Pet therapy, quando a curare è il dottor cane

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Pet therapy, quando a curare è il dottor cane
FASHION & C. n. 14 del 2007 - Bisettimanale di informazione, politica e attualità. - Editore: HARVARD GROUP srl via Monte Pastello 5/d – San Giovanni Lupatoto VR - Direttore resposabile: Gino Abati - Con Autorizzazione NR. 1151 del registro stampa e 1702 del cronologico dell’11/04/’95
Spedizione in A.P. comma 1 Art. 1 DL 353/2003 (CONV. IN L 27/02/04 nr. 46) DCB VERONA - Stampa Litocenter - Via Visco, 24 - 35010 Limena (PD) - Prezzo Euro 0,0997. - Contiene I.P.
ANZIANI
I mille colori del tramonto
MULTICULTURALITÀ
Centro d’ascolto, a diretto confronto
con tutte le dimensioni del disagio
DISABILI
Il tirocinio per conoscere il mondo
dell’Operatore Socio Assistenziale
DIPENDENZE
La comunità, un posto pieno
di gente positiva
FASHION & C. n. 14 – GENNAIO 2007
il Notiziario dell’Operatore Socio Assistenziale
incontri
SPECIALE
SEMINARIO
Pet
therapy,
quando
a curare
è il dottor
cane
INFANZIA
Un’infanzia all’insegna
dell’arcobaleno
ISTITUTO CORTIVO: diventa professionista nel sociale.
Dal 1984 l’Istituto Cortivo opera nel
campo della progettazione ed erogazione di attività formative nel sociale,
un mondo ricco di umanità che rappresenta da sempre il suo esclusivo
e coinvolgente orizzonte di impegno.
Oltre vent’anni di esperienze, di scelte e di fatti concreti hanno forgiato
una struttura dinamica e vitale, un
potente motore che, alimentato dall’energia della volontà e della solidarietà, forma non solo personale altamente qualificato e professionalmente
motivato, ma promuove e partecipa
anche ad iniziative sociali e culturali
rivolte a migliorare la qualità della
vita nella nostra società.
L’Istituto Cortivo è presente con i suoi
Centri Didattici nelle principali città
italiane; la sede centrale è a Padova.
Un’organizzazione efficiente, perfettamente armonizzata, che sa adeguarsi alle realtà locali senza mai
venir meno agli obiettivi e ai criteri
guida che uniformano tutte le attività
dell’Istituto Cortivo. Per consentire ai
suoi allievi di svolgere l’esperienza di
tirocinio pratico nella propria zona di
residenza, l’Istituto Cortivo ha stipulato convenzioni con oltre 7500 Enti
pubblici e privati in tutte le regioni
d’Italia.
A garanzia della qualità dei cicli di
formazione proposti, l’Istituto Cortivo
si è dotato di un Comitato Scientifico
che si dedica alla valutazione della
correttezza metodologica dei percorsi
didattici programmati per i vari corsi
di formazione, delle strategie e degli
orientamenti formativi messi a punto
dalla Direzione Didattica.
Corsi di formazione per Operatori Socio
Assistenziali nei seguenti ambiti operativi:
Multiculturalità - Infanzia - Dipendenze
Anziani - Disabili - Assistente turistico
disabili - Amministratore di Sostegno
Istituto Cortivo
via Padre E. Ramin, 1
35136 Padova
www.cortivo.it
per informazioni:
editoriale
Il nuovo anno è
appena iniziato.
È il momento giusto
per chiederci:
cosa possiamo fare
per far crescere
più rigoglioso
l’albero del Bene?
Si è appena concluso il 2006 ed è dunque tempo di bilanci per il nostro Paese e
per il mondo intero. Nel suo insieme l’umanità non ne esce benissimo: le guerre
continuano, povertà e fame non accennano a diminuire e, nei paesi più industrializzati, pare consolidarsi una cultura del materialismo che sembra non lasciare
spazio alla speranza. Anche la Terra soffre, umiliata, sfruttata, non ascoltata. Ci
viene allora da chiederci: su quali orizzonti si affaccia una nuova vita che nasce?
Che valori siamo pronti a trasmetterle? Che esempio siamo in grado di dare?
Cosa possiamo fare per costruire un mondo più vero, più bello e più giusto? È
una domanda che ognuno di noi, nel quotidiano, si deve porre, un dovere morale
non più rimandabile. Anche noi che operiamo nel sociale e per il sociale dobbiamo
fare uno sforzo in più, offrire ancora più spazi e risposte a chi riconosce come
fondamentali i valori della solidarietà e della vera comunione con gli altri. Noi
di Incontri ci impegniamo, come sempre, a dare voce ai tanti giovani e alle persone che, attraverso il lavoro e il volontariato, hanno deciso di confrontarsi con
chi, nella nostra società, è più debole, più solo, più emarginato, a tutti coloro che
intendono dare significato alla propria vita tramite una professione capace di
gratificare non solo le tasche ma soprattutto il cuore. Sono tante le testimonianze
positive che in questi anni abbiamo pubblicato sulle nostre pagine: storie tutte
diverse ma molto simili nel vissuto, che parlano di sentimenti, volontà, dedizione
e altruismo. Tanti modi, ognuno con le sue sfumature, di aiutare e di stare accanto
al prossimo con autentica partecipazione. Continueremo così, con passione ed
entusiasmo, a raccontare queste piccole grandi storie che ci permettono di guardare al futuro con più speranza, che sfatano i luoghi comuni sui giovani ormai
privi di ideali, che offrono continuamente nuovi spunti di riflessione, che ci invitano a non demordere, a fare nuovi progetti, a credere in un mondo dove ci sia
più spazio per il Bene.
La redazione
sommario
04
INFANZIA
05
Un’infanzia all’insegna dell’arcobaleno
Bambini in difficoltà
05
06
ANZIANI
07
I mille colori del tramonto
Assistenza agli anziani, un lavoro molto speciale
08
10
12
MULTICULTURALITÀ
Centro d’ascolto, a diretto confronto con tutte
le dimensioni del disagio
La lingua e la cultura, ostacoli da superare
per chi viene da lontano
AGENDA SEMINARI & CORSI
Corso di “IMPRESA SOCIALE”
Seminario di studio ambito Infanzia Multiculturalità
I BAMBINI E “L’ARTE” DI ESPRIMERSI
13
SPECIALE SEMINARIO
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Pet therapy, quando a curare è il dottor cane
Impresa sociale: parlano i prossimi protagonisti
07
08
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DISABILI
Il tirocinio per conoscere il mondo
dell’Operatore Socio Assistenziale
Dalla conoscenza del disagio la possibilità
di dare vero aiuto
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DIPENDENZE
22
La comunità, un posto pieno di gente positiva
Quattro mesi difficili, un’ottima palestra
per un Operatore Socio Assistenziale
23
SPAZIOINCONTRI
24
13
ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
Lavorare per il benessere degli utenti
26
EX ALLIEVI RACCONTANO
28
SERVIZIO SEGNALAZIONE ALLIEVI
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22
progetto grafico e impaginazione: immagina.biz
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INCONTRI Gennaio 2007
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INFANZIA
Un’infanzia all’insegna
dell’
arcobaleno
Seria e preparata, ma anche giovane donna piena di vita, Gaia Pennisi ha svolto il suo tirocinio presso
una comunità per minori e madri situata in uno dei quartieri più difficili di Palermo, fondata anni fa da
Don Puglisi, il parroco martire che ebbe coraggio di ribellarsi alla mafia. Fu ucciso di fronte alla sua
chiesa il 15 settembre del 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno.
Quella mattina in cui, piena di timori,
mi presentai presso la comunità per
cominciare il mio tirocinio, ebbe inizio per me un’esperienza meravigliosa, rafforzata nel tempo dal mio
entusiasmo e dal mio desiderio di
essere utile e importante per gli
altri. L’impegno non era poco: tre
pomeriggi la settimana dalle 15.00
alle 20.00 ma la fatica era premiata
dalla gioia con cui venivo accolta
ogni volta dai bambini. Non avevo
ancora varcato il cancello che già mi
venivano incontro a braccia aperte.
Mi attendevano con ansia, desiderosi di giocare con me. Avevo però
stabilito delle regole: prima lo studio e poi il gioco… I compiti scola-
stici erano un vero scoglio per i
piccoli, scarsamente preparati e con
varie difficoltà di apprendimento.
L’importanza del gioco
Decisi allora di organizzarmi, di
invogliarli mantenendo sempre,
anche durante lo studio, un’atmosfera
giocosa e partecipante.
I risultati furono ottimi: persino
Loretta, quella con più problemi,
acquisì, come mi confermò la sua
insegnante durante una riunione,
maggiore sicurezza e buone capacità
di socializzazione. Quando giunse la
primavera fu una vera festa: la casa
era circondata da ampi spazi verdi,
l’ideale per organizzare giochi di
squadra, cacce al tesoro e mosca
cieca. A venirmi in aiuto fu anche il
mio diploma di liceo artistico e la
mia attitudine alla pittura. Fu facile
per me distribuire fogli e colori,
dedicarmi alla pasta di sale, sbizzarrirmi in attività creative. Un giorno
chiesi ai bambini di esprimersi sul
tema “Il tuo sogno in un disegno” e
ricordo molto bene il disegno di
Loretta, con una casa tutta colorata
e una grande piscina dove varie
figurine in costume si tuffavano,
nuotavano, risalivano la scaletta e
prendevano il sole: era il disegno
pieno d’allegria di una spensierata
bimba di nove anni.
