A Formello - BCC Formello

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A Formello - BCC Formello
N. 14 - Marzo/Aprile 2012 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009
O
AG
IOL
VE
VELA
La rivista della Banca
di Formello e Trevignano
di Credito Cooperativo
Il Presepe vivente
Una tradizione senza tempo
IL FILO DELLA MEMORIA
Palazzo Chigi di Formello
BIOGRAFIE
L’abate Tommaso Silvestri
IL NUOVO VOLTO DELLE CAMPAGNE
La Riforma fondiaria
e il Credito Cooperativo
BCC
CREDITO COOPERATIVO
Formello
e
Trevignano Romano
Manca testo
Giulia Angelici, figlia di soci,
vestita in abiti d’epoca
all’inaugurazione di Palazzo Chigi
di Formello
BCC
CREDITO COOPERATIVO
Formello
e
Trevignano Romano
Sommario
La rivista
della Banca
di Formello
e Trevignano Romano
di Credito Cooperativo
Periodico trimestrale
Anno 5 - N. 14
Marzo/Aprile 2012
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Investire sul futuro
è la nostra storia
4
Per un rinnovamento
dell’economia
5
Non ci siamo fermati
6
L’incanto del presepe
7
Una conferenza
sull'arresto cardiaco
8
Come ricordo
Palazzo Chigi
8
Registrato presso
il Tribunale di Tivoli
il 27-10-2008
al N. 21/2008
Sede
Viale Umberto I, 92
Formello (Roma)
Tel. 06 90 14 30 95
Direttore Responsabile
Gino Polidori
Redattore
Armando Finocchi
Hanno collaborato
a questo numero:
Marco Battistini
Don Carmelo Benedetti
Egea Centofanti
Flora Centofanti
Ovidio Francesconi
Franco Migliarelli
Riziero Ronconi
12 L'abate Tommaso Silvestri
di Trevignano
16 Il nuovo volto
delle campagne
18 Ascesa e suicidio
di un filosofo
Fotografie
Emanuela Gizzi
Armando Finocchi
Luigi Marchicelli
Ufficio Soci
Tel. 06 90 14 30 55
Stampa
Miligraf Srl
Via degli Olmetti, 36
Formello (Roma)
Tel. 06 90 75 142
In copertina:
Una scena del presepe vivente
wwwbccformello.com
20
20 Conoscere Roma
23 Ingegneria naturalistica
nel Parco di Veio
24 Don Carmelo Benedetti
La Chiesa di San Lorenzo
nella nevicata di febbraio
Investire sul futuro
è la nostra storia
“Il nuovo volto delle campagne” è la cronaca di un sofferto
riscatto collettivo che coinvolse le generazioni a cavallo
dell’ultima guerra, piegate sotto il peso di una secolare povertà e da un diffuso latifondismo che nulla lasciava all’iniziativa dei singoli braccianti agricoli. È un bel libro che ha
scritto il socio Armando Finocchi su commissione della nostra Banca e delle BCC di Roma, Barbarano Romano, Capranica, Riano, Ronciglione e Tuscia, istituti di credito che operano proprio nel territorio
in cui fu applicata la riforma fondiaria della cui portata sociale, peraltro, non si è mai parlato abbastanza. Verrà distribuito ai Soci in occasione dell’Assemblea annuale che si terrà
presso il Teatro Jean Pier Velly, domenica 29 aprile 2012.
Racconta la rinascita del credito cooperativo nel dopoguerra, negli stessi anni in cui la riforma fondiaria frammentò il latifondo e assegnò terreni e case coloniche. Molti assegnatari
divennero anche soci fondatori delle nostre Casse rurali, mentre il credito cooperativo
concedeva prestiti agevolati alle nuove aziende agricole nate dalla riforma. Ovunque la
piccola proprietà contadina incoraggiò la fondazione di istituti di credito vicini alle esigenze di famiglie di agricoltori, artigiani e commercianti.
È la nostra storia. Gli anni Cinquanta furono per noi un decennio decisivo: si aprirono
proprio con la riforma fondiaria, approvata dal Parlamento nel maggio del 1950, e si conclusero con la fondazione delle Casse “San Bernardino” di Trevignano e “San Lorenzo”
di Formello, tra il 1958 e il 1959. Le Casse rurali ed artigiane, all'origine delle attuali Banche di credito cooperativo, condividevano le stesse difficoltà, le stesse speranze, gli stessi
ideali di un miglioramento delle condizioni non solo economiche, ma anche culturali e
morali dei soci.
E qui nascono considerazioni che dalle pagine di un libro di storia raggiungono il presente.
Quella raccontata nel libro era un'Italia appena sgombra dalle macerie di una guerra disastrosa, con vite spezzate, distruzioni di case e strade, penuria di viveri, l'aumento vertiginoso dei prezzi al consumo, una disoccupazione diffusa. Colpiscono le foto in bianco
e nero dei volti di braccianti senza terra, delle manifestazioni di piazza, ma anche delle
prime mietiture, dei macchinari che innovarono il lavoro, dei mercati in cui vendere i
prodotti agricoli. In pochi si persero d'animo. Dopo anni difficilissimi, gli uomini e le donne di allora iniziarono a ricostruire la vita di ogni giorno e a riprendere le attività produttive.
Gettarono le basi per un lungo periodo di benessere e di prosperità.
Anche oggi dobbiamo ricostruire la nostra economia. Le macerie non sono più quelle
delle case crollate, ma quelle, quasi impalpabili, di un'economia finanziaria che aveva
perso il contatto con la realtà e che ha coinvolto anche le nostre comunità. E oggi come
allora la nostra Banca saprà raccogliere le speranze e i progetti di chi vuole tornare ad investire sul futuro.
Il Presidente
Gino Polidori
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VELA LA NOSTRA BANCA
Per un rinnovamento
dell'economia
In dieci aggettivi la “Carta della Finanza
libera, forte e democratica”
Responsabile
Una finanza responsabile è orientata al bene comune,
è attenta a dove investe il risparmio, è governata da
persone in grado di interpretare i valori e di essere da
esempio.
Comprensibile
Una finanza comprensibile parla il linguaggio comune
delle persone. Pone la propria competenza al servizio
delle esigenze di chi ha di fronte, sinteticamente e con
chiarezza.
Sociale
Una finanza sociale è attenta ai bisogni delle famiglie,
delle imprese, degli enti no-profit e delle Amministrazioni locali. È una finanza di comunità.
Utile
Una finanza utile è lo strumento per consentire alle
persone di raggiungere i propri obiettivi di crescita individuale e collettiva.
Educante
Una finanza educante rende capaci di gestire il denaro
nel rispetto della legalità, con discernimento, consapevolezza ed equilibrio.
Incentivante
Una finanza incentivante riconosce il merito e gli dà
fiducia, in modo da innescare processi virtuosi di sviluppo e generare emulazione positiva.
Plurale
Una finanza plurale si rivolge a soggetti diversi per
dimensione, forma giuridica, obiettivi d'impresa.
La diversità è una ricchezza e garantisce una effettiva concorrenza a beneficio del mercato e dei
clienti.
Efficiente
Una finanza efficiente si impegna a migliorare la propria
offerta ed i propri processi di lavoro con il fine di garantire sempre maggiore convenienza ai propri clienti.
Inclusiva
Una finanza inclusiva riesce ad integrare persone, famiglie e imprese nei circuiti economici, civili e partecipativi.
