TUTTA L`EMOZIONE DEL VINO LE MARCHE LA MERIDIANA DI
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TUTTA L`EMOZIONE DEL VINO LE MARCHE LA MERIDIANA DI
N. 32 - Settembre 2016 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009 IO VE VELA GO LA LA RIVISTA DELLA BANCA DI FORMELLO E TREVIGNANO DI CREDITO COOPERATIVO TUTTA L’EMOZIONE DEL VINO UNA SIMBIOSI PERFETTA TRA UOMO E NATURA LE MARCHE IL RACCONTO DEL VIAGGIO LA MERIDIANA DI FORMELLO CONDIVIDERE IL TEMPO IN UNA COMUNITÀ TREVIGNANO FILM FEST IL CINEMA E LE LIBERTÀ NEGATE BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano Fuochi d’artificio nel cielo di Trevignano dopo la processione mariana delle barche illuminate, che come ogni anno anima la notte di Ferragosto. Il barcone che porta l’immagine di Maria Assunta passa lentamente davanti a migliaia di persone, assiepate sulle sponde del lago o sedute ai tavolini all’aperto. Nell’aria, le note dell’Ave Maria di Schubert e le parole del Vescovo. La foto è stata scattata da Giampiero Marricchi. N. 32 - Settembre 2016 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009 IO VE VELA Sommario GO LA LA RIVISTA DELLA BANCA DI FORMELLO E TREVIGNANO DI CREDITO COOPERATIVO TUTTA L’EMOZIONE DEL VINO UNA SIMBIOSI PERFETTA TRA UOMO E NATURA LE MARCHE IL RACCONTO DEL VIAGGIO LA MERIDIANA DI FORMELLO CONDIVIDERE IL TEMPO IN UNA COMUNITÀ 3 4 5 6 Editoriale del Presidente La Carta della Finanza Il Punto del Direttore Le Marche tra terra, mare e musica TREVIGNANO FILM FEST IL CINEMA E LE LIBERTÀ NEGATE BCC CREDITO COOPERATIVO Formello e Trevignano Romano La rivista della Banca di Formello e Trevignano di Credito Cooperativo Periodico trimestrale Anno 9 - N. 32 Settembre 2016 Registrato presso il Tribunale di Tivoli il 27-10-2008 al N. 21/2008 Redazione Viale Umberto I, 92 Formello (Roma) Tel. 06 90 14 30 95 6 10 La Meridiana di Formello 14 Conoscere Roma 15 Il Trevignano Film Fest 16 Francesca Romana e Luca Maroni 16 Direttore Responsabile Gino Polidori Redattore Armando Finocchi 20 Dolores Sforzini Ufficio Soci Tel. 06 90 14 30 55 Stampa Miligraf Srl Via degli Olmetti, 36 Formello (Roma) Tel. 06 90 75 142 Hanno collaborato a questo numero: Giuliana Di Carlo Corrado Giustiniani Alfonso Mongiu (per le immagini sulla Meridiana di Formello) In copertina: un grappolo d’uva della vendemmia 2016 www.bccformello.com 20 22 Navigare nella storia 24 I comportamenti delle imprese Sullo sfondo: uno dei camminamenti di ronda all’interno delle mura aureliane, vicino Porta San Sebastiano sull’Appia antica, meta della nostra ultima gita romana. Qui nel 1989 è stato allestito il “Museo delle Mura”, in cui un plastico offre una visione su tutta la cinta muraria e le vie consolari. La via Appia era la “regina delle strade” e portava a Roma le spezie e i profumi d’Oriente. Dalle feritoie di queste fortificazioni difensive i soldati vedevano arrivare carri e convogli commerciali. Prigionieri degli acronimi La comunicazione di oggi richiede certamente velocità, chiarezza, ma soprattutto concisione, intesa come riduzione quantitativa del messaggio non disgiunta dall’affinamento espressivo. Un’esigenza che via via è penetrata sempre più nel linguaggio, condizionandolo con una sequela di sigle spesse volte dal suono metallico per l’affollamento di più consonanti. Gli acronimi appunto, una parola formata generalmente dalle iniziali di più parole. ALM, AQR, BAIL IN, CET1, ELA, ICAAP, QE, RAF, RAS, sono alcune delle centinaia di sigle oggi utilizzate negli istituti bancari. Un diluvio, sostengono alcuni. Per altri l’uso crescente degli acronimi è un vero e proprio abuso di specialisti, che di giorno e di notte si impegnano nel varare regole sempre più stringenti, che a loro volta richiedono sintesi sillabiche o letterali. Cosicché il linguaggio diviene sempre più ermetico e poco accessibile anche per coloro che operano giornalmente in quello specifico campo. Una delle fonti principali è certamente l’Unione Europea, pronta in ogni tempo a dettare in tutti i campi regolamentazioni sempre più articolate, fino a spingersi a risibili dimensionamenti nei processi alimentari come la grandezza minima delle cozze, la lunghezza delle zucchine e perfino delle etichette che le accompagnano. Anche qui manciate di sigle. Peraltro l’utilizzo degli acronimi era in uso già nella Roma antica, ma con marginale diffusione. Negli epitaffi sepolcrali si poteva leggere STTL (sit tibi terra levis: ti sia leggera la terra), oppure per le donazioni DD (donum dedit: donò); per le abbreviazioni: cos, console; imp, imperatore e così via. Marginale diffusione, dicevamo, e solo per situazioni ripetitive e per l’inevitabile dimensionamento minimale della superficie marmorea. Oggi nel mondo bancario si parla per sigle, quali gergalismi grafici di un nuovo modo di esprimersi o come qualcuno ha detto per grafici connotativi. Non diverso è il linguaggio dei giovani attraverso gli sms, i messaggini, una vera neolingua, un nuovo gergo a dimensione generazionale, peraltro pericoloso per la purezza dell’italiano a causa di una voluta trasgressività grammaticale e sintattica. Anche nel campo giornalistico viene sempre più spesso usato un linguaggio sincopato per esigenze di velocità comunicativa: dg (direttore generale), ct (commissario tecnico), ad (amministratore delegato), pm (pubblico ministero) e via così. Insomma si va sempre più affermando il ricorso all’acronimia, intesa come un insieme di processi per la formazione di acronimi dei quali, purtroppo, ci sentiamo a volte prigionieri e spesso ostaggi, soprattutto quando ci attardiamo a decifrare la sigla pronunciata dal relatore di turno, mentre il suo discorso prosegue senza tregua, magari infiocchettato da altri acronimi. Nei passaggi più difficili non stupirebbe nemmeno un “abracadabra”, che da simbolo esoterico potrebbe sembrare, nell’ansia di decifrare un linguaggio criptato, la sintesi di un nuovo compendio normativo. Il Presidente Gino Polidori 3 VELA CREDITO COOPERATIVO La Carta della finanza libera, forte e democratica Fa parte dei valori del Credito Cooperativo. Perché le BCC vogliono dare strumenti di crescita, includere, costruire il domani. Oggi più che mai dare credito vuol dire dare fiducia. Responsabile Una finanza responsabilmente gestita e orientata al bene comune. Sociale Attenta ai bisogni della società e capace di guardare oltre se stessa. Plurale Composta di soggetti diversi, per dimensione, forma giuridica e obiettivi d’impresa. Inclusiva Deve integrare nei circuiti economici e partecipativi e quindi realizzare rispetto e coesione. Comprensibile Non deve abitare i templi, ma le piazze. Deve parlare il linguaggio comune delle persone. Utile Non autoreferenziale, ma al servizio, per consentire alle persone di affrancarsi da destini apparentemente segnati e di mettere a fattor comune le proprie capacità. Incentivante Capace di riconoscere e valutare il merito, anche oltre i numeri e le procedure standard. Educante Insegna a gestire il denaro, nelle diverse fasi della vita, con discernimento e consapevolezza, per farne un mezzo e non un fine. Efficiente Impegnata a migliorare la propria offerta e i propri processi di lavoro con il fine di garantire sempre maggiore convenienza ai propri clienti. Una nuova rete di protezione È l’obiettivo del contratto di coesione Lo scorso 15 luglio la Banca d’Italia ha pubblicato lo schema delle disposizioni in materia di Gruppo Bancario Cooperativo, ai sensi di alcuni articoli introdotti dalla riforma delle BCC. Le disposizioni sono destinate a confluire nella Circolare della Banca d’Italia n. 285 “Disposizioni di Vigilanza per le Banche”. A partire dal 15 luglio, per 60 giorni, è iniziata la fase di consultazione, in cui è stato