Progetto Baby Planet, nuove imprese sociali dal

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Progetto Baby Planet, nuove imprese sociali dal
FASHION & C. n. 84 del 2007 - Bisettimanale di informazione, politica e attualità. - Editore: HARVARD GROUP srl via Monte Pastello 5/d – San Giovanni Lupatoto VR - Direttore responsabile: Gino Abati - Con Autorizzazione NR. 1151 del registro stampa e 1702 del cronologico dell’11/04/’95
Spedizione in A.P. comma 1 Art. 1 DL 353/2003 (CONV. IN L 27/02/04 nr. 46) DCB VERONA - Stampa Litocenter - Via Visco, 24 - 35010 Limena (PD) - Prezzo Euro 0,0997. - Contiene I.P.
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ANZIANI
Non mollare mai
MULTICULTURALITÀ
Rifugiati politici:
difficoltà e risposte
DISABILI
Tirocinio in una
“famiglia” speciale
DIPENDENZE
Droga: cronache
di vita difficile
FASHION & C. n. 84 – OTTOBRE 2007
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il Notiziario dell’Operatore Socio Assistenziale
incontri
SPECIALE
Progetto
Baby Planet,
nuove imprese
sociali dal
nord al
sud Italia
INFANZIA
Riprendiamoci le Fiabe
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ISTITUTO CORTIVO: diventa professionista nel sociale.
Dal 1984 l’Istituto Cortivo opera nel
campo della progettazione ed erogazione di attività formative nel sociale,
un mondo ricco di umanità che rappresenta da sempre il suo esclusivo
e coinvolgente orizzonte di impegno.
Oltre vent’anni di esperienze, di scelte e di fatti concreti hanno forgiato
una struttura dinamica e vitale, un
potente motore che, alimentato dall’energia della volontà e della solidarietà, forma non solo personale altamente qualificato e professionalmente
motivato, ma promuove e partecipa
anche ad iniziative sociali e culturali
rivolte a migliorare la qualità della
vita nella nostra società.
L’Istituto Cortivo è presente con i suoi
Centri Didattici nelle principali città
italiane; la sede centrale è a Padova.
Un’organizzazione efficiente, perfettamente armonizzata, che sa adeguarsi alle realtà locali senza mai
venir meno agli obiettivi e ai criteri
guida che uniformano tutte le attività
dell’Istituto Cortivo. Per consentire ai
suoi allievi di svolgere l’esperienza di
tirocinio pratico nella propria zona di
residenza, l’Istituto Cortivo ha stipulato convenzioni con oltre 7500 Enti
pubblici e privati in tutte le regioni
d’Italia.
A garanzia della qualità dei cicli di
formazione proposti, l’Istituto Cortivo
si è dotato di un Comitato Scientifico
che si dedica alla valutazione della
correttezza metodologica dei percorsi
didattici programmati per i vari corsi
di formazione, delle strategie e degli
orientamenti formativi messi a punto
dalla Direzione Didattica.
Corsi di formazione per Operatori Socio
Assistenziali nei seguenti ambiti operativi:
Multiculturalità - Infanzia - Dipendenze
Anziani - Disabili - Assistente turistico
disabili - Amministratore di Sostegno
Istituto Cortivo
via Padre E. Ramin, 1
35136 Padova
www.cortivo.it
per informazioni:
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editoriale
Più stranieri
nelle scuole,
un patrimonio
da gestire
All’inizio di quest’anno scolastico i maggiori quotidiani titolavano con sorpresa
che le classi delle nostre scuole stavano diventando sempre più multietniche. Ma
dov’era la sorpresa? In realtà non vediamo nulla di strano nel fatto che nelle
nostre scuole entrino sempre più bambini provenienti da paesi e culture diverse.
Già da anni si parla del contributo all’incremento delle nascite fornito dalle coppie
di altre nazionalità residenti nel nostro Paese. E dove si pensava che andassero a
studiare tutti questi figli di persone che da anni vivono e lavorano qui da noi? Per
questo ci sembra naturale che il numero degli studenti stranieri sia in crescita,
più sorprendente è stato invece il moto di “sorpresa” manifestato a più riprese da
giornalisti e personalità politiche. Comunque i numeri dicono che attualmente la
media nazionale di presenze di alunni stranieri nelle scuole è attorno al 6%, con
cifre oltre il 20% in alcune zone mentre in altre sono vicine allo zero. Una quota
ancora distante da quelle che si trovano ad affrontare altre nazioni europee come
la Gran Bretagna e la Germania, ben oltre il 10%, o la Svizzera, il Belgio e il
Lussemburgo dove si raggiunge il 27%. L’allarmismo, quindi, non trova giustificazione nelle quantità ma sembra ancora una volta nascere dall’inadeguatezza del
nostro sistema scolastico, impreparato a gestire un cambiamento da tempo sotto
gli occhi di tutti. Ed ecco quindi l’emergenza e la preoccupazione che si vadano
a costituire classi ghetto riservate ai bimbi stranieri. Un approccio che a nostro
parere è inappropriato alla situazione. Noi vediamo la presenza di piccoli di altri
paesi nelle nostre scuole come una risorsa per i nostri bambini, il modo più semplice e naturale per loro di diventare davvero cittadini del mondo, di lasciare dietro di sé vecchie remore e antiche ostilità, per acquisire finalmente una mentalità
libera, basata sull’esperienza diretta, sulla conoscenza personale. Pensiamo che
questa situazione possa rappresentare la prima vera possibilità di un mondo
nuovo che, a partire dai più giovani e quindi più liberi da preconcetti, veda sempre
più positivi rapporti instaurarsi fra i bimbi di oggi che saranno le persone di
domani. Un processo virtuoso, dunque, che riteniamo debba essere favorito non
solo attraverso un’organizzazione delle presenze che promuova il migliore inserimento dei singoli ma anche tramite la disponibilità di personale preparato a
gestire ambienti multiculturali, operatori specializzati che sappiano armonizzare
le diversità nel nome del benessere e della crescita comune.
La redazione
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sommario
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INFANZIA
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L’ Asilo: uno spazio educativo
dove si gioca e si cresce
Riprendiamoci le Fiabe
Ogni giorno si semina...