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Partecipata
Una finanza partecipata dà a un grande numero di
persone il potere di parola, di intervento, di decisione.
È un'espressione di democrazia economica che consente ad ognuno di immaginare il futuro e di contribuire fattivamente a realizzarlo.
Non ci siamo fermati
Risuonano, con il loro effetto di uomo di rigore, le parole
tuonate al mondo bancario dal Governatore della Banca
d’Italia, Ignazio Visco, per le politiche adottate nel corso
dell’anno precedente e perpetuate tuttora in merito al contenimento, per non dire blocco quasi totale, del credito nei
confronti delle imprese e delle famiglie; politiche che non
hanno suscitato solo il rammarico del Governatore, ma che
ormai da tempo sono sotto la lente di ingrandimento degli addetti ai lavori e dei media
che trattano argomenti e notizie di natura finanziaria.
Mi riconosco pienamente nelle affermazioni del Governatore e mi sento di dire che la
nostra Banca non è certamente da ricomprendere tra quegli Istituti che hanno ridotto il
credito.
Noi non ci siamo fermati. Abbiamo continuato ad assistere tutti, ad ascoltare le esigenze
plurime che provenivano e provengono da qualsiasi settore, dal mondo imprenditoriale
alle famiglie e in particolare ai soci che rappresentano, con la loro consistenza di oltre
2.200 adesioni, una parte predominante del nostro fare banca e soprattutto fare credito.
Ciò ci permette di affermare che abbiamo continuato a contribuire, come nel passato, alla
crescita e allo sviluppo del nostro territorio e soprattutto a contenere in modo incisivo gli
effetti di questa crisi economica che continuerà a svolgere i suoi effetti devastanti ancora
per un lungo periodo. E questo nonostante che anche la nostra Banca deve fare attenzione
alla gestione della liquidità perché, come la totalità degli Istituti di credito, non può disporre della possibilità di rendere liquidi i titoli del portafoglio di proprietà composto nella
quasi totalità da titoli dello Stato italiano, essendo gli stessi sotto quotati per le note vicende
di cui risentono a livello internazionale e pertanto forieri, nel caso di dismissione, di perdite
sensibili e dannose per la Banca. E nonostante il risparmio si vada sempre più assottigliando, la Banca non ha risentito negativamente di questa politica in controtendenza; anzi
posso affermare che la Banca è in buona salute.
Le mie parole sono fortemente confermate dalle risultanze di una ispezione ordinaria svolta da ispettori della Banca d’Italia nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno,
verifica conclusasi positivamente e che, mi sento di affermare anche a nome dei miei collaboratori, ci onora, quali dipendenti, per essere e continuare ad essere parte attiva di una
realtà significativa del territorio dove operiamo, territorio sempre più vasto e molto diversificato, presidiato da 8 agenzie.
Per tutto questo ci sentiamo di essere nella rotta giusta, oggi ancor più di ieri, quella rotta
tracciata nei suoi ideali dai soci fondatori di Formello e Trevignano, e confermati da tutti
i nostri predecessori, ideali che oggi più che mai sono vivi e ci danno la forza per non fermarci.
Il Direttore
Mario Porcu
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VELA CON IL PATROCINIO DELLA BANCA
L’incanto del presepe
un’antica tradizione
Una rappresentazione vivente e una mostra di presepi
hanno animato le vie del borgo
Secondo la tradizione fu San Francesco d'Assisi ad
allestire il primo presepe, a Greccio, nel Natale del
1223, quando volle creare la prima rappresentazione
vivente della Natività. Le sacre rappresentazioni della
nascita di Cristo erano molto diffuse nel medioevo e
si ispiravano al racconto biblico, ai vangeli apocrifi
e ad antiche profezie, con Maria e San Giuseppe, la
grotta con la mangiatoia, il bue, l'asinello, i pastori e
i Re Magi. La parola “presepe” deriva dal latino
“praesaepe”, che vuol dire proprio mangiatoia. La
creatività del presepe napoletano ha poi aggiunto
personaggi e mestieri, a significare l'umile vita quotidiana dell'umanità colta da questo evento grandioso. Al presepe è dedicato anche il volume “Civiltà del
Natale”, che fa parte della collana “Italia della nostra
gente” pubblicata dal Credito Cooperativo con le bellissime fotografie di Pepi Merisio.
Per rivivere questa tradizione, con il patrocinio della
Banca la Pro Loco di Formello ha organizzato un presepe vivente e la prima edizione della mostra dei presepi. Il presepe vivente ha visto la partecipazione di
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più di 80 persone in abiti d'epoca e talvolta con vecchi attrezzi artigiani e contadini prestati dal Museo
Casolare 311 e da collezionisti privati. La mostra era
invece composta da ben 23 presepi, allestiti con gusto e talvolta con originalità, con una composizione
fatta di pasta, un'altra ricavata all'interno di una damigiana, un'altra ancora inserita in una ricostruzione
di cartapesta di Piazza San Lorenzo. Fuori concorso
era il presepe monumantale realizzato dallo scultore
Tiziano Fario, ricchissimo di botteghe artigiane. La
Banca ha messo a disposizione tre premi per i presepi
più suggestivi indicati da una giuria composta da soci
di Trevignano. La premiazione è avvenuta il 6 gennaio: il primo premio è andato ad Emanuela David,
il secondo a Daria Bonafede e il terzo a Sergio Gizzi.
La Pro Loco ha poi assegnato un premio speciale all'Istituto comprensivo di Formello, per la disponibilità
offerta in occasione della premiazione. “Un'esperienza da ripetere per il prossimo anno”, ha detto la presidente della Pro Loco, Lia Almanza.
CON IL PATROCINIO DELLA BANCA VELA
Quando in pochi minuti
si può salvare una vita
L'arresto cardiaco e la defibrillazione precoce
Ogni anno la Banca promuove un incontro sui temi
della salute, per divulgare tra i soci i sistemi di prevenzione e gli aggiornamenti scientifici nelle terapie.
Lo scorso 25 febbraio la Sala-conferenze della Banca
ha ospitato un convegno sull'arresto cardiaco e la defibrillazione precoce, in collaborazione con Dovimed, azienda che commercializza defibrillatori, e
l'Associazione culturale “Il Melograno”. Sono intervenuti il prof. Giuliano Altamura, primario cardiologo
all'Ospedale “Sandro Pertini” di Roma e presidente
dell'Associazione “Insieme per il Cuore”, la dott.ssa
Donatella Vinotti, titolare di Dovimed, il dott. Francesco Di Bella, direttore dei corsi BLSD/PBLSD della
Scuola Regionale del Lazio della Croce Rossa Italiana, il dott. Sandro Luigi Scatena, medico di base a
Formello, e i volontari del Comitato di Formello della
Croce Rossa Italiana, che hanno fornito il materiale
didattico per le dimostrazioni pratiche. Dopo il saluto
del Presidente della Banca, Gino Polidori, a presentare la serata era Giovan Battista Brunori, presidente
dell'Ass. “Il Melograno” e noto giornalista della RAI.
Le cifre dell'arresto cardiaco sono impressionanti:
colplisce ogni anno una persona su mille, quindi
quasi 60.000 persone in Italia, con una sopravvivenza bassissima, attorno al 3-4%. È un evento improvviso e quasi istantaneo: una persona, giovane o anziana, a riposo o sotto sforzo, improvvisamente si ac-
cascia al suolo, il più delle volte senza che vi siano
stati in precedenza sintomi di qualsiasi natura o segni
premonitori.