possibile presentare le osservazioni prima delle disposizioni definitive, dalla cui data di pubblicazione decorrerà il termine, non superiore a 18 mesi, per la proposizione da parte della candidata Capogruppo dell’istanza di costituzione del Gruppo Bancario Cooperativo. È stata quindi un’estate fervida di incontri e proposte. delle e. En EEntro tro il 5 agosto tr t le Federazioni F de Fe d ra r zioni locali l de d le ll BCC hanno inviato le proprie osservazioni a Federcasse, casse, che a sua volta v lta vo t le ha inserite inseri r te t in un diddi segno d’insieme e le ha trasmesse alla Banca d’Italia. a. L’obiettivo di tutti è che la Capogruppo possa da un parte t intermediare inte t rm r edi d are r le BCC con i mercati merc r ati dei capitali, con i mercati interbancari, con i sistemii di d pagamento paga g mento t e con la l Banca Centrale C ntr Ce trale per per gli obblighi di riserva e le operazioni di politica monetaria, oneta t ri r a, dall’altra d ll da l ’a ’ ltr tra esercitare eserc r ita t re r i poteri pote t ri r di d diredirezione e coordinamento in modo autonomo. Per assicurare questo secondo compito, racchiuso nel cosiddetto cosidd ddetto t “contratto “contr tratto t di d coesione”, coesion ne”, sono previsti poteri della Capogruppo per nominare e revocare BCC, v care vo r i componenti degli d gl de gli organi org rgani delle delle B CC C, con la possibilità di opporsi alla nomina degli esponenti onenti ritenuti r te ri t nuti non idonei ido d nei e di d nominare nomin nare i componenti mancanti, di esternalizzare presso la Capogruppo Capogr Ca g up uppo le funzioni f nzioni di fu d controllo contr trollo interno, interno, di approvare preventivamente le operazioni che abbiano bbiano rilievo r li ri l evo v strategico str trate t gico sul piano piano patrimopattrrimoniale o finanziario, di definire l’articolazione territoriale ale e la l rete r te re t distributiva distr di tributiva v di di ogni ogni singola singola BCC. BCC. Al di là delle limitate modifiche che dovessero essere ere r introdotte intr trodo d tte t a seguito seguitto della della consultazione consultazione di questi mesi, la direzione è chiara: le BCC saranno o limitate l mita li t te t nelle nell l e proprie pro roprie scelte scelte organizzative, organizzative, ma verranno supportate da un’efficace “rete di protezione” ote t zione” in grado grado di gr di far far ccrescere rescere iill ssistema istema cooperativo e sviluppare sempre di più lo scambio mutualistico mutuali l stico con co on i soci soci e le le aziende. aziende. Il Direttore ore Mario Porcu 5 VELA LA GITA SETTEMBRINA Le Marche tra terra, mare e musica Le tradizioni cooperative di una grande azienda casearia, Ancona porto di mare, le verdi colline dell’entroterra e la candida costa del Conero, il borgo medievale di Jesi racchiuso nelle mura, l’arte della fisarmonica, il Santuario di Loreto e i tipici piatti regionali di terra e di mare. “Le strade del gusto” è stata un’occasione straordinaria per scoprire un’Italia ricca di storie e forse poco conosciuta. Questo il nostro diario di viaggio. Dopo il nostro arrivo visitiamo una grande azienda lattiero-casearia. “Il modello cooperativo è un esempio di equilibrio tra sviluppo economico, progresso sociale e sostegno alla cultura”, ha detto Paolo Fabiani, presidente di Trevalli Cooperlat. Più di mille agricoltori, riuniti in 15 cooperative di base, si sono associati in una cooperativa più grande. Allevano animali in tanti pascoli nelle colline marchigiane e in altri versanti dell’Appennino. La cooperazione unisce l’Italia. Divisi in gruppi veniamo accompagnati all’interno dello stabilimento. In tutto il comprensorio agricoltura e allevamento convivono con fabbriche manifatturiere, dai prodotti alimentari ai calzaturifici ai mobilifici. Veloci nastri trasportatori dirigono le confezioni verso il reparto dell’imballaggio e della spedizione. La Trevalli Cooperlat è stata la prima azienda del settore a confezionare il latte a lunga conservazione nei contenitori tetrapack. Negli ultimi anni la ricerca portata avanti nel laboratorio aziendale ha creato nuovi prodotti per consumatori intolleranti al lattosio, con l’utilizzo di ingredienti vegetali ad alta digeribilità come la soia 100% made in Italy e Ogm-free. Tra i mercati emergenti ci sono anche Sud Africa, Cina e Stati Uniti. E così la panna-spray prodotta qui viaggia in nave all’interno di containers per arrivare su quelle tavole. La globalizzazione è anche un’opportunità e solo la cooperazione permette a piccoli e medi produttori di raggiungere paesi così lontani. Apprendiamo la missione sociale di Trevalli Cooperlat. Ad esempio sostiene la Lega del Filo d’oro, l’associazione onlus fondata a Osimo nel 1964 che assiste le persone sordocieche. Prima di salutarci, i cooperatori marchigiani ci offrono una degustazione di formaggi, mozzarelle e budini. Concerto in entrambe le serate. Regia di Igino Angelici, Vladimiro Finocchi alle tastiere, Sonia Mayer e Tonino Bovarelli tra gli interpreti, alle loro spalle Silvano Marinelli, nel ruolo di presentatore. Ma si sono esibiti anche Flavio Mazzarini e Ombretta Belloni. Le Marche ci accolgono con paesaggi da fiaba. È il momento delle arature. Dalla cura dei campi iniziamo a comprendere la proverbiale operosità marchigiana. Dopo aver costeggiato la Loggia dei Mercanti, saliamo sul monte Guasco per visitare la Cattedrale di San Ciriaco, santo patrono di Ancona. È uno dei capolavori dell’arte romanica italiana, a cui si mescolano elementi gotici e bizantini. Entriamo in chiesa durante un matrimonio. La luce del mattino irrompe da d una vetrata, in alto, mentre una violinista suona il “Canone in re v maggiore” di Johann Pachelbel. m Davvero la musica avvicina a Dio. Lo sguardo spazia sul porto di Ancona, tra cantieri navali, banchine e traghetti pronti a salpare verso la Croazia e la Grecia. La scia bianca di un motoscafo si perde all’orizzonte. “Anche in porti gremiti il mare tiene in una condizione di solitudine e di grandezza”, scrisse Ungaretti. Dal mare arrivavano ricchezze ma anche malattie. Per questo merci e persone provenienti da paesi di possibile contagio rimanevano per 40 giorni nel Lazzaretto, in “quarantena”, appunto. Anche il prete distribuiva le ostie da lontano, conficcandole sulla punta di una lunga canna. “Non te toccherìa u manco co ‘na canna guzza!”, dicono m ancor oggi gli anconetani. Percorriamo la strada del Conero, talvolta sulla costa, talvolta nell’entroterra, fino ai due borghi di Sirolo e Numana, dove pranziamo in un panoramico ristorante a picco sul mare, a due passi da questo arco. Qualcuno di noi già sogna di ritornarci, ma di sera. Dal corbezzolo (kòmaros in greco) il Conero prende il suo nome. E i corbezzoli ci sono ancora, tra la macchia mediterranea che ricopre queste scogliere. “La Madonna delle Rose” di Lorenzo Lotto (1480-1556) alla Pinacoteca di Jesi. Un Gesù bambino irrequieto tende le braccia a Giuseppe, vestito da pellegrino. La giovane Madonna chiude il libro a San Gerolamo, perché nel libro c’è già scritto il doloroso destino del Figlio. In quel momento non vuole sapere. Come era fatta una farmacia settecentesca? Grandi scaffali in legno e centinaia di vasi di ceramica con essenze, unguenti ed erbe medicinali. Questa collezione custodisce ben 208 vasi realizzati nel 1775 e provenienti dalla “speziera” dell’Ospedale di Jesi. Il dibattito sul Credito cooperativo tra Gino Polidori, presidente della nostra Banca, e Luciano Saraceni, presidente della BCC di Filottrano, di cui Trevalli Cooperlat è socia, intervistati da Armando Finocchi. “La riforma è necessaria per dare stabilità al sistema, ma dovrà conservare i nostri valori”. 