La foto è tratta dalla relazione finale di Patrizia Saggese.
Alcuni pensano che il mio
lavoro sia frustrante.
Io, invece, non lo penso
affatto. Trovo che amare
ed aiutare a crescere
bambini abbandonati,
poveri e maltrattati, dia
più senso alla mia vita.
Loro mi ripagano con la
gratitudine e l’affetto.
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INCONTRI Gennaio 2007
INFANZIA
Il tirocinio di Nada Schiavo
si è svolto presso una struttura
socio-sanitaria della provincia
salernitana specializzata in
attività finalizzate a favorire
l’educazione, la crescita e lo
sviluppo di bambini di ogni età
fortemente svantaggiati,
provenienti da famiglie con
gravissimi problemi di
integrazione socio-economica.
Bambini in difficoltà
La struttura che mi ha ospitato
come tirocinante era veramente
molto valida, supportata da un’équipe
di operatori e specialisti di grande
professionalità.
Ogni bambino era inserito in un
programma di recupero specifico
che prevedeva attività individualizzate. Il cuore del Centro era l’aula
rossa che, simile alla colorata scenografia di una fiaba, era tutta un susseguirsi sulle pareti e sulle finestre
di fiori, alberi e personaggi fantastici.
Non mancava nulla: tavoli, sedie,
lavagne, materiali per le attività più
creative. Durante il mio tirocinio i
bambini erano 26, provenienti da
famiglie con problemi. Quasi tutti
erano iperattivi e con disturbi dell’apprendimento. I programmi prevedevano quindi attività rivolte a
ridurne le problematiche tramite
giochi capaci di stimolare le capacità
logiche e simboliche come le costruzioni, i puzzle, la plastilina e l’angolo cucina. C’era poi il momento della
lettura della fiaba, un vero antidoto
contro le paure e le ansie dei più
piccoli. Molto importanti erano
anche le attività dedicate all’espressione artistica e le varie terapie,
dalla logopedia alla psicomotricità,
quest’ultima con i suoi percorsi
obbligati che aiutano il bambino a
sviluppare una buona armonia dal
punto di vista motorio, cognitivo e
relazionale.
Un bambino difficile
Tra i tanti ragazzini che frequentavano il centro fu Mirco a colpirmi:
dolcissimo, sette anni, aveva alle
spalle una storia di grande povertà,
con una mamma da poco separata
da un marito piuttosto violento. Il
suo primo anno di scolarizzazione
era stato un disastro. In seconda
elementare era stato affiancato da
un insegnante di sostegno e supportato il pomeriggio nello studio.
Molto gracile, capelli ricci e due
occhi neri espressivi, era vivacissimo,
a momenti incontenibile. Aveva
momenti di inconsolabile tristezza,
improvvisamente si metteva a piangere e chiedeva della mamma. Nei
giochi liberi faceva fatica a rispettare
i tempi e gli spazi dei compagni,
non aspettava il suo turno e cercava
di imporsi con prepotenza. Al
richiamo dell’adulto reagiva con
aggressività e l’unico modo per contenerlo era abbracciarlo forte e, con
parole rassicuranti, fargli capire che
non doveva confondere il divieto
con il rimprovero. Aveva un forte
rifiuto per il padre e anche nei con-
fronti della madre esprimeva un
sentimento ambivalente di amore e
odio. Aveva anche una bassissima
stima di sé. Non è stato facile conquistare la sua fiducia ma, pian
piano, tra una carezza, una coccola e
un cioccolatino dato al momento
giusto, ce l’ho fatta. Ho capito così
che la forza del bene è nelle piccole
cose piene d’amore, nei gesti gentili,
nella disponibilità d’animo. Perché
ciò di cui ha bisogno ogni bambino è
di crescere con adulti amorevoli e
giusti, capaci di dare affetto ma
anche di stabilire le regole.
Mi piace pensare
all’Operatore Socio
Assistenziale come protagonista nella crescita dei
bambini, figura fondamentale capace non solo
di contenere emozioni ma
anche di essere un sicuro
punto di riferimento affettivo nei momenti di difficoltà.
INCONTRI Gennaio 2007
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ANZIANI
I mille colori del
tramonto
Sensibile ai problemi della terza età, Luisa De Lorenzis ha svolto con passione il suo tirocinio presso
una struttura per anziani in provincia di Lecce.
Sono sempre più numerosi gli
splendidi settantenni pienamente
attivi, ancora forti e in buona salute,
che s’iscrivono all’università, usano
il computer e il telefonino, totalmente impegnati in compiti e ruoli
che stimolano la voglia di conoscere
e imparare, grazie ai quali possono
esprimere la saggezza accumulata
negli anni. È però altrettanto vero
che ci sono anziani per i quali comprarsi un vestito, le scarpe nuove,
prepararsi un buon pranzo, regalarsi
un libro, un concerto, una cena con
gli amici non è cosa possibile. È in
questo caso che la vecchiaia diventa
solo un tempo vuoto, in attesa di
una morte che spesso viene vissuta
come una liberazione.
Un tempo dilatato che può trovare
un senso solo se colmato d’amore…
Mi sono bastati pochi giorni per
capire che nella Casa di Riposo dove
avrei svolto il mio tirocinio l’amore
è il solo vero antidoto alla solitudine, alla perdita dell’autostima, alla
conservazione di un’identità costruita nel corso di un’intera vita. Ogni
giornata, dal risveglio all’ora di
andare a letto, era vissuta nel calore
familiare di una vera comunità fraterna: la colazione si faceva tutti
insieme con biscotti e dolci fatti in
casa dai parenti e condivisi fra tutti,
nell’aria il profumo buono e forte
del caffè, quello fatto con la moka. I
meno autosufficienti erano accuditi
con dolcezza, facendo attenzione a
mantenere integra la loro dignità.
Il clima era quello della collaborazione, tra i membri dell’équipe come
fra gli stessi ospiti, quasi tutte
donne, in gran parte casalinghe,
contadine, operaie, abituate ai lavori
duri e umili ma anche all’arte di crescere figli e nipoti, sempre pronte ad
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INCONTRI Gennaio 2007
anteporre i bisogni degli altri ai
propri. Di loro ho ricordi vivissimi… Caterina e Antonia, ad esempio, che condividevano la stessa
stanza ed erano legate da una bella
amicizia. La prima, quasi completamente cieca, si muoveva pochissimo
anche se aveva mantenuto una
discreta manualità. Antonia, ottantenne autosufficiente, coglieva ogni
suo piccolo bisogno, pronta a inter-
venire anche al minimo respiro.
La loro devozione era ammirevole,
fatta di affetto e premure.
C’era anche chi aveva problemi
mentali, come Gabriella, che tendeva a isolarsi e a essere anche
aggressiva. Non con me però: tra
noi c’era un rapporto di fiducia,
forse basato sul fatto che non cercavo mai di forzarla. Avevo imparato a
rispettare i suoi tempi.
ANZIANI
Già forte di un’esperienza come assistente
ai bimbi disabili, Vincenzina Sileo ha
affrontato con sicurezza e professionalità
il suo tirocinio presso una struttura per
anziani in provincia di Potenza.
Assistenza
agli anziani,
un lavoro
molto
speciale
La foto è tratta dalla relazione finale di Daniela Tessa.
La vecchiaia porta a conclusione un
ciclo: tutto ciò che una persona ha
fatto o non ha fatto nel corso dell’esistenza viene valutato alla luce
del tempo che rimane da vivere.
Un’epoca così importante viene vissuta da molti nell’ambito di una casa
di riposo. Non sempre è un posto
così triste come vuole il luogo
comune. Ad esempio, nella struttura
dove ho svolto il mio tirocinio, ogni
anziano si sentiva ed era considerato
come membro di una grande famiglia ed era sotto gli occhi di tutti
come il lavoro delle assistenti e delle
suore fosse il frutto di un impegno
fortemente permeato da vera umanità
e solidarietà.
Io stessa, ultima arrivata, mi sono
sentita parte di questo mondo ricco
di emozioni, parte integrante di
un’équipe che mi ha dato subito
l’opportunità di provare me stessa
lasciando poco spazio a quelle sensazioni di impotenza che spesso il
lavoro di cura suscita nel nuovo
arrivato posto di fronte a situazioni
problematiche.
I casi da me affrontati sono molti e
tra questi quello di Dinetta, l’anziana
che a causa dell’Alzheimer aveva
perso con il linguaggio anche il
senso del tempo e dello spazio e che
già manifestava problemi all’apparato
locomotore. Alta e magra, di aspetto
piacevole nonostante l’età, era persa
in un mondo tutto suo con il quale
era difficile comunicare. C’erano
giorni in cui rifiutava di camminare,
altri in cui collaborava, sforzandosi
di camminare piano ma con regolarità. Non rispondeva agli stimoli
esterni e quindi, in accordo con il
mio tutor, ho cercato di dare un
senso alle azioni quotidiane curando
la sua bellezza, l’aspetto esteriore e
l’igiene. Dinetta era comunque completamente assente e non partecipava
alla vita di comunità. Sembrava in
parte rianimarsi soltanto in presenza
della sorella, con la quale aveva vissuto sino a quando la malattia lo
aveva permesso. Ed è proprio attraverso la sorella che ho potuto conoscere qualcosa della vita di Dinetta.
Insieme avevano condiviso molto: il
benessere economico ma anche il
dolore della vedovanza e della mancanza di un figlio. Tra loro c’era un
legame davvero fortissimo.