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ANZIANI
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Anziani, un mondo dolceamaro
Non mollare mai
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MULTICULTURALITÀ
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Rifugiati politici:
difficoltà e risposte
L’intero pianeta mi è venuto incontro
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COMITATO SCIENTIFICO
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SPECIALE PROGETTO BABY PLANET
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Baby Planet, nuove imprese sociali
dal nord al sud Italia
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DISABILI
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Tirocinio in una “famiglia” speciale
La cosa più importante è farli stare bene
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SPAZIOINCONTRI
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DIPENDENZE
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Droga: cronache di vita difficile
ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
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Più opportunità
per i diversamente abili
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EX ALLIEVI RACCONTANO
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SERVIZIO SEGNALAZIONE ALLIEVI
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progetto grafico e impaginazione: immagina.biz
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INFANZIA
L’
Asilo: uno spazio educativo
dove si gioca e si cresce
Alberico
Viso tondo e aspetto angelico, grandi
occhi azzurri e capelli biondi,
Alberico aveva 20 mesi. Non parlava
se non stimolato dall’educatrice.
Minore di tre fratelli, era stato concepito “per sbaglio” in un periodo di
profonda crisi tra i genitori. La
madre manifestò il suo disagio
abbandonando la famiglia e lasciando solo il marito con i tre bambini.
Alberico ha quindi vissuto i primi
mesi di vita in assenza della figura
materna e questo primo abbandono
ha senza dubbio provocato negative
conseguenze sulle sue capacità di
relazione con gli altri. Discusso il
caso all’interno dell’équipe, è stato
deciso di affiancare al piccolo
un’educatrice con il ruolo di mediatrice per la socializzazione. Il suo
compito era aiutare Alberico a
socializzare prima con pochi bambini e poi a integrarsi nel gruppo più
ampio. Allo scopo è stata molto utile
la piscina con le palline, un’attività
ludica che Alberico amava molto e
con la quale poteva gioiosamente
confrontarsi con i coetanei. Ciò che
destava preoccupazione era l’ansia
che il bambino manifestava al
momento dell’uscita, che sfociava in
una vera e propria crisi di panico
quando la madre arrivava con qualche minuto di ritardo. Pian piano le
cose sono andate sempre meglio e,
proprio grazie all’asilo che lo ha aiutato e rassicurato, Alberico è oggi un
bimbo sereno, in grado di interagire
positivamente con gli altri. Alla fine
del tirocinio Alberico aveva sviluppato un buon linguaggio, congruo per
la sua età e in rapida evoluzione.
Boris
Poco meno di due anni e due grandi
orecchie a sventola. Boris assomigliava a Cucciolo dei sette nani.
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Proveniva da una famiglia in cui i
ruoli non erano ben definiti: la
mamma avvocato rientrava tardi la
sera e, durante la giornata, il piccolo
veniva curato da una baby sitter
giovane e inesperta, molto permissiva, coadiuvata a volte dalle due
nonne. Il bambino appariva disorientato e privo di quell’identità che
solo un’attenzione diretta e poche
ma ben precise regole possono
garantire. Pur essendo un bimbo
molto intelligente, era sempre scontento e oppositivo: non rispettava
alcuna consegna, non esprimeva
interesse per i compagni e stava
continuamente attaccato alle gonne
dell’educatrice, solitamente quella
che lo accoglieva al suo arrivo.
Mangiava poco e solo se imboccato
e, se non accontentato, a volte manifestava comportamenti autolesivi.
Riunitasi per discutere del caso,
l’équipe valutò che per garantire la
serenità di Boris erano fondamentali
due cose: una frequenza regolare
dell’asilo e l’imposizione delle regole
comuni. Gli obiettivi, anche se in
tempi più lunghi del previsto a
causa delle ripetute assenze per
malattia, vennero raggiunti.
Quando terminai il tirocinio Boris
era più sicuro di sé, attento alle
regole e perfettamente cosciente di
ciò che faceva nel momento in cui le
trasgrediva. Mangiava e si addormentava da solo, non manifestava
attaccamenti morbosi alle educatrici,
partecipava con piacere a tutte le
attività.
Era diventato un bimbo socievole,
sempre sorridente e curioso del
mondo che lo circondava. Insomma,
un bimbo felice.
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INFANZIA
È stata davvero positiva
l’esperienza di Tamara Ferraro,
tirocinante in un asilo infantile
della provincia di Milano molto
apprezzato dall’utenza per la
ricchezza dei progetti educativi e dei laboratori. In questa
pagina ci racconta la storia di
due simpatici bimbetti che
abbiamo chiamato con nomi
di fantasia.
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INFANZIA
Riprendiamoci le
Nonostante le conoscenze
teoriche acquisite in merito
al disagio infantile,
Michelina Abbruzzese
ha dovuto fare i conti
personalmente con il dolore
dei bambini ospiti in una casa
famiglia della provincia
di Crotone dove ha svolto
il tirocinio.
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Fiabe
Agli inizi lo sguardo di quei bambini mi faceva sentire impotente.
Come avrei voluto in quel momento
trovare in uno dei miei libri la risposta sulla cosa giusta da fare o da
dire... Poi ho capito: non bastavano
la teoria e la professionalità.
Dovevo metterci l’amore, l’unico
sentimento che rende pazienti,
comprensivi, capaci di ascoltare e di
sperare.
La vita di quei bambini era come
quella delle fiabe e la casa famiglia
era quel rifugio nel bosco dove i
“mostri” della loro vita non potevano entrare. Tra quelle mura trovavano chi poteva aiutarli a cicatrizzare le ferite, a renderli così forti da
farli diventare i re le regine di una
favola a lieto fine. Nella casa potevano ricostruire la loro identità, crescere sereni e sicuri di sé. Tra questi
bimbi c’era anche Federica (il nome
è di fantasia).
La prima volta che la vidi era appena rientrata dalla scuola e, con
molta enfasi, stava raccontando
all’educatrice di turno cosa aveva
fatto durante il giorno.
Al momento delle presentazioni mi
baciò e poi riprese a parlare come se
io non fossi lì. Sembrava una bambina allegra e spensierata. Il giorno
dopo mi fu chiesto di darle una
mano nei compiti e in quel momento capii quanto sarebbe stato duro
lavorare con lei. Era molto intelligente, spesso spiegava le lezioni alla
sua amichetta, ma quando si trattava di aprire il suo quaderno non
c’era verso di convincerla.