8 8 LA GITA SETTEMBRINA VELA Secondo la leggenda al tempo delle crociate furono gli angeli a trasportare qui la Casa di Nazaret, dove visse Gesù. Attorno a questa reliquia nascerà il Santuario di Loreto. Sul muro del municipio di Castelfidardo un’iscrizione onora uno dei protagonisti del Risorgimento: “Giuseppe Mazzini / Povero Contristato Schernito Sognatore / Tollera / Questi onori postumi / I soli consentiti dal destino / Ai Maestri”. È che nelle Marche cattoliche non era facile immaginare un governo diverso da quello del Papa. Ma il paese è noto in in tutto tutto il mondo per la fisarmonica, il più suggestivo strumento musicale della cultura popolare, oggi riscoperto anche dalle accademie. Un piccolo museo ne conserva più di 200 esemplari, mentre un ragazzo di 25 anni ce ne suona una con vertiginosa abilità. È da solo ma sembra un’orchestra intera! A Jesi assaggiamo piatti di terra bagnati da un buon Verdicchio, sulla costa i piatti di mare. A Numana il pesce ci viene servito “in potacchio”, intingolo a base di vino bianco, olio d’oliva, aglio e pomodoro. A Porto Recanati è la volta di una deliziosa frittura mista dell’Adriatico. Difficile alzarsi da tavola. Porto Recanati ha uno spettacolare lungomare e case colorate. Sulle sue coste si svolge una “Festa del mare” con una sfilata di barche in onore della Madonna del Soccorso. Secondo la tradizione una tela raffigurante la Madonna venne ritrovata tra le reti di un peschereccio scampato al naufragio. Sulla via del ritorno, la Banca ha voluto regalare ad ognuno dei partecipanti una confezione di un tipico biscotto marchigiano, le fette di mosto con le mandorle, prodotto da un forno cooperativo socio della BCC di Filottrano. E così la strada del gusto ci riaccompagna “dolcemente” fino a casa. 9 VELA PATRIMONI La Meridiana di Formello Condividere il tempo in una comunità N Lazio esistono solo due meridiane attive a Nel c camera oscura: una nella Basilica di Santa Maria d degli Angeli a Roma e l’altra nella chiesa di San L Lorenzo a Formello. La Meridiana di Roma è a ammirata da migliaia di visitatori, quella di F Formello è stata da poco riscoperta. Un libro a appena pubblicato ne svela la storia sorprendente. lla fine del Settecento Formello aveva appena 600 abitanti, divisi in due parrocchie, quella di San Lorenzo Martire e quella di San Michele Arcangelo. L'arciprete Francesco Volponi era il parroco di San Lorenzo, il rettore Luigi De Sanctis era il parroco di San Michele. Ognuno a suo modo, don Francesco e don Luigi erano due sacerdoti volenterosi: il primo riordinò la storia della comunità scrivendo pagine di inventari e di memoriali, il secondo amava la tecnica ed era anche un provetto scalpellino. E proprio a don Luigi si deve la Meridiana di Formello. A Luigi De Sanctis, chi era costui? Ma da dove veniva don Luigi? E perché intraprese un progetto così difficile? Cerchiamo di indagare nella sua vita. Era nato a Castel S. Elia nel 1757. Il padre si chiamava Michele ed era un “capitano”, quindi un ufficiale pontificio. La madre, Rosa Lorenzoni, era di Monterosi. Non sappiamo dove Luigi studiò e dove apprese anche cognizioni di matematica e astronomia, forse al Collegio Romano di Roma. Probabilmente frequentava la città, perché fu la vista della Meridiana di Santa Maria degli Angeli che lo ispirò nell'ideare una cosa simile anche nella piccola chiesa formel10 lese, di cui divenne titolare alla morte di don Francesco. La Meridiana avrebbe potuto determinare con esattezza l’istante del mezzogiorno solare e regolare l’orologio del campanile, piuttosto impreciso come tutti gli orologi meccanici di allora. Contare il tempo nell’Italia contadina Dal Trecento all’Ottocento in Italia le ore non venivano contate a partire dalla mezzanotte, come avviene oggi, ma dal tramonto del sole, che però varia di giorno in giorno secondo le stagioni. Era il sistema orario detto “italico”. Perché tutto questo? Quando non esisteva l’elettricità per illuminare le strade e i borghi a una certa ora chiudevano le porte, questo sistema permetteva di sapere con precisione quante ore di luce rimanevano prima della notte, perché la ventiquattresima ora era sempre l'ora del tramonto. E quindi, se si udivano ventidue rintocchi della campana, voleva dire che rimanevano due ore di luce, in qualsiasi stagione dell’anno: erano spesso le ore per tornare a casa dai campi, a piedi con la zappa in spalla o al ritmo lento del somaro, caricato di legna o di fieno. Dopo un primo momento di perplessità, anche i viaggiatori stranieri finivano per abituarsi a questo modo di misurare il tempo basato su un evento quotidiano percepibile anche dalle persone più semplici o isolate: il tramonto del sole. Una curiosità: a Roma esisteva un solo orologio meccanico pubblico che contava le ore dalla mezzanotte, quello installato sul campanile sinistro della Chiesa della Trinità dei Monti, che apparteneva alla giurisdizione dello Stato francese. Nelle cronache del tempo e nei diari dei viaggiatori europei quell’orologio veniva talvolta chiamato “il conforto degli stranieri”, perché era l’unico a segnare il tempo come nei loro paesi di origine. La Meridiana Ma torniamo alla nostra Meridiana. Nel 1796 don Luigi fece realizzare una linea di marmo lunga circa 13 metri e larga 12 centimetri, sulla quale erano incise le ore “italiche” del mezzogiorno, con un passo di un quarto d’ora. Ai suoi lati c’erano i riquadri dei segni zodiacali con funzioni calendariali e versi in latino. Era dotata di un foro gnomonico (cioè “indicatore”) di otto millimetri di diametro a un'altezza di oltre 6 metri, aperto nella facciata della chiesa di San Lorenzo esposta a sud, sopra a una seconda porta della chiesa, un ingresso minore oltre a quello che conosciamo oggi. Il modello era quello della Basilica romana, solo più piccolo di un terzo, da cui vennero ripresi anche i segni zodiacali, incisi a Formello dal pittore Luigi Procida. 11 VELA PATRIMONI Cesare Lucarini e Mario Catamo Don Luigi dovette fare i conti con la struttura della chiesa di allora: secondo gli usi dell’epoca, la chiesa era anche cimitero di parroci o famiglie abbienti, e la Meridiana si sovrappose a una botola sepolcrale. Ma il sogno dell’intraprendente parroco di Formello era diventato realtà e misurò per oltre 150 anni il tempo del lavoro e delle festività. La distruzione e il recupero La Meridiana venne distrutta nel 1958 con i lavori di rifacimento del pavimento della chiesa, quando il cotto venne sostituito da marmettoni di graniglia. Alcuni blocchi di marmo vennero accatastati nel cortile, la maggior parte venne trafugata, tanto che sono scomparsi 8 segni zodiacali su 12, i segni numerici e quasi tutta la linea di marmo originaria. Il forellino in alto, invece, si è conservato: un segno del destino. Solo che l’antico ingresso secondario della chiesa è stato murato con il Fonte battesimale, che purtroppo occulta oggi la proiezione verticale del foro. Ma da quel forellino continuava ad entrare in chiesa un raggio di luce, che in qualche modo ispirò e guidò prima un sacerdote dei nostri giorni, don Luigi Peri, tenace animatore dell’opera di ripristino, e poi grandi esperti come Mario Catamo, che si è impegnato nella ricostruzione, e Alfonso Mon12 giu, fotografo di talento che ha documentato l’intero progetto di recupero. Con strumenti topografici e metodi astronomici, visto che la presenza del Fonte battesimale non consentiva di ricavare il “punto verticale”, cioè la proiezione del foro sul pavimento, Mario Catamo iniziò a ricostruire pazientemente la Meridiana scomparsa. Dovette considerare, rispetto al 1796, anche la diversa inclinazione dell’asse di rotazione della Terra, mentre lo stesso pavimento della chiesa si rivelò essere in leggera