di lavoro tricolore, seguito in nona posizione dall' Esselunga dei Caprotti. Ed è entrata la famiglia Benetton, con la holding Edizione. Anche qui, però, c' entrano poco i maglioncini che avevano proiettato Luciano e i suoi fratelli al vertice dell' industria tessile Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 17 16 ottobre 2016 Pagina 50 < Segue L'Espresso Cantieristica navale e dell' abbigliamento mondiale. Il grosso dei dipendenti, oltre 40 mila su un totale di quasi 65 mila, il gruppo Edizione li conta infatti nel settore della ristorazione, dove i Benetton hanno debuttato acquistando dallo Stato l' Autogrill, per allargarsi in tutto il globo con 250 marchi diversi, dalla cucina asiatica dei ristoranti Pei Wei alle birrerie Gordon Biersch. Poi seguono le concessioni autostradali e aeroportuali, anche quelle acquisite via privatizzazione, con 14.600 dipendenti. Ultimo arriva l' abbigliamento, che occupa 9.164 persone. Nel complesso, però, i lavoratori italiani sono poco più di uno su tre, sul totale dei 65 mila nel mondo. Mentre i Benetton si muovono sempre più da investitori finanziari, puntando su settori meno rischiosi, lontani dalle frontiere dell' industria. quei giganti smantellati dalle lobby Italia, abbiamo un problema, verrebbe dunque da dire. I motivi dell' arretramento dei posti di lavoro creati dal sistema manifatturiero sono vari. Alcuni toccano noi come gli altri Paesi. Fulvio Coltorti, a lungo direttore dell' Area Studi di Mediobanca e oggi professore di Storia economica all' Università Cattolica di Milano, indica tra gli altri il progresso delle tecnologie, l' internazionalizzazione, la frantumazione delle fasi produttive che un tempo venivano realizzate all' interno della stessa fabbrica, e che oggi sono affidate a terzi, magari in Paesi dove la manodopera costa meno. A questi affianca però problemi più caratteristici del nostro sistema, come ad esempio «l' incapacità italiana di gestire le grandi imprese e i metodi di governo societario che richiedono». Gli esempi possibili sono potenzialmente infiniti, dalla crisi dell' Alitalia allo smembramento della Montedison post Ferruzzi, causato dalla scalata favorita dalla Fiat per scopi puramente speculativi, mentre un caso particolare è quello dell' industria pubblica che un tempo faceva capo all' Iri, sul quale concentrano la loro attenzione sia Coltorti che Berta. Scorrendo le due "top ten", quella del 1990 e quella del 2015, balza infatti agli occhi un altro fattore cruciale. Tra i big italiani, infatti, l' industria di Stato resta dominante oggi come allora. In termini di occupati, però, tutti i gruppi hanno fatto marcia indietro. C' è il progresso tecnologico, e c' è la ricerca di maggiore efficienza indotta dal fatto che molte aziende sono state aperte a capitali terzi, attraverso la quotazione in Borsa. «Ma conta anche il dimagrimento imposto dalle lobby private, che puntavano a occupare spazi di mercato e spingevano perché i gruppi statali cedessero parte delle loro attività», dice Coltorti. Con il paradosso che poi, quando l' uscita dello Stato è avvenuta, come nel caso di Telecom Italia, le famiglie del capitalismo italiano non sono state in grado di assumerne la gestione, e i gioielli dell' Iri sono finiti in mani straniere. Anche Berta indica nella progressiva uscita di scena dello Stato padrone il punto di non ritorno per molti dei giganti che un tempo assorbivano più manodopera: «I dati dimostrano che, in Italia, gli investimenti più massicci sono sempre stati fatti dalla mano pubblica. Quando il duopolio fra l' industria di Stato e le grandi famiglie è venuto meno, perché la prima è andata dissolvendosi e le seconde hanno venduto le loro attività, il nostro modello produttivo che rappresentava un vero e proprio sistema di economia mista è stato definitivamente disarticolato, senza che fosse pronto un modello alternativo», spiega lo storico. Un fatto importante, sottolineato ancora da Coltorti. La perdita di occupati che ha colpito quasi tutti i big italiani, considerando sia i posti in patria che quelli all' estero, non è un dato scontato. In diversi gruppi stranieri, infatti, la storia si è mossa in maniera opposta. Coltorti vi aveva dedicato uno studio qualche anno fa, quindi i numeri possono essere un po' vecchiotti. Ma il senso non cambia. La tedesca Volkswagen nel 1993 aveva 260 mila dipendenti, che nel 2009 erano saliti a 376 mila. La Siemens nello stesso periodo aveva tenuto botta, restando sempre sopra la soglia dei 400 mila. Un altro gigante tedesco della componentistica, Bosch, era salito da 165 a 271 mila, mentre gli pneumatici Continental avevano più che raddoppiato, salendo da 50 a 133 mila addetti. Il colosso alimentare svizzero Nestlé era passato da 214 a 278 mila, la multinazionale francese del vetro Saint Gobain da 96 a 199 mila. il padrone? a formentera Certamente molti altri gruppi, anche esteri, hanno ridotto le loro dimensioni com' è avvenuto qui. Ma quello che colpisce, in Italia, è soprattutto il fatto che dal basso non sia emerso Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 18 16 ottobre 2016 Pagina 50 < Segue L'Espresso Cantieristica navale nessun attore industriale di peso, capace di occupare gli spazi liberati dai big in disarmo o di sfruttare le occasioni offerte dallo sviluppo di molti nuovi mercati , un tempo inesistenti. Le patologie dei "top ten" di un tempo, dunque, erano presenti anche nei gruppi di taglia inferiore. Marco Tronchetti Provera ha venduto il controllo della Pirelli al gruppo statale cinese Chemchina, la famiglia Pesenti l' Italcementi alla tedesca HeidelbergCement e gli eredi Merloni la storica Indesit all' americana Whirlpool, facendo scomparire l' ultimo grande produttore italiano di elettrodomestici, un comparto che un tempo pullulava di dinastie imprenditoriali, da Zoppas a Zanussi. «Sono centinaia i casi di crisi del capitalismo di seconda generazione, dove i figli dei fondatori non sono stati in grado di portare avanti le aziende dei padri», dice il segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, Marco Bentivogli. Ne racconta uno, emblematico: «Mi ricordo il momento durissimo di un' acciaieria del Nord Italia, seguito alla scomparsa del proprietario. Mi creda, per portare il figlio al tavolo delle trattative siamo andati a prenderlo in spiaggia a Formentera». In un suo recente libro, intitolato "Abbiamo rovinato l' Italia?" (Castelvecchi editore), Bentivogli cita i dati di uno degli indicatori più importanti della salute generale dell' industria, la domanda mondiale d' acciaio, messi a confronto con i profitti che gli imprenditori si sono distribuiti sotto forma di dividendi: «Ebbene, negli anni che vanno da 2005 al 2007, quando l' economia tirava ma si stavano per manifestare gli effetti più duri della globalizzazione, gli imprenditori italiani invece d' investire per fronteggiare la concorrenza hanno pensato soprattutto al benessere delle proprie famiglie», spiega il sindacalista, che rintraccia in fenomeni come questo il motivo della crisi di produttività delle imprese italiane. Dice: «Si parla sempre dei salari, che però in media pesano soltanto per il 15 per cento sull' indicatore che misura la produttività, il costo del lavoro per unità di prodotto. Quello che è mancato davvero, in Italia, sono stati gli investimenti, la capacità di dare alle imprese una migliore organizzazione, la formazione del personale. Guardi la Fiat di Cassino: soltanto l' adozione di un' organizzazione in linea con i principi della "World class manufacturing" ha reso possibile l' utilizzo di tecnologie che hanno richiesto forti investimenti, dando un futuro allo stabilimento». il trionfo della classe media Torniamo alla classifica, e guardiamo sotto la decima posizione. Quando c' è da citare un esempio di successo di un' azienda che da piccola si è fatta grande, il primo caso che viene in mente è quasi sempre quello della Luxottica di Leonardo Del Vecchio. Nel 1990 aveva 2.605 dipendenti, oggi ne conta 78.933. Mica male, verrebbe da dire. Studiando i numeri da vicino, si può però osservare che questa crescita esponenziale ha toccato in misura marginale l' Italia. Ben 42.313 dei suoi addetti, l' azienda specializzata nella produzione e nella vendita di occhiali li ha infatti in Nord America, 18.31 in Asia e nel Pacifico. Perché? Il motivo è che nello stabilimento bellunese di Agordo e negli altri cinque impianti italiani Luxottica produce, mentre al di là dell' Atlantico e in Oriente vende attraverso una serie di negozi che ha acquisito o sviluppato nel tempo, 4.458 dei quali in Nord America, 330 in Cina e a Hong Kong, 878 tra l' Asia e il Pacifico, soprattutto in Australia e Nuova Zelanda. Benissimo per le fabbriche italiane e per quelle straniere (in Cina, in India, in Brasile, negli Stati Uniti) ma è chiaro che, dal punto di vista occupazionale, l' impatto sulla patria d' origine resta piuttosto limitato. Molto interessante anche un altro esempio, quello della veronese Calzedonia, un gruppo nato nel 1986, soltanto quattro anni prima della nostra top ten di un quarto di secolo fa. Ebbene, pochi sanno che l' azienda presieduta da Sandro Veronesi, proprietaria anche di marchi come Intimissimi e Tezenis, ha ormai 32.382 dipendenti, 1.677 assunti