I minuti che seguono un arresto cardiaco sono decisivi per salvare una vita. In questi casi è fondamentale
la rapidità di azione. Anche una persona comune, in
attesa dei soccorsi specializzati, può prestare un primo soccorso se ha a portata di mano un defibrillatore, l'unico strumento in grado di annullare il corto
circuito nel cuore della vittima. I moderni defibrillatori, collegati al torace della vittima di un arresto cardiaco, sono facilissimi da usare, perchè con messaggi
vocali guidano il soccorritore, che quindi non può
sbagliare o farsi prendere dal panico. Sono piccoli e
facilmente trasportabili, e hanno un costo che parte
dai mille euro. Possono essere collocati non solo sulle ambulanze, ma anche in luoghi pubblici particolarmente frequentati (stazioni, aeroporti, centri commerciali, scuole, teatri), sui grandi mezzi di trasporto
(come navi, treni o aerei) o in piccole comunità situate in luoghi isolati. È possibile poi imparare ad eseguire manovre di rianimazione cardiopolmonare seguendo appositi corsi.
Con l'occasione il Consiglio di Amministrazione della Banca ha concesso un contributo di 500 euro all'Associazione “Insieme per il cuore” per le sue meritorie attività di ricerca e di sensibilizzazione.
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IL FILO DELLA MEMORIA
VELA
Come ricordo
Palazzo Chigi
I nostri soci rievocano la vita quotidiana
del Palazzo alla metà del Novecento: l'asilo delle suore,
le grandi stanze, i giochi di bambini e i misteri rimasti
ancora nella fantasia
Riziero Ronconi
Il Palazzo era al centro delle nostre vite.
Alla metà del Novecento la maggior parte dei formellesi viveva nel borgo storico.
La chiesa, i negozi, le
botteghe artigiane, i
giochi dei bambini
tra i vicoli con i panni stesi ad asciugare:
tutta la nostra vita si
svolgeva lì. E il portone d'ingresso del Palazzo era sempre aperto: dentro vi
abitavano alcune famiglie e qualche formellese è nato
proprio in una delle sue tante stanze.
Del Palazzo ricordo soprattutto l'asilo, al primo piano.
Le nostre insegnanti erano suor Pia, suor Giuseppina
e suor Adriana la madre superiora. La più severa era
forse suor Pia: del resto noi bambini eravamo tanto ir-
requieti... Per le ragazze suor Adriana teneva dei corsi
di taglio e cucito. Nella grande sala si svolgevano anche le recite, la festa degli alberi e la consegna dei doni
della Befana.
A fianco del Palazzo, nell'edificio che oggi ospita gli
uffici comunali, c'erano invece la scuola elementare
e la mensa. Io recitavo le poesie: il mio maestro era
Augusto Serata, socio fondatore e per tanti anni anche
il presidente della Cassa rurale “San Lorenzo”. Talvolta, noi da bambini anziché “maestro” lo chiamavamo
“papà”. Gli siamo rimasti legati anche da adulti. Ad
ascoltare le nostre recite venivano spesso il Sindaco
Bruno Sbardella, il vice Sindaco Renzo Ronconi e il
parroco di Formello Don Angelo Mechelli, anche loro
soci fondatori della Cassa rurale.
Ma nel Palazzo noi bambini ci giocavamo pure. Ricordo le sfide con le palline di vetro, subito dietro il grande
portone. Ogni pallina doveva percorrere le fughe tra le
piastrelle per finire in una buchetta. Chi ci riusciva con
un minor numero di tiri vinceva la pallina che era in
palio. Alcune di quelle piastrelle sono ancora lì.
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VELA IL FILO DELLA MEMORIA
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Egea Centofanti
Franco Migliarelli
Dinda, la figlia del podestà, abitava all'interno
del Palazzo. Ma aveva
paura dei letti a baldacchino, delle grandi librerie, dei quadri con i ritratti accigliati che c'erano nelle stanze. Così mi
invitava spesso ad andare a dormire da lei. Ricordo i mobili in cui
spesso ci nascondevamo, per gioco, i caminetti accesi, i “commodi” con i pitali a due manici. Giravamo per le
stanze, entrando da una
stanza all'altra, senza
corridoi. Al primo piano
c'era una cappella, con
un'inferriata che dava
sulla chiesa di San Lorenzo, così le suore da lì potevano assistere alla messa. Un'altra cappella, con
un'altra finestrella sulla chiesa, si trovava al secondo
piano. Sul terrazzo c'era il pollaio con le galline. Al
piano di sopra c'era la cucina, con un camino grandissimo; in fondo al camino su una lastra di ghisa erano incisi dei rami d'ulivo.
Al Palazzo andavo all'asilo dalle suore. Ci facevano
fare le recite alla presenza del Principe Chigi. Una volta interpretai la Regina di Spagna, con una corona di
cartone dorato. Ricordo ancora i versi che imparai a
memoria: “Dolce patria, mia bella Spagna, era dunque per abbeverarmi di vergogna e di dolore che il Re
d'Inghilterra mi fece salire sul trono...”. Un'altra volta
vestivo i panni di Santa Filomena, voluta in sposa da
un imperatore romano: “Al fianco di Diocleziano non
sarei che una semplice schiava...”.
Si raccontava di un passaggio segreto che dal Palazzo
portava a Villa Versaglia. In un angolo della mia memoria c'è ancora quella porticina. Una volta io e Dinda la aprimmo, scendemmo gli scalini e iniziammo
ad avventurarci nel buio, con la lampada a carburo.
Ma poi per la paura tornammo subito indietro.
In pochi a Formello sapevano scrivere. Uno di questi
era mio padre, che aveva frequentato le scuole fino
alla terza elementare. Anche per questo collaborava
con “Sor” Ugo Plini, l'amministratore della famiglia
Chigi. Doveva tenere il rendiconto settimanale della
raccolta delle olive nelle tenute del Principe, tra ottobre e dicembre. Negli oliveti attorno a Villa Versaglia
prima passavano le
donne con una
borsa legata dietro
la schiena a raccogliere le olive cadute per terra; poi
era la volta degli
uomini, che salivano sulle scale a
pioli, coglievano le
olive dai rami e
riempivano la biscoccia tenuta a
tracolla; alla fine
toccava ancora alle donne, che raccoglievano le olive
che erano di nuovo cadute per terra. Mio padre aveva il compito di assoldare i lavoranti, uomini e donne. La miseria era tanta e tutti volevano andare a raccogliere le olive del
Principe per racimolare qualcosa. Le richieste erano
così numerose che occorreva fare dei turni. Mio padre
cercava di far lavorare tutti. Io ero bambino ma ricordo bene quei volti disperati.
Capitava che mio padre mi dava l'incarico di consegnare il resoconto all'amministratore, che abitava nel
Palazzo. Entravo dal portone, salivo le scale fino al
primo piano, giravo a sinistra, varcavo una porticina
di legno e salivo altre scale di legno fino all'ultimo
piano. Lì c'erano le stanze di Ugo Plini, con la cucina,
il camino, le fornacelle accese e sopra caldai e pentole avvolti nei profumi dei sughi e dei condimenti.
Mi chiedevano scherzosamente se volevo fermarmi a
mangiare con loro. Quanto mi sarebbe piaciuto... E
invece lasciavo il foglio del resoconto sul tavolo e
scappavo via riscendendo le scale a perdifiato.
