A Formello - BCC Formello
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N. 14 - Marzo/Aprile 2012 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009 O AG IOL VE VELA La rivista della Banca di Formello e Trevignano di Credito Cooperativo Il Presepe vivente Una tradizione senza tempo IL FILO DELLA MEMORIA Palazzo Chigi di Formello BIOGRAFIE L’abate Tommaso Silvestri IL NUOVO VOLTO DELLE CAMPAGNE La Riforma fondiaria e il Credito Cooperativo BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano Manca testo Giulia Angelici, figlia di soci, vestita in abiti d’epoca all’inaugurazione di Palazzo Chigi di Formello BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano Sommario La rivista della Banca di Formello e Trevignano Romano di Credito Cooperativo Periodico trimestrale Anno 5 - N. 14 Marzo/Aprile 2012 3 Investire sul futuro è la nostra storia 4 Per un rinnovamento dell’economia 5 Non ci siamo fermati 6 L’incanto del presepe 7 Una conferenza sull'arresto cardiaco 8 Come ricordo Palazzo Chigi 8 Registrato presso il Tribunale di Tivoli il 27-10-2008 al N. 21/2008 Sede Viale Umberto I, 92 Formello (Roma) Tel. 06 90 14 30 95 Direttore Responsabile Gino Polidori Redattore Armando Finocchi Hanno collaborato a questo numero: Marco Battistini Don Carmelo Benedetti Egea Centofanti Flora Centofanti Ovidio Francesconi Franco Migliarelli Riziero Ronconi 12 L'abate Tommaso Silvestri di Trevignano 16 Il nuovo volto delle campagne 18 Ascesa e suicidio di un filosofo Fotografie Emanuela Gizzi Armando Finocchi Luigi Marchicelli Ufficio Soci Tel. 06 90 14 30 55 Stampa Miligraf Srl Via degli Olmetti, 36 Formello (Roma) Tel. 06 90 75 142 In copertina: Una scena del presepe vivente wwwbccformello.com 20 20 Conoscere Roma 23 Ingegneria naturalistica nel Parco di Veio 24 Don Carmelo Benedetti La Chiesa di San Lorenzo nella nevicata di febbraio Investire sul futuro è la nostra storia “Il nuovo volto delle campagne” è la cronaca di un sofferto riscatto collettivo che coinvolse le generazioni a cavallo dell’ultima guerra, piegate sotto il peso di una secolare povertà e da un diffuso latifondismo che nulla lasciava all’iniziativa dei singoli braccianti agricoli. È un bel libro che ha scritto il socio Armando Finocchi su commissione della nostra Banca e delle BCC di Roma, Barbarano Romano, Capranica, Riano, Ronciglione e Tuscia, istituti di credito che operano proprio nel territorio in cui fu applicata la riforma fondiaria della cui portata sociale, peraltro, non si è mai parlato abbastanza. Verrà distribuito ai Soci in occasione dell’Assemblea annuale che si terrà presso il Teatro Jean Pier Velly, domenica 29 aprile 2012. Racconta la rinascita del credito cooperativo nel dopoguerra, negli stessi anni in cui la riforma fondiaria frammentò il latifondo e assegnò terreni e case coloniche. Molti assegnatari divennero anche soci fondatori delle nostre Casse rurali, mentre il credito cooperativo concedeva prestiti agevolati alle nuove aziende agricole nate dalla riforma. Ovunque la piccola proprietà contadina incoraggiò la fondazione di istituti di credito vicini alle esigenze di famiglie di agricoltori, artigiani e commercianti. È la nostra storia. Gli anni Cinquanta furono per noi un decennio decisivo: si aprirono proprio con la riforma fondiaria, approvata dal Parlamento nel maggio del 1950, e si conclusero con la fondazione delle Casse “San Bernardino” di Trevignano e “San Lorenzo” di Formello, tra il 1958 e il 1959. Le Casse rurali ed artigiane, all'origine delle attuali Banche di credito cooperativo, condividevano le stesse difficoltà, le stesse speranze, gli stessi ideali di un miglioramento delle condizioni non solo economiche, ma anche culturali e morali dei soci. E qui nascono considerazioni che dalle pagine di un libro di storia raggiungono il presente. Quella raccontata nel libro era un'Italia appena sgombra dalle macerie di una guerra disastrosa, con vite spezzate, distruzioni di case e strade, penuria di viveri, l'aumento vertiginoso dei prezzi al consumo, una disoccupazione diffusa. Colpiscono le foto in bianco e nero dei volti di braccianti senza terra, delle manifestazioni di piazza, ma anche delle prime mietiture, dei macchinari che innovarono il lavoro, dei mercati in cui vendere i prodotti agricoli. In pochi si persero d'animo. Dopo anni difficilissimi, gli uomini e le donne di allora iniziarono a ricostruire la vita di ogni giorno e a riprendere le attività produttive. Gettarono le basi per un lungo periodo di benessere e di prosperità. Anche oggi dobbiamo ricostruire la nostra economia. Le macerie non sono più quelle delle case crollate, ma quelle, quasi impalpabili, di un'economia finanziaria che aveva perso il contatto con la realtà e che ha coinvolto anche le nostre comunità. E oggi come allora la nostra Banca saprà raccogliere le speranze e i progetti di chi vuole tornare ad investire sul futuro. Il Presidente Gino Polidori 3 VELA LA NOSTRA BANCA Per un rinnovamento dell'economia In dieci aggettivi la “Carta della Finanza libera, forte e democratica” Responsabile Una finanza responsabile è orientata al bene comune, è attenta a dove investe il risparmio, è governata da persone in grado di interpretare i valori e di essere da esempio. Comprensibile Una finanza comprensibile parla il linguaggio comune delle persone. Pone la propria competenza al servizio delle esigenze di chi ha di fronte, sinteticamente e con chiarezza. Sociale Una finanza sociale è attenta ai bisogni delle famiglie, delle imprese, degli enti no-profit e delle Amministrazioni locali. È una finanza di comunità. Utile Una finanza utile è lo strumento per consentire alle persone di raggiungere i propri obiettivi di crescita individuale e collettiva. Educante Una finanza educante rende capaci di gestire il denaro nel rispetto della legalità, con discernimento, consapevolezza ed equilibrio. Incentivante Una finanza incentivante riconosce il merito e gli dà fiducia, in modo da innescare processi virtuosi di sviluppo e generare emulazione positiva. Plurale Una finanza plurale si rivolge a soggetti diversi per dimensione, forma giuridica, obiettivi d'impresa. La diversità è una ricchezza e garantisce una effettiva concorrenza a beneficio del mercato e dei clienti. Efficiente Una finanza efficiente si impegna a migliorare la propria offerta ed i propri processi di lavoro con il fine di garantire sempre maggiore convenienza ai propri clienti. Inclusiva Una finanza inclusiva riesce ad integrare persone, famiglie e imprese nei circuiti economici, civili e partecipativi. 