Inizialmente pensai che la sua fosse
semplice svogliatezza, complici la
TV e la sua voglia di giocare.
Nel tempo capii invece che la sua
era una reale difficoltà a mantenere
l’attenzione su qualsiasi attività.
Era così anche nel gioco: iniziava
una cosa e poi subito un’altra.
Era come se non ci fosse mai qualcosa di veramente bello o interessante in grado di catturare la sua
attenzione.
A volte, inaspettatamente, aveva dei
bruschi cambiamenti d’umore e tirava fuori una rabbia che non aveva
nulla a che fare con il momento.
Era una rabbia antica, che si portava
dentro da sempre. La sua era stata
una famiglia problematica, con un
padre violento e una madre passiva
che la costringevano a vivere in un
clima di costante paura. Succedeva a
volte che Federica, con molta naturalezza, mi raccontasse episodi tremendi della sua prima infanzia,
ricordi che non riusciva a cancellare
e che probabilmente erano la causa
delle sue difficoltà di attenzione.
Anche la rabbia aveva origine nella
sua famiglia, dove aveva appreso
modelli comportamentali basati in
gran parte sull’aggressività.
Con lei ho dovuto lavorare sulla
fiducia, sulla paura dell’abbandono
e sul suo difficile rapporto con una
madre troppo assente, incapace di
darle l’amore di cui aveva veramente
bisogno.
Durante il tirocinio sono
cresciuta: il continuo
confronto con i bambini,
con i loro problemi,
i loro sguardi,
le loro difficoltà mi ha
costretto a guardarmi
dentro, a scoprire un po’
di più di me stessa.
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INFANZIA
Ogni giorno si
semina...
Dal suo tirocinio presso una
comunità educativa per minori
con disagio in provincia di
Ancona, Marina Radicioni ha
imparato tante cose essenziali
per la sua crescita professionale, prima fra tutte l’importanza di chiedersi sempre: “Chi è
questo ragazzo per me ed io
per lui? Cosa e chi posso rappresentare per lui? Che parte
della mia anima sta toccando
questo ragazzo?”
Del primo impatto con la Comunità
ricordo solo di aver pensato: “Che ci
faccio qui? Chi sono qui dentro?”.
Ero sola in una casa in cui mi sentivo estranea, spesso inadeguata, a
volte non accettata. Sentivo fortemente l’esigenza di sapere dagli
educatori se era normale provare ciò
che stavo provando, cercavo qualcuno che mi chiedesse: “Come va?”.
Sono passati così alcuni giorni,
durante i quali osservavo questa
famiglia già costituita con il continuo timore di non riuscire a stabilire un rapporto armonioso fra i
minori, l’équipe e me stessa.
Piano piano, però, mi sono tranquillizzata, quando ho capito che i miei
migliori alleati erano il trascorrere
del tempo e la capacità di rispettare
sempre i ritmi degli altri. Ho imparato a rispondere ai “collaudi” cui mi
sottoponevano i ragazzi con atteggiamenti aggressivi, dal forte attacco verbale a quello fisico, con la
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pazienza, l’apertura, l’ascolto e l’aiuto, dando loro tutto il mio interesse
anche quando non erano buoni con
me. Ho dato il mio meglio anche
quando dovevo fargli sperimentare
il limite, la regola da rispettare e il
progetto da perseguire perché solo
nelle cose da realizzare si può trovare la forza di dare un significato al
vivere. Ho riso, ho giocato, ho lavorato, ho parlato con loro di loro e
per loro, ho pianto quando mi sono
sentita impotente e quando attraverso le storie che mi raccontavano
rivivevo sentimenti ed emozioni che
avevo riposto negli angoli della mia
memoria. Ho dato il mio meglio e
spero di aver trasmesso loro ciò che
loro hanno trasmesso a me: una
possibilità di crescita, umana e professionale. È stato soprattutto grazie a loro, infatti, che ho potuto
comprendere qual era il mio compito: essere una figura di riferimento,
capace di dare affetto, di accudire e
di nutrire, con equilibrio, svolgendo
le funzioni genitoriali in modo da
consentire loro di instaurare un rapporto sano ed efficace con l’adulto.
È nella quotidianità che si costruisce la relazione: il semplice fare un
dolce o una pizza, un gioco, i compiti o le pulizie della casa sono altrettanti momenti significativi in quanto condivisi e consentono di entrare
in una dimensione di empatia attraverso la quale passa tutto il resto.
Così, attraverso la parola, il confronto, la trasparenza e il lavoro in
équipe, ogni giorno si semina ma
non è detto che i risultati vengano
subito: dietro ogni ragazzo difficile
c’è una storia, una sofferenza, e
dipende dalla capacità dell’operatore
il saper adottare comportamenti
adatti alle diverse personalità, con
flessibilità, provando diverse strategie sino a cogliere il giusto linguaggio, il terreno ideale per far crescere
e maturare il frutto.
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L’ISTITUTO CORTIVO è convenzionato con ADECCO per la creazione di opportunità lavorative per i propri allievi
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ANZIANI
Francesca Vajuso
ci racconta della sua
esperienza presso un
centro diurno per anziani
in provincia di Roma,
un periodo durante il quale
non solo ha imparato molto
sul lavoro che l’attende ma
ha anche conosciuto
un’umanità spesso molto
diversa da come se
la poteva aspettare.
La foto è tratta dalla relazione finale di Favata Daniela.
Anziani, un
mondo dolceamaro
Le trecento ore del tirocinio mi
hanno consentito di essere partecipe
di un mondo lontano dalla realtà
quotidiana di una persona giovane,
ma soprattutto di prepararmi a saper
gestire, con competenza e professionalità, compiti, doveri e situazioni
che sino a quel momento avevo solo
studiato sulle pagine di un libro.
Soprattutto, durante questo impegnativo cammino, ho avuto l’opportunità di conoscere svariate persone,
ognuna unica e originale per personalità e per problematiche fisiche e
psichiche. Fra queste due signore,
una di 91 anni e l’altra di 95, mi
hanno particolarmente coinvolto. La
prima aveva perso il marito 19 anni
prima e non aveva potuto avere figli
perché aveva subito un intervento di
asportazione dell’utero e di un’ovaia.