nell' anno dell' ultimo bilancio disponibile, relativi al 2015. Il gruppo produce i suoi capi di abbigliamento biancheria, lingerie, costumi da bagno all' estero, in particolare in Sri Lanka, Croazia e Serbia, poi li vende nei negozi monomarca, diffusi in mezzo mondo. Così in Italia, la patria d' origine, i dipendenti sono solo una fettina del totale, circa 3.300. Se Luxottica e Calzedonia sono ormai nomi conosciuti, va detto che molte delle medie aziende che costituiscono l' ossatura dell' industria italiana non hanno nemmeno l' interesse di aumentare in maniera radicale le loro dimensioni di scala. «Essendo molto specializzate, se escono dal business che conoscono meglio rischiano di perdere la loro presenza sul mercato», spiega il professor Berta, Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 19 16 ottobre 2016 Pagina 50 < Segue L'Espresso Cantieristica navale sottolineando che in questa "tara dimensionale" pesa molto anche la scarsa propensione delle famiglie proprietarie e dei manager a condurre aggregazioni. I nomi di questi gioielli imprenditoriali sono numerosi: ci sono i freni Brembo, i collanti della Mapei, i macchinari della Ima, solo per limitarsi ai più citati. Eppure, anche se non hanno mai smesso di crescere, dal punto di vista dell' occupazione non possono essere poche eccellenze a dare le risposte che servono all' Italia. Un po' di speranza, piuttosto, potrebbe venire dalla rivoluzione chiamata Industria 4.0. È un processo di digitalizzazione della produzione, che porta i macchinari a interagire direttamente fra loro e con le altre funzioni dell' azienda, dal marketing alla forza vendite, nel nome di una flessibilità estrema delle diverse fasi produttive. Il lato positivo è che i vantaggi di scala delle grandi fabbriche e del basso costo del lavoro vengono meno, e che questo potrebbe favorire il rientro in Italia di molte produzioni in passato delocalizzate nei Paesi più poveri. Ma ci sono molte incognite, a cominciare dal fatto che bisogna investire in centri ricerca, competenze professionali, reti digitali e quant' altro. il governo si è mosso, con un piano ad hoc proposto dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Ma la sfida è colossale, perché l' industria cambierà in maniera molto profonda nel giro di pochi anni. Guai a muoversi in ritardo. n Inchiesta Addio al lavoro Addio al lavoro Mentre i gruppi maggiori declinano o vanno all' estero, non emerge nessun nuovo attore a sostituirli nel 2016 gli addetti sono scesi sotto i 4,5 milioni, mentre negli altri settori l' occupazione è salita i profitti realizzati negli anni buoni non sono stati reinvestiti. ma distribuiti come dividendi l' Internet delle cose può riattivare le produzioni. ma la sfida è enorme Negli ultimi 25 anni Fiat, Eni e Telecom hanno perso due terzi dei dipendenti in Italia. Come loro, tutti gli altri big. E dopo è rimasto solo il vuoto. LUCA PIANA Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 20 16 ottobre 2016 Pagina 4 La Sicilia Demanio marittimo Crocetta a Licata "gelido" col sindaco «Non abbiamo paura pronti a intervenire» LICATA. «Se il sindaco di Licata non se la sente di portare avanti le demolizioni, ce lo dica e interverremo noi in via sostitutiva. Noi non abbiamo paura di nessuno e siamo pronti ad intervenire fin da subito». Parole e musica del Governatore Rosario Crocetta, ieri mattina a Licata dove ha tenuto un' accesa conferenza stampa all' interno del museo archeologico di via Dante. Crocetta sperava di incontrare il sindaco Angelo Cambiano, cui ha chiesto «di andare avanti nel suo man dato e di rinunciare ai propositi di dimissioni» ma il primo cittadino licatese aveva già assunto l' impegno con il ministro dell' Interno Angelino Alfa no, incontrato a Taormina. Crocetta è stato comunque un fiume in piena sul tema delle demolizioni. «La colpa è dei Comuni, non mia. Sono i Comuni che avrebbero gli strumenti per dichiarare gli immobili di pubblica utilità ed evitare di demolire. Altre città l' hanno fatto per tempo». Crocetta ha precisato ad alcuni consiglieri ed ex proprietari di immobili abusivi che «la Regio ne non ha alcun poter sull' iter deciso dalla Magistratura per le demolizioni. La legge attribuisce il potere al sindaco, noi ha continuato interveniamo solo nel caso in cui il sindaco si rifiuta o non è in condizione di eseguire le demolizioni. Non possiamo chiedere alla magistratura di avviare le demolizioni in altri Comuni perché non ce lo consente la legge». Crocetta ha inoltre rivendicato come «i soldi in bilancio per avviare le demolizioni sono stati messi dal commissario straordinario che ha preceduto questa amministrazione». Accanto a Crocetta l' assessore al Territorio e Ambiente Maurizio Croce, la vicepresidente Mariella Lo Bello e Maria Grazia Brandara, ex commissario straordinario del Comune di Licata. Da Croce è arrivato l' unico spiraglio possibile per dipanare una matassa che a Licata si sta ingarbugliando. «Altri Comuni ha spiegato Croce hanno redatto un piano di utilizzo del demanio marittimo destinando quanto all' interno della fascia costiera a strutture collegate alla balneazione». In questo caso ma l' aspetto non è stato chiarito fino in fondo si otterrebbe una moratoria di un anno. Proprio ieri, il Comune di Licata ha intanto ricevuto dalla Procura di Agrigento un nuovo elenco di case da abbattere: 12 immobili realizzati all' interno della fascia in cui vige il vincolo di inedificabilità assoluta, che vanno ad aggiungersi alla serie di abbattimenti comunicati nei mesi scorsi. GIUSEPPE CELLURA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 21 16 ottobre 2016 Pagina 4 La Sicilia < Segue Demanio marittimo GIUSEPPE CELLURA Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 22 16 ottobre 2016 Pagina 40 La Sicilia Demanio marittimo ACIREALE Due settimane di sedute per il Consiglio comunale Dopo l' approvazione del conto consuntivo 2015, avvenuta in Consiglio agli inizi del mese in corso, il civico consesso riprende adesso a pieno regime la propria attività. Per le prossime due settimane, le ultime del mese, il presidente del Consiglio, Rosario Raneri, di concerto con i capigruppo consiliari, ha infatti calendarizzato ben quattro sedute, al ritmo abituale di due la settimana. Si comincia dopodomani, martedi, e si continua giovedi e poi ancora martedi 25 e giovedi 27 ottobre, sempre con orario di prima convocazione alle 19. Dieci, in totale, i punti inseriti nell' ordine del giorno, considerando anche la canonica approvazione dei verbali delle sedute precedenti. Ma tra gli argomenti più interessanti, troviamo l' affidamento in concessione per tre anni del servizio di pulizia della sede stradale (con aspirazione dei liquidi inquinanti sversati e recupero dei detriti e dei materiali dispersi) a seguito di incidenti con ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e ambientale, l' approvazione del regolamento per l' utilizzo delle strutture sportive comunali, l' affidamento del servizio di tesoreria comunale, il regolamento comunale sull' assegnazione e gestione degli orti urbani. Completano il quadro, le problematiche riguardanti le Terme di Acireale e le possibili soluzioni, le tematiche riguardanti il Piano del demanio marittimo e una tornata questa abitualmente con cadenza mensile di interrogazioni, interpellanze e mozioni con risposta immediata in aula dei rappresentanti dell' Amministrazione. A. G. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 23 15 ottobre 2016 GiornaleDiLipari Trasporti marittimi Ripresi i collegamenti marittimi in nave Ott 15, 2016 Lipari Ripresi questa mattina i collegamenti marittimi in nave da Milazzo. Partita alle 7,00 la " Isola di Stromboli" per Vulcano, Lipari, S.M. Salina, Rinella, Filicudi, Alicudi e alle 9,00 la " Isola di Vulcano " per Vulcano, Lipari, Rinella, S.M. Salina. Aliscafi regolari. I comandanti dei mezzi veloci tenteranno di collegare anche Stromboli. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 24 16 ottobre 2016 Pagina 2 L'Osservatore Romano Trasporti marittimi Obama facilita ulteriormente commerci e viaggi Sempre meno distanza tra Cuba e Stati Uniti Washington, 15. L' amministrazione del presidente Barack Obama ha annunciato una nuova serie di azioni esecutive per un ulteriore allentamento delle restrizioni commerciali, finanziarie e nei viaggi tra Stati Uniti e Cuba. È quanto ha reso noto la Casa Bianca. Le nuove regole renderanno più facile per le compagnie statunitensi importare prodotti farmaceutici cubani, per le società agricole statunitensi vendere i loro prodotti nell' isola caraibica e per i cubani acquistare merci statunitensi online. Ad esempio, gli statunitensi potranno acquistare a Cuba rum e sigari senza il tetto dei 100 dollari. Annunciando le nuove direttive, il presidente Obama ha sottolineato che tra Stati Uniti e Cuba restano grandi differenze, per poi aggiungere che «il disgelo è il modo migliore per affrontarle». Nella dichiarazione di Obama sulle nuove direttive per allentare ulteriormente le restrizioni tra i due paesi, precisamente si legge: «Restano alcune sfide, e tra i governi persistono differenze molto reali, ma credo che l' impegno sia il modo migliore per affrontare queste differenze e fare progressi in nome dei nostri interessi e dei nostri valori». Secondo Obama, «il progresso di questi ultimi due anni, rafforzato dall' azione di oggi, dovrebbe ricordare al mondo quello che è possibile quando si guarda al futuro insieme». Le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba sono riprese nel 2014. E a marzo di quest' anno Barack Obama è stato il primo presidente degli Stati Uniti a mettere piede sull' isola dal 1928. La ripresa dei voli commerciali, a fine agosto, ha fatto seguito a quella delle navi da crociera, a primavera. L' embargo tuttavia non è stato ancora rimosso del tutto. Restano limiti, ad esempio, anche per gli statunitensi che volessero visitare da turisti l' isola. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 25 15 ottobre 2016 Messina Oggi Trasporti marittimi Miglioramento Eolie, ripresi i collegamenti della Siremar Dopo i disagi registrati ieri hanno ripreso le navi della compagnia di navigazione a garantire le corse da e per le Isole Riprendono i collegamenti con le Isole minori, dopo i disagi di ieri. La Siremar, attaverso una nota stampa, comunica che sono garantiti i collegamenti MilazzoEolie, PalermoUstica, TrapaniEgadi. Il vento è calato soprattutto nel versante tirrenico della provincia di Messina, dove ieri si sono registrati notevoli disagi per i collegamenti da e per le isole Eolie. Oggi la compagnia d i navigazione sta garantendo i collegamenti. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 26 15 ottobre 2016 TP24 Trasporti marittimi Meteo Trapani Marsala. Fine settimana stabile e poco nuvoloso. Temperatura tra 19 e 24° Il meteo del fine settimana a Marsala e Trapani . E' terminato da qualche ora lo scirocco che ha creato non pochi disagi ai collegamenti verso le isole Egadi e sul territorio trapanese, causando problemi alla cittadinanza e agli esercenti, costretti a mettere in sicurezza suppellettili e strutture. A Trapani, le ville comunali sono state chiuse per precauzione e anche a Marsala è stata chiusa Villa Cavallotti. Sempre a Trapani all' incrocio di viale Ilio, nei pressi della rotonda, è caduta una grossa palma, per fortuna senza causare danni a cose o persone e uno specchio parabolico stradale posizionato nell' incrocio tra via Osorio e via XXX gennaio. A Marsala sono stati danneggiati alcuni alberi della via Amendola. Ma vediamo il meteo di questo fine settimana e dei prossimi giorni. Oggi poco nuvoloso con venti moderati da nord. Domani, leggera nuvolosità di passaggio e vento moderato da nordest con la temperatura che rimane alta sia nei valori minimi che in quelli massimi. Sabato 15 Ottobre : generali condizioni di cielo poco nuvoloso o velato, temperatura minima di 19°C e massima di 24°C. In particolare avremo nubi sparse di passaggio al mattino, cielo poco nuvoloso o velato al pomeriggio, cielo sereno alla sera. Durante la giornata di oggi si registrerà una temperatura massima di 24°C alle ore 14, mentre la minima alle ore 23 sarà di 19°C. I venti saranno al mattino moderati provenienti da NordNordOvest con intensità di circa 20km/h, moderati da Nord per il resto della giornata con intensità di circa 22km/h. L' intensità solare più alta sarà alle ore 13 con un valore UV di 4.9, corrispondente a 735W/mq. Domenica 16 Ottobre : giornata caratterizzata da nuvolosità di passaggio, temperatura minima 18°C, massima 24°C. Entrando nel dettaglio, avremo cielo poco nuvoloso o velato al mattino, qualche nube sparsa durante il resto della giornata. Durante la giornata di domani la temperatura massima verrà registrata alle ore 14 e sarà di 24°C, la minima di 18°C alle ore 5. I venti saranno moderati da NordEst al mattino con intensità di circa 26km/h, al pomeriggio moderati da NordNordEst con intensità tra 26km/h e 31km/h, alla sera moderati da NordEst con intensità tra 21km/h e 27km/h. L' intensità solare più alta sarà alle ore 13 con un valore UV di 5, corrispondente a 743W/mq. Lunedì 17 Ottobre : giornata caratterizzata da generali condizioni di cielo parzialmente nuvoloso, temperature comprese tra 17 e 24°C. Entrando nel dettaglio, avremo poche nubi al mattino, nuvolosità innocua al pomeriggio, cielo sereno alla sera. Durante la giornata la temperatura massima verrà registrata alle ore 14 e sarà di 24°C, la minima di 17°C alle ore 7. I venti Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 27 15 ottobre 2016 < Segue TP24 Trasporti marittimi saranno al mattino moderati provenienti da NordEst con intensità di circa 14km/h, al pomeriggio moderati provenienti da Nord con intensità di circa 12km/h, alla sera moderati provenienti da NordEst con intensità di circa 13km/h. L' intensità solare più alta sarà alle ore 13 con un valore UV di 4.4, corrispondente a 693W/mq. Martedì 18 Ottobre : giornata caratterizzata da cielo sereno o poco nuvoloso, temperature comprese tra 15 e 22°C. Nel dettaglio: cielo poco nuvoloso al mattino, assenza di nubi al pomeriggio e alla sera. Durante la giornata la temperatura massima verrà registrata alle ore 14 e sarà di 22°C, la minima di 15°C alle ore 7. I venti saranno al mattino deboli provenienti da Sud SudEst con intensità di circa 7km/h, deboli da SudOvest al pomeriggio con intensità di circa 7km/h, deboli da SudSudEst alla sera con intensità di circa 4km/h. L' intensità solare più alta sarà alle ore 13 con un valore UV di 5, corrispondente a 738W/mq. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 28 15 ottobre 2016 Agrigento Oggi Porti Rogo all' ex Hotel Africa di Porto Empedocle AgrigentoOggi Google+0 Vandali in azione la scorsa notte a Porto Empedocle. Ad essere preso di mira l' ex Hotel Alfrica. Ignoti sono penetrati dentro la struttura e, probabilmente, secondo quanto riporta Grandangolo, utilizzando liquido infiammabile, hanno appiccato il fuoco. Sul posto sono giunti i vigili del fuoco di Agrigento che hanno lavorato nella notte per spegnere il rogo che ha distrutto alcune suppellettili presenti all' interno. Commenti. STAFF ONLINE Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 29 16 ottobre 2016 Pagina 27 Gazzetta del Sud Porti Brutta disavventura per un 36enne catanese Surfista in crisi a Tremestieri salvato dalla Guardia costiera Immediato l' allarme lanciato da una nave e dai terminalisti Comet È stata una disavventura da brivido, durata oltre mezzora sino al lieto fine, con minuti di grande paura: protagonista un uomo alla deriva con il suo surf, in prossimità dell' imbocco degli approdi di Tremestieri. Momenti di apprensione generale e di professionalità nei soccorsi. Alla fine, può dirsi che è andata bene perché il pericolo corso è stato notevole. Era da poco trascorso mezzogiorno quando il surfista già in difficoltà per il moto ondoso da scirocco, un catanese di 36 anni, è stato notato dal comandante della nave Fata Morgana in uscita dagli approdi. La segnalazione è stata raccolta dal capo scalo di turno nel piccolo porto d' emergenza, Antonino Zagami, uno dei 35 terminalisti in forza alla Comet che da quest' anno gestisce i servizi d' imbarco sbarco e immediatamente trasmessa alla Guardia costiera con richiesta di immediato soccorso. Il trentaseienne si teneva aggrappato alla sua tavola da surf ed a causa della corrente non riusciva più a tornare verso la riva di contrada Veglia, protetta dalla barriera lavica, anzi veniva via via sospinto verso il largo. La Capitaneria di Messina, sotto il coordinamento del suo comandante, Nazzareno Laganà, ha fatto accorrere a Tremestieri l' equipaggio della motovedetta "Cp 852" guidato da Francesco Panzera. L' operazione di soccorso, da compiere a diverse miglia dal porto centrale, ha richiesto interminabili minuti in cui lo sportivo catanese, immerso nell' acqua fredda ma rassicurato da riva, si è fatto forza nell' attesa di essere tratto in salvo. Probabilmente, però, i momenti peggiori della sua disavventura sono stati quelli iniziali, quando il surfista è stato paralizzato dallo scirocco e dalle correnti del mare di Tremestieri, e s' è reso conto della sua vicinanza all' imbocco portuale, e quindi del rischio legato al passaggio delle navi cariche di Tir.4(a.t. ) Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 30 16 ottobre 2016 Pagina 33 Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Porti «Non scaricare la crisi sui lavoratori» «La crisi del porto d i Gioia Tauro non può essere scaricata sulle spalle dei lavoratori». Ad affermarlo è Michele Galimi, coordinatore dei circoli del Pd nella Piana di Gioia Tauro. «L' arroganza di MCT aggiunge deve essere ridimensionata richiamando l' azienda alle sue responsabilità e ricordando che i successi aziendali del passato sono da intestare alla professionalità, alla disponibilità ed al sa crificio delle maestranze». Al capogruppo Pd in Consiglio regionale Sebi Romeo e al presidente Mario Oliverio l' invito affinché «si faccia comprendere al Governo che il Porto è strategico per l' Italia e l' Europa e che il suo rilancio non è più rinviabile». Era stata l' on. Federica Dieni (M5S) l' ultima a chiamare in causa il presidente della Regione: «Renzi e Oliverio la smettano di siglare accordi con l' inchiostro simpatico e si preoccupino, piuttosto, di dare risposte concrete ai lavoratori di Gioia Tauro c h e stanno per essere mandati a casa da Mct. Viene da chiedersi quanto valga la parola di Oliverio