Conoscere meglio la sua vita mi ha
dato la forza per impegnarmi ancora
di più.
Avevo capito che uno dei suoi interessi era il cibo, al quale non poteva
accedere liberamente a causa del
diabete. Sembrava essere consapevole
di ciò che aveva in bocca e, a volte,
la sorprendevo a masticare lontano
dai pasti e così aumentai la vigilanza,
Scoprii che Dinetta mangiava di
nascosto i biscotti che le regalava
una sua compagna, un vero veleno
per lei, ma anche uno stimolo per
una maggiore autonomia nell’uso
delle mani.
Decisi di sostituire i biscotti alla
crema con quelli per diabetici e poi,
pian piano, cominciai a guidarla nell’uso delle posate con il cibo solido.
Non sempre riusciva a portare la
posata in bocca, spesso usava direttamente le mani, ma era comunque
un piccolo, grande successo…
INCONTRI Gennaio 2007
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MULTICULTURALITÀ
d’ascolto
Centro
, a diretto confronto
con tutte le dimensioni del disagio
MULTICULTURALITÀ
Davvero importante l’esperienza di tirocinio svolta da Sabrina Morucci per diventare Operatore
Multiculturale. È durata un anno, per un totale di mille ore, e si è svolta attraverso il Servizio Civile
femminile presso un Centro d’Ascolto in provincia di Ravenna.
All’inizio non mi piaceva molto ciò
che facevo. Era forse il desiderio di
mettermi alla prova che mi spingeva
a cercare l’impossibile. Sognavo di
poter risolvere da sola i casi più difficili, volevo dimostrare agli altri ma
soprattutto a me stessa di aver fatto
la scelta giusta, di aver imparato a
muovermi bene fra persone in difficoltà. In poche parole ho peccato di
“voglia di gratificazione”.
Fortunatamente, però, il mio carattere mi ha spinto a non trarre conclusioni affrettate, a continuare in
un lavoro che, sebbene non fosse
gratificante quanto avevo sperato a
livello personale, era comunque di
aiuto per chi ne aveva bisogno.
E ho fatto bene.
Dopo poco più di un mese, infatti,
cominciai a capire il vero punto di
forza della struttura in cui operavo:
i miei interventi, assieme a quelli
degli altri volontari con cui operavo,
pur essendo semplici e a volte sbrigativi, servivano a gettare le fondamenta per un intervento più completo, che coinvolgeva enti diversi al
fine di aiutare la persona in difficoltà
non per un mese o per un anno, ma
per tutta la vita.
Non assistenza, ma soluzioni
Diceva la nostra responsabile: “Noi
non facciamo assistenza, perché l’assistenza prima o poi finisce. Noi cerchiamo di risolvere il problema alla
radice, perché non si presenti più. In
poche parole cerchiamo di rendere
autonome le persone che vengono
da noi dando loro tutti gli strumenti
necessari per continuare da soli la
propria vita”.
Ed era assolutamente vero.
La maggior parte degli utenti erano
stranieri. Quasi tutti clandestini,
cercavano un posto dove mangiare e
dormire, a volte anche dei vestiti,
ma in particolare cure mediche che
non sapevano come ottenere.
Poi c’erano ragazze che chiedevano
un aiuto per uscire dal giro della
prostituzione e donne incinte, anche
italiane, che chiedevano aiuto per
poter tenere il bambino. Arrivavano
alcolisti e tossicodipendenti, ma
anche famiglie di nostri connazionali
in gravi difficoltà perché il capofamiglia era senza lavoro: la varietà
dei casi era illimitata e, per me, è
stata una vera scuola di vita a tu per
tu con il disagio sociale.
È stato un anno impegnativo, ho
passato momenti alti e bassi, a volte
ero certa di aver scelto la strada
giusta, altre volte pensavo l’esatto
contrario.
Ma penso che se avessi svolto un
tirocinio troppo semplice e tranquillo,
non mi sarei messa del tutto alla
prova. Forse sarei uscita sicura delle
mie competenze e sarebbe bastata
una situazione più complicata per
far cadere le mie certezze e farmi
abbandonare tutto. Così, invece, ho
potuto conoscermi nelle situazioni
più disparate e ho imparato anche a
rassegnarmi al fatto che, a volte, la
realtà è più forte di noi e che per
quanto facciamo per cambiarla, non
ci riusciamo.
Se dovessi dare un consiglio a chi si
appresta a svolgere il suo tirocinio
direi che la cosa migliore che si
possa fare è di trovare la strada
intermedia che corre tra “voglio fare
l’impossibile” e “ho fatto tutto il
possibile”. Solo così, nel giusto
mezzo, si può essere propositivi per
il futuro e indulgenti per gli errori
del passato.
INCONTRI Gennaio 2007
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MULTICULTURALITÀ
La lingua e la cultura,
ostacoli da superare per chi viene
da lontano
In un mondo caratterizzato da
sconvolgimenti epocali che
stanno cambiando la geografia
e i rapporti fra i popoli e gli
stati, tutti dobbiamo fare la
nostra parte per ristabilire un
giusto equilibrio. A cominciare
dalla lingua e dalla cultura,
come spiega Laura Pirilli dopo
l’esperienza di tirocinio per
Operatore Multiculturale in una
scuola per stranieri in provincia
di Vibo Valentia.
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INCONTRI Gennaio 2007
Ho cercato sin dall’inizio di creare
in classe un clima di accoglienza che
fosse in grado di mitigare il senso di
emarginazione sociale che queste
persone vivono ogni giorno.
La prima cosa di cui ho preso concreta coscienza sin dall’inizio del
mio percorso di studi come
Operatore Multiculturale è stata
infatti la situazione di frustrazione e
angoscia dell’emigrante, dovuta
soprattutto al fatto che è costretto a
sopportare non solo la conflittualità
fra il modello culturale del paese in
cui è giunto e quello della propria
comunità di origine ma anche il
senso di estraneità che insorge a
causa delle difficoltà di comprensione dei messaggi espressi in una lingua poco o per nulla conosciuta.
Queste difficoltà intaccano più o
meno fortemente la fiducia in sé
stessi di tutti gli immigrati, che
trovano serie difficoltà a ricostruire
un’identità ben bilanciata fra le due
culture.
Il mio compito consisteva appunto
nell’attenuare questa problematica,
nel ridurre la sofferenza iniziale e
nell’aiutarli ad iniziare un percorso
di integrazione sociale ma soprattutto culturale, a partire anzitutto
dall’apprendimento della lingua,
elemento fondamentale per poter
comunicare, cercare e trovare con
più sicurezza i giusti percorsi verso
una migliore qualità della vita.
Per conseguire buoni risultati ritengo
sia necessario trattare con rispetto
la lingua e la cultura del diverso da
noi e porsi nei suoi confronti con un
atteggiamento teso a riconoscere la
sua identità etnica, culturale, sociale
e personale. E il mio impegno di
assistenza durante il tirocinio è
stato in effetti di tipo culturale,
sociale, di segretariato e di programmazione.
Culturale perché ho messo a disposizione della struttura le competenze
acquisite durante il mio percorso
formativo all’Università e presso
l’Istituto Cortivo sul tema della
multiculturalità e sulle tecniche
didattiche per un efficace apprendimento della lingua italiana.
Sociale in quanto ho rappresentato
un collegamento fra gli immigrati e
le agenzie di integrazione operanti
sul territorio.
Di segretariato in quanto entravo
spesso in contatto con persone che
non erano consce dei loro diritti e
quindi le informavo, segnalavo gli
uffici per il disbrigo delle pratiche,
davo indicazioni per i servizi
sanitari, ecc.
Di programmazione perché cercavo
di analizzare i bisogni dell’utente
stabilendo la priorità degli interventi e segnalando i problemi individuati ai responsabili per un coinvolgimento generale dell’équipe nel
trovare le soluzioni più tranquille e
costruttive.
Così, con umiltà e disponibilità,
senza mai aspettarmi niente in cambio a parte la mia personale soddisfazione per avere fatto del bene, ho
imparato una professione che mi
piace e ho scoperto aspetti di me
stessa che non conoscevo ma che
sono stata felice di portare alla luce.
agenda seminari & corsi
Il prossimo Corso di
“IMPRESA SOCIALE”
organizzato dall’Istituto Cortivo
avrà luogo
a Villa Ottoboni a Padova
nei giorni 22, 23, 24 Marzo 2007
Il corso è riservato ad allievi ed ex-allievi ed è gratuito.
Per informazioni: Istituto Cortivo, Centro di Formazione Professionale, Luisa Pasini, Via Padre Ramin, 1 - 35136
Padova - Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213 - e-mail: [email protected]
Il prossimo Seminario di studio
ambito INFANZIA MULTICULTURALITÀ
I BAMBINI E “L’ARTE” DI ESPRIMERSI
organizzato dall’Istituto Cortivo
avrà luogo
a Villa Ottoboni a Padova
nei giorni 24, 25, 26 Maggio 2007
Il corso è riservato ad allievi ed ex-allievi ed è gratuito.
Per informazioni: Istituto Cortivo, Centro di Formazione Professionale, Luisa Pasini, Via Padre Ramin, 1 - 35136
Padova - Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213 - e-mail: [email protected]
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INCONTRI Gennaio 2007
specialeseminario
Pet therapy, quando a curare
è il dottor
Il seminario di aggiornamento organizzato dal 9 all’11 ottobre scorso
dall’Istituto Cortivo per allievi ed ex
allievi aveva un titolo davvero curioso e stimolante: “Pet Therapy &
Alzheimer. Come migliorare la qualità della vita”.