pendenza. Cesare Lucarini ha eseguito con maestria le nuove incisioni, dopo avere costantemente collaborato alla realizzazione dell’intera opera. Dopo un lungo e complesso lavoro di verifica, la nuova Meridiana di Formello, del tutto simile all’antica, anzi, incorporandone la testata meridionale, veniva inaugurata nel 2009. L’ora media italiana Con l’occupazione di Roma e la proclamazione della Repubblica romana, tra il 1798 e il 1800 i Francesi imposero l’adozione del sistema orario moderno, che conta le ore dalla mezzanotte. Ma subito dopo le meridiane ripresero la loro funzione, almeno fino al 1846, quando venne definitivamente adottato il nuovo sistema e la Meridiana di Formello INTERVISTA VELA Tutto è partito da quel raggio di luce Disegno di Bambi Kramer Dall’antica meridiana una riflessione sul tempo e sulla condivisione servì a fornire numerose informazioni astronomiche e ad indicare il mezzogiorno locale. Anche questa funzione ebbe termine qualche decennio dopo, nel 1893, con l’adozione dell’ora media per tutta l’Italia, ricavata dal meridiano di Greenwich. Prima di cambiamenti sociali ed economici che segneranno anche per Formello l’ingresso nell’età contemporanea, dall’emigrazione al socialismo fino alla prima guerra mondiale, alla fine dell’Ottocento anche il modo di contare il tempo era cambiato. Non era più il tempo delle piccole comunità contadine. Anche per gli orologi era iniziato, per così dire, il tempo della nazione. Don Luigi Peri è un volto famigliare per tutti i formellesi. È stato il nostro parroco tra il 1996 e il 2011. Nato a Monterosi, ha studiato a Nepi, a Ronciglione e infine nel seminario romano San Giovanni in LaFormellodinel 1952 terano. Ordinato sacerdote nel 1989, ha incontrato i fedeli di Nazzano, Fiano Romano e Formello. Oggi è ad Anguillara Sabazia, e ci accoglie nel sagrato della splendida chiesa “Regina Pacis”. È una delle nuove chiese più suggestive d’Italia, che con la sua forma circolare invita a condividere il messaggio cristiano. Quasi nessuno ricordava che a Formello c’era stata una meridiana. Tutto è partito da quel raggio di luce. Era una presenza silenziosa e discreta che volevo capire fino in fondo. Così rilessi con attenzione l’inventario della chiesa di San Lorenzo redatto a suo tempo da don Volponi, che descriveva anche la Meridiana, e iniziai ad approfondire l’argomento. Neppure gli anziani ricordavano con precisione. Due secoli più tardi, dopo Luigi De Sanctis un altro don Luigi si recò a Roma nella Basilica di Santa Maria degli Angeli... Osservai attentamente la grande Meridiana della Basilica e presi contatto con il Rettore, che mi presentò Mario Catamo. Subito pensammo al restauro. Ma della Meridiana originale rimaneva ben poco, se non qualche lastra di marmo nel cortile. Poi accadde un altro segno del destino: un parrocchiano restituì alcuni preziosi frammenti che aveva preso al momento dello smantellamento e che aveva tenuto nel suo casaletto di campagna. Li aveva custoditi a sua insaputa. Per la fede il tempo è un valore importante. Papa Francesco ha detto: “Il tempo è superiore allo spazio”. Vuol dire: non dobbiamo semplicemente occupare gli spazi. Dobbiamo attivare dei processi. Dobbiamo gettare semi. Oggi vogliamo tutto e subito. Invece per attivare dei processi c’è bisogno di tempo. La porta di una chiesa è una delle porte per entrare a far parte di una comunità. Sì. Anche di comunità in trasformazione come le nostre. La parrocchia è un luogo di incontro tra le persone, tra i vecchi residenti e chi è venuto da poco ad abitare qui, tra gli abitanti dei borghi storici e quelli dei nuovi quartieri come Le Rughe a Formello e La Stazione ad Anguillara. Condividendo le storie nascono progetti comuni. Insieme, ci si sente in cammino. 13 VELA CONOSCERE ROMA Il nuovo calendario Il programma di visite culturali riparte da ottobre: gli ambienti segreti del Monte Soratte e due angoli poco conosciuti della Città Eterna saranno le nostre mete. Sabato 12 novembre 2016 - IL BUNKER SORATTE Con oltre 4 km di tunnels scavati nelle viscere del Monte Soratte, è la più imponente opera sotterranea di ingegneria militare d’Italia. Fu realizzata per volere di Benito Mussolini tra il 1937 e il 1942 e costituiva un rifugio antiaereo per le alte cariche del governo fascista e del regio esercito. Nel dopoguerra divenne un bunker anti-atomico. La temperatura interna è di 13°C: sono consigliati indumenti caldi e scarpe comode chiuse; una torcia è facoltativa. Ingresso: 8 euro Sabato 25 febbraio 2017 - PALAZZO CESI ARMELLINI Elegante palazzo rinascimentale che in tempi recenti ha patito gli sventramenti urbanistici di via della Conciliazione, fu dimora dei cardinali delle due famiglie che gli hanno lasciato il nome. Nella loggia dipinta, affreschi tardo-cinquecenteschi di tema biblico; nella cappella del piano superiore, la tomba del fondatore dell'ordine religioso che oggi amministra la sede. Ingresso: 5 euro Sabato 20 maggio 2017 - IL FORO OLITORIO E LA CHIESA DI SAN NICOLA Straordinario sito archeologico che documenta l'evoluzione di un'area commerciale conosciuta come il Foro olitorio, cioè il mercato di frutta e verdura confinante con il più tardo teatro di Marcello: tre templi di età repubblicana costituiscono oggi le fondamenta della chiesa medievale di San Nicola in Carcere e offrono la suggestione di una passeggiata “sotterranea”. Ingresso: 3 euro La partenza in pullman avviene da Trevignano (ore 8:00) e da Formello (ore 8:30). È necessario prenotarsi, fino all'esaurimento dei posti disponibili, al numero 06 90 14 30 55 (Ufficio Soci). Ogni socio può farsi accompagnare da un famigliare. Chiediamo ai nostri soci prenotati di mantenere l'impegno o, in caso di un imprevisto, di avvertire dell'assenza entro il giovedì precedente la data della gita, in modo da dare tempo all'Ufficio Soci di contattare i prenotati nella lista di riserva. CON IL PATROCINIO DELLA BANCA VELA Il cinema e le libertà negate Dal 23 al 26 settembre il Trevignano Film Fest proietterà film e documentari dedicati alle libertà politiche, alla condizione della donna, al diritto al lavoro e all’amore in tutte le sue forme. l tema scelto per quest’anno è assai impegnativo: “Ombre nere, il cinema e le libertà negate”. Il Trevignano FilmFest, in programma nello storico Cinema Palma di Trevignano, lo affronterà con una dozzina di film e documentari fra i più belli e intensi di questi anni. Sarà questa la quinta edizione di una rassegna che negli anni si è affermata come uno degli eventi culturale più attesi del nostro territorio, apprezzata dal pubblico, stimata dalla critica e seguitissima dai media nazionali, con articoli di giornale, agenzie di stampa e tv: lo scorso anno le telecamere della Rai sono arrivate due volte. I Uno sguardo a qualcuno dei film in programma. Sul tema del lavoro verranno proiettati “La legge del mercato” di Stéphane Brizé e un documentario in anteprima, “I bambini della miniera” di Tommaso Santi, che racconta una tragedia dimenticata, anzi sotterrata: quella dei 43 italiani che persero la vita nella miniera toscana di Ribolla, nel maggio del 1954, due anni prima di Marcinelle, di cui quest’anno è stato commemorato il sessantesimo anniversario. Sulle libertà democratiche, un documentario di assoluto interesse è il russo “Under the Sun”, che ripercorre la giornata di alcuni bambini nella Corea del Nord dominata dalla più intransigente dittatura comunista, con un esasperato culto della personalità. “L’ultima parola” ripropone invece la vera storia di Dalton Trumbo, lo scenografo premio Oscar accusato di comunismo e perseguitato assieme ad altri nell’America della Guerra Fredda. Molto nutrito il capitolo che riguarda le donne. Si va da “Difret”, il