e se la sua Giunta, che schiera anche un assessore al Porto, sia in grado di dare le risposte che servono».3(a.s. ) Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 31 16 ottobre 2016 Pagina 33 Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Porti Porto di Gioia Tauro, la conferma degli oltre 400 esuberi Pedà: «Non è colpa di Oliverio Nessun Governo ha fatto nulla» E Piccolo se la prende con i sindacati: «La vergogna di questa terra» D o m e n i c o L a t i n o GIOIA TAURO E r a praticamente inevitabile che l' incontro di ieri sera alle "Cisterne" per spiegare le ragioni del No al referendum, alla presenza del deputato di FI Roberto Occhiuto, diventasse occasione per affrontare le due delicatissime questioni che tengono con il fiato sospeso la città: la vertenza esuberi al porto, con ben 442 padri di famiglia in attesa di conoscere il proprio destino, e la crisi politica di maggioranza che potrebbe far ripiombare il centro tirrenico nel baratro del commissariamento. Seduti al tavolo dei relatori anche il sindaco Pedà, l' assessore della "discordia" Toscano, il presidente del consiglio comunale Santo Bagalà e il giornalista Mario Meliadò. Tra ilpubblico, molti consiglieri d' opposizione, i movimenti oggi vicini al primo cittadino "IXG" e "Gioia città vivibile", rappresentanti della società civile, il sindaco di Seminara, Piccolo; per la maggioranza "dissidente" si sono invece visti Parrello e Guerrisi. È un fiume in piena Pedà. L' ex presidente delle Ferrovie della Calabria inizia proprio dalla crisi inarrestabile che ha colpito uno degli scali più importanti del Mediterraneo: «A incidere suivolumiesordiscenon è solo l' infrastrutturazione, ma soprattutto le tasse di ancoraggio: 13 milioni di euro che però bloccano risorse per centinaia di mi lioni perché le navi madri preferiscono andare altrove. Sono vicino al presidente Oliverio, il porto esiste dal '94 e tutti i governi, regionali e nazionali, che si sono succeduti non sono mai riusciti a varare provvedimenti per il rilancio». Pedà rivolge quindi un appello alla deputazione calabrese: «Non è tempo di divisioni politiche, capiremo poi di chi sono le colpe. C' è un monopolista che ha cambiato sei manager in sei mesi e ha la più grande infrastruttura italiana in concessione per 90 anni, ma non dà conto di ciò che succede. La nostra proposta rimane la nazionalizzazione, solo con l' intervento dello Stato si può andare avanti». Occhiuto si è reso disponibile a presentare un emendamento alla legge di bilancio il mese prossimo: «Sono qui per assumere questo impegno insieme al mio gruppo parlamentare dichiara spero che alle nostre firme si aggiungano quelle di altri deputati calabresi. Mi piacerebbe ragionare convoi su unte sto che imponga al Governo di assumere impegni concreti». Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 32 16 ottobre 2016 Pagina 33 < Segue Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Porti Anche Piccolo non le manda a dire: «Abbiamo una megastruttura regalata in monopolio a un privato diceche continuiamo a riverire per un misero posto di lavoro. Gli esuberi ci sono perché lo decide il terminalista. Per non parlare dei sindacati, la vergogna di questa terra. Gioia non è il porto delle fantasie ma uno scalo con potenzialità enormi, va solo dato un input».3. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 33 16 ottobre 2016 Pagina 34 Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Porti Siderno, la storica azienda La Calcementi torna in mano ai D' Agostino Francesco, fratello del fondatore, l' ha rilevata dalla Heidelberg Aristide Bava SIDERNO La Calcementi Jonici torna di proprietà della famiglia D' Agostino. Il gruppo Italcementi, la cui maggioranza è stata recentemente rilevata dai tedeschi dell' Heidelberg, nei giorni scorsi, ha venduto l' attuale struttura della Calcementi Jonici srl a una nuova società rappresentata, appunto, dall' imprenditore Francesco D' Agostino, fratello del compianto Vincenzo, colui che aveva fondato l' importante stabilimento di via Nazionale, in contrada Pantanizzi. Si tratta, in effetti, di un ritorno per Francesco D' Agostino, a suo tempo uno dei primi collaboratori del fratello Vincenzo. Nel1992 Vincenzo D' Agostino cedette l' azienda di laterizi ereditata dal padre, e che da piccola fabbrica aveva trasformato in una delle più importanti e floride attività economiche del Sud Italia. Un uomo, il vecchio imprenditore, che grazie alla sua capacità era riuscito a creare un' azienda di grande respiro che dava un lavoro serio eben retribuito a centinaia di persone. Intuì per primo e lanciò sul mercato un innovativo prodotto edilizio, e avviò così un' imponente attività di insacchettamento di cemento pozzolanico (di ottima qualità) proveniente dalla Grecia che arrivava a Siderno tra sportato da capienti navi mercantili che attraccavano continuamente al porto privato dell' azienda, nella zona nord del lungomare (comunicante col suo stabilimento di lavorazione grazie a un costosissimo sistema di aspirazione che di fatto gli consentiva però di abbattere i ben superiori costi di lavorazione e di trasporto) proponendolo sul mercato a prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli della concorrenza. Grazie alla produzione di laterizi di prima qualità (tavelloni, mattoni forati, blocchi porizzati, cotto) la Calcementi Jonici srl ha conquistato im portanti fette di mercato, sia nazionale che internazionale, arrivando anche a competere con realtà aziendali del Nord ed europee sicuramente meglio attrezzate sul piano finanziario. Dopo la lunga parentesi della Calcementi durata ben 25 anni, adesso torna alla guida dello stabilimento il fratello Franco D' Agostino. Ovviamente l' auspicio è che l' azienda sidernese torni ai fasti di un tempo. Il passaggio è stato comunicato venerdì nella sede reggina di Confindustria dal management di Calcementi Jonici ai rapprsentanti dei lavoratori.4. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 34 16 ottobre 2016 Pagina 34 < Segue Gazzetta del Sud (ed. Reggio Calabria) Porti ARISTIDE BAVA Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 35 16 ottobre 2016 Pagina 25 Giornale di Sicilia (ed. Agrigento) Porti O Porto Empedocle La «Adriatica» ha lasciato il porto OOO La nave "Adriatica" lascia lo scalo di Porto Empedocle. Dopo tre lunghi anni, è stato finalmente trovato il tanto ricercato acquirente. E' servita un' asta per acquistare l' Adriatica, che oggi si chiama Galaxy. La nave è stata acquista tae batte bandiera Panamense. In questi anni è successo di tutto, unavicenda che non si dimenticherà facilmente. Abbandoni da parte del personale e sequestri, ma anche rischi. Infatti, l' Adriatica rischiò anche di affondare, magra zie al pronto intervento, della Guardia Costiera e dei Vigili del fuoco il peggio è stato evitato. Dilemmi e vicissitudini per un traghetto noleggiato dalla Sire mar. L' idea era quella di utilizzare il "bestione marino" per"coprire" la tratta di Porto Empedocle con Lampedusa e Linosa. Ma l' Adriatica, oggi Galaxy, non partì mai, restando nello scalo empedoclino. I disagi creati sono stati notevoli. La nave, ha lasciato la banchina del porto nel pomeriggio di ieri, mettendo la parola fine ad una storia lunga treanni. Del nuovo proprietario non si conosce l' identità. Il traghetto ha preso il largo e lo scalo è stato liberato. (*FEBA*) Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 36 16 ottobre 2016 Pagina 30 Giornale di Sicilia (ed. MessinaCatania) Porti LA TESTIMONIANZA. La storia di riscatto di Osas, giunta dall' Africa in Italia e obbligata a vendersi. Oggi ha due figli e dedica il suo tempo a chi vive ancora nel terrore «Considerata una bestia, così sono fuggita dall' inferno» OOO «Pensavo di trovare un lavoro, costruirmi un futuro migliore. Vedevo che tante ragazze tornavano dall' Italia in Nigeria e stavano bene, portavano tante cose». E poi? E poi Osas Egbon, 35 anni, ti guarda, gli occhi le si velano e nel suo silenzio ci sono risposte terribili. «Arrivata a Palermo, avevo 20 anni racconta sono finita sulla strada. Una mia amica mi aveva detto che questo era il modo migliore per fare soldi e anche per vivere bene... Ma io ho capito subito quanto fosse invece pericoloso, con i clienti che mi minacciavano...». Un cliente «umano» dice di non averlo mai incontrato, «mi trattavano come una bestia», calpestando non solo la sua dignità di donna, ma quella di essere umano. La storia di Osas Egbon è però una storia di riscatto: «Sono rimasta poco sulla strada spiega una sera un gruppo di volontari mi ha avvicinata e mi ha chiesto se volevo lavorare, liberarmi, e io ho subito accettato». Sono passati quindici anni da allora e la donna, che oggi ha due figli e vive stabilmente a Palermo, ha deciso di dedicare il suo tempo a salvare altre donne: «Non devono esserci più ragazze che patiscono questo inferno», dice con forza. La sua storia è meno cruenta di altre, perché Osas Egbon in Nigeria era una poliziotta. Decise di lasciare il suo Paese per le turbolenze politiche che lo sconquassavano. Non c' erano ricatti o riti voodoo, ma «una volta in Europa ricorda sono arrivata a Genova nascosta in un cargo». Lì un' amica che già si era trasferita in città la esortò a seguirla. E a vendersi per