4 Partecipata Una finanza partecipata dà a un grande numero di persone il potere di parola, di intervento, di decisione. È un'espressione di democrazia economica che consente ad ognuno di immaginare il futuro e di contribuire fattivamente a realizzarlo. Non ci siamo fermati Risuonano, con il loro effetto di uomo di rigore, le parole tuonate al mondo bancario dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per le politiche adottate nel corso dell’anno precedente e perpetuate tuttora in merito al contenimento, per non dire blocco quasi totale, del credito nei confronti delle imprese e delle famiglie; politiche che non hanno suscitato solo il rammarico del Governatore, ma che ormai da tempo sono sotto la lente di ingrandimento degli addetti ai lavori e dei media che trattano argomenti e notizie di natura finanziaria. Mi riconosco pienamente nelle affermazioni del Governatore e mi sento di dire che la nostra Banca non è certamente da ricomprendere tra quegli Istituti che hanno ridotto il credito. Noi non ci siamo fermati. Abbiamo continuato ad assistere tutti, ad ascoltare le esigenze plurime che provenivano e provengono da qualsiasi settore, dal mondo imprenditoriale alle famiglie e in particolare ai soci che rappresentano, con la loro consistenza di oltre 2.200 adesioni, una parte predominante del nostro fare banca e soprattutto fare credito. Ciò ci permette di affermare che abbiamo continuato a contribuire, come nel passato, alla crescita e allo sviluppo del nostro territorio e soprattutto a contenere in modo incisivo gli effetti di questa crisi economica che continuerà a svolgere i suoi effetti devastanti ancora per un lungo periodo. E questo nonostante che anche la nostra Banca deve fare attenzione alla gestione della liquidità perché, come la totalità degli Istituti di credito, non può disporre della possibilità di rendere liquidi i titoli del portafoglio di proprietà composto nella quasi totalità da titoli dello Stato italiano, essendo gli stessi sotto quotati per le note vicende di cui risentono a livello internazionale e pertanto forieri, nel caso di dismissione, di perdite sensibili e dannose per la Banca. E nonostante il risparmio si vada sempre più assottigliando, la Banca non ha risentito negativamente di questa politica in controtendenza; anzi posso affermare che la Banca è in buona salute. Le mie parole sono fortemente confermate dalle risultanze di una ispezione ordinaria svolta da ispettori della Banca d’Italia nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno, verifica conclusasi positivamente e che, mi sento di affermare anche a nome dei miei collaboratori, ci onora, quali dipendenti, per essere e continuare ad essere parte attiva di una realtà significativa del territorio dove operiamo, territorio sempre più vasto e molto diversificato, presidiato da 8 agenzie. Per tutto questo ci sentiamo di essere nella rotta giusta, oggi ancor più di ieri, quella rotta tracciata nei suoi ideali dai soci fondatori di Formello e Trevignano, e confermati da tutti i nostri predecessori, ideali che oggi più che mai sono vivi e ci danno la forza per non fermarci. Il Direttore Mario Porcu 5 VELA CON IL PATROCINIO DELLA BANCA L’incanto del presepe un’antica tradizione Una rappresentazione vivente e una mostra di presepi hanno animato le vie del borgo Secondo la tradizione fu San Francesco d'Assisi ad allestire il primo presepe, a Greccio, nel Natale del 1223, quando volle creare la prima rappresentazione vivente della Natività. Le sacre rappresentazioni della nascita di Cristo erano molto diffuse nel medioevo e si ispiravano al racconto biblico, ai vangeli apocrifi e ad antiche profezie, con Maria e San Giuseppe, la grotta con la mangiatoia, il bue, l'asinello, i pastori e i Re Magi. La parola “presepe” deriva dal latino “praesaepe”, che vuol dire proprio mangiatoia. La creatività del presepe napoletano ha poi aggiunto personaggi e mestieri, a significare l'umile vita quotidiana dell'umanità colta da questo evento grandioso. Al presepe è dedicato anche il volume “Civiltà del Natale”, che fa parte della collana “Italia della nostra gente” pubblicata dal Credito Cooperativo con le bellissime fotografie di Pepi Merisio. Per rivivere questa tradizione, con il patrocinio della Banca la Pro Loco di Formello ha organizzato un presepe vivente e la prima edizione della mostra dei presepi. Il presepe vivente ha visto la partecipazione di 6 più di 80 persone in abiti d'epoca e talvolta con vecchi attrezzi artigiani e contadini prestati dal Museo Casolare 311 e da collezionisti privati. La mostra era invece composta da ben 23 presepi, allestiti con gusto e talvolta con originalità, con una composizione fatta di pasta, un'altra ricavata all'interno di una damigiana, un'altra ancora inserita in una ricostruzione di cartapesta di Piazza San Lorenzo. Fuori concorso era il presepe monumantale realizzato dallo scultore Tiziano Fario, ricchissimo di botteghe artigiane. La Banca ha messo a disposizione tre premi per i presepi più suggestivi indicati da una giuria composta da soci di Trevignano. La premiazione è avvenuta il 6 gennaio: il primo premio è andato ad Emanuela David, il secondo a Daria Bonafede e il terzo a Sergio Gizzi. La Pro Loco ha poi assegnato un premio speciale all'Istituto comprensivo di Formello, per la disponibilità offerta in occasione della premiazione. “Un'esperienza da ripetere per il prossimo anno”, ha detto la presidente della Pro Loco, Lia Almanza. CON IL PATROCINIO DELLA BANCA VELA Quando in pochi minuti si può salvare una vita L'arresto cardiaco e la defibrillazione precoce Ogni anno la Banca promuove un incontro sui temi della salute, per divulgare tra i soci i sistemi di prevenzione e gli aggiornamenti scientifici nelle terapie. Lo scorso 25 febbraio la Sala-conferenze della Banca ha ospitato un convegno sull'arresto cardiaco e la defibrillazione precoce, in collaborazione con Dovimed, azienda che commercializza defibrillatori, e l'Associazione culturale “Il Melograno”. Sono intervenuti il prof. Giuliano Altamura, primario cardiologo all'Ospedale “Sandro Pertini” di Roma e presidente dell'Associazione “Insieme per il Cuore”, la dott.ssa Donatella Vinotti, titolare di Dovimed, il dott. Francesco Di Bella, direttore dei corsi BLSD/PBLSD della Scuola Regionale del Lazio della Croce Rossa Italiana, il dott. Sandro Luigi Scatena, medico di base a Formello, e i volontari del Comitato di Formello della Croce Rossa Italiana, che hanno fornito il materiale didattico per le dimostrazioni pratiche. Dopo il saluto del Presidente della Banca, Gino Polidori, a presentare la serata era Giovan Battista Brunori, presidente dell'Ass. “Il Melograno” e noto