IL FILO DELLA MEMORIA VELA
Flora Centofanti
Con gli anni Cinquanta molte cose cambiarono a Formello. Dopo la riforma fondiaria più di quattrocento
ettari di terreni vennero distribuiti alle famiglie di braccianti e di mezzadri: l'Ente Maremma acquistò gli oliveti dei Chigi, che scelsero di lasciare il paese per vivere nelle loro tante altre proprietà nel Lazio. Portarono
con sé anche gli arredi
del Palazzo e di Villa
Versaglia.
Nel novembre del
1951, poi, moriva il
Principe Ludovico Chigi, e per successione il
Palazzo passava al figlio
Sigismondo. Ma era
un'altra Italia, ormai,
dove anche a Formello
si stava dileguando rapidamente la società feudale. L'assegnazione
delle terre, il lavoro di
tanti giovani formellesi
nei cantieri edili di Roma e la costruzione in paese di nuovi quartieri lontani
dal centro storico stavano dando a tanti nuovi orizzonti
di vita. Proprio in quegli anni si stavano riunendo i soci
promotori per fondare le due Casse rurali ed artigiane
di Formello e di Trevignano.
Il Palazzo rimase desolatamente chiuso. Nel 1975 Sigismondo Chigi lo vendette ad una società immobilia-
re, da cui lo comprò nel 1983 l'Amministrazione comunale di Formello guidata da Bruno Sbardella, che
voleva restituire ai formellesi un patrimonio storico e
culturale così importante. Il Palazzo costò ben 420 milioni di lire, una somma ingente che il Comune di Formello dovette chiedere in prestito alla Direzione Generale degli Istituti di Previdenza del Ministero del Tesoro. Ma da quel momento una residenza privata sarebbe diventata un bene pubblico, fino a che un lungo
restauro ha finalmente portato alla riapertura del Palazzo. Il sogno di Bruno Sbardella è diventato realtà.
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VELA BIOGRAFIE
Tommaso Silvestri
Il sacerdote trevignanese
che per primo educò i sordomuti in Italia
Nato a Trevignano il 2 aprile 1744, Tommaso Silvestri tolse dall'isolamento e dall'emarginazione tanti
ragazzi sventurati, sordi e muti dalla nascita. Una
sua recente biografia scritta dal nostro socio Ovidio
Francesconi ne ripercorre la vita, l'amore per il prossimo e i tanti riconocimenti che ebbe, anche dopo
la morte, avvenuta a soli 45 anni nel 1789.
La vocazione del sacerdozio
Tommaso Silvestri ebbe la prima educazione in famiglia, con il padre Gregorio e la madre Diana De
Luca. Poi frequentò le scuole di Trevignano: la scuola, demolita alla fine del Settecento, si trovava nella
casa parrocchiale, davanti alla Chiesa dell'Assunta.
Alla passione per lo studio si accompagnò presto il
desiderio di consacrarsi a Dio e di vestire l'abito talare, come fecero i suoi fratelli. Il padre lo avrebbe
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inizialmente preferito notaio o avvocato, ma Tommaso seguì la voce interiore che lo indirizzava al sacerdozio. Anche il padre, allora, capì che questa era
di certo anche la volontà di Dio. Compiute le classi
elementari, frequentò quindi il Seminario diocesano
di Sutri, studiando filosofia e teologia. Nell'aprile
1767 a Nepi venne ordinato sacerdote e tornò a Trevignano nella Chiesa di Santa Caterina.
Un incontro
che gli cambiò la vita
Dopo una malattia, a Tommaso fu consigliato di soggiornare in collina, a Caprarola. Qui conobbe l'avvocato Pasquale Di Pietro, ricco benefattore romano
di ritorno da un viaggio in Europa e in quel periodo
in villeggiatura proprio a Caprarola. L'avvocato gli
raccontò che, nel corso di uno dei suoi viaggi, aveva
La casa di Tommaso Silvestri a Trevignano
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VELA BIOGRAFIE
Chiesa di Santa Caterina
visitato a Parigi una scuola per sordomuti diretta
dall'abate Michele de L'Epèe. I sordomuti fino a
quel momento non avevano potuto ricevere
un'istruzione, e anche per questo vivevano nell'isolamento e nell'emarginazione sociale. Le stesse famiglie tendevano a chiuderli in casa, considerandoli
quasi una disgrazia. La scuola di Parigi sembrava invece riscattare la loro umanità.
Pasquale si era riproposto di aprire un istituto simile
anche a Roma. Ma occorreva trovare la persona giusta, una persona in grado di imparare il metodo
francese e di applicarlo in Italia. Quando conobbe
il sacerdote Tommaso, Pasquale capì di averla trovata. Tommaso Silvestri fu allora inviato a Parigi, a
spese dell'avvocato romano, e qui conobbe e frequentò la scuola dell'abate de L'Epèe, fino a impararne tutte le tecniche.
Una scuola per sordomuti
anche a Roma
Al ritorno di Tommaso, l'avvocato Di Pietro aprì una
scuola per sordomuti presso la propria abitazione,
a Roma, in via dei Barbieri 6, affidandola al sacerdote trevignanese. Fu questa la prima scuola per sordomuti aperta in Italia. All'inizio contava su 8 allievi
tra i 6 e i 14 anni di età, romani, e un trentanovenne
originario di Modena. Rispetto al modello di insegnamento tedesco, che per istruire i sordomuti prediligeva il gesto, Tommaso seguì la scuola francese,
incentrata invece sulla parola e sull'interpretazione
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labiale, sempre accompagnati da gesti.
Il successo fu grande: in pochi mesi qualcuno di loro già parlava, ma tutti avevano imparato a scrivere
qualcosa. Lo stesso Pio VI volle accogliere nel suo
studio privato Tommaso e i suoi allievi sordomuti, e
questi lo salutarono pronunciando le parole “Pio Sesto”: il Papa, raccontarono i testimoni, si commosse
fino alle lacrime.
Il successo
e la morte prematura
Nonostante la scuola romana lo tenesse impegnato
ogni giorno, Tommaso ripensava spesso al suo paese
natale, agli amici agricoltori, ai pescatori, al paesaggio del lago. Tornando a Trevignano, diceva: “Nulla
mi rende più felice, tra le scene del mondo, che lo
spettacolo del lavoro dei campi e la distesa infinita
del ceruleo lago”.
La morte lo colse prematuramente, nel 1789, quando
aveva appena 45 anni anni. Gli educatori che lui stesso aveva formato non si persero d'animo e mandarono
avanti la scuola di via dei Barbieri. Tempo dopo papa
Gregorio XVI la trasformò in convitto per rendere più
efficace l'istruzione, mentre nel 1841 fu inaugurato
l'Istituto pontificio presso le Terme di Diocleziano, destinato ad accogliere tutti i sordomuti delle province
dello Stato della Chiesa. Dai quei primi scolari, negli
anni seguenti furono decine e decine i sordomuti che
grazie all'impegno di Tommaso riuscirono a farsi capire e ad iniziare una nuova vita.
BIOGRAFIE VELA
Una curiosità: Tommaso Silvestri aveva raccolto le sue
esperienze in un libro, il “Trattato della maniera di pronunziare l'italiano ossia dell'arte di istruire e parlare
un Sordo e un Muto di nascita”. Ma il libro non fu pubblicato e rimase, manoscritto, in un archivio. Venne
alla luce soltanto cento anni dopo la sua morte.