Oltre a rappresentare un’interessante
sessione di aggiornamento sul
morbo di Alzheimer, ricca di testi-
monianze dirette e indicazioni fornite
da esperti sulle cause e i sintomi di
questa patologia davvero complessa
che, malgrado i progressi della
ricerca, continua a colpire sempre
più la popolazione anziana portando
con sé disagi e problemi molto
impegnativi, nella giornata clou dell’evento, martedì 10, offriva ai partecipanti l’occasione per conoscere
cane
“dal vivo” la Pet Therapy, l’innovativa
tecnica di cura attraverso il contatto
con gli animali riconosciuta ufficialmente all’interno del Servizio
Sanitario Nazionale con il decreto
legislativo del 6 febbraio 2006.
A presentare questo interessante
aspetto dell’assistenza la dott.ssa
Tiziana Gori e l’istruttore cinofilo
Marco Sincovich, entrambi coinvolti
da una decina d’anni nelle attività
dell’Associazione Animali Terapeuti.
L’argomento ci è sembrato così
significativo da decidere di metterlo
a disposizione anche dei nostri
lettori.
“La Pet Therapy non ha un vero
valore terapeutico - esordisce la
veterinaria dott.ssa Gori - ma può
essere meglio definita come una
coterapia di supporto ai protocolli
farmaceutici. Il suo principio di base
può essere facilmente compreso se
pensiamo che il rapporto degli
uomini con gli animali esiste da
quando mondo è mondo.
Recentemente questo contatto si è a
dir poco diradato ma per l’uomo, in
particolare per la persona in difficoltà,
con poche difese, alla ricerca di un
contatto istintivo con l’altro da sé,
rimane un fattore estremamente
utile per ripristinare più alti livelli
di equilibrio e benessere. Oggi si
pensa che la Pet Therapy sia una
novità. In realtà risalgono addirittura
al ’700 i primi studi neuropsichiatrici
che hanno riscontrato un nesso fra
il miglioramento dello stato del
paziente e il contatto fisico con gli
animali. Solo nel 1953, però, lo psichiatra americano Boris Levinson
iniziò a codificare questa branca
della medicina. Dopo le osservazioni
e gli studi scientifici condotti sul
rapporto, cominciato casualmente,
fra il bambino autistico che aveva in
INCONTRI Gennaio 2007
13
specialeseminario
cura e il suo cane, nel 1961 coniò
finalmente il termine Pet Therapy”.
Voi fate parte dell’Associazione
Animali Terapeuti. Come lavorate?
“Anzitutto teniamo a specificare che
la nostra Associazione ha un
approccio un po’ diverso da quello
della Delta Society, attiva in
America dal 1981. Ci siamo infatti
resi conto che i protocolli operativi
previsti da questa società, dalla
quale comunque non ci siamo staccati ma semplicemente distinti, prevedevano un uso degli animali che a
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INCONTRI Gennaio 2007
nostro parere non era del tutto
applicabile. Per questo nel 2002,
durante una riunione della nostra
Associazione a Modena, abbiamo
steso la cosiddetta Carta Modena,
un documento che disciplina la Pet
Therapy ponendo grande attenzione
alla tutela e salvaguardia dell’animale.
Detto questo passiamo al nostro
lavoro. Principalmente gestiamo
presso ospedali, istituti e case di
riposo le AAA, Attività Assistite
dall’Animale, e le TAA, Terapie
Assistite dall’Animale. Le prime
sono coterapie ludico-educative
senza particolari obiettivi se non
innalzare la qualità della vita degli
utenti, si svolgono in gruppo e
durano dai 20 ai 40 minuti. Le
seconde invece si svolgono sempre
nello stesso luogo e con gli stessi
attori e prevedono il rapporto esclusivo fra un animale accompagnato
dal conduttore e un paziente. Non
durano più di 20 minuti e si pongono
dei precisi obiettivi da raggiungere
nell’arco di 12 sedute con verifiche e
parametri di valutazione ad ogni
seduta favoriti anche dal fatto che la
seduta stessa viene ripresa in video
per poterne meglio vagliare tutti gli
effetti. Gli obiettivi possono essere
diversi.
Con bambini autistici, ad esempio, si
tende a creare interesse e ad aumentare il livello di autostima”.
Come vivono questo impegno gli
animali?
“Beh, è bene sottolineare che sono
animali un po’ speciali. - puntualizza
Marco Sincovich - Ovvero, sono
cani normali, non serve che siano di
una o di un’altra razza, possono
anche essere adottati in un canile,
ma devono essere educati per reggere queste attività. Fino a 18 mesi
vengono semplicemente abituati a
socializzare molto con gli uomini e
con gli altri animali e a obbedire ai
comandi. Poi si passa al test specifico,
che consiste nel far prendere familiarità all’animale con eventi che
potremmo definire strani. Ad esempio farli avvicinare da persone con
approcci scorretti, creare momenti
di discussione, di spinte, di urla e
rumori improvvisi. Se nel corso di
queste prove l’animale non reagisce
ma lascia che tutto scorra dimostrando massima indifferenza lo
definiamo di tempra forte, ovvero
idoneo a svolgere attività”.
“Bisogna comunque dire - interviene
la dott.ssa Gori - che il cane si stanca
molto durante le sedute. Per questo
non gliene facciamo fare più di una
o due al giorno e solo per una o due
volte la settimana.
specialeseminario
Escono dalle sedute veramente sfiniti e si vede che è una stanchezza
diversa da quella che hanno dopo
una lunga corsa. Dormono per ore e
ore, non distesi come fanno dopo
aver corso ma rannicchiati, segno
evidente di una fatica psicologica da
smaltire”.
Ci sono problemi con le strutture
nelle quali intervenite?
“Questa è una bella domanda. Ne
approfittiamo per dire che quando
una struttura accetta un progetto di
Pet Therapy deve anche garantire le
condizioni per cui tutto fili per il
verso giusto. L’animale perde il
pelo, si sa, ma alle volte questa cosa
sembra sia una brutta sorpresa per
il personale che deve pulire alla fine
della seduta. L’importante è rendersi
conto che questo genere di iniziative
vivono bene solo nella piena accettazione da parte della dirigenza, dello
staff e delle famiglie degli utenti.
La Pet Therapy si sta affermando
ma rimangono dei piccoli problemi.
Un altro esempio negativo viene da
un recente intervento con un bambino autistico di 10 anni. Ipercinetico,
non manteneva l’attenzione, non
parlava e non si relazionava con
nessuno. Dopo poche sedute ha
cominciato a parlare, salutava il
cane e il conduttore, giocava con la
pallina e rimaneva attento per tutti i
venti minuti. A questo punto i medi-
ci, incoraggiati dai risultati, hanno
chiesto di fare qualcosa di più nonostante il conduttore non fosse pienamente d’accordo. Hanno provato a
mettere una spazzola in mano al
bambino che in un primo momento
ha cominciato a spazzolare il cane e
poi, improvvisamente, ha cominciato
a prenderlo a spazzolate rovinando
in un istante tutto il lavoro svolto
sino a quel momento”.
Un’ultima domanda. Abbiamo sentito parlare di Pet Therapy svolte con
altri animali: gatti, conigli, cavalli,
pappagalli, delfini, ecc. Cosa ne pensate?
“L’unica vera discriminante è che
siano animali domestici e non addomesticati.
Comunque noi lavoriamo quasi
esclusivamente con i cani o raramente con i cavalli perché vediamo
che i risultati sono senza dubbio
migliori. Il gatto e il coniglio possono dare dei buoni frutti solo per
quanto riguarda la manipolazione.
Per tutto il resto il cane è imbattibile. Partecipa, vive la situazione,
regge in modo egregio gli stress
provocati da utenti con deficit mentali, anzi, reagisce positivamente, si
dà da fare, ci prova in tutti i modi.
Un pappagallo non lo farebbe di
certo”.
INCONTRI Gennaio 2007
15
specialeseminario
Impresa sociale: parlano i pro
Dal 12 al 14 ottobre, presso Villa
Ottoboni a Padova, si è svolto il
corso di Formazione Impresa
Sociale dedicato agli allievi ed ex
allievi dell’Istituto Cortivo che desiderano approfondire le tematiche
relative all’avvio e alla gestione di
un’attività imprenditoriale nel
campo dell’assistenza.
Tre giornate intense, dedicate ad
argomenti specifici come il marketing sociale, il fund raising, le tipologie dei servizi e la loro progettazione, la pianificazione, la gestione,
gli aspetti economici e finanziari e le
forme giuridiche, ma anche di
momenti di gioco, di socializzazione,
di comunicazione interpersonale e di
presentazione delle opportunità
offerte dall’organizzazione Cortivo
Baby Planet, pronta a fornire ogni
genere di supporto ai neo imprenditori. La partecipazione è stata ampia
e diversificata come è facile dedurre
dalle stesse parole dei partecipanti.
“Mi chiamo Rosalba Campana,
vengo da Trani e ho 40 anni. Sono
insegnante diplomata per la scuola
materna e l’istituto magistrale e mi
mancano pochi esami per finire il
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INCONTRI Gennaio 2007
corso di formazione OSA per l’infanzia dell’Istituto Cortivo.
Attualmente lavoro la mattina come
volontaria in una ludoteca mentre il
pomeriggio do ripetizioni private e
frequento un istituto di minori a
rischio gestito dalle suore per il
quale seguo anche le colonie estive.