giornalista della RAI. Le cifre dell'arresto cardiaco sono impressionanti: colplisce ogni anno una persona su mille, quindi quasi 60.000 persone in Italia, con una sopravvivenza bassissima, attorno al 3-4%. È un evento improvviso e quasi istantaneo: una persona, giovane o anziana, a riposo o sotto sforzo, improvvisamente si ac- cascia al suolo, il più delle volte senza che vi siano stati in precedenza sintomi di qualsiasi natura o segni premonitori. I minuti che seguono un arresto cardiaco sono decisivi per salvare una vita. In questi casi è fondamentale la rapidità di azione. Anche una persona comune, in attesa dei soccorsi specializzati, può prestare un primo soccorso se ha a portata di mano un defibrillatore, l'unico strumento in grado di annullare il corto circuito nel cuore della vittima. I moderni defibrillatori, collegati al torace della vittima di un arresto cardiaco, sono facilissimi da usare, perchè con messaggi vocali guidano il soccorritore, che quindi non può sbagliare o farsi prendere dal panico. Sono piccoli e facilmente trasportabili, e hanno un costo che parte dai mille euro. Possono essere collocati non solo sulle ambulanze, ma anche in luoghi pubblici particolarmente frequentati (stazioni, aeroporti, centri commerciali, scuole, teatri), sui grandi mezzi di trasporto (come navi, treni o aerei) o in piccole comunità situate in luoghi isolati. È possibile poi imparare ad eseguire manovre di rianimazione cardiopolmonare seguendo appositi corsi. Con l'occasione il Consiglio di Amministrazione della Banca ha concesso un contributo di 500 euro all'Associazione “Insieme per il cuore” per le sue meritorie attività di ricerca e di sensibilizzazione. 7 8 IL FILO DELLA MEMORIA VELA Come ricordo Palazzo Chigi I nostri soci rievocano la vita quotidiana del Palazzo alla metà del Novecento: l'asilo delle suore, le grandi stanze, i giochi di bambini e i misteri rimasti ancora nella fantasia Riziero Ronconi Il Palazzo era al centro delle nostre vite. Alla metà del Novecento la maggior parte dei formellesi viveva nel borgo storico. La chiesa, i negozi, le botteghe artigiane, i giochi dei bambini tra i vicoli con i panni stesi ad asciugare: tutta la nostra vita si svolgeva lì. E il portone d'ingresso del Palazzo era sempre aperto: dentro vi abitavano alcune famiglie e qualche formellese è nato proprio in una delle sue tante stanze. Del Palazzo ricordo soprattutto l'asilo, al primo piano. Le nostre insegnanti erano suor Pia, suor Giuseppina e suor Adriana la madre superiora. La più severa era forse suor Pia: del resto noi bambini eravamo tanto ir- requieti... Per le ragazze suor Adriana teneva dei corsi di taglio e cucito. Nella grande sala si svolgevano anche le recite, la festa degli alberi e la consegna dei doni della Befana. A fianco del Palazzo, nell'edificio che oggi ospita gli uffici comunali, c'erano invece la scuola elementare e la mensa. Io recitavo le poesie: il mio maestro era Augusto Serata, socio fondatore e per tanti anni anche il presidente della Cassa rurale “San Lorenzo”. Talvolta, noi da bambini anziché “maestro” lo chiamavamo “papà”. Gli siamo rimasti legati anche da adulti. Ad ascoltare le nostre recite venivano spesso il Sindaco Bruno Sbardella, il vice Sindaco Renzo Ronconi e il parroco di Formello Don Angelo Mechelli, anche loro soci fondatori della Cassa rurale. Ma nel Palazzo noi bambini ci giocavamo pure. Ricordo le sfide con le palline di vetro, subito dietro il grande portone. Ogni pallina doveva percorrere le fughe tra le piastrelle per finire in una buchetta. Chi ci riusciva con un minor numero di tiri vinceva la pallina che era in palio. Alcune di quelle piastrelle sono ancora lì. 9 VELA IL FILO DELLA MEMORIA 10 Egea Centofanti Franco Migliarelli Dinda, la figlia del podestà, abitava all'interno del Palazzo. Ma aveva paura dei letti a baldacchino, delle grandi librerie, dei quadri con i ritratti accigliati che c'erano nelle stanze. Così mi invitava spesso ad andare a dormire da lei. Ricordo i mobili in cui spesso ci nascondevamo, per gioco, i caminetti accesi, i “commodi” con i pitali a due manici. Giravamo per le stanze, entrando da una stanza all'altra, senza corridoi. Al primo piano c'era una cappella, con un'inferriata che dava sulla chiesa di San Lorenzo, così le suore da lì potevano assistere alla messa. Un'altra cappella, con un'altra finestrella sulla chiesa, si trovava al secondo piano. Sul terrazzo c'era il pollaio con le galline. Al piano di sopra c'era la cucina, con un camino grandissimo; in fondo al camino su una lastra di ghisa erano incisi dei rami d'ulivo. Al Palazzo andavo all'asilo dalle suore. Ci facevano fare le recite alla presenza del Principe Chigi. Una volta interpretai la Regina di Spagna, con una corona di cartone dorato. Ricordo ancora i versi che imparai a memoria: “Dolce patria, mia bella Spagna, era dunque per abbeverarmi di vergogna e di dolore che il Re d'Inghilterra mi fece salire sul trono...”. Un'altra volta vestivo i panni di Santa Filomena, voluta in sposa da un imperatore romano: “Al fianco di Diocleziano non sarei che una semplice schiava...”. Si raccontava di un passaggio segreto che dal Palazzo portava a Villa Versaglia. In un angolo della mia memoria c'è ancora quella porticina. Una volta io e Dinda la aprimmo, scendemmo gli scalini e iniziammo ad avventurarci nel buio, con la lampada a carburo. Ma poi per la paura tornammo subito indietro. In pochi a Formello sapevano scrivere. Uno di questi era mio padre, che aveva frequentato le scuole fino alla terza elementare. Anche per questo collaborava con “Sor” Ugo Plini, l'amministratore della famiglia Chigi. Doveva tenere il rendiconto settimanale della raccolta delle olive nelle tenute del Principe, tra ottobre e dicembre. Negli oliveti attorno a Villa Versaglia prima passavano le donne con una borsa legata dietro la schiena a raccogliere le olive cadute per terra; poi era la volta degli uomini, che salivano sulle scale a pioli, coglievano le olive dai rami e riempivano la biscoccia tenuta a tracolla; alla fine toccava ancora alle donne, che raccoglievano le olive che erano di nuovo cadute per terra. Mio padre aveva il compito di assoldare i lavoranti, uomini e donne. La miseria era tanta e tutti volevano andare a raccogliere le olive del Principe per racimolare qualcosa. Le richieste erano così numerose che occorreva fare dei turni. Mio padre cercava di far lavorare tutti. Io ero bambino ma ricordo bene quei volti disperati. Capitava che mio padre mi dava l'incarico di consegnare il resoconto all'amministratore, che abitava nel Palazzo. Entravo dal portone, salivo le scale fino al