Spesso ripeteva la sua amarezza per
non aver avuto neanche “mezzo
figlio”. Era molto sola. Un fratello
minore non poteva venire a trovarla
per problemi fisici e l’unica risorsa
che aveva era una sua anziana condomina, che lei definiva “l’amica
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mia” e che ogni tanto passava a trovarla. Aveva un carattere difficile,
non ci vedeva ma rifiutava di indossare gli occhiali perché aveva paura
di perderli e comunque non era
granché interessata a leggere o
guardare la TV. Non sentiva bene,
ma non perdeva occasione per
lamentarsi delle chiacchiere, della
musica e della TV degli altri utenti,
anche se erano distanti. Ma se cercavo di coglierla in fallo dicendole
“allora ci sente!” lei pronta rispondeva “che hai detto?”. Mangiava tutto
tritato perché la dentiera le stava
larga, ma non faceva niente per riadattarla. Scherzosamente veniva
chiamata “la marchesa” e chissà,
forse era anche vero, il marito era un
importante avvocato e lei aveva vissuto una bella vita, fra feste, ricevimenti e viaggi. Da giovane aveva
fatto molto sport, era laureata in
Economia e Commercio e aveva
lavorato quasi trent’anni in banca,
mi raccontavano che era stato difficile convincerla a venire al Centro ma
adesso, anche se borbottava conti-
nuamente, non mancava un giorno
neanche se veniva giù la neve…
Tutt’altra storia quella dell’altra
signora, colpita dalla malattia di
Alzheimer al suo massimo degrado.
Completamente dipendente dagli
altri, non parlava, non partecipava,
portava il pannolone, sempre seduta
sulla sedia a rotelle o distesa sul
letto non mangiava se non imboccata e rifiutava di deglutire qualsiasi
liquido, cosa che rendeva estremamente problematica anche la somministrazione delle medicine.
Curatissima dai familiari, veniva
condotta al Centro solo per offrirle
un diversivo dalle mura domestiche.
Spesso la riaccompagnavo a casa in
carrozzina o la imboccavo, ed erano
entrambe cose che stringevano il
nostro rapporto. Comunicavo con lei
con espressioni e sorrisi, le accarezzavo la guancia o la testa oppure le
stringevo la mano. Un giorno mi ha
stupita perché mi ha parlato. Non ho
capito cosa mi ha detto, ma mi sono
sentita davvero onorata del fatto che
abbia tentato di comunicare con me.
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Non mollare mai
Maria Grazia Di Lascio ha svolto il suo tirocinio nei reparti di riabilitazione e lungodegenza di un ospedale in provincia di Potenza. Qui non solo ha imparato a svolgere tutte le mansioni richieste a un
Operatore Socio Assistenziale, ma ha anche scoperto un mondo che non conosceva.
Venivo da un’esperienza con i bambini ospedalizzati e passare tutto
d’un tratto all’ospedalizzazione
degli anziani non è stato facile.
Pensavo di aver fatto il passo più
lungo della gamba: tutto era diverso, dai rapporti con gli utenti alle
varie mansioni. Sin dalla prima
mattina sono entrata nel vivo del
lavoro di assistenza. Aiutavo gli
altri operatori a servire la colazione,
ad alzare i letti, a sistemare i comodini. Finito il giro ritornavo dagli
utenti non autosufficienti per aiutarli a fare colazione e ad assumere i
farmaci. Poi ritiravo i vassoi e consegnavo i prelievi in laboratorio.
A quel punto iniziava il lavoro più
impegnativo,
il cambio letti, l’igiene, il cambio
pannoloni, la mobilizzazione, le
medicazioni, ecc. All’ora di pranzo
distribuivo i vassoi e aiutavo i
degenti a mangiare.
Quando arrivava qualcuno di nuovo
spesso doveva essere portato in
radiologia. Quelli in carrozzella li
accompagnavo da sola mentre con la
barella andavamo sempre in due.
Quei primi momenti erano importanti per fare conoscenza perché
durante l’attesa c’era l’occasione
per parlare, mi facevano un sacco di
domande. Quando suonava un campanello spesso ero la prima ad
andare e, nei momenti di libertà
trascorrevo il tempo con gli utenti,
chiacchierando, ascoltandoli,
incoraggiandoli a non arrendersi
e a reagire alle difficoltà.
Ne ho conosciuti tanti, ma fra questi
alcuni mi sono rimasti dentro.
Zio Oronzo, ad esempio, un signore
alto e robusto di 80 anni, ricoverato
in lungodegenza per accertamenti.
Era autosufficiente, e i primi giorni
il nostro rapporto si fermava da
parte sua a un “Buon giorno, per
favore mi apri le fette biscottate?”.
Una richiesta che mi era sembrata
strana sino a quando venni a sapere
che soffriva di demenza, di diabete e
del morbo di Parkinson allo stadio
iniziale.
Purtroppo peggiorava di giorno in
giorno, rifiutava il cibo, non si fidava di nessuno e a un certo punto i
medici, con il consenso della moglie
e del figlio, lo dimisero perché
tornasse a casa sua.
Poi Zia Mariuccia, 77 anni, cardiopatica con insufficienza respiratoria.
Era dolce e gentile, tra noi nacque
subito una bella intesa, mi raccontava della sua giovinezza. Si era sposata giovanissima, il suo sogno era
diventare madre.
Ma quando, dopo due aborti
spontanei, ebbe un figlio che morì
dopo pochi mesi, non provò più ad
averne altri perché il dolore era
stato troppo grande. Il suo ricovero
fu un vero successo.
Si impegnò a guarire e ce la fece in
meno di due mesi.
Al momento dei saluti mi rallegrò
molto vederla felice, mi ero
affezionata tanto a questa donna
che mi aveva dato una grande
lezione di vita: non mollare mai.
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MULTICULTURALITÀ
Rifugiati politici:
difficoltà e risposte
Scappare dalla schiavitù
È un’analisi approfondita
e ricca di appassionate
considerazioni quella che
Yao Affoue Leopoldine,
nata in Costa d’Avorio, fa nella
sua relazione finale riguardante
l’attività svolta durante
il tirocinio presso un centro
d’accoglienza per immigrati
nella città di Como.
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Perseguitati nel loro paese d’origine
per le loro opinioni politiche, per la
loro religione, perché di un’etnia
non gradita oppure perché sfuggiti
alla violenza della guerra, profughi
e rifugiati politici rischiano con il
rimpatrio la prigione, la tortura, la
povertà e la morte.