Sono qui perché condivido con una
suora il progetto di aprire una ludoteca. Un luogo che risponda alle esigenze dei genitori e che accolga
bene i bimbi fornendo loro non solo
un doposcuola ben fatto ma anche
giochi e animazioni”.
“Noi siamo invece tre socie,
Emanuela Mattiucci 30 anni,
Stefania Damiani 28 anni e Stefania
Pignelli 29 anni.
Veniamo da Roseto, in provincia di
Teramo, e abbiamo saputo proprio
questa mattina che la struttura che
avevamo individuato va bene per
aprire un asilo nido per 30, 40
bambini.
È collocata in una zona in forte crescita industriale dove c’è solo un
altro asilo comunale. Siamo davvero
entusiaste, non vediamo l’ora di iniziare a fare sul serio. Siamo appunto
venute al corso per saperne di più
sugli aspetti economici, sui finanziamenti… Speriamo bene!”.
“E noi siamo in due, Annamaria
Cavallo, 28 anni, e Tiziana Do, 29
anni. Siamo di Lecce e siamo
entrambe laureate in Scienze
dell’Educazione.
Adesso lavoriamo in un centro per
minori a rischio ma l’estate scorsa
abbiamo gestito una ludoteca. È
stato proprio a partire da quella
esperienza fatta insieme che abbiamo deciso di aprire una nostra scuola materna. E in questi giorni qui a
Padova stiamo raccogliendo tutte le
informazioni necessarie… Il corso
ha proprio il taglio che ci auguravamo: tecnico, esauriente, risponde
alle nostre aspettative.
Vorremmo partire con un centro
estivo la prossima estate e poi iniziare con l’asilo”.
“Mi chiamo Roberto Consiglio, ho
33 anni e vengo da Foggia. Sono
consulente di marketing per le piccole e medie aziende e vorrei impiegare la mia professionalità anche nel
campo dell’assistenza, cercando di
inserire nelle imprese sociali ele-
specialeseminario
ssimi protagonisti.
menti manageriali. Sono anche interessato al corso di Amministratore
di sostegno.
Oggi con la mia agenzia di global
assistance offro servizi di supporto
alle aziende per l’antinfortunistica
stradale e civile. Chissà, domani
potrei aiutare anche le persone come
Amministratore di sostegno…”.
“Sono Maria Teresa Magurno, ho
31 anni e vengo dalla provincia di
Cosenza. Da sempre, anche prima di
diventare mamma, avevo una forte
vocazione per l’infanzia.
Per questo mi sono iscritta
all’Istituto Cortivo che avevo trovato pubblicizzato sulle pagine di una
rivista, l’ho frequentato con impegno e dedizione, e oggi sono felice
di avere appena ottenuto l’attestato
di Operatore Socio Assistenziale per
l’Infanzia.
Ora vorrei aprire un centro diurno
per piccoli da 0 a 3 anni o dai 3 in
su. Credo poco nell’aiuto pubblico.
Vorrei creare una realtà privata. Ed
eccomi qui per capire come funziona
la cosa. Per quanto riguarda il luogo
ho deciso di utilizzare una proprietà
di mio marito, con un’area verde, a
dieci minuti dal centro.
Sto aspettando per domani pomeriggio il responso del consulente che
mi deve dire se il posto va bene o se
sarà necessario apportare delle
modifiche”.
“Sono qui in cerca di nuove idee per
gestire sempre meglio Luce Amica,
una onlus di Salerno specializzata in
servizi sociali dove lavoriamo non
solo io, Sofia Civale, 40 anni,
Operatrice Socio Assistenziale per
anziani e disabili, ma anche una
seconda ex allieva dell’Istituto
Cortivo e altre nove persone con
qualifiche diverse.
Facciamo davvero di tutto: assistenza diretta alla persona da 0 a 100
anni, accompagnamento di invalidi
temporanei per compagnia, visite,
disbrigo pratiche, ecc., servizio
infermieristico a domicilio, notti in
ospedale, somministrazione pasti,
baby sitting.
E vorremmo fare di più, con l’aiuto
dell’Istituto Cortivo. Domani ho
appuntamento con le consulenti a
disposizione dei corsisti.
Mi hanno già parlato della possibilità di aderire a un consorzio fra coo-
perative per partecipare alle gare
d’appalto bandite dal Comune,
vedremo cosa si può fare per crescere ancora”.
“Il mio nome è Rosanna Saulle, ho
47 anni e vengo da Spinazzola in
provincia di Bari. Non so come sono
qui, non avrei mai pensato di trovarmi in questo contesto ma ne sono
felice, mi sento motivata. Da tempo
non faccio più nessuna attività nel
sociale, da quando è morto mio
marito, un evento che mi ha lasciato
profondamente infelice e depressa.
Prima agivo nel volontariato. Il
figlio di una mia amica era Down ed
è stata quella la molla che mi aveva
portato ad occuparmi di chi aveva di
meno. Con altri avevo fondato un’associazione, si chiama Coloriamo
Assieme, che promuove l’incontro
fra bimbi normodotati e bambini
Down… Si fanno feste, campi solari
in campagna seguiti da un’équipe
con giochi, decoupage, lavori in cartapesta. Da due anni non ci vado
più. Oggi sto riprovando delle emozioni, sento la forza che ricomincia a
scorrere dentro, ho voglia di andare
avanti”.
INCONTRI Gennaio 2007
17
DISABILI
Il tirocinio per conoscere il mondo
dell’Operatore Socio Assistenziale
Da quando la funzione dell’Operatore Socio Assistenziale si è evoluta dalla semplice custodia
dell’utente al saper fornire risposte ai suoi bisogni, anche il livello professionale idoneo a svolgere
questo ruolo è notevolmente cresciuto. Ecco perché il tirocinio è sempre più importante, come
afferma anche Serena Azzurra Santoriello che in questa pagina ci racconta la sua esperienza in una
casa famiglia per disabili in provincia di Latina.
Fare un buon tirocinio è utile per
saper fare bene il proprio lavoro.
Posso dirlo perché proprio grazie a
questi mesi di “apprendistato” ho
potuto rendermi conto di persona
del fatto che, per quanto si possa
studiare e prepararsi dal punto di
vista teorico, solo con la pratica
quotidiana diventa davvero possibile
capire quali sfide professionali ci
attendono nel futuro. È una cosa
importante, il tirocinio, ed è bene
affrontarlo con scrupolo e serietà. A
partire dai propri doveri: curare l’interesse dell’ente presso il quale si è
impiegati; espletare con attenzione
le mansioni; osservare la
Costituzione, le leggi e i regolamenti; rispettare gli orari stabiliti; collaborare con gli altri membri dell’équipe; sottoporsi ai controlli
medici e alle vaccinazioni previste.
Ai quali fanno da contrappeso i diritti: percepire uno stipendio; godere
dei congedi ordinari e straordinari;
vantare le opportunità previste da
ogni ente per i propri dipendenti nel
rispetto delle leggi vigenti. Ecco, in
questo quadro di regole l’operatore
svolge il suo lavoro essenzialmente
in tre aree: quella di osservazione e
organizzazione della struttura, quella di intervento operativo e quella
promozionale e relazionale.
E per svolgerlo al meglio deve
disporre di una serie di competenze
relazionali, sociali, di progettazione
interpersonale, organizzative, operative, istituzionali e di integrazione
sociale che possono scaturire solo
dall’abbinamento fra la teoria e la
pratica.
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INCONTRI Gennaio 2007
In più c’è tutto ciò che il tirocinante
futuro Operatore Socio Assistenziale
ha dentro di sé, doti di umanità e
disponibilità che, queste sì, nascono
spontaneamente dal rapporto diretto
con gli assistiti.
Due casi
A questo proposito posso raccontare
due esperienze per me molto significative. La prima è stata con un
ragazzo di quattordici anni affetto
da lieve ritardo mentale e fisico:
molto magro, di media statura, ha
capelli e occhi castani e carnagione
scura. Reagisce ad ogni stimolo con
movimenti istantanei e istintivi e ha
grandi difficoltà a dimostrare i propri sentimenti pur essendo nell’insieme un ragazzo affettuoso. Un
giorno l’operatrice cercava di fargli
fare i compiti ma lui non voleva. Mi
avvicinai e, siccome doveva fare
anche un disegno, gli raccontai che
avevo fatto il liceo artistico e che mi
sarebbe piaciuto
dipingere con
lui. Nacque così
un quadro
“astratto”, fatto
un po’ con i
pennelli e un po’
con le mani:
finimmo il capolavoro anche noi
completamente
dipinti, divertiti,
più amici che
mai…
La seconda è
stata quella con
un quindicenne che presentava un
ritardo mentale e fisico di grado
medio con possibile sviluppo di problematiche psicopatologiche. Lento
nei movimenti, mi sembrava l’utente
perfetto, calmo, simpatico, affettuoso,
sino a quando non gli sospesero i
farmaci che assumeva. Diventò d’un
tratto completamente diverso: possessivo, geloso delle persone che
reputava importanti per lui sino a
far del male a chi amava, soprattutto
alla madre che riteneva colpevole di
averlo abbandonato ma che era invece stata costretta ad allontanarlo da
casa proprio per il suo attaccamento
morboso, aggressivo, a volte violento. Era un caso complesso, che proprio per questo mi attraeva. Ci mettevo tutta la pazienza possibile per
coinvolgerlo nei giochi o per invitarlo a ballare, a volte ci riuscivo ed
ero molto contenta di vederlo per
qualche momento inserito tra gli
altri utenti che spesso lo trascuravano facendolo sentire diverso.