primo piano, giravo a sinistra, varcavo una porticina di legno e salivo altre scale di legno fino all'ultimo piano. Lì c'erano le stanze di Ugo Plini, con la cucina, il camino, le fornacelle accese e sopra caldai e pentole avvolti nei profumi dei sughi e dei condimenti. Mi chiedevano scherzosamente se volevo fermarmi a mangiare con loro. Quanto mi sarebbe piaciuto... E invece lasciavo il foglio del resoconto sul tavolo e scappavo via riscendendo le scale a perdifiato. IL FILO DELLA MEMORIA VELA Flora Centofanti Con gli anni Cinquanta molte cose cambiarono a Formello. Dopo la riforma fondiaria più di quattrocento ettari di terreni vennero distribuiti alle famiglie di braccianti e di mezzadri: l'Ente Maremma acquistò gli oliveti dei Chigi, che scelsero di lasciare il paese per vivere nelle loro tante altre proprietà nel Lazio. Portarono con sé anche gli arredi del Palazzo e di Villa Versaglia. Nel novembre del 1951, poi, moriva il Principe Ludovico Chigi, e per successione il Palazzo passava al figlio Sigismondo. Ma era un'altra Italia, ormai, dove anche a Formello si stava dileguando rapidamente la società feudale. L'assegnazione delle terre, il lavoro di tanti giovani formellesi nei cantieri edili di Roma e la costruzione in paese di nuovi quartieri lontani dal centro storico stavano dando a tanti nuovi orizzonti di vita. Proprio in quegli anni si stavano riunendo i soci promotori per fondare le due Casse rurali ed artigiane di Formello e di Trevignano. Il Palazzo rimase desolatamente chiuso. Nel 1975 Sigismondo Chigi lo vendette ad una società immobilia- re, da cui lo comprò nel 1983 l'Amministrazione comunale di Formello guidata da Bruno Sbardella, che voleva restituire ai formellesi un patrimonio storico e culturale così importante. Il Palazzo costò ben 420 milioni di lire, una somma ingente che il Comune di Formello dovette chiedere in prestito alla Direzione Generale degli Istituti di Previdenza del Ministero del Tesoro. Ma da quel momento una residenza privata sarebbe diventata un bene pubblico, fino a che un lungo restauro ha finalmente portato alla riapertura del Palazzo. Il sogno di Bruno Sbardella è diventato realtà. 11 VELA BIOGRAFIE Tommaso Silvestri Il sacerdote trevignanese che per primo educò i sordomuti in Italia Nato a Trevignano il 2 aprile 1744, Tommaso Silvestri tolse dall'isolamento e dall'emarginazione tanti ragazzi sventurati, sordi e muti dalla nascita. Una sua recente biografia scritta dal nostro socio Ovidio Francesconi ne ripercorre la vita, l'amore per il prossimo e i tanti riconocimenti che ebbe, anche dopo la morte, avvenuta a soli 45 anni nel 1789. La vocazione del sacerdozio Tommaso Silvestri ebbe la prima educazione in famiglia, con il padre Gregorio e la madre Diana De Luca. Poi frequentò le scuole di Trevignano: la scuola, demolita alla fine del Settecento, si trovava nella casa parrocchiale, davanti alla Chiesa dell'Assunta. Alla passione per lo studio si accompagnò presto il desiderio di consacrarsi a Dio e di vestire l'abito talare, come fecero i suoi fratelli. Il padre lo avrebbe 12 inizialmente preferito notaio o avvocato, ma Tommaso seguì la voce interiore che lo indirizzava al sacerdozio. Anche il padre, allora, capì che questa era di certo anche la volontà di Dio. Compiute le classi elementari, frequentò quindi il Seminario diocesano di Sutri, studiando filosofia e teologia. Nell'aprile 1767 a Nepi venne ordinato sacerdote e tornò a Trevignano nella Chiesa di Santa Caterina. Un incontro che gli cambiò la vita Dopo una malattia, a Tommaso fu consigliato di soggiornare in collina, a Caprarola. Qui conobbe l'avvocato Pasquale Di Pietro, ricco benefattore romano di ritorno da un viaggio in Europa e in quel periodo in villeggiatura proprio a Caprarola. L'avvocato gli raccontò che, nel corso di uno dei suoi viaggi, aveva La casa di Tommaso Silvestri a Trevignano 13 VELA BIOGRAFIE Chiesa di Santa Caterina visitato a Parigi una scuola per sordomuti diretta dall'abate Michele de L'Epèe. I sordomuti fino a quel momento non avevano potuto ricevere un'istruzione, e anche per questo vivevano nell'isolamento e nell'emarginazione sociale. Le stesse famiglie tendevano a chiuderli in casa, considerandoli quasi una disgrazia. La scuola di Parigi sembrava invece riscattare la loro umanità. Pasquale si era riproposto di aprire un istituto simile anche a Roma. Ma occorreva trovare la persona giusta, una persona in grado di imparare il metodo francese e di applicarlo in Italia. Quando conobbe il sacerdote Tommaso, Pasquale capì di averla trovata. Tommaso Silvestri fu allora inviato a Parigi, a spese dell'avvocato romano, e qui conobbe e frequentò la scuola dell'abate de L'Epèe, fino a impararne tutte le tecniche. Una scuola per sordomuti anche a Roma Al ritorno di Tommaso, l'avvocato Di Pietro aprì una scuola per sordomuti presso la propria abitazione, a Roma, in via dei Barbieri 6, affidandola al sacerdote trevignanese. Fu questa la prima scuola per sordomuti aperta in Italia. All'inizio contava su 8 allievi tra i 6 e i 14 anni di età, romani, e un trentanovenne originario di Modena. Rispetto al modello di insegnamento tedesco, che per istruire i sordomuti prediligeva il gesto, Tommaso seguì la scuola francese, incentrata invece sulla parola e sull'interpretazione 14 labiale, sempre accompagnati da gesti. Il successo fu grande: in pochi mesi qualcuno di loro già parlava, ma tutti avevano imparato a scrivere qualcosa. Lo stesso Pio VI volle accogliere nel suo studio privato Tommaso e i suoi allievi sordomuti, e questi lo salutarono pronunciando le parole “Pio Sesto”: il Papa, raccontarono i testimoni, si commosse fino alle lacrime. Il successo e la morte prematura Nonostante la scuola romana lo tenesse impegnato ogni giorno, Tommaso ripensava spesso al suo paese natale, agli amici agricoltori, ai pescatori, al paesaggio del lago. Tornando a Trevignano, diceva: “Nulla mi rende più felice, tra le scene del mondo, che lo spettacolo del lavoro dei campi e la distesa infinita del ceruleo lago”. La morte lo colse prematuramente, nel 1789, quando aveva appena 45 anni anni. Gli educatori che lui stesso aveva formato non si persero d'animo e mandarono avanti la scuola di via dei Barbieri. Tempo dopo papa Gregorio XVI la trasformò in convitto per rendere più efficace l'istruzione, mentre nel 1841 fu inaugurato l'Istituto pontificio presso le Terme di Diocleziano, destinato ad accogliere tutti i sordomuti delle province dello Stato della Chiesa. Dai quei primi scolari, negli anni seguenti furono decine e decine i sordomuti che grazie all'impegno di Tommaso riuscirono a farsi capire e