strada. Secondo uno studio di Save the children, l' adescamento delle giovani da destinare alla prostituzione avviene proprio attraverso amiche, compagne di scuola, vicini di casa, comunque conoscenti. Molte di queste donne provengono da contesti molto periferici e rurali, da fa miglie numerose o disgregate. Spesso hanno subito abusi già in Nigeria, tra le mura domestiche. Prima di partire spesso giurano con il rito voodoo o dello juju che, con la minaccia della morte, pagheranno il loro sfruttatore una volta giunte in Italia. Il corridoio preferenziale per l' ingresso in Europa è l' attraversamento del Mediterraneo e lo sbarco in Sicilia, dopo aver peregrinato tra Niger e Libia, tra Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 37 16 ottobre 2016 Pagina 30 < Segue Giornale di Sicilia (ed. MessinaCatania) Porti violenze e minacce. La storia di Lovet, 17 anni, ricalca perfettamente i dati che emergono dallo studio. «Ho deciso di partire perché una volta trasferitami da mio padre a Benin City, ho avuto gravi problemi con la mia matrigna, che mi picchiava lasciandomi cicatrici sul corpo. Così ho deciso di partire per l' Europa. Questa possibilità mi è stata offerta da un' amica che mi ha messo in contatto con una signora chiamata Mamma G. , che era sorella di un uomo che viveva in Italia e che mi avrebbe pagato il viaggio. Mamma G. mi ha raccontato della possibilità di lavorare, ma non avevo idea che avrei dovuto prostituirmi. Poi racconta la ragazza abbiamo siglato l' accordo con il rituale voodoo: ho promesso che avrei restituito 30 mila euro una volta in Italia altrimenti sarei morta». Il viaggio di Lovet si snoda tra vari Paesi africani, un deserto e poi si ferma per tre mesi al confine con la Libia: «Qui i soldati hanno abusato di noi. Sono arrivata al porto di Palermo nel 2015 e sono stata accolta da una struttura. Ho deciso di non rispettare il patto perché non volevo prostituirmi. Sono entrata nel programma di protezione e ora. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 38 16 ottobre 2016 Pagina 22 Giornale di Sicilia (ed. SiracusaRagusa) Porti SBARCHI AD AUGUSTA. La sentenza del gip per 21 egiziani: dovranno scontare complessivamente 188 anni di carcere Scafisti, maxi condanna da 166 milioni di euro Augusta OOO Centottantotto anni, 48 mesi di reclusione e 166 milioni e 667 mila euro di multa per associazione finalizzata al favoreggiamento dell' immigrazione clandestina. È la maxi condanna inflitta dal Gip del tribunale di Catania, Giovanni Cariolo a 21 egiziani, tutti già rinchiusi al carcere di Cavadonna, a Siracusa accusati di fare parte di un' organizzazione che dall' Egitto organizzava i viaggi della speranza dei migranti, tra cui i 478 arrivati ad ottobre 2015 al porto di Augusta. La pena più alta, 11 anni e 8 mesi di reclusione, oltre al paga mento di una multa di 10 milioni di euro, è stata comminata a Mahomud Aghmed El Aaied, ritenuto il comandante del grosso peschereccio in ferro che prese a bordo i migranti, tra cui donne e bambini, trasbordati da un altro natante che poi tornò indietro. Dieci anni e 10 milioni di euro a testa ad altri dieci egiziani, già noti al Gicic per altri sbarchi: Moustafa Ibrahim Moustafa, Ahmed Mohamed Ahmed, Mohamed Eldib Mohamed, Tuoha Antar Saad, Moahmed El Quadi Mohamed, Sanad Ibhraim Ibrahim, Ahmed El Saied Roshdi, Ahmed Risq El Baulauan, Mohmaed Ahmed Mohamed Ahmed, Ibrahim El Daied Mahmoud, Khaled Ahmed El Qadi, Farag Gaber Hassan e El Shanat Hassan Hassan. Otto anni e quattro mesi, più 10 milioni di euro di multa, per Nagi Iseyed, sei anni e otto mesi più 10 milioni di euro ciascuno per Mohamed Chaban, Ahmed Said Essayed, Asheraf Gomoa, Ahmed Mohamed e Ahmed Arafe, infine la pena più bassa (4 anni e sei mesi e 6.667.000 di multa, per Othman Abdelgane . Le indagini furono condotte dal Gicic della Procura di Siracusa, coordinato dal sostituto commissario Carlo Parini che prima individuò 7 presunti scafisti tra i migranti arrivati ad Augusta. Dalle loro dichiarazioni si decise di tenere sott' occhio il peschereccio lasciato in mare, che fu raggiunto da un altro natante con 17 presunti scafisti. Scattò così un' operazione congiunta, che ebbe il plauso anche del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, portata a termine dagli incursori e dai fucilieri della Brigata San Marco presenti su nave Fasan e su nave Durand De La Pen si capì di essere di fronte ad un' organizzazione criminale internazionale e l' inchiesta passò alla Direzione distrettuale antimafia di Catania. (*CESA*) Augusta. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 39 16 ottobre 2016 Pagina 27 Giornale di Sicilia (ed. SiracusaRagusa) Porti Pozzallo «È lo scafista»: fermato senegalese OOO La polizia giudiziaria di Ragusa ha fermato, a Pozzallo, il presunto scafista accusato di avere condotto in Italia 117 m i g r a n t i , s b a r c a t i n e l porto d a l l a nave «Phoenix» della Croce Rossa, e della morte, come conseguenza del delitto di favoreggiamento dell' immigrazione clandestina, di 18 migranti caduti in mare durante la traversata. Si tratta del senegalese di 20 anni, Seydi Koutoubo. Tra i testimoni ascoltati anche la madre del bimbo di 3 anni scomparso tra le onde, caduto in acqua con un giubbotto salvagente troppo grande per lui. I migranti sopravvissuti hanno raccontato che mentre tutti si aiutavano tra loro nel tentativo di non cadere in mare quando un tubolare del gommone si è afflosciato, lo scafista ha invece preso un bidone di plastica per usarlo come galleggiante e si è gettato in acqua in attesa dei soccorsi. La Squadra mobile della Questura di Ragusa ha ascoltato i testimoni con l' ausilio di una psicologa, considerato il forte stress emotivo dei superstiti. (*SM*) Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 40 16 ottobre 2016 Pagina 5 Giornale di Sicilia (ed. Trapani) Porti IMMIGRAZIONE. Visite con specialisti fiorentini. A Ragusa fermato scafista Servizio di pediatria a Lampedusa Intesa con la Fondazione «Mayer» OOO Sanità senza confini e barriere. È l' obiettivo dell' accordo di cooperazione sottoscritto dall' Asp di Palermo e dall' Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze, Ospedale pediatrico di alta specializzazione e centro di riferimento nazionale per l' elevata complessità pediatrica. La collaborazione nasce per "favorire il reciproco scambio di conoscenze ed in particolare per consentire la formazione dei medici specializzandi e dei pediatri nel campo della medicina delle migrazioni". «L' Asp mette a disposizione l' esperienza maturata in venticinque anni di assistenza agli sbarchi ha spiegato il direttore generale dell' Azienda sanitaria provinciale del capoluogo siciliano, Antonio Candela abbiamo sottoscritto l' accordo a Lampedusa perché il nostro Poliambulatorio di Contrada Grecale è stato e continua ad essere il primo Presidio di salute che moltissimi migranti conoscono non appena approdati in Italia». Gli specializzandi ed i pediatri del Meyer saranno presenti periodicamente nell' ambulatorio materno infantile del Poliambulatorio di Lampedusa garantendo attività di consulenza ma anche di supporto ai servizi offerti dall' Asp nelle Pelage. «L' accordo ha detto il respon sabile del Poliambulatorio Pietro Bartolo ci inorgoglisce e rappresenta per noi una occasione di arricchimento professionale e scientifico. Per noi è, davvero, una giornata storica». A Ragusa, intanto, la polizia ha fermato, a Pozzallo, il presunto scafista accusato di avere condotto in Italia 117 migranti, sbarcati nel porto del Ragusano su nave Phoenix della Croce rossa, e della morte di circa 18 migranti caduti in mare durante la traversata. Tra i testimoni ascoltati anche la madre del bambino di 3 anni scomparso tra le onde, caduto in acqua con un giubbotto salvagente troppo grande per lui. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 41 16 ottobre 2016 Pagina 18 Giornale di Sicilia (ed. Trapani) Porti AREA MARINA PROTETTA ISOLE EGADI SONO GIÀ SEI GLI ESEMPLARI DI TARTARUGA RIMESSI IN MARE DOPO LE CURE DELLO STAFF DEL CENTRO DI PRIMO SOCCORSO È stata recuperata e curata, Penelope ora è libera Il sindaco Pagoto: «Nel primo anno di attività ci sono stati buoni risultati, adesso puntiamo al potenziamento» La plastica che è nel mare, che si trova negli stomaci delle tartarughe marine, anche alle Egadi, viaggia in realtà in mare anche da migliaia di chilometri. È un problema a livello del Mediterraneo Luigi Todaro OOO Penelope, la Caretta caretta dal nome mitologico, è tornata in libertà. Recuperata non distante dall' isola di Marettimo, il 30 luglio scorso, e trasportata al centro di primo soccorso per tartarughe dell' Area marina protetta "Isole Egadi", l' esemplare, dopo essere stato curato è stato rimesso nelle acque al largo della costa a Sud di Favignana. Penelope, nome scelto con un sondaggio su Facebook, presentava una ferita importante sul piastrone, verosimilmente causata da un trauma da schiacciamento e penetrazione. Durante la degenza ha evacuato anche plastica, probabilmente ingerita nel tempo durante l' alimentazione in mare. E la plastica è il nemico dei mari. Stefano Donati direttore dell' Amp sostiene che bisogna fare bene la raccolta differenziata ed evitare il rilascio in mare di rifiuti