Quando giungono in Italia scoprono
che l’incubo non è finito ma che la
loro vita è sospesa tra la speranza di
non essere rimpatriati e l’attesa di
un diritto umano fondamentale: il
diritto d’asilo.
Questa è la realtà di tanti stranieri
che giungono in Italia, ognuno con
la propria storia, le proprie esigenze, le proprie tradizioni, un bagaglio
cui si aggiungono disagi, problemi e
preoccupazioni.
È proprio per questo che l’interscambio culturale, l’accoglienza e
l’integrazione non devono essere
solo parole bensì pratica quotidiana,
una responsabilità che i politici
devono trasformare in comportamenti fattivi e concreti per la
costruzione di una società autenticamente multietnica.
La storia di Peter (il nome è inventato),
nigeriano di 32 anni, è la sconvolgente testimonianza di come la schiavitù
in Africa sia ancora una realtà. Peter
mi raccontò che, secondo i dati forniti
da Timidria, un gruppo che da anni
lotta per la liberazione degli schiavi,
in Niger sono attualmente 43.000 le
persone, uomini e donne, ridotte in
schiavitù. Ma molte altre ancora si
trovano nel Mali e in Mauritania.
Peter è nato in una famiglia in cui
tutto il parentado vive tuttora in condizioni di schiavitù, costretto a lavorare dall’alba al tramonto nelle fattorie o a servizio nelle case dei ricchi
senza ricevere alcun compenso in
denaro. Un giorno, con l’aiuto di alcuni membri di Timidria, Peter è riuscito a fuggire e a raggiungere l’Italia.
Spesso diceva: “Adesso che sono libero posso vivere come piace a me, trovare un lavoro ed essere pagato”. La
prima volta che l’ho visto mi ha chiesto da quale paese venissi e alla mia
risposta mi disse che in camera con
lui c’era un mio connazionale. Il giorno dopo incontrai entrambi e mi spiegarono che, nonostante avessero ottenuto l’asilo politico e il permesso di
soggiorno, non riuscivano a trovare
lavoro. Li indirizzai a varie agenzie di
lavoro in città e poi, con l’aiuto di un
amico, riuscii a trovare loro un’occupazione temporanea. Iniziò così un
rapporto di fiducia. Nel tempo cercai
di far capire a Peter che se voleva
rimanere in Italia doveva frequentare
un corso di formazione e imparare
l’italiano. Era molto restio ma, alla
fine, accettò di seguire un corso per
diventare magazziniere e, chissà, con
il tempo si deciderà anche ad imparare la lingua, fattore fondamentale per
qualsiasi straniero che voglia veramente integrarsi nel paese dove ha
trovato ospitalità.
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MULTICULTURALITÀ
L’intero pianeta mi è venuto incontro
Anna Pignatta ha svolto il suo tirocinio per diventare Operatore Multiculturale in due diverse strutture
in provincia di Como. In entrambe erano accolti bimbi stranieri, ma nella seconda erano ospiti anche
le loro mamme, provenienti da altri paesi e da altre culture.
Dopo qualche giorno di conoscenza
con le mamme e i bambini le educatrici mi hanno fatto leggere le cartelle delle mamme… non posso
nemmeno descrivere le situazioni
complesse, incomprensibili e
distruttive che avevano dovuto
affrontare quelle donne, che però in
quel momento erano lì con i loro
figli, con tanta voglia di dimenticare
e di fare un passo avanti.
Quando mi capitava di pranzare con
loro non potevo fare a meno di
notare la loro immensa tristezza, il
dolore che portavano con sé, le
enormi difficoltà che trasparivano
dai loro volti.
Ma il mio compito principale era di
occuparmi dei bambini ed è di loro
che voglio raccontare, delle esperienze costruttive e piacevoli che ho
avuto modo di vivere.
Come quella volta che ho aiutato
due bambini salvadoregni a fare i
compiti. Il piccolo, sei anni, era
molto sveglio, bravo in matematica,
un po’ in difficoltà con l’italiano.
Per lei, invece, sette anni, il discorso
era inverso: molto brava in italiano
ma un disastro in matematica… In
particolar modo quando solo si
accennava alla parola “tabelline”
aveva un rigetto totale, piangeva, si
disperava e continuava a dire che
non le sapeva, che non le voleva
imparare perché erano sue nemiche
e che la maestra era cattiva.
Per ben tre giorni di fila il mio compito al mattino è stato quello di tentare di far imparare alla solitamente
dolce bambina quelle maledette
tabelline (devo confessare che il suo
punto di vista aveva un po’ convinto
anche me) ma senza purtroppo ottenere grandi risultati… quanta
pazienza e costanza ho dovuto
sfoderare, e quanti stratagemmi mi
sono dovuta inventare per tentare
di farle entrare in testa qualche
numero.
Per due mattine il mio impegno è
stato invece accudire una bambina al
momento del risveglio.
Era cubana e aveva quasi tre anni.
Dato che la madre lavorava e che la
baby sitter non aveva potuto venire,
mi hanno chiesto di sostituirla.
La prima volta, quando si è svegliata, non c’era verso di farle capire
che sarei stata io ad aiutarla a fare
colazione e a vestirla.
È stata dura ma alla fine sono riuscita a prepararle il biberon con
latte e biscotti e a farglielo bere ben
seduta sul divano.
Poi le ho cambiato il pannolino, l’ho
lavata, vestita e pettinata.
Spesso mi trattenevo a giocare con
un neonato di soli cinque mesi.
Era simpaticissimo come la sua giovane mamma, pesava 10 chili e
cominciava già a tirarsi su da solo
nella carrozzina… un vero, adorabile
torello.
Un pomeriggio, per fare qualcosa di
diverso e per saperne di più sulle
persone con cui avevo a che fare, ho
allestito un cartellone con un planisfero sul quale le mamme hanno
segnato le diverse zone di provenienza. Poi mi hanno raccontato delle
festività canoniche, delle feste popolari, dei loro cibi, delle caratteristiche
territoriali della zona dove vivevano,
delle loro espressioni culturali: l’intero pianeta mi è venuto incontro, con
gioia, raccontandomi di tutto fra i
ricordi, le nostalgie, gli affetti, i sapori, i profumi di terre lontane.