ad iniziare una nuova vita. BIOGRAFIE VELA Una curiosità: Tommaso Silvestri aveva raccolto le sue esperienze in un libro, il “Trattato della maniera di pronunziare l'italiano ossia dell'arte di istruire e parlare un Sordo e un Muto di nascita”. Ma il libro non fu pubblicato e rimase, manoscritto, in un archivio. Venne alla luce soltanto cento anni dopo la sua morte. Le celebrazioni del 1989 Tommaso Silvestri fu sepolto nella chiesa di Santa Caterina e poi per molti anni le sue spoglie vennero conservate nell'ossario comunale. All'inizio del Novecento nacque un Comitato promotore per restaurare la piccola chiesa trevignanese e onorare la memoria del grande benefattore dei sordomuti: l'8 settembre 1928 le sue spoglie furono collocate in un artistico sarcofago realizzato dal Comune di Trevi- gnano. Da allora ad oggi, i sordomuti da tutta Italia continuano a venire a Trevignano per rendergli omaggio. La commemorazione più importante fu quella del 1989, in occasione del bicentenario della morte. Le celebrazioni furono curate dall'Ente Nazionale Sordomuti, dal parroco di Trevignano Mons. Carmelo Benedetti e dall'Amministrazione comunale di Trevignano: venne inaugurata una statua di bronzo a lui dedicata ma soprattutto papa Giovanni Paolo II venne a Trevignano in visita pastorale. Il Papa parlò anche a nome di Pio VI e delle centinaia di sordomuti che dal Settecento furono accolti nella scuola di Tommaso, che impararono a comunicare i loro sentimenti grazie al suo metodo e che lo amarono anche senza conoscerlo di persona. (A. F.) Papa Giovanni Paolo II in visita pastorale a Trevignano nel 1989 L’autore e il libro Nato nel 1960, Ovidio Francesconi vive a Trevignano e lavora a Roma come docente e consulente di sistemi informatici. É stato più volte assessore comunale a Trevignano e fa parte della Commissione Soci della Banca. Per la stesura della biografia dell'abate Silvestri, si è documentato presso l'archivio parrocchiale di Trevignano e le associazioni di sordomuti. Il suo libro, edito con il sostegno del Consorzio Lago di Bracciano, si può richiedere in prestito gratuito contattando l'Ufficio Soci della Banca (tel. 06 90 14 30 55). 15 VELA LE NOSTRE ORIGINI Assegnatari della riforma fondiaria che fondarono le Casse rurali ed artigiane Le 7 BCC che operano nel territorio in cui l'Ente Maremma assegnò nel Lazio poderi e quote hanno sostenuto una ricerca storica intitolata “Il nuovo volto delle campagne”. Il libro sarà regalato ai soci nell'Assemblea di aprile 16 Una storia unitaria A Formello I soci del credito cooperativo hanno raccontato la storia della riforma fondiaria, negli stessi anni della rinascita del credito cooperativo. Molti assegnatari divennero soci promotori dei due nuovi istituti di credito, all'origine della nostra Banca: i presidenti dei due comitati, Bruno Sbardella per Formello e Lamberto Albani per Trevignano, quando chiesero alla Banca d'Italia l'autorizzazione ad aprire lo sportello bancario, descrissero le attività economiche dei due paesi sottolineando proprio la presenza di nuovi assegnatari. Nel comitato formellese, uno dei primi sei soci promotori era Guido Bassanelli, presidente della cooperativa tra assegnatari “La Selviata”. Tra i soci fondatori, poi, assegnatario era anche Benedetto Desideri, che aveva una lunga esperienza nell'associazionismo locale, avendo presieduto l'Ente comunale di assistenza (derivato a sua volta dall'antica Congregazione di carità che gestiva il Monte frumentario) e l'Associazione degli allevatori di bestiame di Formello. Subito dopo i soci fondatori, altri assegnatari sotto- LE NOSTRE ORIGINI VELA scrissero azioni della nuova Cassa “San Lorenzo”, come Bernardino Polidori, Orazio Tidei e Silvio Cagnucci. Nelle zone della riforma la Cassa incaricò dei tecnici agronomi per consigliare agli agricoltori quali vitigni e quali varietà di ulivi impiantare. Dopo pochi anni si associarono alla nostra Banca i figli di assegnatari, come Nerio Cagnucci, Domenico Finocchi e Tobia Montauti. A Trevignano Per la fondazione della Cassa “San Bernardino” di Trevignano furono invece indispensabili le adesioni degli assegnatari Ario Sforzini, Silvio Venanzi, Diglio Marconi, Domenico Franchini, Luigi Morichelli, Andrea Garafini, Bernardino Montanucci, Paolo Soccorsi, Severino Rosati, Pietro Mecucci e Vito Napoli. Come a Formello, anche a Trevignano molte famiglie si associarono alla Cassa rurale ed artigiana solo dopo aver avuto in assegnazione i terreni della riforma fondiaria. Le Casse rurali concessero prestiti agevolati alle nuove aziende nate dalla riforma per comprare sementi e trattori, per ammodernare le stalle, per acquistare furgoni e commercializzare i prodotti agricoli. Credito cooperativo e riforma fondiaria segnarono così il nuovo volto delle campagne, non solo a Formello e a Trevignano, ma anche a Campagnano, An- guillara e Prima Porta, dove vi furono altre assegnazioni di terre. I valori del credito cooperativo Le ricerche, svolte dal Museo della civiltà contadina Casolare 311, sono state sostenute da ben 7 BCC, grazie all'interesse che il progetto ha suscitato nei consiglieri e nei presidenti Francesco Liberati (BCC di Roma), Domenico Didoni (BCC di Barbarano Romano), Stefano Liverani (BCC di Capranica), Gino Polidori (BCC di Formello e Trevignano), Fabrizio Chicca (BCC di Riano), Giuseppe Ginnasi (BCC di Ronciglione) e Pietro Mencarini (BCC della Tuscia). La Federazione regionale Lazio Umbria e Sardegna, nella persona del direttore Paolo Giuseppe Grignaschi, ha inoltre concesso il proprio patrocinio. Senso delle origini, radicamento nel territorio, la persona al centro di tutto, rispetto per il lavoro delle passate generazioni: questo è il patrimonio di valori che le BCC hanno voluto approfondire finanziando la ricerca storica e la raccolta di testimonianze. Il libro, che racconta questa storia avvincente attraverso documenti d'archivio e immagini d'epoca, sarà presentato in occasione dell'Assemblea dei Soci, domenica 29 aprile. VELA NAVIGARE NELLA STORIA Ascesa e suicidio di un filosofo Morte di Seneca, Parigi-Petit Palais. “Seneca frattanto, poiché il sangue usciva a stento e la morte tardava a venire, pregò Stazio Anneo - fedele come amico e valente come medico - di porgergli il veleno che già da molto tempo si era procurato” Maestro e consigliere dell'Imperatore Seneca nacque a Cordoba, capitale della Spagna Betica, il 4 a.C. e morì a Roma nel 65. Intorno a lui si è formata una fosca tradizione nata dalle notizie sulla sua vita scritte da un acerrimo nemico, C. Suillio. Da lui Plinio il Vecchio attinse a piene mani, e da questi Tacito e Cassio