mensile di formazione per operatori sociali

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mensile di formazione per operatori sociali
MENSILE PER GLI OPERATORI SOCIALI
SOMMARIO DI APRILE 2009
INTERVISTA
Per non farsi travolgere dalle emergenze
Giocarsi le possibilità di agire
Intervista a Franca Olivetti Manoukian a cura di Roberto Camarlinghi e Francesco d’Angella
Più volte i servizi vengono investiti da emergenze sociali di vario tipo e finiscono sui giornali,
accusati di inadempienza. Alcune sono sollevate da un’opinione pubblica che reclama di poter
vivere in un posto sicuro. Altre sono legate all’irruzione di eventi tragici nel normale fluire della
vita di un singolo o di una famiglia. In tutti questi casi la gente si chiede: «Ma dove sono i
servizi? È una vergogna vedere i giardini pieni di siringhe... È assurdo che non si sia previsto lo
scoppio di follia di quel padre». Attrezzarsi a gestire le emergenze diventa oggi per i servizi una
questione prioritaria.
STUDI
Il lavoro di cura articolato sulla figura della badante
Il lavoro della badante tra solitudine delle famiglie e delega del welfare
Marco Cerri
Due fenomeni si vanno incrociando: l’aumento della popolazione anziana e non autosufficiente,
e una diffusa disponibilità di forza lavoro femminile, principalmente di origine migrante. In
questo «incrocio» trova alimentazione la tentazione «familistica» del nostro welfare, con
erogazioni di denaro a sostegno dei processi di cura in ambito familiare e la riduzione
complessiva dei finanziamenti ai servizi. Un processo che articola il lavoro di cura dei soggetti
«deboli» attorno a figure femminili sostanzialmente «fragili», sole per se stesse e ignorate dalle
pubbliche istituzioni, quali le badanti.
PROSPETTIVE
Problemi di distanza
I servizi a bassa soglia per le persone senza dimora
Gioacchino Lavanco, Floriana Romano
Quali barriere, quali forme di distanza si possono interporre tra le persone senza fissa dimora e
i serivi sociali che se ne prendono cura? Sicuramente, la perdita di contatto con il territorio
circostante, le barriere burocratiche che ostacolano il godimento di molti diritti e le distanze
comunicative e culturali dovute a una mancanza di conoscenza reciproca, contribuiscono a
rendere difficile e complesso il rapporto tra servizi e homeless. Occorre allora partire da
un’osservazione diretta sul campo: proprio il lavoro di strada, infatti, può costituire un approccio
in grado di percorrere e attraversare le distanze.
INSERTO
Lavorare alla luce dell’esperienza
Riaprire al futuro storie di «cronicità»
• Perché la cronicità non è destino ineluttabile
• Attrezzarsi a lavorare con storie di grave marginalità
• Riaprire la possibilità di un’altra storia
• Se il lavoro non è più il grande integratore
A cura di Leopoldo Grosso, Giacomo Invernizzi, Franca Olivetti Manoukian
Molte storie difficili che i servizi (per le dipendenze, di salute mentale, di bassa soglia...)
incontrano vengono etichettate come «croniche». Ma «cronicità» è una categoria insidiosa,
soprattutto perché una persona etichettata come «cronica» rischia di subire un disinvestimento
di cure e di essere assegnata a programmi privi della speranza del cambiamento. Cronicità è
una categoria che si fa sempre più spazio, dentro servizi che fanno i conti con la scarsità delle
risorse, e che sono portati a investire sulle situazioni a più alta evolutività, nelle quali
l’intervento si profila con maggiori probabilità di successo. Per questo diventa importante
tenere alta una riflessione sulle ipotesi di lavoro con le storie di cosiddetta cronicità.
ESPERIENZE
Il Sert diventa «scuolita»
La presa in carico dei giovani latinos al Sert di Lavagna (Ge)
Simone Spensieri, Lucia Valentini
Il clamore mediatico suscitato dalle pandillas (le bande di strada di giovani latinoamericani)
aveva colpito l’immaginario popolare. Anche al Sert le quotazioni dei giovani ecuadoriani erano
al ribasso. Quei ragazzi erano sempre sfuggenti ai colloqui, irregolari nell’assunzione di
metadone, discontinui nella relazione con il servizio. Per gli operatori si prospettavano due
strade: aspettare che riuscissero a formulare una domanda più strutturata, oppure sorprenderli
con una disponibilità e un’attenzione istituzionale da loro ancora poco sperimentata.
STRUMENTI
Liberarsi dalle illusioni nella relazione d’aiuto
La messa in scena di «rappresentazioni sistemiche» come strumento di lavoro
Daniele Callini
Chi opera nel campo delle relazioni di aiuto può talvolta cadere vittima delle proprie illusioni.
Ciò accade, ad esempio, quando non si rispettano i propri limiti e quelli altrui, quando si hanno
deliri di onnipotenza, quando non c’è un equilibrio tra il dare e il ricevere. Per ovviare a ciò, un
efficace strumento di lavoro è costituito dalla messa in scena di rappresentazioni sistemiche.
Esse, infatti, utilizzando un approccio analogico ed espressivo, offrono agli operatori sociali
alcune prospettive di comprensione dei problemi tipici delle relazioni di aiuto, fornendo una
visione di insieme e portando alla luce dinamiche complesse.
LUOGHI&PROFESSIONI
Infermieri al posto degli educatori?
Gli educatori professionali al crocevia di una sfida di civiltà
Paolo Bianchini
Nel momento in cui la salute si impone oggi come una complessa costruzione collettiva, alle
professioni socioeducative come sanitarie viene richiesto di convergere sui problemi dei
cittadini e, insieme, di rielaborare il proprio apporto in un dialogo multidisciplinare. In realtà, le
invasioni di campo tra professioni, senza la percezione della «utilità comunitaria» di ogni
professione, sono sotto gli occhi di tutti. Mentre si consolida il paradigma della salute come
costruzione collettiva, non poche professioni tendono infatti ad arroccarsi nella difesa della
propria epistemologia, non meno che del proprio potere.
DIARI
• Le cose che ho capito dell’esclusione
Paolo Teani
• Paura di vivere, paura di morire. Storia di E.
Équipe Unità di strada di Milano
• Silvia rimembri ancora...
Alessandra Di Toma
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