delicato film che racconta la storia vera di una ragazzina etiope di 14 anni che uccise il suo rapitore e che grazie a un’associazione di avvocatesse riuscì ad evitare la condanna a morte, al saudita “La bid cicletta verde”, al noto “Muc stang”, con protagoniste cinque s giovani sorelle di un villaggio turg co, c che riusciranno a sottrarsi alle aassurde costrizioni loro imposte. Tra gli italiani, verrà proiettato il T ffilm “Un posto sicuro”, dedicato aalla questione dell’amianto, rivellatosi estremamente pericoloso per la salute. p Ma come ogni anno ci saranno M aanche anteprime nazionali e ospiti a sorpresa. Il programma o definitivo verrà pubblicato, oltre d cche nelle locandine e nei manifesti, sul sito www.trevignanofilf mfest.it, su quello del Comune di Trevignano e sulla pagina Facebook dedicata alla rassegna. Il team di giornalisti che organizza il FilmFest ha intensificato la collaborazione con le strutture del paese. Il Comune garantirà una navetta gratuita dal parcheggio adiacente alla Chiesa di San Bernardino (Via Settevene Est) al cinema, in orario spettacoli, mentre con la FilmFest Card dal costo di soli 10 euro per tutti gli ingressi si potrà visitare anche un’importante mostra presso il Museo etrusco di Trevignano, dal titolo “Hitnes - Le collezioni sommerse”. 15 VELA AZIENDE Tutta l’emozione del vino Un metodo innovativo ci insegna a valutare il vino e ogni anno segnala i migliori vini italiani in un prezioso Annuario. Ne parliamo con Francesca Romana Maroni, editore e ideatrice di grandi eventi attorno al vino e alle emozioni che suscita. N ella Zona industriale di Formello ha sede la SENS, la casa editrice della più completa guida dei vini italiani, nata dalla passione di Luca Maroni, analista sensoriale, e Francesca Romana, sua sorella, che ai migliori vini italiani dedica eventi di respiro internazionale. È qui che, in un locale spazioso, vengono raccolti i campioni di vino provenienti da aziende di tutta Italia che Luca analizza personalmente, con un metodo scientifico di degustazione basato sull’assioma che la qualità del vino è la piacevolezza del suo sapore. Ed è qui che Francesca Romana ci spiega il segreto dei vini migliori. Piacevolezza del vino. Cosa vuol dire? Il vino è piacevole quando il suo gusto richiama in modo vero, vale a dire consistente, equilibrato e integro, quello delle uve da cui è ottenuto. Sono tre parametri non puramente teorici, ma analiticamente misurabili e percepibili da ognuno. È questo il risultato delle lunghe ricerche di Luca. La riproducibilità tecnica della piacevolezza è quindi finalmente possibile anche per il vino, come avviene da anni per il resto del settore alimentare. 16 C Consistenza, equilibrio l e integrità del vino. Defid niamo questi tre n parametri di valup ttazione. Cos’è la consistenza? c LLa consistenza è ll’insieme delle sosstanze che costittuiscono un vino, iil suo estratto. Il vvino consistente è rricco di colore, di profumo, di sap pore, e ha un tatto p denso e viscoso. Dipende dalla consistenza dell’uva impiegata. Ma tanto maggiore è la quantità di uva prodotta da una vite, tanto minore sarà la consistenza del vino ottenuto: la consistenza di un vino è quindi un pregio raro perché costoso. E quando un vino può dirsi equilibrato? Un vino è equilibrato quando la dolcezza del suo gusto eguaglia la somma della sua acidità e della AZIENDE VELA A Milano la vigna di Leonardo da Vinci Il vigneto più prezioso del mondo riscoperto da Luca Maroni Nel 1498 Ludovico il Moro donò una vigna a Leonardo da Vinci, a Milano, vicino a Formello nel 1952a pochi pasPorta Vercellina, si dal suo laboratorio e dalla sala in cui il grande artista dipinse uno dei suoi capolavori, il Cenacolo. Leonardo proveniva da una famiglia fiorentina che amava coltivare la vite e che possedeva terreni in Toscana, e anche per questo curò con passione la vigna milanese e la lasciò agli eredi. Con alterne vicende, quel vigneto arrivò fino al Novecento: “un viale con pergola vitata”, scrisse un testimone nel 1920, all’interno della Casa degli Atellani, un bel palazzo con cortile che ha preso il nome da una famiglia di importanti nobili di corte. Nel 1943 i bombardamenti della seconda guerra mondiale distrussero il vigneto, di cui non rimasero che disegni e note dello stesso Leonardo e fotografie in bianco e nero degli ultimi proprietari. Ma ecco l’intuizione di Luca Maroni: “se le viti furono distrutte da un incendio, allora le radici sottoterra sono ancora integre, e magari scavando possiamo ritrovarle ricavandone frammenti cellulari ancora vivi della vigna di Leonardo per identificarla, riportarla in vita e ripiantarla, nella stessa posizione, della stessa identica natura dell’originale”. Era il 1999: da quel momento Luca inizia a coinvolgere enti di ricerca, fondazioni, istituzioni e gli stessi attuali proprietari del terreno, fino a iniziare gli scavi, individuare il DNA della vigna di Leonardo e reimpiantare, nella primavera del 2015, le stesse viti di allora: la Malvasia di Candia Aromatica. Questa vicenda è raccontata nel libro “Leonardo da Vinci. La vigna ritrovata” edito dalla SENS: un’intuizione sospesa sulle ali di un sogno divenuta realtà, e oggi il vigneto è produttivo e visitabile su prenotazione. A tutti gli effetti è un bene culturale. La ricerca del vigneto originale ha portato Luca anche a rileggere l’opera del Genio: “cercando il vino in Leonardo ho trovato il suo spirito umano”, la sua curiosità senza confini, le sue osservazioni quotidiane che riguardarono anche la concimazione della vite, i segreti della vinificazione e un consiglio per trarre dal vino tutto il piacere senza stordimento: “E’l vin sia temperato, poco e spesso. Non fuor di pasto, né a stomaco voto”. VELA AZIENDE sua eventuale amarezza. È un vino armonico. Se l’uva impiegata non è matura, il vino avrà sapore acido o amaro. Anche l’equilibrio è un pregio raro, perché se una vite produce uva in grande quantità, la maturazione del frutto è più difficile. Cos’è l’integrità del vino? Il gusto di un vino è integro quando il sapore del frutto è avvertito nella sua pulizia e nella sua novità. La pulizia del vino è la sua purezza, in cui devono essere assenti aromi non propri dell’uva, come profumi o sapori sulfurei, acetosi o legnosi. La novità del vino è invece l’assenza di aromi ossidati, non presenti nell’uva al momento del suo distacco dalla pianta. Come la consistenza e l’equilibrio, anche l’integrità è un pregio raro, perché nasce da un processo di produzione curato, rapido e diligente. Un vino di alta qualità è allo stesso tempo consistente, equilibrato e integro. Sì. Nessuno dei tre parametri fondamentali determina da solo la qualità di un vino, ma sono tra loro interdipendenti. Ognuno dei tre concorre in maniera identica (33,33%) alla qualità del vino e alla valutazione pubblicata dall’Annuario dei migliori vini italiani. Il livello di consistenza, equilibrio e integrità è fissato una volta per tutte dal produttore con il definitivo imbottigliamento del vino. Il trascorrere del tempo causa il decremento della consistenza e dell’integrità, ma l’equilibrio resta immutato. Il ruolo del produttore è fondamentale. Ogni giorno negli occhi dei nostri produttori vediamo la passione e la gioia interiore di chi crea qualcosa di così prezioso, puro e naturale come il vino. Assieme a loro vogliamo raccontare le eccellenze. Il cibo e il vino richiamano sensazioni condivise. Dal 1988 ad oggi abbiamo degustato oltre 300.000 vini. La persona è sempre al centro di tutto. Vale per le aziende viti-vinicole come per il mondo bancario. Siete nostri correntisti all’agenzia di Olmetti. Il Credito cooperativo ha mantenuto la capacità di ascolto, la cortesia e la competenza, venendo