Dione. Ma Seneca non era quel personaggio che emerge dalle opere di questi annalisti. Egli era una persona salda nei propositi, fedele alle sue idee, sempre coerente. Da Nerone ebbe tutto. Nominato suo consigliere personale, prima ancora maestro di vita, ricevette infiniti doni in denaro e ville che abbellì con giardini che nulla invidiavano a quelli imperiali. Insieme a Burro, il Prefetto del Pre18 torio, comandava insomma Roma. Poi venne il suo declino soprattutto ad opera della nobiltà del tempo, di certo invidiosa dell’ascesa di un così umile filosofo. Intanto Nerone aveva fatto il vuoto intorno a sé, soprattutto dopo la congiura dei Pisoni, tanto che Seneca cominciò ad avvertire l’ostilità dell’Imperatore, essendo circolata la voce che quanto meno lui sapesse del progettato assassinio del despota. Temendo la morte, lo affrontò con un discorso di rara maestria durante il quale espresse il desiderio, dichiarandosi ormai vecchio e stanco, di restituire a Nerone tutti i regali ricevuti, non potendo più reggere il peso di tanta ricchezza. L’Imperatore rifiutò e ringraziò, anzi lo abbracciò e lo baciò. Era la sua condanna a morte. Il suicidio raccontato da Tacito Una coerenza di vita Lo stesso Tacito non può fare a meno di rilevare la dignità di quest’uomo nel momento del suo suicidio comandato da Nerone. Descrive così il susseguirsi degli avvenimenti dopo l’annuncio fatale notificato da un centurione, all’interno di una villa a quattro miglia da Roma in cui Seneca si era fermato dopo un viaggio in Campania. “Intrepido chiede le tavolette per il testamento, ma lo stesso Centurione gliele nega… abbraccia la consorte e, smessa per un po’ la severità del volto, la prega e la supplica di frenare il dolore, di non serbarlo in eterno, confortandosi al ricordo della vita virtuosa di lui. La consorte invece dichiara di avere pur ella deciso di voler morire e chiede la mano di un sicario. Seneca, non volendo nuocere alla gloria di lei, le dice: io t’avevo insegnato i conforti della vita e tu preferisci l’onore della morte; scegli come ti par meglio. Sia in noi due uguale la fermezza d’una fine sì forte, ma vi sia maggior gloria nella morte tua”. Dopo di ciò si feriscono le braccia con uno stesso ferro. Seneca, il cui corpo vecchio ed estenuato dalla scarsità del vitto lasciava uscire troppo lentamente il sangue, si tagliò anche le vene delle gambe e delle ginocchia e, straziato da terribili dolori, per non affliggere con la propria sofferenza l’animo della consorte, la induce a farsi trasportare in un'altra stanza. Nerone, il quale non aveva motivi per odiare Paolina, ordina che se ne impedisca la morte. “Esortati dai soldati, gli schiavi le fasciano le braccia e arrestano l’uscita del sangue. Sopravvisse ancora pochi anni al marito, serbandone lodevolmente la memoria, diventò pallida in volto e rifinita nella persona, mostrando così quanto avesse perduto di forza vitale. Seneca frattanto, poiché il sangue usciva a stento e la morte tardava a venire, pregò Stazio Anneo - fedele come amico e valente come medico - di porgergli il veleno che già da molto tempo si era procurato. Egli lo bevve, ma invano. Le membra erano già fredde, il suo corpo non sentiva più l’azione del veleno. Finalmente entra in una vasca di acqua calda, il cui vapore lo uccide. Il suo corpo viene cremato senza solennità di esequie, tale era l’ordine che aveva lasciato nel suo testamento, quando, nel pieno della ricchezza e del potere, volgeva il pensiero al momento della fine”. Uomo coerente e coraggioso, dunque. Scrittore impareggiabile ed esponente principe del pensiero filosofico latino. Ed anche attento alle sofferenze altrui, come traspare nei “Dialoghi”. In “Ad Marciam de consolazione”, Seneca cerca di confortare Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, la quale aveva perduto il figliuolo Metilio e lo piangeva da tre anni. Per dare maggior forza alla sua azione consolatrice si dilunga nel descrivere la legge ineluttabile della morte, l’universalità del dolore ed il ricordo indelebile delle virtù dei defunti. Oppure in “Ad Paulinium de brevitate vitae”, in cui viene accusata la natura d’averci dato vita troppo breve, per lo più sprecata inseguendo gli affari, senza imparare l’arte del vivere. Ed ancora in “De Beneficis”, in cui esalta il concetto della beneficenza come principio coesivo della società. Per tutta la vita soffrì di attacchi di asma che lo portavano spesso alla disperazione, e tuttavia visse la sua esistenza in stretta coerenza con gli ideali professati. (G. P.) VELA CONOSCERE ROMA I rioni di Roma Museo napoleonico Tra dimore aristocratiche, affreschi sacri e collezioni d'arte Il Museo napoleonico La casa-museo della famiglia Bonaparte A Palazzo Primoli, in via Zanardelli, tra il Tevere e Piazza Navona, c'è il Museo napoleonico di Roma, una raffinata casa-museo che ripercorre la storia dei discendenti di Napoleone nella Capitale. Lo stesso conte Giuseppe Primoli, che raccolse la collezione, faceva parte di questa vivace e articolata famiglia, essendo figlio di Carlotta Bonaparte. AppaSsionato d'arte e esperto fotografo, tra Otto e Novecento il conte Primoli attraverso donazioni e acquisti riuscì a mettere insieme dipinti, arredi, memorie di famiglia, busti, abiti e preziosi oggetti della vita quotidiana dei tanti parenti di Napoleone che segnarono la scena politica e la vita mondana di quel tempo. Nel 1927 il Conte donò l'intera collezione, assieme al piano terra del Palazzo che la ospita, al Comune di Roma. Ancora oggi il percorso museale è quello ideato all'inizio del Novecento. Entrando nelle sale, con i soffitti settecenteschi, le opere d'arte e i tappeti, si ha l'impressione di essere ricevuti con tutti gli onori in un'accogliente casa aristocratica. Oratorio del Gonfalone 20 CONOSCERE ROMA VELA L'Oratorio del Gonfalone La Galleria di Palazzo Corsini L'arte che racconta le verità della fede La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, nel rione Ponte, prende il nome dalla Confraternita del Gonfalone, nata ai tempi della Controriforma, nella seconda metà del Cinquecento, per avvicinare alla fede cattolica, per assistere i bisognosi e soprattutto per rappresentare la passione di Cristo con spettacolari scenografie e coinvolgenti quadri viventi. In questo modo, infatti, il popolo poteva identificarsi con i personaggi sacri e rinsaldare la fede attraverso le emozioni. L'arte della Controriforma doveva persuadere e mostrare con chiarezza episodi biblici e verità di fede: e così il maestoso ciclo di dodici affreschi, opera dei principali esponenti del manierismo romano, raffigura la vita di Cristo