Le celebrazioni del 1989
Tommaso Silvestri fu sepolto nella chiesa di Santa
Caterina e poi per molti anni le sue spoglie vennero
conservate nell'ossario comunale. All'inizio del Novecento nacque un Comitato promotore per restaurare la piccola chiesa trevignanese e onorare la memoria del grande benefattore dei sordomuti: l'8 settembre 1928 le sue spoglie furono collocate in un
artistico sarcofago realizzato dal Comune di Trevi-
gnano. Da allora ad oggi, i sordomuti da tutta Italia
continuano a venire a Trevignano per rendergli
omaggio.
La commemorazione più importante fu quella del
1989, in occasione del bicentenario della morte. Le
celebrazioni furono curate dall'Ente Nazionale Sordomuti, dal parroco di Trevignano Mons. Carmelo
Benedetti e dall'Amministrazione comunale di Trevignano: venne inaugurata una statua di bronzo a
lui dedicata ma soprattutto papa Giovanni Paolo II
venne a Trevignano in visita pastorale. Il Papa parlò
anche a nome di Pio VI e delle centinaia di sordomuti che dal Settecento furono accolti nella scuola
di Tommaso, che impararono a comunicare i loro
sentimenti grazie al suo metodo e che lo amarono
anche senza conoscerlo di persona. (A. F.)
Papa Giovanni Paolo II in visita pastorale
a Trevignano nel 1989
L’autore e il libro
Nato nel 1960, Ovidio
Francesconi vive a Trevignano e lavora a Roma come docente e consulente di
sistemi informatici. É stato
più volte assessore comunale a Trevignano e fa parte
della Commissione Soci
della Banca. Per la stesura
della biografia dell'abate
Silvestri, si è documentato
presso l'archivio parrocchiale di Trevignano e le associazioni di
sordomuti. Il suo libro, edito con il sostegno del Consorzio Lago
di Bracciano, si può richiedere in prestito gratuito contattando
l'Ufficio Soci della Banca (tel. 06 90 14 30 55).
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VELA LE NOSTRE ORIGINI
Assegnatari della riforma
fondiaria che fondarono le
Casse rurali ed artigiane
Le 7 BCC che operano nel territorio in cui l'Ente Maremma
assegnò nel Lazio poderi e quote hanno sostenuto una ricerca
storica intitolata “Il nuovo volto delle campagne”.
Il libro sarà regalato ai soci nell'Assemblea di aprile
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Una storia unitaria
A Formello
I soci del credito cooperativo hanno raccontato la
storia della riforma fondiaria, negli stessi anni della
rinascita del credito cooperativo.
Molti assegnatari divennero soci promotori dei due
nuovi istituti di credito, all'origine della nostra Banca: i presidenti dei due comitati, Bruno Sbardella
per Formello e Lamberto Albani per Trevignano,
quando chiesero alla Banca d'Italia l'autorizzazione ad aprire lo sportello bancario, descrissero le attività economiche dei due paesi sottolineando proprio la presenza di nuovi assegnatari.
Nel comitato formellese, uno dei primi sei soci promotori era Guido Bassanelli, presidente della cooperativa tra assegnatari “La Selviata”. Tra i soci fondatori, poi, assegnatario era anche Benedetto Desideri, che aveva una lunga esperienza nell'associazionismo locale, avendo presieduto l'Ente comunale di assistenza (derivato a sua volta dall'antica Congregazione di carità che gestiva il Monte frumentario) e l'Associazione degli allevatori di bestiame di Formello.
Subito dopo i soci fondatori, altri assegnatari sotto-
LE NOSTRE ORIGINI VELA
scrissero azioni della nuova Cassa “San Lorenzo”,
come Bernardino Polidori, Orazio Tidei e Silvio Cagnucci. Nelle zone della riforma la Cassa incaricò
dei tecnici agronomi per consigliare agli agricoltori
quali vitigni e quali varietà di ulivi impiantare. Dopo pochi anni si associarono alla nostra Banca i figli
di assegnatari, come Nerio Cagnucci, Domenico Finocchi e Tobia Montauti.
A Trevignano
Per la fondazione della Cassa “San Bernardino” di
Trevignano furono invece indispensabili le adesioni
degli assegnatari Ario Sforzini, Silvio Venanzi, Diglio Marconi, Domenico Franchini, Luigi Morichelli, Andrea Garafini, Bernardino Montanucci, Paolo
Soccorsi, Severino Rosati, Pietro Mecucci e Vito Napoli. Come a Formello, anche a Trevignano molte
famiglie si associarono alla Cassa rurale ed artigiana
solo dopo aver avuto in assegnazione i terreni della
riforma fondiaria. Le Casse rurali concessero prestiti
agevolati alle nuove aziende nate dalla riforma per
comprare sementi e trattori, per ammodernare le
stalle, per acquistare furgoni e commercializzare i
prodotti agricoli.
Credito cooperativo e riforma fondiaria segnarono
così il nuovo volto delle campagne, non solo a Formello e a Trevignano, ma anche a Campagnano, An-
guillara e Prima Porta, dove vi furono altre assegnazioni di terre.
I valori del credito cooperativo
Le ricerche, svolte dal Museo della civiltà contadina Casolare 311, sono state sostenute da ben 7
BCC, grazie all'interesse che il progetto ha suscitato
nei consiglieri e nei presidenti Francesco Liberati
(BCC di Roma), Domenico Didoni (BCC di Barbarano Romano), Stefano Liverani (BCC di Capranica), Gino Polidori (BCC di Formello e Trevignano),
Fabrizio Chicca (BCC di Riano), Giuseppe Ginnasi
(BCC di Ronciglione) e Pietro Mencarini (BCC della
Tuscia). La Federazione regionale Lazio Umbria e
Sardegna, nella persona del direttore Paolo Giuseppe Grignaschi, ha inoltre concesso il proprio patrocinio.
Senso delle origini, radicamento nel territorio, la
persona al centro di tutto, rispetto per il lavoro delle passate generazioni: questo è il patrimonio di
valori che le BCC hanno voluto approfondire finanziando la ricerca storica e la raccolta di testimonianze.
Il libro, che racconta questa storia avvincente attraverso documenti d'archivio e immagini d'epoca,
sarà presentato in occasione dell'Assemblea dei
Soci, domenica 29 aprile.
VELA NAVIGARE NELLA STORIA
Ascesa e suicidio
di un filosofo
Morte di Seneca, Parigi-Petit Palais.
“Seneca frattanto, poiché il sangue usciva a stento e la
morte tardava a venire, pregò Stazio Anneo - fedele come
amico e valente come medico - di porgergli il veleno che
già da molto tempo si era procurato”
Maestro e consigliere
dell'Imperatore
Seneca nacque a Cordoba, capitale della Spagna Betica,
il 4 a.C. e morì a Roma nel 65. Intorno a lui si è formata
una fosca tradizione nata dalle notizie sulla sua vita scritte da un acerrimo nemico, C. Suillio. Da lui Plinio il Vecchio attinse a piene mani, e da questi Tacito e Cassio
Dione. Ma Seneca non era quel personaggio che emerge
dalle opere di questi annalisti. Egli era una persona salda
nei propositi, fedele alle sue idee, sempre coerente. Da
Nerone ebbe tutto. Nominato suo consigliere personale,
prima ancora maestro di vita, ricevette infiniti doni in denaro e ville che abbellì con giardini che nulla invidiavano a quelli imperiali. Insieme a Burro, il Prefetto del Pre18
torio, comandava insomma Roma. Poi venne il suo declino soprattutto ad opera della nobiltà del tempo, di certo invidiosa dell’ascesa di un così umile filosofo.