DISABILI
Durante il tirocinio, afferma
Rachelina Lomanto, reduce
da un’esperienza presso
un’istituto per disabili in provincia di Potenza, ho capito
quanta forza è racchiusa in
queste persone che molto
spesso non hanno neppure la
forza per urlare la loro richiesta
di amore e supporto.
È nostro compito riuscire a
cogliere i loro bisogni, interpretare gli stati d’animo e i
sentimenti e trovare la giusta
soluzione ad ogni problema.
Dalla conoscenza del disagio
la possibilità di dare
vero aiuto
Per me il tirocinio è stato fondamentale per capire e sviluppare
quelle abilità professionali che sono
proprie dell’Operatore Socio
Assistenziale e che implicano autonomia di giudizio, elaborazione critica delle conoscenze e acquisizione
di nuove capacità.
Ho potuto mettere in pratica le
nozioni apprese sui libri inserendomi
gradualmente nel lavoro sperimentando situazioni ogni giorno diverse.
E ho anche concretamente imparato
che il mio compito è quello di gestire
al meglio interventi che hanno sempre la persona in primo piano e che
sono sempre finalizzati a salvaguardare o a recuperare le sue risorse in
modo da migliorarne la qualità di
vita e potenziarne l’autonomia e
l’autosufficienza nel contesto familiare e/o sociale.
Per affrontare bene questo compito
è necessario mettere in campo il
meglio di noi stessi, usare la disponibilità, l’intelligenza, la sensibilità e
ogni altra attitudine personale per
creare un rapporto di fiducia con
l’utente. Ma non solo.
Bisogna anche saper capire i problemi
dell’assistito e quelli dell’ambiente
che lo circonda ed essere sempre
pronti a lavorare con l’équipe ma
anche a farsi autonomamente carico
dell’utente.
Tutto questo ho appreso nei mesi
trascorsi come tirocinante, un periodo che ritengo davvero cruciale per
la mia formazione come Operatore
Socio Assistenziale, che ha fatto
emergere le mie qualità, i miei limiti
e le mie difficoltà e che proprio per
questo ha contribuito a rafforzare il
mio carattere offrendomi la possibilità di crescere personalmente e professionalmente.
Il contatto diretto con i “diversamente abili”, persone che comunicano
la loro voglia di vivere attraverso
modi di esprimersi molto particolari,
mi ha permesso di comprendere che
bisogna saper leggere le necessità di
chi hai davanti al di là delle parole,
tra le righe delle espressioni, dei
movimenti e dei modi di fare, e
rispondere secondo chiari principi
etici, primi fra tutti la giustizia, la
lealtà, il senso di responsabilità e il
massimo rispetto per la dignità
umana.
INCONTRI Gennaio 2007
19
DIPENDENZE
La comunità, un posto
pieno di gente
Aveva qualche dubbio
Francesca Lioce prima di
cominciare il suo tirocinio per
Operatore Sociale in una
comunità per tossicodipendenti in provincia di Foggia:
come saranno, cupi, scontrosi,
cattivi… Poi li ha conosciuti e
ha scoperto persone vive e
vivaci anche se in difficoltà,
intelligenti, piacevoli, spesso
molto vogliose di riscattarsi.
20
INCONTRI Gennaio 2007
positiva
Chi è il tossicodipendente?
Anzitutto è una persona, con la sua
originalità e le sue preziose risorse,
ma anche con i suoi bisogni, primo
fra tutti quello di essere accettato e
riconosciuto. La storia della sua vita,
infatti, anche se segnata e ferita,
rimane comunque un valore intatto,
un mistero da rispettare.
Nella comunità dove ho svolto il
tirocinio per Operatore Socio
Assistenziale per le Dipendenze
c’erano venti ragazzi impegnati nei
programmi rieducativi, tutti con i
loro pregi e difetti. Erano divisi per
fasi, alcuni nella prima, altri nella
seconda e altri ancora nella terza, ed
anche per vari settori lavorativi:
cucina, lavanderia, falegnameria,
giardinaggio, manutenzione e agricoltura. Erano ragazzi splendidi e
devo dire che, se non ci fossero stati
loro, io non mi sarei mai inserita nel
contesto.
Prima di vivere questa esperienza
non avevo un vero e proprio pregiudizio, consideravo i “drogati” persone
che vivevano un disagio ma li credevo
cupi, scontrosi, furbi, forse anche un
po’ cattivi… a dire la verità, appena
sono entrata lì dentro, mi sono sentita subito a casa e soprattutto in
ciascuno di loro ho ritrovato parte
del mio carattere. Ho scoperto che il
loro problema di fondo è il “relazionarsi”, con la società e soprattutto
con le ragazze. Appena mi hanno
vista hanno subito pensato a un
nuovo problema e, in effetti, il primo
giorno nessuno parlò con me. Poi
tutti mi hanno confessato che avevo
dato l’impressione di essere un’antipatica ma, fortunatamente, si sono
ricreduti. Sono tutti ragazzi sulla
trentina, chi con precedenti penali,
chi con divorzi e cause alle spalle,
chi con profonde insoddisfazioni, chi
con molta sofferenza… ma quasi
tutti con la voglia di ricominciare
anche se la paura della società li
trattiene chiusi nel loro guscio! Fra
loro non si chiamano per nome
bensì “drogati”. Quando ho chiesto
perché lo facevano mi hanno risposto: “Tutti ci chiamano così”.
Quell’appellativo per loro è normale,
sanno di doversi portare a vita quel
marchio indelebile: drogati, anche se
smettono. Tra di loro vivono normalmente o, come dicono loro,
sopravvivono. Sono in tanti e i loro
caratterini spesso esuberanti e prepotenti li portano a scontrarsi. Ho
notato anche che non tutti sono lì
perché vogliono smettere… alcuni
sono come in parcheggio, insofferenti perché la società o la famiglia
non dà loro ciò che desiderano, altri
per costrizione dei familiari ed altri
ancora che non sanno neanche cosa
ci stanno a fare là dentro.
Ma sono una minoranza. In realtà
reputo quasi tutti i ragazzi che ho
incontrato persone molto dotate,
astute e intelligenti anche se in gran
parte non hanno neanche la terza
media. Agli inizi odiano le regole,
nella prima fase sono ribelli e non
accettano i comandi. Poi si abituano
e, quando raggiungono la terza fase,
non vedono l’ora di uscire per
rimettersi alla prova, vivere ed essere
autosufficienti.
Comunque vi posso assicurare che
ogni giorno capiscono e apprezzano
i sacrifici che gli operatori della
comunità fanno per vederli finalmente liberi da ogni dipendenza!
DIPENDENZE
DIPENDENZE
Quattro mesi difficili, un’ottima palestra
per un Operatore Socio Assistenziale
Entrare come tirocinante in
una comunità di recupero per
tossicodipendenti può essere
molto impegnativo, come racconta Arianna Curtol nella tesi
che illustra la sua esperienza.
22
INCONTRI Gennaio 2007
Durante il primo colloquio con la
responsabile della struttura mi
venne prima fatto un quadro generale delle funzioni e degli strumenti
di lavoro e poi mi furono affidati
mansioni e turni naturalmente in
affiancamento con un altro operatore.
Nonostante questi chiarimenti, però,
il primo giorno mi sentivo un po’
agitata anche perché fin dal primo
contatto mi resi conto che avrei
avuto a che fare con utenti molto
più grandi di me, principalmente
uomini che già dai primi minuti avevano iniziato a lanciarmi spiritose
“frecciatine” indirizzate soprattutto
alla mia giovane età. Da lì ho capito
che riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia-rispetto e al tempo
stesso di distanza non sarebbe stato
facile. Alcuni cercavano di avvicinarmi cercando continuamente la
mia attenzione, altri mi osservavano
senza mai rivolgermi la parola.
Tutti, comunque, mi valutavano per
capire le mie debolezze e i miei
punti di forza, per capire soprattutto
se ero una che potevano portare
dalla loro parte per poter trasgredire
senza problemi o se invece ero un
“nemico” che racconta tutto ai superiori. L’équipe mi aiutava per quanto poteva, ma quando mi trovavo
con loro spesso non riuscivo a
gestirli, sentivo che le mie certezze
di riuscire a farcela da sola traballavano. Non è stato semplice, ma dopo
un po’ sono riuscita a superare questa fase, che tutti chiamavano “l’esame di ingresso”. Ho iniziato quindi
a lavorare con compiti e obiettivi
precisi, ma anche in questo frangente
i problemi non sono stati pochi. Mi
sono resa conto che un ruolo professionale non è mai fine a se stesso,
che ogni giorno un operatore deve
iniziare da capo perché ogni giorno
l’utente può comportarsi in modo
diverso: bisogna avere una forte
capacità di adattamento e sapersi
muovere nelle situazioni più diverse.