dall'entrata in Gerusalemme all'ultima cena, dalla deposizione dalla croce alla resurrezione. Nei sotterranei dell’oratorio, inoltre, sono visibili i resti della precedente chiesa di S. Lucia. Dal 1960 l'Oratorio è divenuto sede del Coro Polifonico Romano, che vi tiene un ricco calendario di concerti, splendido esempio di come un luogo così suggestivo possa vivere di una nuova spiritualità. Una collezione di capolavori della pittura europea Un viaggio straordinario nella pittura europea è quello che si compie in poche ore visitando la Galleria di Palazzo Corsini, nel rione di Trastevere. Il Palazzo, abitato anche da Cristina di Svezia che vi tenne i primi incontri dell'Accademia di Arcadia, conserva infatti una preziosissima collezione di dipinti, nata nel Settecento dalla passione del cardinale Neri Maria Corsini e arricchita nei decenni successivi dai suoi eredi. La collocazione delle opere sulle pareti rispecchia fedelmente quella del XVIII secolo, grazie al ritrovamento di un inventario che ha permesso di ricostruire gli arredi stanza per stanza. Tra le opere più importanti ci sono il “Supplizio di Prometeo” di Salvator Rosa, il “San Sebastiano curato dagli Angeli” di Rubens, la “Madonna della Paglia” di van Dyck, la “Fuga in Egitto” di Carlo Maratta, il “Trionfo di Ovidio” di Poussin e molte altre opere di argomento religioso, mitologico e paesaggistico. Alla fine dell'Ottocento il Palazzo e le sue proprietà sono state vendute allo Stato, costituendo la Galleria Nazionale d'Arte Antica, parte della quale si trova attualmente a Palazzo Barberini, già meta di una nostra visita. Il calendario delle gite a Roma Le partenze, in pullman, avvengono da Piazza del Mercato, a Formello, alle 8:30, salvo diversa indicazione telefonica. Come di consueto, è necessario prenotarsi per tempo ad ogni singola gita, fino all'esaurimento dei posti disponibili, al numero 06 90 14 30 55 (Ufficio Soci). Ogni socio può farsi accompagnare da un famigliare. Sabato 14 aprile: Chiesa di Santa Cecilia e il rione Trastevere Una passeggiata attraverso gli angoli meno noti del quartiere, con particolare attenzione alla chiesa sorta sulla casa della giovane martire e decorata con celebri affreschi medievali Sabato 12 maggio: Giardini Vaticani Il segreto incanto di viali alberati che raccontano la storia millenaria della cittadella papale, con fontane, sculture e monumenti di epoche diverse racchiusi nelle mura vaticane Sabato 9 giugno: Villa Adriana di Tivoli Un tuffo nella Roma imperiale alla scoperta della villa del più filosofo tra i sovrani, amante della Grecia classica e cultore di una passione antiquaria ispirata ai miti egizi 21 VELA NOTIZIE IN BREVE Nello Garofoli, un socio fondatore Nozze d'oro Lo scorso 27 novembre si è spento all'età di 89 anni Nello Garofoli, uno dei soci fondatori della Cassa rurale ed artigiana “San Lorenzo” di Formello. Di origini abruzzesi, fu trattorista, fabbro e infine fontaniere comunale. Nel 1958 aderì al Comitato promotore della Cassa rurale, di cui fu per tre mandati consigliere di Amministrazione. Era stato segretario della sezione di Formello della Democrazia cristiana e presidente del Centro Sociale Anziani di Formello. Sin da bambino suonava il violino, interpretando brani classici e canzoni popolari. La sua sapienza artigiana, il suo senso di comunità e il suo amore per l'arte saranno un'eredità preziosa per tutti noi. È stato celebrato il cinquantesimo anniversario del matrimonio tra il socio Riccardo Scarponi e Romana Belloni. La cerimonia religiosa si è tenuta presso la nuova Parrocchia di don Luigi Peri ad Anguillara Sabazia. La Festa del Socio Sabato 10 dicembre a Trevignano e domenica 11 a Formello si è tenuta l'annuale Festa del Socio. Dopo Vedute del lago di Bracciano i saluti del Presidente Gino Polidori e del Direttore generale Mario Porcu, sono stati premiati i neo-laureati soci o figli di soci e le associazioni sportive che si sono distinte per il valore sociale e aggregativo delle loro attività. Sabato 14 gennaio al Circolo “La Fontana” di Trevignano è stato presentato il volume di Valentina Del Monaco, “Vedute del territorio del lago di Bracciano”. L'Autrice ha proiettato le diapositive di alcune delle opere presenti nel catalogo. Ad introdurre la serata c'erano il Sindaco di Trevignano Massimo Luciani e il Direttore generale della BCC Mario Porcu, che ha ricordato come da più di vent'anni la Banca assegna premi di laurea agli studenti meritevoli e incoraggia gli studi sulle nostre comunità. Il libro su Nerone presentato ad Anzio Nel prestigioso scenario di Villa Sarsina, sede istituzionale del Comune di Anzio, lo scorso 17 dicembre è stato presentato il volume “Nerone. Un giusto processo” di Gino Polidori, sulla figura del grande Imperatore. Ad accogliere l'Autore c'era il sindaco di Anzio, Luciano Bruschini. Dopo i saluti, gli attori Maurizio Zanchetti e Mariastella Nazzaro, coadiuvati da Monica Burgio, hanno letto alcuni brani del libro, mentre il giornalista RAI Giovan Battista Brunori, il direttore della Federazione regionale Lazio-Umbria-Sardegna della Banche di Credito Cooperativo Paolo Giuseppe Grignaschi e lo storico Armando Finocchi hanno parlato dell'identità contesa di Nerone. L'evento era molto atteso anche perché Anzio è la città di Nerone, che qui nacque il 15 dicembre del 37 d.C. LE MIGLIORI TESI DI LAUREA VELA Progetti d’ingegneria naturalistica nel Parco di Veio DI MARCO BATTISTINI, NEO-LAUREATO IN CONSERVAZIONE E RESTAURO DIFESA DEL SUOLO DELL'AMBIENTE FORESTALE E La difesa del suolo è oggi uno dei temi principali affrontati in ambito ambientale. Basti pensare alla frequenza con cui eventi come frane, smottamenti, alluvioni, colate di fango e detriti ed altro ancora si verificano in tutta Italia con effetti più o meno gravi, a volte disastrosi, sia per l’uomo che per l’ambiente. Tra le discipline di tutela per la difesa del suolo, l’Ingegneria naturalistica è all’avanguardia per la realizzazione di opere pubbliche e private, attraverso tipologie d’intervento corrispondenti a criteri di basso impatto ambientale. Utilizzando materiali biodegradabili e naturali come il legno e le piante vive è possibile intervenire, in sostituzione alle classiche opere in muratura, per prevenire ed evitare molti di quei fenomeni dovuti all’azione dell’acqua che si instaurano su un ambiente già indebolito e alterato dalle azioni umane. L’importanza dell’Ingegneria naturalistica nell’ambito delle opere pubbliche è ribadita dalla D.G.R. 4340/96 "Criteri progettuali per l'attuazione degli interventi in materia di difesa del suolo nel Lazio", che all’articolo 3 recita: “Su