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ComitatoScientifico
27 Settembre 2007
Riunione di insediamento
dei nuovi componenti del Comitato Scientifico
dell’Istituto Cortivo
Il Comitato Scientifico, organo indipendente di valutazione delle attività didattiche e formative dell’Istituto Cortivo, è costituito da docenti universitari e professionisti di chiara fama.
Il 16 settembre scorso, a Padova presso la sede dell’Istituto Cortivo (Villa Ottoboni), si è riunito il
Comitato Scientifico, per ufficializzare l’insediamento dei nuovi membri ed esaminare consuntivi
e linee programmatiche del Centro di formazione.
Il Comitato affianca costantemente la Direzione dell’Istituto Cortivo nell’elaborazione del progetto
didattico formativo, esprimendo la propria autonoma valutazione e suggerendo tutti gli interventi ritenuti opportuni per il miglioramento dell’attività formativa, con l’obiettivo di una sempre maggiore qualificazione dei corsi.
In apertura di riunione, l’Amministratore Delegato dell’Istituto, Sig. Gianni Carlo Nalon, e il
Presidente del Comitato Scientifico, Prof. Antonio Condini, hanno ricordato la figura umana e professionale della Prof.ssa Vanna Axia, prematuramente scomparsa, già componente del Comitato
medesimo, sottolineandone il costante e prezioso contributo d’idee e d’esperienza.
Il nuovo Comitato risulta pertanto così composto:
Prof. Antonio CONDINI, Direttore dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 16 di Padova,
Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università degli Studi di Padova;
Prof. Filippo CALAMONERI, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso il
Dipartimento di Scienze Pediatriche, Mediche e Chirurgiche della Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università degli Studi di Messina;
Prof. Piero CAVAGNOLI, Psicologo, Presidente Regionale per il Trentino Alto-Adige della Società
Italiana di Psicologia dell’Educazione e Formazione (SIPEF);
Prof. Rosario DRAGO, Consulente del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Prof.ssa Anna FABRIZI, Professore Associato di Neuropsichiatria Infantile presso il Dipartimento
di Scienze Neurologiche, Psichiatriche e Riabilitative dell’Età Evolutiva della Facoltà di Medicina e
Chirurgia Università degli Studi di Roma - “La Sapienza”;
Prof.ssa Federica GIARDINI, Professore Associato di Diritto Privato Comparato presso la Facoltà
di Giurisprudenza e Professore Affidatario di Diritto di Famiglia presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università degli Studi di Padova;
Prof. Dino RIZZI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze presso il Dipartimento di Scienze
economiche e Preside della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Venezia - “Ca’
Foscari”;
Prof. Giuseppe ZUCCALÀ, Professore Emerito di Diritto Penale presso il Dipartimento di Diritto
Pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Padova.
Dopo la dichiarazione d’insediamento dei nuovi Membri, l’A.D. dell’Istituto ha illustrato le attività
didattiche e di formazione professionale dell’Istituto, fornendo il consuntivo di quelle svolte nell’anno 2006 ed esponendo le linee programmatiche per il biennio 2007/2008. Il Presidente ha
quindi messo in risalto il ruolo e l’importanza del contributo richiesto al Comitato Scientifico,
anche alla luce del nuovo Regolamento e dei corsi di formazione, sia di recente che di prossima
attivazione.
Nel corso della discussione sono state enucleate alcune tematiche, a valenza sia didattica che
scientifica, tutte di notevole interesse per le attività future, le quali formeranno oggetto di specifico approfondimento nei prossimi incontri del Comitato in quanto richiamano su di sé una particolare e qualificata attenzione.
Giunga al Comitato l’augurio di proficuo lavoro.
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specialeprogettoBabyPlanet
Progetto Baby Planet
è un marchio registrato di Istituto Cortivo
Da oltre vent’anni osservatorio privilegiato sul mondo del sociale del
quale analizza problemi e necessità
per dare adeguate risposte ai bisogni emergenti attraverso la formazione di operatori specializzati nei
più diversi ambiti dell’assistenza,
l’Istituto Cortivo lavora da tempo
anche allo sviluppo del progetto
Baby Planet. Questa iniziativa è
finalizzata alla promozione di un’imprenditorialità dai tratti molto particolari, rivolta non tanto al profitto
quanto al servizio, organizzata in
modo da soddisfare con soluzioni
efficaci e di alta qualità le necessità
delle famiglie alle prese con la scarsità degli spazi dedicati all’accoglienza dei bambini, con gli orari
che non coincidono con quelli dei
genitori impegnati nel lavoro, con
strutture spesso condotte da personale non specializzato in ambienti
non adeguati. Da sempre fra le protagoniste della storia del progetto
Baby Planet di cui oggi è responsabile, Susanna Mazzocco ci ha dato
volentieri la sua disponibilità ad
essere intervistata sull’argomento.
La prima domanda è d’obbligo:
perché è nato il Baby Planet?
“Il momento in cui abbiamo sentito
l’urgenza di dar vita a un progetto
che affrontasse seriamente e concretamente il problema dell’assistenza
ai bambini risale a una decina d’anni
fa, quando in tutta Italia sono spuntati i primi baby parking e ludoteche
private. Queste realtà nascevano da
un’esigenza sociale: le mamme che
sceglievano di riprendere il lavoro
dopo la nascita del figlio erano sempre più numerose e gli asili nido
pubblici gestiti da regioni e comuni
non riuscivano più a far fronte alle
richieste di inserimento dei bambini
nella fascia d’età dai 3 mesi ai 3
anni. Ma erano strutture in alcuni
casi improvvisate e inadatte, ricavate
in scantinati o garage e gestite da
personale privo di esperienza e non
adeguatamente formato. Per queste
ragioni l’Istituto Cortivo, da anni
specializzato nella formazione di
operatori sociali per l’infanzia, ha
intravisto nei propri allievi una
grande risorsa da mettere a disposizione della comunità.