incontro alle nostre esigenze, quando invece negli ultimi anni il sistema bancario internazionale non ha saputo rimanere dentro il sistema produttivo, con la richiesta di garanzie eccessive e un difficile accesso al credito. Anche questo ha provocato le sofferenze in molte piccole e medie imprese. E invece molte piccole e medie aziende custodiscono storie straordinarie e vini eccellenti. È importante far conoscere al grande pubblico produttori, cantine e vini che non hanno ancora una vasta rete commerciale. Portiamo il vino nei luoghi più belli d’Italia: il buono nel bello. È il mio lavoro. Esiste una correlazione sottile tra etica ed estetica: un luogo bello ti porta a comportarti in modo rispettoso. Anche nei piccoli centri c’è voglia di qualità, bellezza e aggregazione. Quindi un bicchiere di vino è… Un bicchiere di vino è un pretesto per riappropriarci di un contesto che ci rende migliori. Una simbiosi perfetta tra uomo e natura Matteo Stefanelli è un nostro consigliere ma anche un raffinato sommelier che sa abbinare i piatti del lago con i vini migliori. Gli abbiamo chiesto di raccontarci il valore culturale del vino. Il vino sprigiona le idee, ci fa sognare, libera i pensieri, ci fa intuire l’universo attorno a noi, perché una tonalità di colore, un retrogusto particolare o un profumo ben distinto ci rivelano la tipologia di un terreno, l’esposizione al sole o l’andamento climatico di un’annata. Esprime simbologie profonde. Accompagna riti sacri e profani, le tavole nobiliari e i banconi della più umile osteria, feste popolari e bevute solitarie. Suggerisce l’energia creatrice di una natura potente e silenziosa, il ritmo incessante delle stagioni, i gesti antichi della potatura, della vendemmia e della pigiatura. Luca Maroni ci ha fatto fare un meraviglioso viaggio nel tempo alla ricerca della vigna di Leonardo da Vinci. E proprio un contemporaneo di Leonardo, l’umanista Marsilio Ficino, scriveva: “La materia non ha in sé la forza di darsi forma, perché ciò accada occorre che incontri l’anima, e la manifestazione dell’incontro è la bellezza e il grado è la qualità” (De Vita, 1489). Per il vino, quale definizione migliore di questa? un’escursione termica maggiore. È importante, perché il freddo notturno blocca gli aromi primari e secondari all’interno dell’acino. A tal punto che in alcune vigne dell’Europa centrale i grappoli vengono raccolti congelati e si vinifica in condizioni estreme: il ghiaccio disidrata il frutto e consente la concentrazione dei succhi. È il “vino di ghiaccio”, “Icewine”, “Eiswein” o “Vin de Glace” nelle altre lingue. Associamo sempre il cibo al vino, per la tradizione e per il territorio. Abitualmente al piatto si associa il vino, ma si può fare anche il contrario: degustare prima il vino e poi scegliere il piatto più indicato. Nel mio ristorante, “Acquarella”, tra Trevignano R. e Anguillara S., per tanto tempo ho cercato un vino che potesse darmi la naturale armonia del gusto, un vino da abbinare al pesce del lago. L’ho trovato nella Lugana, un bianco delicato dal colore dorato, e nel Bardolino del Lago di Garda, un rosso di grande freschezza e dalla struttura non molto forte. Non a caso questi vini nascono non lontano dalle sponde di un altro lago. Il vino è un incontro di anima e materia, l'uva. È l’espressione massima dell’amore per il territorio. È la simbiosi perfetta tra uomo e natura. E aggiungerei: coraggio. Per tanto tempo nel Lazio ha prevalso la quantità, quando il vino era considerato un semplice alimento. Poi, negli anni Venti del Novecento, un episodio cambiò le sorti dei nostri vini: la Regina d’Inghilterra volle un Frascati nella sua cantina. E da qual momento anche da noi si iniziò a riflettere sulla qualità. Perché ci voleva coraggio a piantare la vite, millenni fa, quando di certo non si conoscevano tutte le sue potenzialità. Ci voleva coraggio anche in anni più recenti, all’epoca dei nostri nonni, per coltivare terreni difficili e frammentati. Ma rispetto ad altre regioni, i nostri agricoltori non hanno ancora creduto nella consorzialità, che invece permetterebbe di abbattere i costi, di essere più competitivi sul mercato e di creare infrastrutture più grandi, come estesi vigneti e cantine sociali. Attorno al Lago di Bracciano l’umidità non favorisce la crescita di uve di pregio. L’ho sperimentato personalmente impiantando e coltivando un vigneto in un terreno appartenuto a mio padre. Nelle zone interne e collinari, invece, c’è un migliore drenaggio e Oggi una nuova generazione si affaccia al mondo delle campagne: dopo anni di abbandono dei terreni, molti giovani stanno aprendo vivai, coltivano ortaggi, trasformano i prodotti con originalità. Sono sicuro che sapranno guardare lontano. (M.S.) VELA SUL FILO DELLA MEMORIA Dolores Sforzini, per tutti “Dolò” Il coraggio di vivere di una donna quando Trevignano era tutta lì, tra la piazza del comune e la fontana, e si finiva sempre per rincontrarsi. ingrediente essenziale delle storie che ci rimanda il mondo contadino è la semplicità. Sembra quasi che i personaggi si muovano su percorsi segnati, senza alcuna incertezza. Anche di fronte a scelte complesse non ci sono esitazioni possibili. Come nelle tragedie greche, ognuno segue il proprio destino. L’ In questo contesto di cose semplici, di scelte senza compromessi, è la storia di Dolò: Dolores Sforzini, nata a Trevignano il 21 gennaio 1909 e morta, sempre a Trevignano, il 25 dicembre 1986. Sesta di sette fratelli, una famiglia uguale a tante altre, diversa semmai solo per la scelta variopinta dei nomi di battesimo; unica concessione alla fantasia, in un mondo fatto di giornate tutte uguali. Tra i fratelli e le sorelle di Dolò, infatti, uno si chiama Paride, un'altra si chiama Argenide, il più giovane si chiama Tripoli, forse in omaggio all'avventura italiana in Libia. Non vogliamo raccontare ogni singola giornata di Dolò, ma ci piace immaginare una bambina piccola che cresce, insieme ad altri bambini, in mezzo a via Garibaldi, la via principale del paese, gioca a lippa o a nascondino, magari buttando un occhio a Tripoli che è più piccolo. Nel 1929 arriva a Trevignano, come medico condotto, Mario Dubois. Prima di addentrarci nelle vicende personali di Ma20 rio e Dolò, vorremmo soffermarci, per un attimo, sulla figura del medico condotto in un piccolo paese nell'Italia contadina degli anni ’30. Il medico condotto era una specie di divinità laica; a metà strada tra stregone, veterinario, medico, chirurgo e confessore. Si andava a consultarlo come si consulterebbe un oracolo e ci si aspettava da lui la soluzione ad ogni problema. Dolò collabora saltuariamente con il medico condotto e tra i due giovani nasce immediatamente una simpatia che si trasforma, in breve, in una storia d'amore. Ma è una storia difficile, complessa: forse Mario è troppo debole e Dolò troppo sicura di sé e tra i due, pur scattando la scintilla, non è vita facile. Incompatibilità di carattere, diremmo noi; non era destino, avranno commentato allora. E il destino di Mario si compie in un matrimonio, forse fatto più per dispetto che per convinzione, con una donna che non è Dolò. Ma è un mondo chiuso, quello dove vivono Mario e Dolò, e ci si rincontra sempre. Trevignano è lì, compreso tra la piazza del comune e la fontana; non ci sono strade provinciali, tutto l'universo è racchiuso in quattro vicoli e una piazza. Non ci sono diversivi, è difficile sfuggirsi o ignorarsi; è più facile rincontrarsi. E Dolò e Mario si rincontrano. Dove c'è stato il fuoco cova la cenere, come avrebbe detto mia nonna. Tra i due è nuovamente amore, SUL FILO DELLA MEMORIA VELA ma un amore ancora più difficile e sofferto. Lei rimprovera a Mario di averla lasciata per sposare un'altra