Intanto Nerone aveva fatto il vuoto intorno a sé, soprattutto dopo la congiura dei Pisoni, tanto che Seneca cominciò ad avvertire l’ostilità dell’Imperatore, essendo circolata la voce che quanto meno lui sapesse del progettato assassinio del despota.
Temendo la morte, lo affrontò con un discorso di rara
maestria durante il quale espresse il desiderio, dichiarandosi ormai vecchio e stanco, di restituire a Nerone
tutti i regali ricevuti, non potendo più reggere il peso di
tanta ricchezza. L’Imperatore rifiutò e ringraziò, anzi lo
abbracciò e lo baciò. Era la sua condanna a morte.
Il suicidio raccontato da Tacito
Una coerenza di vita
Lo stesso Tacito non può fare a meno di rilevare la dignità
di quest’uomo nel momento del suo suicidio comandato
da Nerone. Descrive così il susseguirsi degli avvenimenti
dopo l’annuncio fatale notificato da un centurione, all’interno di una villa a quattro miglia da Roma in cui Seneca si era fermato dopo un viaggio in Campania. “Intrepido chiede le tavolette per il testamento, ma lo stesso
Centurione gliele nega… abbraccia la consorte e, smessa
per un po’ la severità del volto, la prega e la supplica di
frenare il dolore, di non serbarlo in eterno, confortandosi
al ricordo della vita virtuosa di lui. La consorte invece
dichiara di avere pur ella deciso di voler morire e chiede
la mano di un sicario. Seneca, non volendo nuocere alla
gloria di lei, le dice: io t’avevo insegnato i conforti della
vita e tu preferisci l’onore della morte; scegli come ti par
meglio. Sia in noi due uguale la fermezza d’una fine sì
forte, ma vi sia maggior gloria nella morte tua”.
Dopo di ciò si feriscono le braccia con uno stesso ferro.
Seneca, il cui corpo vecchio ed estenuato dalla
scarsità del vitto lasciava uscire troppo lentamente il sangue, si tagliò anche le vene delle
gambe e delle ginocchia e, straziato da
terribili dolori, per non affliggere con
la propria sofferenza l’animo della
consorte, la induce a farsi trasportare in un'altra stanza. Nerone,
il quale non aveva motivi per
odiare Paolina, ordina che
se ne impedisca la morte.
“Esortati dai soldati, gli
schiavi le fasciano le braccia e arrestano l’uscita del
sangue. Sopravvisse ancora pochi anni al marito,
serbandone lodevolmente la memoria, diventò
pallida in volto e rifinita nella persona, mostrando così
quanto avesse perduto di forza
vitale. Seneca frattanto, poiché il
sangue usciva a stento e la morte
tardava a venire, pregò Stazio Anneo - fedele come amico e valente
come medico - di porgergli il veleno
che già da molto tempo si era procurato. Egli lo bevve, ma invano. Le
membra erano già fredde, il suo corpo
non sentiva più l’azione del veleno. Finalmente entra in una vasca di acqua calda, il cui vapore lo uccide. Il suo corpo
viene cremato senza solennità di esequie,
tale era l’ordine che aveva lasciato nel suo
testamento, quando, nel pieno della ricchezza e
del potere, volgeva il pensiero al momento della fine”.
Uomo coerente e coraggioso, dunque. Scrittore impareggiabile ed esponente principe del pensiero filosofico latino. Ed anche attento alle sofferenze altrui,
come traspare nei “Dialoghi”. In “Ad Marciam de
consolazione”, Seneca cerca di confortare Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, la quale aveva perduto il figliuolo Metilio e lo piangeva da tre anni. Per
dare maggior forza alla sua azione consolatrice si dilunga nel descrivere la legge ineluttabile della morte,
l’universalità del dolore ed il ricordo indelebile delle
virtù dei defunti. Oppure in “Ad Paulinium de brevitate vitae”, in cui viene accusata la natura d’averci dato vita troppo breve, per lo più sprecata inseguendo
gli affari, senza imparare l’arte del vivere. Ed ancora
in “De Beneficis”, in cui esalta il concetto della beneficenza come principio coesivo della società. Per tutta
la vita soffrì di attacchi di asma che lo portavano spesso alla disperazione, e tuttavia visse la sua esistenza in stretta coerenza con gli
ideali professati. (G. P.)
VELA CONOSCERE ROMA
I rioni di Roma
Museo napoleonico
Tra dimore aristocratiche, affreschi sacri e collezioni d'arte
Il Museo napoleonico
La casa-museo della famiglia Bonaparte
A Palazzo Primoli, in via Zanardelli, tra il Tevere e
Piazza Navona, c'è il Museo napoleonico di Roma,
una raffinata casa-museo che ripercorre la storia dei
discendenti di Napoleone nella Capitale. Lo stesso
conte Giuseppe Primoli, che raccolse la collezione,
faceva parte di questa vivace e articolata famiglia,
essendo figlio di Carlotta Bonaparte. AppaSsionato
d'arte e esperto fotografo, tra Otto e Novecento il
conte Primoli attraverso donazioni e acquisti riuscì
a mettere insieme dipinti, arredi, memorie di famiglia, busti, abiti e preziosi oggetti della vita quotidiana dei tanti parenti di Napoleone che segnarono
la scena politica e la vita mondana di quel tempo.
Nel 1927 il Conte donò l'intera collezione, assieme
al piano terra del Palazzo che la ospita, al Comune
di Roma. Ancora oggi il percorso museale è quello
ideato all'inizio del Novecento. Entrando nelle sale,
con i soffitti settecenteschi, le opere d'arte e i tappeti, si ha l'impressione di essere ricevuti con tutti
gli onori in un'accogliente casa aristocratica.
Oratorio del Gonfalone
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CONOSCERE ROMA VELA
L'Oratorio del Gonfalone
La Galleria di Palazzo Corsini
L'arte che racconta le verità della fede
La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, nel rione Ponte,
prende il nome dalla Confraternita del Gonfalone,
nata ai tempi della Controriforma, nella seconda
metà del Cinquecento, per avvicinare alla fede cattolica, per assistere i bisognosi e soprattutto per rappresentare la passione di Cristo con spettacolari
scenografie e coinvolgenti quadri viventi. In questo
modo, infatti, il popolo poteva identificarsi con i
personaggi sacri e rinsaldare la fede attraverso le
emozioni. L'arte della Controriforma doveva persuadere e mostrare con chiarezza episodi biblici e
verità di fede: e così il maestoso ciclo di dodici affreschi, opera dei principali esponenti del manierismo romano, raffigura la vita di Cristo dall'entrata
in Gerusalemme all'ultima cena, dalla deposizione
dalla croce alla resurrezione. Nei sotterranei dell’oratorio, inoltre, sono visibili i resti della precedente chiesa di S. Lucia. Dal 1960 l'Oratorio è divenuto sede del Coro Polifonico Romano, che vi
tiene un ricco calendario di concerti, splendido
esempio di come un luogo così suggestivo possa vivere di una nuova spiritualità.