Difficile è anche sostenere dei rapporti di vicinanza-distanza con gli
utenti i quali cercano di renderti
permeabile ancora prima che tu te
ne possa rendere conto. Per questo
ho capito anche quanto importanti
siano i momenti di distacco dagli
utenti per evitare il fenomeno del
burn-out, ovvero quella condizione
in cui l’operatore non riesce a mantenere il distacco dai problemi degli
utenti e se ne fa assorbire “bruciando” così il suo stesso ruolo di operatore. C’è stata una frase che mi ha
illuminato quando stavo facendo di
tutto per evitare di comportarmi
come una “crocerossina” e di diventare non l’Operatore Socio
Assistenziale che volevo essere ma
invece l’amica e la confidente degli
utenti. Fu uno di loro a
dirmi:”All’inizio eri solare e spontanea… ora sei troppo inquadrata…
stai diventando una di loro”. In quel
momento capii che stavo finalmente
seguendo la via giusta.
spazioincontri
Questa pagina fa parte della storia del nostro
giornale. Sin dai primi numeri, infatti, abbiamo
voluto riservare uno spazio alle parole che ci
giungevano direttamente dai nostri allievi o ex
allievi: storie e notizie, successi e difficoltà, problemi e soddisfazioni. Come una finestra sul
mondo del nostro Istituto, è una rubrica pronta
ad accogliere qualsiasi genere di contributo, individuale o collettivo, felice o preoccupato, riflessivo
o divertente. È un luogo attraverso il quale puoi
comunicare ai tanti altri giovani e meno giovani
lettori di Incontri il tuo stato d’animo, le tue sensazioni, le tue emozioni e i tuoi propositi, le tue
piccole e grandi scoperte, i tuoi consigli che
potrebbero rivelarsi preziosi per chi deve affrontare le esperienze che tu hai già fatto. Scrivici
adesso, entra anche tu a far parte della nostra
grande famiglia, ti aspettiamo con gioia.
Ancora una volta lasciamo spazio alle parole di una nostra ex allieva. La sua testimonianza, come spesso
succede, è davvero preziosa per tutti noi, capace di suscitare emozioni, riflessioni e, perché no, anche
curiosità nei confronti di un lavoro che spesso si rivela ricco di risvolti imprevedibili e sorprendenti,
sempre e comunque ricchi di umanità.
Caterina, che oggi lavora in Lombardia in una Casa Famiglia per bambini e adolescenti,
ha davvero la stoffa dell’Operatore Socio Assistenziale… Ecco cosa ci racconta
nell’e-mail che ci ha spedito.
Carissimi dell’Istituto Cortivo,
sono qui, davanti al mio computer, dopo una giornata
di intenso lavoro. Ho i piedi indolenziti, le spalle
doloranti e un leggero mal di testa eppure…
Eppure dentro di me sento una gioia così forte che
ho voglia di condividerla con voi. Perché è a voi che
devo tutto questo: la mia formazione, l’esperienza
importantissima del tirocinio e, adesso, il lavoro, un
VERO LAVORO NEL SOCIALE, quello che avevo
sempre sognato.
Il mattino mi alzo, faccio colazione e poi raggiungo
la Casa Famiglia. Lì ci sono loro, i miei bambini
ancora caldi di sonno, che io sveglio pian piano, dolcemente. Con loro condivido il momento del risveglio, delle tazze di latte e biscotti, dei bacetti e dei
mille “ti sei lavato i denti?”.
Certo, ci sono anche i problemi, i conflitti, i musi
duri, ma non mi spaventano, perché il mio complice
segreto è l’amore, una forza infinita che fa di me una
persona energica, sicura, viva, una roccia su cui
atterrare morbidamente...
I miei bambini mi conoscono bene, per questo sanno
di poter contare sempre su di me.
Un grazie di cuore e tantissimi auguri per un felice
2007 dalla vostra Caterina.
Inviate le vostre lettere a: Istituto Cortivo - Via Padre Ramin, 1 - 35136 Padova, e le vostre mail a: [email protected]
INCONTRI Gennaio 2007
23
ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
Assistente Turistico per Disabili: lavorare
per il benessere degli utenti
La realtà che ho affrontato,
racconta Michelina Esposito
parlando del tirocinio svolto
presso un’associazione non
profit in provincia di Napoli,
non è sicuramente brillante,
ma per me è stata un’esperienza fantastica, che ha esaltato la mia determinazione ad
essere altruista e mi ha insegnato a superare le difficoltà
nel migliore dei modi.
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INCONTRI Gennaio 2007
Il tirocinio mi ha dato l’opportunità
di mettere in pratica quanto già
avevo appreso in teoria. Adesso mi
sento davvero pronta ad entrare nel
mondo del sociale e a concretizzare
quello che da sempre è il mio sogno
nel cassetto: aiutare chi ha bisogno,
garantire un sostegno a chi vive un
disagio, regalare il mio amore, il mio
affetto, la mia innata generosità. Già
prima di iniziare il tirocinio conoscevo, anche se solo superficialmente,
il centro che aveva accolto la mia
domanda. Oggi ho capito molte più
cose, le difficoltà e i problemi, ma
questo non mi scoraggia, anzi, sento
sempre più rafforzata una passione
che avevo sin da bambina, quando
mi dedicavo ad azioni di volontariato.
Sono pronta non solo a relazionarmi
con gli utenti, ma anche a programmare interventi capaci di soddisfare
le esigenze di chi vive un disagio.
Questa mia capacità l’ho scoperta
proprio grazie al tirocinio, nel corso
del quale ogni giorno proponevo
agli utenti svariate attività. Non mi
sono mai mancate le idee ed erano
sempre in funzione della riabilitazione
degli utenti e di una loro migliore
qualità di vita.
L’importanza di essere positivi
Altra dote che mi è stata preziosa è
la mia positività, che trasferivo agli
utenti e agli altri operatori dell’équipe. Ci vuole professionalità ma
anche fiducia e pazienza, non mi
sono mai stancata di ripetere le operazioni, di attendere, di interpretare
ogni piccolo gesto in tutti i suoi
aspetti: ogni sguardo, ogni abbraccio, ogni carezza, ogni “ti voglio
bene” sono stati per me fonte di soddisfazioni e gratificazioni. Sono
stata contenta anche perché, quando
il mio supervisore ha capito le mie
capacità e la mia volontà mi ha
lasciato lavorare da sola: così ho
imparato a relazionarmi direttamente
con il personale delle agenzie di
viaggio e con lo staff delle strutture
ricettive, ad organizzare viaggi per i
disabili, a conquistare la fiducia dei
genitori degli utenti che nei primi
momenti erano stati un po’ diffidenti
vista la mia giovane età.
Un’esperienza davvero fantastica,
insomma, che ha fatto emergere il
meglio di me, cose che tenevo dentro e che finalmente ho potuto
donare a chi ne aveva bisogno.
ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
ex allievi raccontano
Questa rubrica è dedicata alle esperienze e alle testimonianze di ex allievi dell’Istituto Cortivo.
Storie in presa diretta di persone in cammino verso la piena realizzazione personale e professionale.
Assunta con un contratto a tempo indeterminato dalla Cooperativa Agorà, Ester Parolari lavora in una
struttura ospedaliera che si occupa della riabilitazione fisioterapica degli anziani e del recupero di
etilisti. Simpatica, 23 anni, si considera in assoluto l’allieva più fortunata dell’Istituto Cortivo…
“Pensi: ho dato l’esame finale il 19
maggio, il giorno dopo ho spedito il
curriculum, il 20 mi ha telefonato la
Cooperativa Itaca e il lunedì successivo ho avuto il mio primo colloquio
di lavoro in seguito al quale, nel
giro di pochi giorni, ho iniziato a
lavorare in una casa di cura per
anziani...”.
Probabilmente li hai conquistati
con la tua energia e la tua esperienza di tirocinio e volontariato.
“A convincerli è stata soprattutto la
formazione acquisita con l’Istituto
Cortivo, il cui operato, qui in Friuli,
è apprezzato da molte strutture attive nel sociale. Mi è stato utile anche
per essere assunta dalla Cooperativa
Agorà, presso la quale lavoro attualmente, che dell’Istituto Cortivo ha
una grandissima considerazione.
La preparazione che riceviamo come
OSA, infatti, è davvero impeccabile
da tutti i punti di vista, teorico, pratico, umano…”.
Sei contenta delle tue mansioni?
“Sì, mi piace lavorare in una struttura come questa perché c’è un’atmosfera molto diversa da quella che si
respira in una casa di riposo per
anziani non autosufficienti.
Nel mio reparto i pazienti sanno che
più s’impegnano nella riabilitazione
e prima andranno a casa. Sono
molto motivati e questo rende il
rapporto con loro molto più vivace e
gratificante.
Comunque, anche se qui mi trovo
bene, voglio lasciare aperte anche
altre possibilità.
Ho in programma altri due colloqui
per lavorare come assistente domiciliare, sempre tramite strutture che
riconoscono la mia formazione con
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INCONTRI Gennaio 2007
l’Istituto Cortivo e che hanno intenzione di assumermi a tempo indeterminato.
È un’esperienza che mi piacerebbe
fare perché mi permetterebbe di
confrontarmi con una dimensione
più sociale e meno ospedalizzata”.
Sei davvero una ragazza piena di
risorse.
Sappiamo che ti dedichi da anni
al volontariato e che sei stata
parecchi mesi in Bolivia con
un’altra ex allieva dell’Istituto
Cortivo, Stella Bragantini.
“Con Stella ho condiviso emozioni e
sentimenti molto intensi.
Fornivamo assistenza in una guarderia a Plan Tremila, un quartiere
periferico di Santa Cruz.
Là abbiamo lasciato molti amici ed è
mia intenzione tornarci al più presto, magari in occasione del mio
viaggio di nozze visto che il mio
compagno è boliviano…”.
Lo hai incontrato laggiù?
La foto è tratta dalla relazione finale di Mirella Dell’Anna.
“No, l’ho incontrato ad una festa qui
in Friuli subito dopo essere tornata
dalla Bolivia e, guarda un po’ il
destino, lui era nato proprio nella
zona in cui avevo svolto il mio
volontariato”.