tutto il territorio regionale, nella realizzazione di opere di consolidamento dei versanti e delle scarpate, si dovrà sempre verificare la possibilità di utilizzare metodi basati sui principi dell’Ingegneria Naturalistica”. Questi metodi appaiono indispensabili soprattutto negli ambienti strettamente forestali e naturali come ad esempio il Bosco di Monte Musino (“Macchia di Sacrofano”) situato nell’Area Naturale Protetta del Parco di Veio, che è oggi uno dei più grandi boschi nella zona a nord di Roma. Attualmente i sentieri del bosco presentano delle criticità legate all’erosione del suolo e alla perdita di materiale terroso dalle scarpate laterali, dovute in parte alle vecchie escavazioni nel tufo e in parte all’attuale calpestio del bestiame. Gli svantaggi che questo fenomeno comporta sono molteplici, tra cui il pericolo di crollo degli alberi adiacenti i sentieri, la perdita di suolo fertile dai versanti che indebolisce la salute dell’ecosistema bosco e della sua biodiversità, ed il forte incanalamento delle acque meteoriche lungo i sentieri che incidono profondi solchi d’erosione e li rendono difficilmente percorribili. Alla luce di ciò, sono stati elaborati sette progetti tipologici per la messa in sicurezza delle scarpate del bosco Monte Musino, tramite interventi d’ingegneria naturalistica in punti strategici della sentieristica. Tali opere, se realizzate, potranno costituire un esempio per l’applicazione dell’Ingegneria naturalistica, in alternativa al cemento e al calcestruzzo, anche in contesti più strettamente urbani o privati, verso interventi migliori sotto il profilo naturalistico, economico e paesaggistico (quindi anche estetico e ricreativo), come più spesso avviene nel Nord Italia e nelle opere a spiccata impronta ecologica. 21 VELA I SOCI RACCONTANO Fu il vescovo, monsignor Giuseppe Gori, a parlarmi per la prima volta delle Casse rurali ed artigiane e della loro profonda ispirazione cristiana. Erano i primi anni Cinquanta. Da poco ero stato ordinato sacerdote e mi era stata conferita la Parrocchia di Trevignano, che allora contava su appena 1800 anime. A Trevignano una Banca vera e propria non c'era, ma era aperto uno sportello del Banco di Santo Spirito. Su consiglio di Primitivo Giordani, allora direttore della Cassa rurale ed artigiana di Ronciglione, anche da noi si iniziava a pensare alla nascita di un istituto di credito cooperativo. Ma passavano gli anni e non si riusciva a mettere insieme i trenta soci sottoscrittori previsti dalla legge. Tante volte il notaio era venuto invano. In quel periodo fu approvata la legge di riforma fondiaria, che concesse tanti terreni anche a Trevignano. Io volevo creare una grande opera per i ragazzi meno fortunati, quella che poi sarebbe diventata la Casa del Fanciullo. Mi serviva un terreno per poter costruire le prime stanze. Mi recai a Roma, in via delle Quattro Fontane, dove risiedeva la principessa Del Drago, la famiglia signorile che possedeva in paese tante terre. Mi fecero attendere in una sala piena di tappeti. Quando la principessa tornò dalla messa, finalmente mi diede udienza. Esposi il mio progetto. Ero pieno di speranze. La principessa invece mi cacciò in malo modo e quasi senza accorgermene mi ritrovai per la strada. Del resto, erano anni anche di grandi tensioni tra le famiglie signorili e le popolazioni che chiedevano terra da coltivare, tra le occupazioni dei campi e gli espropri dell'Ente Maremma. Poi, per fortuna, con una permuta con un agricoltore di Trevignano riuscii ad ottenere un terreno per realizzare il 24 Don Carmelo Benedetti una macchina da scrivere e due sedie. Negli stessi anni nasceva la Cassa “San Lorenzo” di Formello. Don Angelo Mechelli, che ispirò il gruppo dei soci promotori formellesi, era di Morlupo, come me. La nostra amicizia ci ha accompagnato per tutta la vita, fin dai tempi in cui eravamo giovani seminaristi alla Quercia, a Viterbo. Della banca formellese conoscevo bene anche Augusto Serata, presidente dell'Azione cattolica, un uomo Don Carmelo e i suoi ragazzi in una gita al Vaticano. mio grande sogno. Nella Casa del Fanciullo ho accolto tanti ragazzi. Qui molti di loro hanno imparato un mestiere. Divennero falegnami, elettricisti, tecnici radiofonici. E proprio alla Casa del Fanciullo, la sera del 9 febbraio 1958, riuscimmo a mettere insieme i trenta soci sottoscrittori per fondare la Cassa rurale ed artigiana “San Bernardino” di Trevignano. Io sono stato il primo depositante. La Cassa è cresciuta dal niente. Ricordo che i primi arredi della Cassa rurale li comprammo di seconda mano dal Banco di Santo Spirito di Bracciano, che rinnovava i suoi locali: un bancone, una calcolatrice, molto determinato con un grande senso di responsabilità. Anno dopo anno le nostre Casse rurali consolidarono i loro bilanci, onorando sempre il valore della solidarietà cristiana e incoraggiando le aziende agricole e le imprese commerciali. L'agricoltura per tanto tempo è stata la risorsa più grande per la nostra comunità. Tanti agricoltori iniziarono a mettere da parte i risparmi del loro lavoro, quando vendevano gli ortaggi, i pomodori, soprattutto. Oggi molte cose sono cambiate, ma è l'agricoltura che manda avanti l'umanità. Non dobbiamo dimenticarlo. Nel prossimo numero: Il Credito Cooperativo e la tutela ambientale BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Presidente Gino Polidori Vice Presidente Alvaro Altarocca Consiglieri Giuseppe Bernardi Edda D’Alessio Gianluca Franchini Lorenzo Francucci Piergiorgio Montani Marco Palma Matteo Stefanelli COLLEGIO SINDACALE Presidente Cristiano Sforzini Sindaci Effettivi Sandro Cioccoloni Filippo Salvatore Licenziato DIREZIONE Direttore Generale Mario Porcu Vice Direttore Generale Angelo Buccioli BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano Siamo presenti a: Sede Amministrativa FORMELLO Viale Umberto I°, 92 - Tel. 06.9014301 - Fax 06.9089034 Sede Centrale FORMELLO Viale Umberto I°, 4 - Tel. 06.9014301 - Fax 06.9089034 Agenzia n° 1 LE RUGHE Viale Africa, 8 - Tel. 06.9087359 - Fax 06.90129315 Filiale CAMPAGNANO DI ROMA Via del Pavone, 52-53 - Tel. 06.90154376/77 - Fax 06.90154380 Agenzia n° 2 OLMETTI Via degli Olmetti, 41 3U - Tel. 06.90400394 - Fax 06.90400352 Filiale TREVIGNANO ROMANO Via IV Novembre, 2 - Tel. 06.999121 - Fax 06.9999514 Filiale ANGUILLARA SABAZIA Via Anguillarese Km 5,200 - Tel. 06.9994574/385 - Fax 06.9995337 Filiale CESANO Via della Stazione, 359 - Tel. 06.30439538/88 - Fax 06.3038935 Filiale MONTEROSI Via Roma, 50 - Tel. 06.9014301 Monterosi Trevignano Romano Campagnano di Roma Anguillara Sabazia Cesano Le Rughe FORMELLO Olmetti