Una collezione di capolavori della pittura europea
Un viaggio straordinario nella pittura europea è quello
che si compie in poche ore visitando la Galleria di
Palazzo Corsini, nel rione di Trastevere. Il Palazzo,
abitato anche da Cristina di Svezia che vi tenne i primi
incontri dell'Accademia di Arcadia, conserva infatti
una preziosissima collezione di dipinti, nata nel Settecento dalla passione del cardinale Neri Maria Corsini e arricchita nei decenni successivi dai suoi eredi.
La collocazione delle opere sulle pareti rispecchia fedelmente quella del XVIII secolo, grazie al ritrovamento di un inventario che ha permesso di ricostruire
gli arredi stanza per stanza. Tra le opere più importanti
ci sono il “Supplizio di Prometeo” di Salvator Rosa, il
“San Sebastiano curato dagli Angeli” di Rubens, la
“Madonna della Paglia” di van Dyck, la “Fuga in Egitto” di Carlo Maratta, il “Trionfo di Ovidio” di Poussin
e molte altre opere di argomento religioso, mitologico
e paesaggistico. Alla fine dell'Ottocento il Palazzo e
le sue proprietà sono state vendute allo Stato, costituendo la Galleria Nazionale d'Arte Antica, parte della quale si trova attualmente a Palazzo Barberini, già
meta di una nostra visita.
Il calendario delle gite a Roma
Le partenze, in pullman, avvengono da Piazza del Mercato, a Formello, alle 8:30, salvo diversa indicazione telefonica. Come di consueto, è necessario prenotarsi per tempo ad ogni singola gita, fino all'esaurimento dei posti
disponibili, al numero 06 90 14 30 55 (Ufficio Soci). Ogni socio può farsi accompagnare da un famigliare.
Sabato 14 aprile: Chiesa di Santa Cecilia e il rione Trastevere
Una passeggiata attraverso gli angoli meno noti del quartiere, con particolare attenzione alla
chiesa sorta sulla casa della giovane martire e decorata con celebri affreschi medievali
Sabato 12 maggio: Giardini Vaticani
Il segreto incanto di viali alberati che raccontano la storia millenaria della cittadella papale,
con fontane, sculture e monumenti di epoche diverse racchiusi nelle mura vaticane
Sabato 9 giugno: Villa Adriana di Tivoli
Un tuffo nella Roma imperiale alla scoperta della villa del più filosofo tra i sovrani, amante
della Grecia classica e cultore di una passione antiquaria ispirata ai miti egizi
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VELA NOTIZIE IN BREVE
Nello Garofoli, un socio fondatore
Nozze d'oro
Lo scorso 27 novembre si è spento all'età di 89 anni
Nello Garofoli, uno dei soci fondatori della Cassa rurale ed artigiana “San Lorenzo” di Formello. Di origini
abruzzesi, fu trattorista, fabbro e infine fontaniere comunale. Nel 1958 aderì al Comitato promotore della
Cassa rurale, di cui fu per tre mandati consigliere di
Amministrazione. Era stato segretario della sezione di
Formello della Democrazia cristiana e presidente del
Centro Sociale Anziani di Formello. Sin da bambino
suonava il violino, interpretando brani classici e canzoni popolari. La sua sapienza artigiana, il suo senso
di comunità e il suo amore per l'arte saranno un'eredità preziosa per tutti noi.
È stato celebrato il cinquantesimo anniversario del
matrimonio tra il socio Riccardo Scarponi e Romana
Belloni. La cerimonia religiosa si è tenuta presso la
nuova Parrocchia di don Luigi Peri ad Anguillara Sabazia.
La Festa del Socio
Sabato 10 dicembre a Trevignano e domenica 11 a
Formello si è tenuta l'annuale Festa del Socio. Dopo
Vedute del lago di Bracciano
i saluti del Presidente Gino Polidori e del Direttore
generale Mario Porcu, sono stati premiati i neo-laureati soci o figli di soci e le associazioni sportive che
si sono distinte per il valore sociale e aggregativo
delle loro attività.
Sabato 14 gennaio al Circolo “La Fontana” di Trevignano è stato presentato il volume di Valentina Del
Monaco, “Vedute del territorio del lago di Bracciano”. L'Autrice ha proiettato le diapositive di alcune
delle opere presenti nel catalogo. Ad introdurre la
serata c'erano il Sindaco di Trevignano Massimo Luciani e il Direttore generale della BCC Mario Porcu,
che ha ricordato come da più di vent'anni la Banca
assegna premi di laurea agli studenti meritevoli e incoraggia gli studi sulle nostre comunità.
Il libro su Nerone presentato ad Anzio
Nel prestigioso scenario di
Villa Sarsina, sede istituzionale del Comune di Anzio,
lo scorso 17 dicembre è stato presentato il volume
“Nerone. Un giusto processo” di Gino Polidori, sulla
figura del grande Imperatore. Ad accogliere l'Autore
c'era il sindaco di Anzio,
Luciano Bruschini. Dopo i
saluti, gli attori Maurizio Zanchetti e Mariastella Nazzaro, coadiuvati da Monica Burgio, hanno letto
alcuni brani del libro, mentre il giornalista RAI Giovan Battista Brunori, il direttore della Federazione
regionale Lazio-Umbria-Sardegna della Banche di Credito Cooperativo Paolo Giuseppe Grignaschi e
lo storico Armando Finocchi hanno parlato dell'identità contesa di Nerone. L'evento era molto atteso
anche perché Anzio è la città di Nerone, che qui nacque il 15 dicembre del 37 d.C.
LE MIGLIORI TESI DI LAUREA VELA
Progetti d’ingegneria
naturalistica
nel Parco di Veio
DI
MARCO BATTISTINI, NEO-LAUREATO IN CONSERVAZIONE E RESTAURO
DIFESA DEL SUOLO
DELL'AMBIENTE FORESTALE E
La difesa del suolo è oggi uno dei
temi principali affrontati in ambito
ambientale. Basti pensare alla frequenza con cui eventi come frane, smottamenti, alluvioni, colate
di fango e detriti ed altro ancora si
verificano in tutta Italia con effetti
più o meno gravi, a volte disastrosi, sia per l’uomo che per l’ambiente.
Tra le discipline di tutela per la difesa del suolo, l’Ingegneria naturalistica è all’avanguardia per la
realizzazione di opere pubbliche
e private, attraverso tipologie d’intervento corrispondenti a criteri di
basso impatto ambientale. Utilizzando materiali biodegradabili e
naturali come il legno e le piante
vive è possibile intervenire, in sostituzione alle classiche opere in
muratura, per prevenire ed evitare molti di quei fenomeni dovuti
all’azione dell’acqua che si instaurano su un ambiente già indebolito e alterato dalle azioni umane. L’importanza dell’Ingegneria
naturalistica nell’ambito delle
opere pubbliche è ribadita dalla
D.G.R. 4340/96 "Criteri progettuali per l'attuazione degli interventi
in materia di difesa del suolo nel
Lazio", che all’articolo 3 recita:
“Su tutto il territorio regionale,
nella realizzazione di opere di
consolidamento dei versanti e delle scarpate, si dovrà sempre verificare la possibilità di utilizzare
metodi basati sui principi dell’Ingegneria Naturalistica”.