È facile vivere con una persona
proveniente da una cultura così
lontana?
“Non è facile ma molto stimolante e
per nulla noioso. Il mio compagno
appartiene all’etnia Kamba, che
significa piedi gialli. Hanno una lingua propria e vivono nella selva…
Insomma due mondi lontanissimi, il
mio e il suo, eppure…”.
Questo dimostra che l’amore non
ha confini e non ha paura della
diversità.
“Tutto questo mi riporta all’Istituto
Cortivo, una realtà che fa davvero
molto per diffondere la cultura della
multiculturalità e alla quale, anche
per questo, non smetterò mai di
essere profondamente grata”.
ex allievi raccontano
Elisabetta Garilli, ex allieva dell’Istituto Cortivo, è la fondatrice
dell’Associazione Arcobaleno.
“L’idea ha cominciato a farsi strada
nella mia mente quando ho vissuto
in prima persona l’esperienza di
diventare mamma di due bimbi. In
quel periodo mi sono resa conto di
quanto importante potesse essere il
fatto di avere un punto di riferimento per i genitori che si trovano a
vivere questa fase fondamentale
della vita contando solo sulle proprie forze”.
Di quale idea si trattava?
“Quella che circa un anno fa ho realizzato e che sta crescendo giorno
per giorno, a vista d’occhio: si tratta
dell’Associazione Arcobaleno, con
sede a Vigorovea in provincia di
Padova. Ha preso forma lentamente
ma con decisione. Il primo passo,
come dicevo, l’ho fatto con la presa
di coscienza conseguente alle mie
prime due gravidanze. Io venivo da
tutta un’altra formazione, sono
diplomata dietista e non avevo mai
pensato a costruirmi dei percorsi
professionali alternativi. Ma in quei
frangenti mi sono resa conto dell’assoluta necessità (e dell’assoluta
mancanza) di una struttura in grado
di fornire assistenza a tutti i livelli,
pratici, fisici e psicologici, non solo
per il benessere della madre ma
anche per quello del padre e, di conseguenza, del bambino”.
E poi?
“Poi, per rafforzare le mie intenzioni
con un’adeguata preparazione, mi
sono iscritta al corso di formazione
dell’Istituto Cortivo per Operatore
Socio Assistenziale per l’infanzia,
che mi è stato utilissimo dal punto
di vista teorico e mi ha davvero
entusiasmato durante il tirocinio,
che ho svolto in una comunità in cui
venivano ospitate mamme con bambini provenienti da situazioni di
disagio sociale. E infine, circa un
anno fa, sono partita con
l’Associazione Arcobaleno, in cui ho
aggiunto al mio bagaglio di conoscenze quello di altre tre ragazze,
una laureata in Scienze della
Formazione, la seconda diplomata
maestra e la terza in ragioneria, alle
quali si è recentemente aggiunta
una quarta laureata in Psicologia”.
Lo staff sta crescendo...
“E non solo lo staff. Anche la struttura sta crescendo come una pianta
ben coltivata. Siamo partite nel settembre del 2005 avviando corsi per
donne in gravidanza, di ginnastica
dolce e di yoga pre-parto. E mano a
mano, ascoltando le esigenze delle
persone che li frequentavano, abbiamo avviato altri corsi, per le
mamme, per i papà e per le coppie
nel loro insieme. Corsi di pediatria,
ostetricia e di educazione alimentare
per l’allattamento e lo svezzamento,
incontri con il naturopata o l’erborista e consulenze psicologiche per
affrontare e risolvere le problematiche che molto spesso insorgono fra i
genitori in questi impegnativi
momenti. Recentemente abbiamo
avviato un altro corso molto interessante, di massaggio infantile. Lo
tengo io stessa grazie al fatto che
nel frattempo ho ottenuto la certificazione che mi abilita ad insegnare
il metodo messo a punto
dell’Associazione Italiana
Massaggio Infantile. Si tratta di tecniche che non solo portano al bambino considerevoli benefici psicofisici ma aiutano anche, e notevolmente, a migliorare la relazione fra i
genitori e il bambino”.
E poi c’è l’asilo!
“Sì, è con grande soddisfazione che,
dal maggio di quest’anno, mettiamo
a disposizione della nostra comunità
anche un nido, il Baby Club
Arcobaleno, che attualmente accoglie 18 bambini da 0 a 3 anni. È una
bella struttura al pianterreno, con
140 metri quadri di superficie e una
piccola area verde. Siamo in attesa
del riconoscimento ufficiale da parte
della Regione Veneto come servizio
per la prima infanzia ma già adesso
godiamo di una buona credibilità
presso la popolazione e il passaparola è davvero positivo”.
Credo sia inutile chiederti dei
progetti per il futuro con tutto
questo gran daffare...
“E invece c’è ancora qualcosa che
bolle in pentola. È appena partito
un servizio di baby sitting molto
particolare. In pratica quando un
bambino sta male, una delle nostre
assistenti va direttamente a casa del
bambino per fare la baby sitter. È
come portare l’asilo a domicilio: il
bambino sta con la stessa persona
che vede ogni giorno, non deve
cambiare abitudini e la sua tranquillità è garantita. Anche sul fronte dei
corsi c’è qualcosa di nuovo a breve
scadenza: il corso di pronto soccorso bambini attraverso il quale i
genitori imparano ad affrontare a
ragion veduta ogni emergenza senza
cadere, come purtroppo spesso accade, nel panico più assoluto. E così
avanti: abbiamo davvero intenzione
di non smettere di crescere e di
allargare la nostra proposta sino a
quando ci arriveranno nuove richieste da parte dei nostri utenti”.
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servizio segnalazione allievi
In quanto scuola di formazione esclusivamente dedita ad attività didattiche, l’Istituto Cortivo non cura direttamente iniziative di collocamento al lavoro ma sviluppa invece attività di segnalazioni dei propri allievi alle
strutture interessate. A questo fine offre gratuitamente agli allievi che hanno concluso il corso il Servizio
Segnalazione Allievi, che consiste nel segnalare, attraverso il proprio ufficio aperto dal lunedì al venerdì dalle
9 alle 12, i nominativi degli allievi che hanno conseguito l’attestato di studio ad enti e strutture che ne fanno
richiesta attivi nel sociale in tutto il territorio nazionale.
Si ricorda agli allievi interessati a questo tipo di servizio che per consentire la segnalazione del loro nominativo per un eventuale
inserimento professionale nel mondo del sociale sono tenuti a rilasciare l’autorizzazione al trattamento dei dati come previsto dalla
legge 196/03 compilando il modulo disponibile presso la Segreteria Didattica dell’Istituto Cortivo di Padova.
Il servizio fornisce inoltre agli allievi un orientamento su come condurre un’indagine occupazionale, come
scrivere un curriculum e quali documenti e informazioni allegarvi, per individuare le strutture più idonee
presenti nella propria zona di residenza.
Servizio riservato alle strutture
Le strutture interessate a ottenere
nominativi di allievi che hanno
concluso il corso nelle diverse
specializzazioni possono farne
richiesta all’Istituto Cortivo.
Servizio riservato agli allievi
Gli allievi interessati a conoscere le
richieste pervenute all’Istituto
Cortivo relativamente alla propria
specializzazione e alla propria zona
di residenza possono farne richiesta.
Servizio Segnalazione Allievi
Istituto Cortivo
Centro di Formazione Professionale
Via Padre Ramin, 1 - 35136 Padova
Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213
e-mail: [email protected]
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INCONTRI Gennaio 2007
Centro Congressi Villa Ottoboni:
fuori dai luoghi comuni.
Il Centro Congressi Villa Ottoboni, immerso nel verde dell’ampio parco che gli fa da naturale cornice
e inserito in un suggestivo contesto storico e culturale, è il luogo ideale per incontri,
meeting e conferenze. L’interno si sviluppa su più livelli e comprende un’ampia reception,
tre sale conferenza, uno spazio eventi flessibile, salette riservate e servizio di ristorazione.
Tutto questo (assieme alla favorevole posizione*) fa del Centro Congressi Villa Ottoboni
un posto davvero speciale e... fuori dai luoghi comuni.
Centro Congressi Villa Ottoboni
via Padre E. Ramin, 1 - 35136 Padova
* Villa Ottoboni si trova a pochi chilometri dal casello di Padova Ovest
ed è facilmente raggiungibile dalle principali arterie della città.
Questo
bambino
sta per
chiederti
di occuparti
di lui.
Sei pronta?
Istituto Cortivo ti prepara al sociale
Lavorare nel campo dell’assistenza ai bambini, agli anziani, ai disabili, ai tossicodipendenti, confrontandosi spesso con culture diverse dalla nostra, richiede una forza interiore molto speciale fatta di pazienza,
disponibilità, umiltà, discrezione, capacità di ascoltare, comprendere, adattarsi alle varie situazioni. Se ritieni che queste doti facciano parte della tua personalità puoi metterti in contatto con noi. Sarà il tuo primo
passo verso una professione sempre più richiesta, verso un futuro ricco di prospettive.
Ambiti di specializzazione:
Infanzia - Multiculturalità - Dipendenze - Anziani - Disabili
Assistente turistico per disabili - Amministratore di sostegno
immagina.biz
Corsi e frequenze personalizzati
300 ore di tirocinio pratico
Assistenza alla ricerca di impiego
Centri didattici in tutta Italia
Centro Formazione Professionale
per Operatori Socio Assistenziali
www.cortivo.it