plastici. La plastica che è nel mare, che si trova negli stomaci delle tartarughe marine, anche alle Egadi, viaggia in realtà in mare anche da migliaia di chilometri. È un problema a livello di bacino del Mediterraneo, di catti L' INTERVISTA Il direttore della Riserva marina protetta "Isole Egadi", Stefano Donati, ripercorre le tappe del Centro di primo soccorso per tartarughe marine realizzato a Favignana. O OO Come è nato il progetto? «L' idea è nata con il rilancio dell' Amp, nel 2011, quando abbiamo preso atto che nell' area si verificavano numerose segnalazioni di esemplari in difficoltà. Da allora abbiamo lavorato intensamente, fino al 2015, anno in cui il Centro di Primo Soccorso per tartarughe marine è stato inaugurato dai presidenti nazionali di Legambiente e WWF, insieme con il presidente dell' Amp e sindaco del Comune di Favignana, Giuseppe Pagoto. Abbiamo raccolto finanziamenti dal ministero per l' Ambiente, dal Comune e dall' Amp stessa, da Feder parchi e soprattutto dallo sponsor Riomare. Inoltre, godiamo dei finanziamenti della CE per il Progetto Tartalife, di cui l' Amp Egadi è partner. Le autorizzazioni ottenute Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 42 16 ottobre 2016 Pagina 18 < Segue Giornale di Sicilia (ed. Trapani) Porti dal Ministero, dall' Asp e dalla Ripartizione faunistico venatoria della Regione e i lavori di ristrutturazione e adeguamento del piano cantinato del prestigioso Palazzo Florio hanno richiesto molti mesi». O OO Come è strutturato il Centro e quali figure professionali vi operano? «Il Centro ha un responsabile che è il Direttore dell' Amp. Ha poi un responsabile Sanitario, il veterinario Paolo Arena e un responsabile operativo, la biologa Giorgia Comparetto, entrambi con decennale esperienza in altri Centri siciliani. Presso il centro operano stabilmente altre 2 risorse umane dell' Amp, con compiti di gestione operativa (manutenzione vasche, somministrazione terapie) e di accoglienza degli utenti. Il Centro è cogestito da Legambiente e WWF che vi convogliano i propri volon va gestione dei rifiuti a livello internazionale. La via per contenere il problema è ridurre ovunque nel mondo l' uso della plastica, e ricorrere alle nuove plastiche biodegradabili. Per circa due mesi la tartaruga Penelope è stata assistita dal personale e sottoposta alle cure mediche dello staff veterinario, mediante medicazioni ripetute con curettage della ferita. Prima della liberazione è stata effettuata una resinatura a protezione del tessuto cicatriziale. Penelope è stata rilasciata in mare da un gommone dell' Amp per mano di due tirocinanti dell' area marina che aveva OOO Quante tartarughe sono state soccorse finora? «Quest' anno abbiamo effettuato 14 recuperi, prevalentemente da Marettimo e Favignana, e da Marsala, Mazara e Trapani. Per questi recuperi godiamo del supporto delle Capitanerie di porto, con cui abbiamo un rapporto eccezionale in tutte le sedi che ho citato. Anzi, colgo l' occasione per ringraziarli. Di queste 14, 6 sono state già rilasciate in mare, avendo recuperato tutte le funzioni ed essendosi pienamente ristabilite, e 3 sono at no prestato attività di volontariato presso il Centro tartarughe. «A circa un anno dal riconoscimento effettivo del Centro e dalla sua apertura dichiara il presidente dell' Amp e sindaco del Comune di Favignana, Giuseppe Pagoto , sono già sei gli esemplari di tartaruga marina che hanno ritrovato il mare dopo le cure al Centro di Primo Soccorso; un buon risultato per il primo anno di attività, che serve da incentivo positivo, anche in previsione di raggiungere l' obiettivo del rafforzamento a Centro di Recupero, attraverso il progetto LIFE +12 TartaLife, finanziato dalla Com missione europea». Presso il Centro restano ospitati, in terapia, altri tre esemplari di Caretta caretta che dopo le cure saranno rimesse in libertà. Per segnalazioni o comunicazioni, è sempre attivo il numero dedicato "SOS Tarta" 328.3155313, H24, oltre che l' indirizzo di posta elettronica [email protected] . Il Centro è aperto tutti i giorni e visitabile su prenotazionei. Frattanto, nei giorni scorsi era tornato a nuotare nelle acque antistanti l' isola di Marettimo, Achille, un altro esemplare di tar O OO Voi vi occupate anche di ambiente, ossia di tutela dell' ambiente, qual è oggi nelle Egadi il rapporto tra ambiente e pescatori? «Molto migliore che in passato, non ci sono più le barricate o lo steccato culturale tra pescatori e "difensori dell' ambiente". Tra i pescatori c' è molta più consapevolezza del fatto che la risorsa va salvaguardata, e anche che l' Amp fa molto bene al turismo, con cui la maggior parte dei pescatori integra il proprio reddito. Anche gli abusi e le violazioni sono diminuite tantissimo, segno di una maturazione culturale della categoria. Poi, ovviamente, il settore vive una crisi strutturale e quindi i pescatori non se la passano proprio bene, però l' Amp non centra, anzi, noi lavoriamo con e per i pescatori». taruga Caretta caretta, curato e pienamente ristabilitosi presso il centro di primo soccorso. Era stato recuperato da alcuni diportisti, nel canale che separa Marettimo dal resto dell' Arcipelago, a poche miglia dalla costa, in grave difficoltà. L' equipe di veterinari, biologi e operatori dell' Area marina protetta l' ha curato fino alla perfetta guarigione. Durante la degenza, Achille ha eliminato con le feci una quantità Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 43 16 ottobre 2016 Pagina 18 < Segue Giornale di Sicilia (ed. Trapani) Porti impressionante di plastica, che aveva ingerito accidentalmente scambiandola per cibo (meduse). E in attesa della liberazione di Achille, gli operatori dell' Amp hanno svolto per i bambini dell' isola un evento "Tartaworld", attività di comunicazione ed educazione ambientale sulle tartarughe marine e sulle minacce di cui sono vittime, nell' ambito del progetto Tartalife, contribuendo a creare un clima di particolare attesa per Achille, giunto sull' isola a bordo di un aliscafo proveniente proprio da Favignana. I bambini più piccoli hanno realizzato disegni e cartelli di benvenuto dando il bentornato ad Achille, che era stato battezzato dopo un sondaggio sulla pagina facebook dell' Amp. La liberazione è avvenuta qualche giorno fa da un gommone dell' AMP, da parte di due operatori nativi dell' isola, con il supporto della Capitaneria di Porto e di alcuni operatori dell' isola. O OO E il rapporto tra giovani e ambiente? «Eccezionale. Le nuove generazioni, dai più piccoli ai giovani, hanno una sensibilità e una predisposizione verso i problemi dell' ambiente che alle generazioni precedenti mancava. Per questo motivo noi cerchiamo di fare educazione ambientale in ogni occasione». Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 44 15 ottobre 2016 IlDiarioMetropolitano Porti I rifiuti di Milazzo finiscono in Bulgaria. A2A pronta per il Termovalorizzatore. Milazzo cronaca I rifiuti di Milazzo finiscono in Bulgaria. A2A pronta per il Termovalorizzatore. Scritto da Pippo Midili il 15 Ottobre 2016 . Ai piedi delle Alpi sono più svegli che in Sicilia. La stampa torinese, intesa come "La Stampa", dedica oggi una pagina al business dei rifiuti siciliani ed in particolare a quelli partiti nella notte del 26 Agosto dal Porto di Augusta per la Bulgaria. In quel lembo est dell' Europa esistono i forni del cementificio Plovdiv gestito da una società Svizzera. In quei forni si bruciano rifiuti urbani biostabilizzati e che hanno un alto potere calorifero. Sulla qualità del prodotto inviato dalla Sicilia dipenderà il prosieguo del rapporto. I rifiuti inviati dalla società Sicula Trasporti provengono dalla discarica di Grotte. Esattamente quella che ospita i rifiuti del C o m u n e d i Milazzo su disposizione della Regione. Proprio la Regione ha avallato, con un atteggiamento neutro, il viaggio della Nave B l u S t a r I d a Augusta alla Bulgaria. Ma il business, quello vero, sta tutto nel prezzo dell' operazione. I rifiuti arrivano nella discarica di Grotte dove il Comune di Milazzo paga, così come altri Comuni Siciliani, dai 110 ai 130 euro a tonnellate. Tra trattamento e spedizione in Bulgaria, il costo per la Sicula Trasporti è di appena 30 euro. Insomma, se si pensa che il primo viaggio ha trasportato in Bulgaria 5 mila tonnellate di rifiuti, fate un po' voi i conti. La prima spedizione non rimarrà un caso isolato. Anzi, la Regione sembrerebbe intenzionata ad usufruire direttamente del servizio con un costo annuo stimato in 9 milioni di euro. Che chiaramente la Regione Sicilia farà gravare sulle tasche dei Siciliani. Il business andrà avanti fino a quando non partiranno i Termovalorizzatori. Che " La Stampa" individua ormai prossimi all' apertura. Primo di tutti quello di Milazzo. Scrive La Stampa: "Oltre ai viaggi all' estero, la Regione per prendere tempo sta autorizzando impianti di trattamento mobili, puntualmente criticati sia dal Ministero dell' Ambiente che dall' Arpa, mentre gli unici impianti a lavoro sono stati fino a oggi, oltre alle discariche, quelli di tritovagliatura e TMB, mentre sullo sfondo si agita lo spettro (per i cittadini) dei termovalorizzatori (non si sa ancora se se ne costruiranno due oppure cinque o sei o otto); al momento l' unico certo appare quello proposto dal colosso A2A a Milazzo, giusto in faccia alla mega Raffineria e in sostituzione dei vecchi impianti della centrale termoelettrica, nella già martoriata Valle del Mela, uno dei Siti di interesse nazionale di bonifica (Sin). Tanto lì l' aria è già un morbo, ci sarà altro lavoro per i ricercatori dell' Istituto superiore di Sanità." Questo il futuro ormai prossimo. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 45 15 ottobre 2016 < Segue IlDiarioMetropolitano Porti Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 46 16 ottobre 2016 Pagina 40 La Sicilia (ed. Enna) Porti segnalazioni al numero fax 095 253495 email [email protected] chiacchierano cordialmente intorno al gabbiotto posto in prossimità dell' area arrivi, consigliando di far attivare il colore rosso per evitare agli utenti un' inutile perdita di tempo; mi sento rispondere che devo parlare con l' Azienda (sic!) , che l' andazzo è questo e che se volevo cambiare il colore della luce avrei potuto armarmi di vernice e pennello! SALVO ANDÒ Abbiamo apprezzato l' invito dell' amministrazione a partecipare, insieme ai rappresentanti di categoria dei commercianti (Confcommercio, Confesercenti, Fipet), all' incontro che si è svolto il 12 ottobre all' assessorato alla Mobilità, per un confronto sul progetto "Porta Uzeda Liberata". Siamo convinti che l' istituzione di tavoli di discussione nei quali siano chiamate a partecipare, anche in contraddittorio, le parti interessate, costituisca esercizio di partecipazione democratica e consenta la formazione di provvedimenti amministrativi equilibrati che tengano conto delle esigenze di tutti i soggetti coinvolti. In questo senso significativa è stata la partecipazione degli esercenti di bar e ristoranti ubicati proprio in via Dusmet che si sono detti entusiasti della pedonalizzazione che, a loro dire li "libererebbe" dall' imbarazzo di giustificare ai loro clienti, soprattutto stranieri, il degrado che attualmente coinvolge la zona. Siamo felici che, in conclusione, l' amministrazione comunale, senti ti i rilievi di tutti, si stia orientando verso la pedonalizzazione dell' area, ritenendo altresì che, in ottica di miglioramento della qualità della vita e della reputazione della città, porto, via Dusmet e Villa Pacini costituiranno un unico elemento urbano che rappresenterà la nuova "porta della Catania Storico Monumentale". Comprendiamo la preoccupazione espressa dagli operatori del mercato storico del pesce che chiedono di accompagnare il provvedimento ad azioni che non facciano temere ripercussioni sugli esercenti (legittimi) dell' area della "Pescheria" e che siano volte ad agevolare la viabilità ed a fronteggiare l' abusivismo. Registriamo gli impegni presi in questo senso dall' amministrazione che raccolgono il nostro pieno sostegno: navette elettriche gratuite nell' area Porto Pescheria Mazzini; potenziamento degli autobus (dalle 2 linee attuali a sei con intervalli di 10/15 minuti l' una dall' altra); ulteriore razionalizzazione del posteggio Alcalà (la sosta che con la tariffa incrementale consentirà di moltiplicare i 108 posti fino a oltre 500 utilizzatori nella mattinata prevede che la prima mezz' ora sia gratuita, 50 centesimi la prima ora, 1 euro le ore successive, 1 euro per tutta la notte); destinazione di area bus turistici; valutazione di una nuova area di Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 47 16 ottobre 2016 Pagina 40 < Segue La Sicilia (ed. Enna) Porti sosta presso la zona del Porto antistante la Capitaneria e l' area sbarchi auto con bisarca; decisi interventi contro il commercio e la sosta abusiva, anche attraverso la istallazione di un presidio fisso dei Vigili Urbani che effettueranno ronde e verifiche quotidiane. Riteniamo, comunque, che l' intera cittadi nanza debba affiancarsi ai commercianti per vigilare sull' attuazione di queste misure affinché la liberazione della Porta Uzeda rappresenti un progresso non solo per chi abitualmente fruisce della zona, ma anche per le stesse categorie professionali interessate. Così come riteniamo che il mercato del pesce, in forte crisi per come dichiarato dai suoi rappresentanti, possa finalmente trarre linfa vitale dall' attenzione della amministrazione e di tutta la città come indiscutibile positivo effetto della rigenerazione di tutto il quartiere che comincia, e non finisce, con la pedonalizzazione. Anzi da parte nostra ci impegneremo per primi e invitiamo tutti a dare forza e sostegno, anche attraverso gli acquisti, alla Pescheria. Ricordandoci, con gratitudine, che questa ci restituisce ogni giorno il favore attraverso l' accoglienza, sincera e verace, riservata ai numerosi turisti che, da tutte le parti del mondo giungendo a Catania, non si fanno mancare la visita al nostro allegro, colorato e caratteristico "Mercato Storico del Pesce". MOBILITÀ SOSTENIBILE CATANIA, CITTÀ INSIEME, CENTROCONTEMPORANEO, LIPU, RIFIUTI ZERO CATANIA, FACCIAMO CENTRO, SICILIA ANTICA, ASSOCIAZIONE QULTURALE DANTES, ASS. CULTURALE DOULCE MEMOIRE, GUERRILLA GARDENING CATANIA, RIPULIAMO CATANIA, ASSOCIAZIONE ITALIANA GUIDE AMBIENTALI ESCURSIONISTICHE, FIAB CATANIAMONTAINBIKE SICILIA, ASSOCIAZIONE GUIDE TURISTICHE CATANIA, COMITATO TERME DELL' INDIRIZZO, MOBILITA CATANIA, OFFICINA GAMMAZ, COMITATO ANTICO CORSO, GAR. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 48 16 ottobre 2016 Pagina 32 La Sicilia (ed. Messina) Porti All' àncora per tre giorni il panfilo "Guilty" a bordo decine di capolavori della pop art Pop art sul mare, sempre in giro per il mondo: è stato l' artista statunitense Jeff Koons, principe assoluto di un neo pop sospeso tra ironia di concetto, kitsch con eredità artistica di Andy Wharol, l' autore della livrea multicolorata, dall' aspetto insolito, del mega yacht "Guilty", lungo 35 metri, che da venerdì pomeriggio fino all' alba di oggi, è stato ormeggiato nel porto turistico "Marina di Riposto". Il panfilo, costruito nel 2008, è di proprietà dell' industriale greco cipriota Dakis Joannou, uno dei maggiori collezionisti d' arte contemporanea al mondo, che nel 2013 si aggiudicò da Christie uno dei Ballon Dog dell' artista che ha firmato la livrea del «Guilty». Le decorazioni interne dello yacht sono sta realizzate dalla designer milanese Ivana Porfiri. Per dipingere lo scafo multicolore del panfilo Jeff Koons si è ispirato al modello di camuffamento delle navi inglesi della prima guerra mondiale. L' interno del "Guilty" si presenta come una tela bianca che consente di ammirare le opere d' arte che si trovano a bordo: sculture di Anish Kapoor, interventi di David Shrigley, video di Nathalie Djurberg. La camera da letto è arricchita da una tela di Sarah Morris con la parola "Guilty" a lettere giganti colorate di rosso. Lo yacht ormeggiato nel marine ripostese (l' assistenza è assicurata dalla locale agenzia marittima Luise Associates Sicily) nei tre giorni a Riposto ha attirato lo sguardo di centinaia di passanti. S. S. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 49 16 ottobre 2016 Pagina 32 La Sicilia (ed. Messina) Porti in breve GIARRE La Cri in piazza Duomo m.g.l.) Oggi in piazza Duomo, dalle 9.30 alle 13 la Croce Rossa allestisce un banchetto informativo su corretta alimentazione e igiene personale. RIPOSTO Appuntamenti sul lungomare sa.se.) Oggi il gruppo Fai di GiarreRiposto, organizza visite giuidate dalle 16 alle 18, in alcuni siti del lungomare: Chiesa Madonna della Sacra Lettera, piazza del Commercio. Mercato storico del pesce, Itn "Luigi Rizzo", vecchia casa di pescatori dei "Mastrazzi", il porto vecchio (molo foraneo) e gli orologi solari. Anfora medievale al «Rizzo» sa. se.) Dalle 16 alle 18, nell' istituto nautico "Luigi Rizzo" sarà un' anfora medievale recuperata alcuni anni fa dagli studenti nei fondali di Giardini Naxos, risalente al Medioevo. Il ritrovamento avvenne nel contesto di un progetto di archeologia marina promosso dal "Gruppo Sommozzatori Riposto" in sinergia con la Soprintendenza del Mare. MASCALI Si presenta «Come la Terra» a.d.f) Oggi, alle 18.30, nell' oratorio Don Bosco di via Dei Giurati, il geologo e scrittore Sergio Mangiameli presenterà il suo ultimo libro: «Come la Terra». FARMACIE DI TURNO CALATABIANO (Pasteria) Gerola piazza Sac. Dominici; FIUMEFREDDO Caniglia sas Via Umberto, 54; GIARRE Rapisarda Via Callipoli, 240; RIPOSTO Buscemi sas Via Roma, 55/A. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 50 16 ottobre 2016 Pagina 8 La Stampa Porti Reportage Arte antica in cambio di armi Affari d' oro in Italia per l' asse fra Isis e 'ndrangheta È a Gioia Tauro la base di smistamento dei reperti saccheggiati La testa di una statua razziata in Libia costa 60 mila euro A Vietri sul Mare dove inizia l' autostrada NapoliReggio: l' appuntamento con l' emissario che arriva dalla Calabria è, a metà pomeriggio, all' albergo Lloyd. Un posto «sicuro» che lui stesso ha indicato. Sono qui per comprare reperti archeologici arrivati da Sirte, bastione degli indemoniati dell' Isis, al porto di Gioia Tauro. Sì, non è un errore: Gioia Tauro. Sono stati saccheggiati con metodo nelle terre controllate dal Califfato islamico, Libia e vicino Oriente. Gli islamisti li scambiano con armi (kalashnikov e Rpg anticarro). Le armi arrivano dalla Moldavia e dall' Ucraina attraverso la mafia russa. Mediatori e venditori appartengono alle famiglie della 'ndrangheta di Lamezia. E alla camorra campana. Il trasporto è assicurato dalla criminalità cinese con le loro innumerevoli navi e container. Adesso che l' ora dell' appuntamento si avvicina mi sento a disagio. Eccomi qua a ingannare il tempo, in questa parte d' Italia dove i gruppi criminali sono così parte integrante della vita urbana che i loro scontri, le loro divisioni incessanti, i loro compromessi sono più importanti della vicissitudini della politica. Un uomo della reception si avvicina, sistema dei cuscini e chiede se abbiamo bisogno di qualcosa. L' uomo che mi ha procurato il contatto sembra anche lui di colpo più nervoso, e ha uno strano modo di non guardarmi, ora, mentre mi parla. «Non illuderti, forse tutto filerà liscio ma ci sono mille possibili impicci: che il venditore ti abbia visto una volta in televisione, e ti riconosca per esempio che abbiano fatto controlli preventivi... Bisogna fare attenzione... sono dappertutto anche questo, dove siamo adesso, in città, è terreno loro». L' uomo è puntualissimo. Sembra un ragazzone un po' invecchiato, una certa flaccidezza nei lineamenti. Eppure, una sorta di voracità nella bocca, qualcosa di torbido nello sguardo come una vibrazione fredda che incute paura. Una mia impressione? L' albergo era solo un punto di riferimento: non va bene per vedere i reperti e trattare il prezzo. Dobbiamo spostarci in un luogo meno frequentato. Percorriamo una strada secondaria, angusta, piccole Madonne spuntano a ogni punto più minaccioso della roccia. Il mare così Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 51 16 ottobre 2016 Pagina 8 < Segue La Stampa Porti lussuoso, così ricco di inafferrabile dolcezza, di esaltato gusto di vivere qui non si vede più. Questa è una terra dove la Storia ha passato mille volte l' aratro, grattando il suolo con il puntone dei tombaroli si potrebbe sentire il vuoto di una tomba greca o romana. Su un muricciolo stanno seduti alcuni uomini dallo sguardo impenetrabile, come uccelli sul filo della luce. Ci guardano passare. La macelleria Ecco, siamo arrivati: una costruzione stranamente nuova, totalmente isolata, dove la strada asfaltata finisce. Arriva un' auto, due ragazzi scendono, aprono un portone. L' ultimo controllo. L' auto del trafficante si infila a marcia indietro. È un laboratorio di macelleria. Un odore intenso, che stordisce, ci investe, di sangue, di carne macellata. Appesi ai ganci pendono salumi già lavorati e quarti di animale che attendono ancora il coltello del beccaio. Dal bagaglio dell' auto avvolto in un telo bianco esce il mio possibile acquisto. L' imperatore mi fissa, deposto sulla lastra di metallo del tavolo del macellaio, con il suo eterno sguardo di marmo, il naso leggermente abraso, la barba e i capelli magnificamente incisi dal bulino dello scultore del secondo secolo dopo Cristo, pieno di rigonfia e marmorea romanità. Dal collo spunta, reciso, il perno di bronzo che lo teneva collegato alla statua. Mi fa un po' senso: come se l' avessero appena decapitato, lì, per mostrarmelo nel suo cimiteriale splendore. Il trafficante mi spiega che era in un' altra Neapolis, quella libica, la romana Leptis Magna. Con Cirene e Sabrata sono i luoghi di provenienza di tutti tesori che mi mostrerà. Luoghi che jihadisti controllano o hanno controllato. Ma, rifletto, anche gli islamisti «moderati» di Misurata, quelli legati ai Fratelli Musulmani a cui sembra riconosciamo un ruolo di alleati affidabili nella lotta ai cattivi del Califfato. È il momento di parlare di denaro. Trattiamo. Sessantamila euro per l' imperatore. Molto meno per un delizioso cammeo con la testa di Augusto. L' emissario della Famiglia calabrese parla con proprietà di epoche storiche classiche, di marchi di scultori e di vasai. È abile, mescola agli oggetti libici anche altri reperti prelevati clandestinamente in necropoli greche in Italia, svela, racconta, ma parla di oggetti di «due anni fa»: in modo di poter negare, se necessario, le circostanze più gravi. E al massimo rischierà un accusa di ricettazione: tre anni. «Da dove viene questa testa? Questa viene dalla Libia. Armi in cambio di statue, anfore, urne: funziona così Il materiale arriva a Gioia Tauro, una volta era qui a Napoli, poi qualcosa è cambiato. Adesso ci sono problemi, tanti problemi con questi migranti di merda, il mare della Libia è pieno di flotte, controlli, polizie. Volete reperti del Medio Oriente? Ci sono anche quelli ma i prezzi sono molto molto più cari e dovreste andare a trattare direttamente a Gioia Tauro E non ve lo consiglio». L' incredibile alleanza Ancora Isis e 'ndrangheta, 'ndrangheta e Isis: a ogni passo la loro traccia visibile, la loro incredibile alleanza. Anche qui davanti a questo trafficante che mi lancia occhiate furbe. Fino a poco tempo fa gli acquirenti erano americani, musei e privati. Quando hanno scoperto che i soldi servivano a comprare armi per l' Isis gli americani hanno bloccato tutto. Ora i clienti sono in Russia, Cina, Giappone, Emirati. Per lui sono un ricco collezionista torinese che cerca oggetti delle colonie greche e romane d' Africa. Mi fingo insoddisfatto, chiedo cose ancor più rare: non ho problemi di prezzo se vale. Allora il trafficante mi mostra alcune foto: una ciclopica testa di una divinità greca. «Un metro e dieci e un peso di undici quintali. Guardi, dottore, questo colore sopra la testa: portava una corona che poi si è consumata, non so se era di bronzo o di rame, viene dalla Libia, ma stiamo parlando di un' altra storia. Il prezzo è trattabile, per questa mi hanno chiesto un milione di euro ma se mi fa una proposta di 800.000 euro va bene. In più c' è da pagare il trasporto, deve venire con una persona che ne capisce un archeologo. Le dico la verità, non è mia, sto facendo le trattative per conto di altri, dottore Questa deve andare a un museo non a un privato. C' è un mercato di cui non avete la più pallida idea ma ora abbiamo dei problemi come le ho detto per la guerra. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 52 16 ottobre 2016 Pagina 8 < Segue La Stampa Porti Stavo trattando con una persona mandata da un attore americano famoso, alla fine per 50.000 euro non ci siamo trovati. Questa o prende la strada di un museo o va negli Emirati arabi o va in Russia, queste sono le destinazioni». La testa dell' imperatore Dico di essere molto tentato dalla testa dell' imperatore, ma come posso essere sicuro che non sono falsi? E poi non giro certo con centomila euro in tasca. «Prenda tutto, dottore, lo tiene quindici giorni, non uno di più! Fa tutte le verifiche che vuole, archeologi tutto... poi mi fa avere i soldi e noi non ci siamo mai conosciuti. Problemi a esporre la testa? Suvvia! Lo metta in salotto, bene in vista, se qualcuno gli fa domande dica che l' ha comprata a un mercato delle pulci per cinquanta euro e che è una bella copia». Rinuncio all' offerta, dico che entro tre giorni gli darò una risposta. Ci allontaniamo. Lungo la stradina gli uomini sono sempre seduti sul muricciolo. Ci seguono con il loro sguardo enigmatico. La pista del Kgb Racconto il mio incontro a due consulenti internazionali in materia di sicurezza, Shawn Winter, militare proveniente dalle forze armate degli Stati Uniti e l' italiano Mario Scaramella. Che mi propongono una pista che porta a un burattinaio ancor più sconcertante: il traffico dei reperti sarebbe in realtà diretto dai Servizi russi, eredi del Kgb. Un altro indizio che si legherebbe, nell' organigramma del crimine, a quelli dei ceceni e degli uzbechi di cui ci sono prove siano passati per campi di addestramento russi, diventati poi comandanti di formazioni jihadiste. O la presenza tra i fondatori dell' Isis di alti ufficiali del dissolto esercito di Saddam Hussein addestrati dai sovietici. L' Isis ha la possibilità di piegare e usare formazioni criminali come camorra e 'ndrangheta per semplici ruoli gregari? E di montare una organizzazione internazionale in grado si superare controlli e repressione del traffico su scala internazionale affidati a corpi di grande valore e esperienza come i carabinieri italiani? Di entrare su un mercato, quello dei reperti archeologici, con gerarchie e meccanismi e regole molto rigide e consolidate? Solo uno Stato, una superpotenza è in grado di muovere un traffico così sofisticato, ramificato e «colto», non certo terroristi impegnati in una guerra senza quartiere. Mi mostrano un documento, inedito finora: il verbale originale degli interrogatori, nel 2005, del colonnello del Kgb Alexandr Litvinienko, grande custode dei segreti russi. Litvinienko spiegò a Scaramella come il Kgb rifornisse un museo segreto nel centro di Mosca, non lontano dal Boradinskaya Panorama, dove erano riuniti reperti di incalcolabile valore razziati in Medio Oriente e pagati con armi ai palestinesi. Un museo che non poteva organizzare visite e mostre perché i proprietari avrebbero riconosciuto i loro oggetti. Era riservato alla nomenklatura sovietica. Qualche oggetto ogni tanto veniva prelevato: un regalo alle mogli dei dirigenti supremi. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI. DOMENICO QUIRICO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 53