Questi metodi appaiono indispensabili soprattutto negli ambienti
strettamente forestali e naturali come ad esempio il Bosco di Monte
Musino (“Macchia di Sacrofano”)
situato nell’Area Naturale Protetta
del Parco di Veio, che è oggi uno
dei più grandi boschi nella zona a
nord di Roma. Attualmente i sentieri del bosco presentano delle
criticità legate all’erosione del
suolo e alla perdita di materiale
terroso dalle scarpate laterali, dovute in parte alle vecchie escavazioni nel tufo e in parte all’attuale
calpestio del bestiame. Gli svantaggi che questo fenomeno comporta sono molteplici, tra cui il pericolo di crollo degli alberi adiacenti i sentieri, la perdita di suolo
fertile dai versanti che indebolisce
la salute dell’ecosistema bosco e
della sua biodiversità, ed il forte
incanalamento delle acque meteoriche lungo i sentieri che incidono profondi solchi d’erosione e
li rendono difficilmente percorribili. Alla luce di ciò, sono stati elaborati sette progetti tipologici per
la messa in sicurezza delle scarpate del bosco Monte Musino, tramite interventi d’ingegneria naturalistica in punti strategici della
sentieristica. Tali opere, se realizzate, potranno costituire un esempio per l’applicazione dell’Ingegneria naturalistica, in alternativa
al cemento e al calcestruzzo, anche in contesti più strettamente urbani o privati, verso interventi migliori sotto il profilo naturalistico,
economico e paesaggistico (quindi anche estetico e ricreativo), come più spesso avviene nel Nord
Italia e nelle opere a spiccata impronta ecologica.
21
VELA I SOCI RACCONTANO
Fu il vescovo, monsignor Giuseppe
Gori, a parlarmi per la prima volta
delle Casse rurali ed artigiane e
della loro profonda ispirazione cristiana. Erano i primi anni Cinquanta. Da poco ero stato ordinato sacerdote e mi era stata conferita la
Parrocchia di Trevignano, che allora contava su appena 1800 anime.
A Trevignano una Banca vera e
propria non c'era, ma era aperto
uno sportello del Banco di Santo
Spirito. Su consiglio di Primitivo
Giordani, allora direttore della Cassa rurale ed artigiana di Ronciglione, anche da noi si iniziava a pensare alla nascita di un istituto di
credito cooperativo. Ma passavano
gli anni e non si riusciva a mettere
insieme i trenta soci sottoscrittori
previsti dalla legge. Tante volte il
notaio era venuto invano.
In quel periodo fu approvata la
legge di riforma fondiaria, che
concesse tanti terreni anche a Trevignano. Io volevo creare una
grande opera per i ragazzi meno
fortunati, quella che poi sarebbe
diventata la Casa del Fanciullo. Mi
serviva un terreno per poter costruire le prime stanze. Mi recai a
Roma, in via delle Quattro Fontane, dove risiedeva la principessa
Del Drago, la famiglia signorile
che possedeva in paese tante terre.
Mi fecero attendere in una sala
piena di tappeti. Quando la principessa tornò dalla messa, finalmente mi diede udienza. Esposi il
mio progetto. Ero pieno di speranze. La principessa invece mi cacciò in malo modo e quasi senza
accorgermene mi ritrovai per la
strada. Del resto, erano anni anche
di grandi tensioni tra le famiglie signorili e le popolazioni che chiedevano terra da coltivare, tra le occupazioni dei campi e gli espropri
dell'Ente Maremma. Poi, per fortuna, con una permuta con un agricoltore di Trevignano riuscii ad ottenere un terreno per realizzare il
24
Don Carmelo
Benedetti
una macchina da scrivere e due
sedie.
Negli stessi anni nasceva la Cassa
“San Lorenzo” di Formello. Don
Angelo Mechelli, che ispirò il
gruppo dei soci promotori formellesi, era di Morlupo, come me. La
nostra amicizia ci ha accompagnato per tutta la vita, fin dai tempi
in cui eravamo giovani seminaristi
alla Quercia, a Viterbo. Della banca formellese conoscevo bene anche Augusto Serata, presidente
dell'Azione cattolica, un uomo
Don Carmelo e i suoi ragazzi
in una gita al Vaticano.
mio grande sogno. Nella Casa del
Fanciullo ho accolto tanti ragazzi.
Qui molti di loro hanno imparato
un mestiere. Divennero falegnami,
elettricisti, tecnici radiofonici.
E proprio alla Casa del Fanciullo,
la sera del 9 febbraio 1958, riuscimmo a mettere insieme i trenta
soci sottoscrittori per fondare la
Cassa rurale ed artigiana “San Bernardino” di Trevignano. Io sono
stato il primo depositante. La Cassa è cresciuta dal niente. Ricordo
che i primi arredi della Cassa rurale li comprammo di seconda mano dal Banco di Santo Spirito di
Bracciano, che rinnovava i suoi locali: un bancone, una calcolatrice,
molto determinato con un grande
senso di responsabilità.
Anno dopo anno le nostre Casse
rurali consolidarono i loro bilanci, onorando sempre il valore della solidarietà cristiana e incoraggiando le aziende agricole e le
imprese commerciali. L'agricoltura per tanto tempo è stata la risorsa più grande per la nostra comunità. Tanti agricoltori iniziarono a
mettere da parte i risparmi del loro lavoro, quando vendevano gli
ortaggi, i pomodori, soprattutto.
Oggi molte cose sono cambiate,
ma è l'agricoltura che manda
avanti l'umanità. Non dobbiamo
dimenticarlo.
Nel prossimo numero:
Il Credito Cooperativo
e la tutela ambientale
BCC
CREDITO COOPERATIVO
Formello
e
Trevignano Romano
CONSIGLIO
DI AMMINISTRAZIONE
Presidente
Gino Polidori
Vice Presidente
Alvaro Altarocca
Consiglieri
Giuseppe Bernardi
Edda D’Alessio
Gianluca Franchini
Lorenzo Francucci
Piergiorgio Montani
Marco Palma
Matteo Stefanelli
COLLEGIO SINDACALE
Presidente
Cristiano Sforzini
Sindaci Effettivi
Sandro Cioccoloni
Filippo Salvatore Licenziato
DIREZIONE
Direttore Generale
Mario Porcu
Vice Direttore Generale
Angelo Buccioli
BCC
CREDITO COOPERATIVO
Formello
e
Trevignano Romano
Siamo presenti a:
Sede Amministrativa FORMELLO
Viale Umberto I°, 92 - Tel. 06.9014301 - Fax 06.9089034
Sede Centrale FORMELLO
Viale Umberto I°, 4 - Tel. 06.9014301 - Fax 06.9089034
Agenzia n° 1 LE RUGHE
Viale Africa, 8 - Tel. 06.9087359 - Fax 06.90129315
Filiale CAMPAGNANO DI ROMA
Via del Pavone, 52-53 - Tel. 06.90154376/77 - Fax 06.90154380
Agenzia n° 2 OLMETTI
Via degli Olmetti, 41 3U - Tel. 06.90400394 - Fax 06.90400352
Filiale TREVIGNANO ROMANO
Via IV Novembre, 2 - Tel. 06.999121 - Fax 06.9999514
Filiale ANGUILLARA SABAZIA
Via Anguillarese Km 5,200 - Tel. 06.9994574/385 - Fax 06.9995337
Filiale CESANO
Via della Stazione, 359 - Tel. 06.30439538/88 - Fax 06.3038935
Filiale MONTEROSI
Via Roma, 50 - Tel. 06.9014301
Monterosi
Trevignano
Romano
Campagnano
di Roma
Anguillara
Sabazia
Cesano
Le Rughe
FORMELLO
Olmetti