Una gita a Eremo di Monte Giove
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Una gita a Eremo di Monte Giove
Monachesimo benedettino-camaldolese L’Eremo di Monte Giove appartiene alla Congregazione Camaldolese dell’ Ordine di S. Benedetto (480 ca-547) e fa parte dell’ampia famiglia benedettina. Il padre ispiratore è S. Romualdo di Ravenna (952 ca -1027), singolare figura di monaco riformatore che tentò di innestare, all’interno della tradizione comunitaria benedettina, uno stile monastico-eremitico. Tale carattere si riflette anche nelle strutture architettoniche. In particolare, per gli eremi, è tipica la costruzione di un complesso di celle singole aggregate intorno ad edifici di utilizzazione comune e alla chiesa, luogo della celebrazione comunitaria dell’Eucarestia e dell’Ufficio divino.Dimensione cenobitica e dimensione eremitica costituiscono, pertanto, nella vita dei singoli e delle comunità camaldolesi, una realtà unitaria, all’interno della quale si esprime una dialettica fra diverse ispira-zioni che, in un testo della primitiva tradizione romualdina, è espresso come un triplice bene: “la vita cenobitica che i novizi desiderano; l’aurea solitudine per i maturi, assetati del Dio vivente; la testimonianza evangelica nella realtà contemporanea per chi anela alla liberazione e all’essere con Cristo” (Bruno di Querfurt, Vita dei cinque fratelli, 49).L’esperienza monastica camaldolese, incarnata e custodita dal vissuto di monaci e monache nel corso dei secoli, è preziosa e attuale eredità. A questo spirito originario intendono essere fedeli ciascun fratello e ciascuna sorella secondo i propri carismi e le comunità secondo la loro specifica fisionomia, nell’attenzione ai segni e alle attese autentiche che l’evolversi dei tempi suscita. L’Eremo di Monte Giove L’origine del toponimo Monte Giove, seppure nessuna fonte epigrafica o archeologica lo attesti, potrebbe scaturire dalla designazione di un antico luogo di culto sacro a Giove.La fondazione dell’Eremo di Monte Giove risale all’anno 1608 su un terreno donato nel 1523 dal nobile fanese Galeazzo Gabrielli alla nascente Congregazione degli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona, famiglia monastico-eremitica nata nel 1520 con intenti di riforma nel solco della tradizione benedettino-camaldolese.La costruzione del complesso venne conclusa nel 1631 con la consacrazione della 66 MarcheMag prima chiesa. Questa fu abbattuta e ricostruita in posizione arretrata a causa dell’instabilità del terreno, creando così il suggestivo e arioso spazio antistante la facciata. Il progetto è dell’ architetto G. F. Buonamici che vi lavorò dal 1741 al 1760. L’interno, slanciato e luminoso spazio ottagonale, custodisce, sopra il coro settecentesco in legno di noce, La Trasfigurazione di G.A. Lazzarini (17101801); sulle pareti laterali due dipinti del monaco P.Venanzio da Camerino (+1659); opere in stucco di C. Sarti del 1748; una scultura di A. Corradini (1668-1752) raffigurante S. Romualdo. L’eremo subì le vicende storiche del tempo che portarono alla soppressione degli ordini religiosi e conseguenti espropri.Gli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona vi abitarono fino ai primi del novecento. Dopo anni di abbandono, nel 1925 la struttura fu acquistata dalla Congregazione dei Monaci Eremiti Camaldolesi di Toscana (Camaldoli – Arezzo) che vi presero dimora. Oggi Attualmente nell’eremo è presente una comunità monastica camaldolese che vive secondo i ritmi della Regola benedettina e delle Costituzioni camaldolesi. I monaci e le monache che oggi risiedono all’eremo propongono ai visitatori uno spazio di silenzio per l’orazione personale nella chiesa e la possibilità di partecipare a tutti i momenti della preghiera liturgica. L’ Eremo ospita coloro che desiderano trascorrere qualche giorno di condivisione dello stile di vita monastico, nella preghiera e nel silenzio. Vivendo il clima dell’ ora et labora (Prega e Lavora) caratteristico dello spirito benedettino ci si apre a un inedito e fruttuoso ascolto della Parola di Dio, del proprio cuore e delle vicende della vita. Chi viene qui, spesso riconosce che in verità I giorni passati sono serviti per “riattaccare la spina” a ciò che veramente ci rende veri uomini e donne del nostro tempo. Durante l’anno vengono inoltre organizzati anche ritiri spirituali, seminari, conferenze e incontri vari per dare la possibilità a tutti coloro che desiderano di sostare e riflettere. Le tematiche affrontate sono di varia natura: la Bibbia, l’incontro con altra tradizioni religiose; la musica, l’arte, la filosofia, il diritto e utlimamente anche delle giornate di formazione per imprenditori e dirigenti sul tema dell’Etica e del lavoro. Questo ampio ventaglio di proposte è perfettamente in linea con un cammino spirituale; infatti nella vita di fede il primato va dato certamente a Dio, ma il centro è l’essere umano con tutto il suo bagaglio di bisogni, desideri, istinti, qualità e limiti, speranze e delusioni; nulla, in una visione unitaria, deve essere tralasciato, ma tutto può venire trasfigurato ed orientato al bene di tutti e di ciascuno. Il nostro prossimo desiderio è quello di poter rinnovare alcuni luoghi, quail le stanze della foresteria, o la parte del bosco e dei prati, oppure come la bellissima cantina del 1700, per poter offrire spazi belli che aiutino la condivisione, il dialogo, l’arricchimento reciproco: far riscoprire, colori, profumi, sapori, suoni che allietino il nostro corpo e favoriscano il nostro spirito. Crediamo infatti che se recuperiamo la capacità di valorizzare gli spazi che abitiamo e il tempo che viviamo, possiamo essere in grado di vivere in profondità la nostra umanità ed essere così persone realizzate. MarcheMag 67 Photography Gianluigi Dolce Borghi Antichi