donna; lui le rimprovera di non essere una donna fragile e arrendevole. Mentre questa situazione sentimentale vacilla, Dolò si accorge di aspettare un bambino. Per comprendere il senso e il valore di una scelta, bisogna tentare di capire il contesto sociale e culturale in cui quella scelta è maturata. Una donna sola, un figlio illegittimo, il peso di uno scandalo, nessun sostegno economico e, forse, quel che è peggio, nessuna comprensione. E in questo contesto quello che più colpisce è la semplicità e la determinazione della decisione presa, come se non fosse possibile fare diversamente. Dolò accetta la sfida: un figlio da sola, senza compromessi, senza accettare un aiuto o un matrimonio in Francia che, forse, ai suoi occhi doveva sembrare un'offesa peggiore del tradimento. Un figlio da sola, forse perché come diceva Filomena Maturano “i figli sono figli”, o forse più semplicemente perché non si può fare altro, forse perché non si può sfuggire al proprio destino. Ma le scelte difficili evidentemente rafforzano chi ha il coraggio di prenderle; Dolò non ha bisogno di niente, non vuole avere nessun aiuto da Mario, anzi non vuole più avere contatti con lui. L'unico contatto: il bambino che si chiama Giulio come il nonno paterno, proprio come avrebbe voluto Mario che non ha e non avrà altri figli. Giulio nasce il 29 settembre 1943. In un mondo provinciale dove ogni cosa diversa suona come uno scandalo, dove le donne vivono all'ombra degli uomini e in alcuni casi disperati preferiscono morire piuttosto che essere emarginate e non accettate, Dolò si accetta e obbliga gli altri ad accettarla. Crescerà il figlio del medico da sola, lo crescerà nel migliore dei modi possibili perché comunque quel bambino appartiene per nascita a un altro strato sociale. Si rischia la retorica quando per raccontare una storia si insiste sul sacrificio compiuto, sull'amore intrepido di una madre, ma Dolò non è una figura retorica, è una donna semplice; non pensa di fare nulla di straordinario, è tutto normale, tutto semplicemente scontato. Le storie belle, del resto, rischiano sempre di diventare retoriche quando non abbiamo più il coraggio di guardarle per quello che sono: storie di vita comune, storie d'amore. Non si poteva fare altro e quello che si poteva fare bisognava farlo bene. Noi l'abbiamo conosciuta Dolò; l'abbiamo vista vecchia, bastava fischiare e le si abbassava la voce; faceva le iniezioni a tutti i trevignanesi perché era rimasta, nell'animo, un po' infermiera. È morta in poco tempo, senza disturbare e senza clamori così come era vissuta e forse le dispiacerà che noi la consideriamo un personaggio importante della nostra piccola comunità perché lei, in fondo, non ha fatto niente di eccezionale; ha solo avuto il coraggio di vivere. (Antonella Morichelli) 21 VELA NAVIGARE NELLA STORIA Un trionfo di colori Nerone incorona Tiridate, il re dell’Armenia Quel mattino di maggio del 66 i Fori divennero il palcoscenico per una straordinaria rappresentazione propagandistica. Quando i raggi del sole sfiorarono i tetti della enorme Basilica Emilia e, colorandosi d’oro, illuminarono Nerone, Tiridate e il suo corteo iniziarono a percorrere l’ultimo tratto della via Sacra per andare a inginocchiarsi davanti all’Imperatore. e fanfare scossero dal torpore la folla assiepata fin sui tetti degli edifici e intimorirono il Re armeno che stupefatto da tanto splendore procedeva con cautela verso il palco imperiale. Una duplice fila di gente vestita di tunica bianca aveva preso posto fin dalla notte lungo i bordi delle strade. La Guardia Pretoriana in alta uniforme era stata schierata davanti ai templi e alla tribuna rostrata. Il Senato al completo occupava lo spazio tra la Basilica Giulia e il declivio del Tabularium, fondale monumentale della piazza. I Sacerdoti e i rappresentanti delle magistrature erano sistemati a ridosso della Tribuna dei rostri su cui troneggiava la sedia curule, occupata dall’Imperatore, “in abito da trionfatore, circondato da insegne e da vessilli”. L Tra i due imperi, l’Armenia Tiridate (nome derivato da Tir, dio partico della scienza e dell’arte) era fratello di Vologese, il re del temuto 22 impero delle Partia, da decenni in lotta contro Roma. Fu posto dal potente fratello sul trono dell’Armenia, da lungo tempo attraversata dalle legioni romane al comando del Generale Corbulone. Da dieci anni durava il confronto armato tra i due eserciti, con frequenti tattiche dilatorie, ritiri improvvisi, fughe e attacchi feroci, finché Vologese impose il proprio volere. Roma non poteva di certo restare inerme davanti al fatto compiuto, anche perché era vivo ancora il doloroso ricordo di una bruciante sconfitta, subita poco prima dalle legioni romane. Nerone aveva deciso da qualche tempo che l’Armenia doveva diventare un protettorato romano, essendo questo piccolo Stato, posto tra il Mar Nero e il Mar Caspio, un naturale cuscinetto tra i due imperi. Roma dunque preparò una possente armata per l’attacco decisivo. Una forza militare di quelle proporzioni avrebbe avuto ragione di qualsiasi resistenza. A Tiridate non rimase che chiedere un incontro al generale ro- NAVIGARE NELLA STORIA IL FILO VELA DELLA mano Corbulone: furono radunati i due eserciti l’uno di fronte all’altro, dai quali si staccarono due scorte di venti cavalieri ciascuna. Corbulone e Tiridate, scesi da cavallo, si strinsero la mano mentre nella spianata regnava un silenzio totale. Ci vollero quindici giorni per la preparazione della cerimonia celebrativa dell’accordo raggiunto. Fu uno straordinario spettacolo: da una parte la cavalleria, divisa per squadroni, dall’altra i reparti delle legioni con le aquile risplendenti, le insegne e le statue degli dèi, come in un tempio. Nel mezzo un palco con la sedia curule e, sulla sedia, la statua di Nerone. Si accostò ad essa Tiridate, dopo i rituali sacrifici di vittime, si tolse dal capo il diadema e lo depose ai piedi della statua: “ora sarebbe andato a mostrarsi al mondo in veste di prigioniero o poco meno”. La corona di Re l’avrebbe ripresa a Roma dalle mani di Nerone. Il viaggio verso Roma Passarono da quel giorno tre anni prima che il Re partico iniziasse il suo pellegrinaggio verso l’Urbe, a causa delle tragiche vicende che sconvolsero la Capitale, come l’incendio della città. Alla fine del 65 iniziarono i preparativi per il lungo viaggio che durò oltre nove mesi. Tiridate, oltre che mago, era anche sacerdote di Mitra, il Dio della luce, che guidava il suo popolo contro le tenebre nel sistema religioso dello zoroastrismo. Tale movimento vietava ai seguaci di attraversare il mare per non contaminarlo con gli escrementi e, quindi, il viaggio per Roma doveva essere intrapreso soltanto per via terrestre. Nel profondo Oriente, e precisamente nella città di Artaxata, cominciò a radunarsi un lungo corteo, con in testa Tiridate e la moglie, il cui viso era coperto da una maschera d’oro. Seguivano i Principi armeni su cammelli con cesti ricolmi di doni, poi la guardia personale del Re, dietro alla quale marciavano circa tremila arcieri partici e alcuni reparti della cavalleria romana. Lentamente la lunga e variopinta colonna cominciò a incamminarsi verso Ovest lasciandosi alle spalle, dopo alcuni giorni, l’Armenia. Attraversò poi la Cappadocia e la Bitinia per arrivare successivamente sulle rive del Bosforo, che attraversarono in corrispondenza della città di Bisanzio (Istanbul). In ogni provincia romana venivano accolti con tutti gli onori e riforniti di viveri necessari per arrivare alla tappa successiva. Il corteo attraversò poi la Tracia e la Macedonia fino a giungere in Dalmazia. Da lì risalirono la Pannonia per arrivare poi in Italia. Cominciò da quel punto la marcia verso sud in