Gli studenti dell’Istituto Cortivo
rappresentano infatti il capitale
umano ideale per la migliore gestione delle strutture per l’infanzia:
oltre a ricevere un’adeguata formazione teorica e pratica presentano in
genere un’alta motivazione ad impegnarsi nel settore educativo con
finalità di carattere sociale. Ed ecco
allora che, per offrire un’opportunità
di occupazione e realizzazione ai
propri allievi e contemporaneamente garantire alle famiglie strutture
di accoglienza pensate per il benessere dei loro piccoli, l’Istituto
Cortivo ha lanciato il progetto Baby
Planet che, basato su un modello di
struttura per l’infanzia originale e di
alta qualità, viene regolarmente e
gratuitamente presentato agli allievi
che vengono qui a Padova presso la
sede di Villa Ottoboni per partecipare ai Corsi per l’Impresa Sociale e ai
seminari di aggiornamento”.
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specialeprogettoBabyPlanet
Qual è lo scopo del Corso per
l’Impresa Sociale?
settori come, per esempio, l’anzianità o la disabilità”.
“Fondamentalmente l’obiettivo è
quello di offrire ai partecipanti le
più aggiornate informazioni e le più
avanzate metodologie per metterli
in grado di avviare un’impresa
sociale efficiente ed efficace, provvista di strumenti tecnici ed economici-finanziari adeguati per perseguire
al meglio finalità sociali ed educative. Il corso, che dura tre intense
giornate, alterna lezioni d’aula con
attività pratiche di laboratorio”.
Quali materie vengono approfondite?
A chi è consigliato?
“A tutti gli allievi ed ex allievi
dell’Istituto Cortivo che intendono
dare vita a un progetto di Impresa
Sociale non solo nell’ambito
dell’infanzia ma anche in altri
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“Vengono illustrate le varie forme
giuridiche di società con i relativi
aspetti economici e finanziari fra le
quali consigliamo quelle più adatte,
a seconda dei casi, per avviare l’impresa che gli allievi hanno in mente
di realizzare. Una sessione particolare viene riservata anche alla presentazione delle diverse tipologie di
strutture previste per l’infanzia
ponendo un forte accento sull’importanza di cercare locali adeguato e
di utilizzare materiali sicuri a norma
di legge. Un consiglio che ribadiamo più volte in ogni occasione è di
lavorare anzitutto alla creazione di
una rete di relazioni nel proprio ter-
ritorio e di favorire in ogni caso la
partecipazione e la massima integrazione con le famiglie, il quartiere, il comune e le parrocchie”.
È necessario avere delle particolari caratteristiche o delle speciali capacità per mettere in piedi
un’Impresa Sociale?
“No, chiunque può riuscirci.
Naturalmente non voglio nascondere
che il processo di avvio di un’attività
può presentare dei problemi sia dal
punto di vista burocratico che personale. Ma se una persona si impegna,
crede fortemente nei progetti rivolti
al sociale e riesce a coniugare le proprie competenze educative con la
capacità di organizzare e gestire
un’iniziativa imprenditoriale, allora il
percorso può essere compiuto trasformando il sogno in una bella realtà”.
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Quali sono le maggiori difficoltà
che si incontrano durante questo
cammino?
“Le problematiche che maggiormente incidono sono di due tipi: relazionale ed economico. Relazionale perché dopo i primi momenti di entusiasmo è necessario mantenere alto
il livello di comunicazione con le
famiglie, con il territorio e soprattutto con i propri collaboratori.
Nelle formule associative e cooperative che spesso vengono scelte per
costituire l’impresa sociale è sempre
fondamentale saper rispettare, condividere e accogliere nel tempo i
diversi punti di vista, con umiltà e
pazienza.
L’aspetto economico invece traspare
già chiaramente dalle parole
‘Impresa Sociale’, ovvero un’impresa
che richiede un impegno e una dedi-
zione che non possono essere misurati solo in termini economici.
Spesso mancano i contributi e i
finanziamenti tardano ad arrivare.
Bisogna allora non scoraggiarsi,
armarsi di quella forza interiore che
spesso i nostri allievi dimostrano di
avere in abbondanza e affrontare le
contingenze credendo ancor di più
nel progetto e trovando sempre
nuovi modi per valorizzarlo e farlo
crescere. Noi siamo sempre al loro
fianco per consigliarli e aiutarli, ma
in ultima analisi il fattore vincente
rimane sempre la loro volontà di
riuscire”.
I vostri allievi hanno già avviato
delle strutture per l’infanzia?
“Sì, in tutta Italia, e con buoni
risultati. Dopo aver frequentato il
Corso per l’Impresa Sociale gli
allievi possono fare richiesta
di affiliazione al progetto Cortivo
Baby Planet al costo simbolico di
un euro in seguito alla quale
concediamo non solo l’autorizzazione per l’utilizzo del marchio ma
anche tutto il nostro possibile
supporto”.
A chi deve rivolgersi chi necessita
di maggiori informazioni per l’avvio di un’Impresa Sociale?
“Mettiamo a disposizione un servizio
per l’assistenza ai nostri allievi, coordinato da Luisa Pasini, che fornisce
consulenza e assistenza ai nuovi progetti. Inoltre il Servizio Segnalazione
Allievi gestisce e organizza i Corsi
per l’Impresa Sociale.
Per ogni dettaglio
il telefono è lo 049 8901222
e l’e-mail [email protected]”.
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specialeprogettoBabyPlanet
Baby Planet, nuove imprese sociali dal
Intervista a Miranda Kruidenier
È pronto per l’inaugurazione il
Nido La Coccinella di Cuvio
Comacchio in provincia di Varese,
struttura affiliata Baby Planet
avviata da Miranda Kruidenier,
giovane mamma di due bambini e
allieva dell’Istituto Cortivo.
“Allieva ancora per poco, perché ho
tutta l’intenzione di completare al
più presto la mia formazione.
In compenso in questi anni ho cercato di partecipare il più possibile ai
seminari di aggiornamento e ai
corsi per l’Impresa Sociale, momenti
importantissimi che mi hanno consentito di crescere professionalmente e soprattutto di trovare un mio
percorso lavorativo”.
Alcuni anni fa, con l’arrivo del tuo
primo bambino, hai deciso di aprire un nido famiglia nella tua abitazione.
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Ci vuoi raccontare com’è andata?
“È stata la migliore decisione della
mia vita: potevo stare con il mio
bambino e al tempo stesso garantirmi un reddito facendo un lavoro che
mi piaceva”.
Poi hai deciso di fare un salto di
qualità...