direzione della Capitale. All’erario imperiale il viaggio costava 800.000 sesterzi al giorno, oltre all’impegno che dovevano profondere le strutture delle Province per rendere accogliente il soggiorno. Ovunque arrivava Tiridate suscitava ammirazione e rispetto perché “era nel pieno della gioventù, una figura notevole per giovinezza, per bellezza, per stirpe e per intelligenza”, come scrive Cassio Dione. Questo lungo corteo, dai profumi e colori orientali, che montava cavalli con sellerie arabescate, aumentava di giorno in giorno la considerazione che la gente nutriva per Nerone. Per la prima volta un Principe orientale aveva deciso di percorrere migliaia di chilometri per inginocchiarsi davanti all’Imperatore e chiedere la sua protezione. L’incoronazione nel giorno aureo Vigeva a quell’epoca la consuetudine che chiunque avvicinasse l’Imperatore romano non poteva portare con sé nessun’arma. Nemmeno Tiritade poteva disattendere la norma. E allora la spada che pendeva dal suo fianco fu fatta inchiodare alla cintura. Il Re armeno salì lentamente le scale che portavano alla tribuna rostrata e così si rivolse a Nerone, la cui intera figura risplendeva ai primi raggi del mattino: ”Io sono venuto verso di te, mio Dio, per adorarti così come Mitra, e la mia sorte sarà quella che tu m’assegnerai, perché tu sei per me il Destino e la Fortuna”. Una dichiarazione di grande effetto, pronunciata in greco, che un Pretore lentamente traduceva a voce alta alla folla. Nerone allora lo aiutò ad alzarsi e gli pose sul capo il diadema che tre anni prima Tiridate aveva deposto a Rhandeia ai piedi della statua. Poi lo abbracciò e lo baciò e disse ad alta voce: “Io ti concedo ciò che tuo padre non ti lasciò in eredità e i tuoi fratelli non prestarono aiuto a mantenerlo dopo avertelo consegnato. Ti affido la corona d’Armenia. Sappiate che è mio potere prendere o donare reami”. Nella stessa giornata il corteo si recò nel teatro di Pompeo per festeggiare l’incoronazione, in uno sfarzo di colori. Sopra il teatro avevano teso un velo di porpora sul quale spiccava la figura del Principe romano che guidava un carro tra gli astri celesti. Le pareti e le colonne erano state dorate, tanto che quella giornata sarà poi ricordata come “il giorno aureo”. (G.P.) 23 VELA LE MIGLIORI TESI DI LAUREA I COMPORTAMENTI DELLE IMPRESE A discapito dei più deboli? FEDERICA LEUTI NEO-LAUREATA IN ECONOMIA DI Federica Leuti ha studiato economia, management e finanza presso l’Università Europea di Roma. Attualmente lavora in Kpmg Spa come Auditor del settore industriale. Vive a Formello. artendo dall’assunto incontrovertibile che l’obiettivo principale delle grandi aziende sia la crescita e l’espansione, possiamo affermare che molto spesso questo venga perseguito anche a svantaggio delle imprese più piccole. Potremmo fare innumerevoli esempi di aziende strutturate che oltrepassano il confine, talvolta labile, tra la normale concorrenza e quella sleale. spetto a quelli di quest’ultima. Tali prezzi, mediante alcune metodologie di calcolo, sono stati ritenuti al di sotto dei costi di produzione e dunque anticoncorrenziali. È inoltre da sottolineare che tali prezzi sono stati applicati su un prodotto che Poste Italiane ha creato a immagine e somiglianza di un analogo prodotto realizzato poco prima da Nexive: il servizio “Posta Time”. Uno dei casi di maggior rilievo esaminati dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è quello che vede come protagonista Poste Italiane, che ha posto in essere condotte volte a ledere il libero gioco della concorrenza, a discapito di Nexive, ex TNT. Le condotte descritte nel caso oggetto di analisi hanno, come fattore comune, l’utilizzo strumentale della rete postale da parte dell’operatore dominante (Poste Italiane), finalizzate a falsare il libero gioco della concorrenza. Il possesso di tale “privilegio” ha portato alla stessa società un vantaggio implicito, che si è palesato mediante il controllo della corrispondenza dei concorrenti. La società Poste Italiane è stata quindi condannata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del P Poste Italiane ha operato su un duplice fronte: da una parte ha ottenuto illecitamente il controllo sulla corrispondenza della concorrente Nexive e dall’altra ha applicato prezzi più bassi ri24 Mercato, dal momento che le sue condotte sono state principalmente finalizzate ad escludere dal mercato il principale concorrente TNT. Casi come questo sono assai frequenti nel mercato odierno, guidato da imprenditori che dovrebbero conoscere i limiti di ciò che è consentito fare o ciò che la legge vieta. Questi ultimi dovrebbero evitare di contrastare i diritti delle imprese concorrenti, spesso più piccole e deboli. Anche chi è preposto alla commercializzazione di un prodotto, che spesso riceve dall’azienda incentivi proporzionati ai risultati raggiunti, potrebbe essere tenuto a un atteggiamento più responsabile. C’è da chiedersi infatti: se venisse chiamato a rispondere delle sanzioni imposte in capo all’azienda, a causa del suo operato, continuerebbe a porre in essere tali comportamenti scorretti? CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Presidente Gino Polidori Formello e Trevignano Romano BCC CREDITO COOPERATIVO Siamo presenti a: Sede Amministrativa FORMELLO Vice Presidente Marco Palma Filiale TREVIGNANO ROMANO Viale Umberto I°, 92 Tel. 06.90143095 Via IV Novembre, 2 Fax 06.90146800 Fax 06.9999514 Sede Centrale FORMELLO Filiale ANGUILLARA SABAZIA Consiglieri Alvaro Altarocca Angelo Buccioli Edda D’Alessio Gianluca Franchini Piergiorgio Montani Matteo Stefanelli Maurizio Varzi Tel. 06.999121 Viale Umberto I°, 4 Tel. 06.9014301 Via Anguillarese Km 5,200 Fax 06.9089034 Tel. 06.9994574/385 Agenzia n° 1 LE RUGHE Fax 06.9995337 Viale Africa, 8 Tel. 06.9087359 Filiale CESANO COLLEGIO SINDACALE Presidente Cristiano Sforzini Sindaci Filippo Salvatore Licenziato Nazzareno Neri Sindaci supplenti Massimo Caramante Giuseppe Giurato Via della Stazione, 359 Fax 06.90129315 Tel. 06.30439538/88 Filiale CAMPAGNANO DI ROMA Fax 06.3038935 Piazza Regina Elena, 23 Tel. 06.90154376/77 Via Roma, 50 Fax 06.90154380 Tel. 06.9014301 Filiale MONTEROSI Agenzia n° 2 OLMETTI Filiale NEPI Via degli Olmetti, 41 3U Tel. 06.90400394 Via Monsignor Olivares Fax 06.90400352 Tel. 0761.556598 ORGANISMO DI VIGILANZA Presidente Sandro Cioccoloni Membri effettivi Gabriele Bozzo Giuseppe Mansueti DIREZIONE Direttore Generale Mario Porcu COMMISSIONE SOCI Giuseppina Angelici Vincenzo Brunori Enrico Catarci Flora Centofanti Attilio Francesconi Mario Giardi Carla Mampieri Silvano Marinelli Giuseppe Napoleone Fabrizio Zofrea (Centro comm. San Bernardo) Nepi Formello Trevignano Romano Monterosi Campagnano di Roma Trevignano Romano Nepi Campagnano di Roma Monterosi Anguillara Sabazia Anguillara Sabazia Cesano Formello Le Rughe Olmetti O Cesano di Roma Dopo il terremoto del Centro Italia Un aiuto concreto anche da parte nostra La nostra Banca partecipa alle iniziative di sostegno verso le popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto del 24 agosto. Già all'indomani del sisma abbiamo inviato sul posto beni di prima necessità tramite la Protezione civile. Successivamente abbiamo acquistato e messo in opera due lavatrici e otto asciugatrici, con i relativi impianti di smaltimento e adduzione dell’acqua, collocate nel Campo principale di Amatrice. Qui vediamo la prima utente. È in queste piccole cose che si misura la difficile riconquista della normalità. Amministratori, dipendenti, soci e clienti possono partecipare alla ricostruzione attraverso il conto corrente che abbiamo appositamente aperto: IT 84S 08812 39090 0000000 15284. Basta recarsi in uno qualsiasi dei nostri sportelli.