“Sì. Ho ristrutturato il piano terra
della mia villetta a tre piani e l’ho
adibito a nido. Non è stato facile: ho
dovuto cimentarmi con la burocrazia e con conoscenze tecniche che
non sempre erano alla mia portata.
Per il progetto mi sono fatta aiutare
da alcuni bravi professionisti, per il
resto ho utilizzato molte delle informazioni apprese nell’ambito dei
corsi dell’Istituto Cortivo”.
Ti sono stati utili?
“Altrochè. Quelli per l’Impresa
Sociale sono corsi davvero speciali,
ben organizzati, durante i quali è
possibile apprendere tutte quelle
nozioni necessarie per pianificare il
progetto, affrontare le pratiche
burocratiche, accedere ai finanziamenti e imparare quel minimo di
tecniche amministrative che permettono di gestire una struttura senza
bisogno di ricorrere continuamente
al commercialista”.
E veniamo a La Coccinella: sulla
porta d’entrata c’è la targa Baby
Planet. Che significato ha il marchio per te e per la tua utenza?
“Baby Planet attesta la qualità del
mio nido. Garantisce ai genitori il
livello della mia professionalità e dei
servizi che offro, un simbolo rassicurante e prestigioso.
Per me è soprattutto la testimonianza del forte rapporto che mi lega
all’Istituto Cortivo, una realtà che
stimo molto e che mi ha dato molto,
di cui non finirò mai di apprezzare
la buona organizzazione, l’eccellenza
dei corsi e anche la rivista Incontri,
grazie alla quale posso aggiornarmi
e conoscere realtà ed esperienze
simili alle mie.
È proprio grazie a Incontri che poco
tempo fa ho potuto confrontarmi
con una mia collega. Ci siamo parlate
e scambiate informazioni molto utili
per entrambe...”.
Torniamo al nido: quante iscrizioni ci sono al momento?
“I bambini sono venti ma la lista
d’attesa è lunghissima... Alcuni di
loro mi sono stati inviati dai Servizi
Sociali. Si tratta di bimbi provenienti da famiglie con gravi problemi,
quasi tutti in via di affidamento.
Tutti gli altri sono frutto del passaparola e di una reputazione che ho
maturato in questi anni grazie al
mio micronido familiare. A La
Coccinella saremo in tre: due operatrici e naturalmente io, che coordinerò le attività e garantirò una presenza costante tutto il giorno”.
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specialeprogettoBabyPlanet
l nord al sud Italia
Intervista a Rosy Musiello
Avevamo incontrato Rosy Musiello
e la sua socia Stella Modeo lo
scorso maggio durante la giornata
organizzata dall’Istituto Cortivo
sul tema dei bambini e l’arte di
esprimersi. Avevamo parlato del
loro Centro Educativo Piccoli
Clowns inaugurato nel 2005,
un’iniziativa che, a detta delle due
giovani imprenditrici, aveva visto
la luce soprattutto grazie alla loro
partecipazione ai Corsi per
l’Impresa Sociale organizzati
dall’Istituto Cortivo. Al telefono
troviamo Rosy, entusiasta e positiva come sempre.
“Non potrebbe essere altrimenti: il
Centro funziona e proprio in questi
giorni giungono nuove iscrizioni.
Come già dicevo mesi fa, la nostra
struttura è considerata la più importante nel settore a Manduria, un
riconoscimento che premia la nostra
professionalità e anche la nostra filosofia di servizio, confermata di recente anche dall’acquisto di un Ludobus”.
Hai detto che le iscrizioni stanno
andando bene: qual è la situazione
al momento?
“Abbiamo già formato due classi per
la materna con 8 bambini nella prima
e 7 nella seconda.
Tra questi ci sono anche due bimbi
con difficoltà. Non vogliamo creare
classi più numerose perché desideriamo offrire quella cura e quella qualità in più che i genitori cercano in una
struttura privata. Il nido conta 20
bimbi mentre altri 20 in età scolare
si sono iscritti ai nostri corsi pomeridiani di recupero scolastico che comprendono anche i laboratori di creatività manuale della ludoteca". Il
Centro Piccoli Clowns è un vero gioiello, completo anche di giardino
attrezzato per giochi all’aperto, pro-
pone cose bellissime, dal teatro alla
musica alla clownerie... E non solo. Il
sabato e la domenica è a disposizione
anche per feste e compleanni.
"È la nostra caratteristica: rispondere alle esigenze di bambini e famiglie
con proposte a 360°”.
Il vostro Centro è un esempio di
impresa sociale ben riuscita. Ci
vuoi raccontare bene qual è stato
il percorso che avete seguito?
“Non finirò mai di ripeterlo, fondamentale è stata la nostra partecipazione al corso organizzato
dall’Istituto Cortivo proprio sul tema
dell’Impresa Sociale.
Ci ha fornito tutte le indicazioni per
muoverci in maniera efficace in
campi per noi sconosciuti come la
pianificazione, la ricerca degli spazi e
dei finanziamenti, il rapporto con le
istituzioni, l’espletamento delle pratiche burocratiche. Insomma, ci ha formato come imprenditrici, un ruolo
che ci rende orgogliose e che ci fa
sentire delle vere pioniere nel settore
del sociale privato qui al Sud dove,
credetemi, fare impresa è difficile per
tutti”.
So che state affiliando il vostro
Centro al circuito Baby Planet...
“Lo faremo a giorni. Per noi sarà un
fiore all’occhiello in più da esibire
alla nostra utenza”.
Quali sono i vantaggi di questa
scelta?
“Indubbiamente il ritorno d’immagine. Il nome Baby Planet ci consente
di garantire alle famiglie l’alto standard qualitativo di un marchio già
affermato al Nord.
E non solo: far parte del mondo Baby
Planet rappresenta per noi l’opportunità di poterci costantemente relazionare con colleghi e professionisti di
lunga esperienza da anni attivi nel
sociale privato. Baby Planet è sinonimo di serietà, aggiornamento e capacità di crescita imprenditoriale.
E, soprattutto, offre ai bambini e ai
loro genitori un livello d’eccellenza
senza confronti”.
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DISABILI
La foto è tratta dalla relazione finale di Anna Vanella.
Tirocinio in una "famiglia"
Una casa famiglia in una delle
borgate più popolari di Roma:
è qui che Francesca Baruffa si
confronta per la prima volta
con la disabilità, un’esperienza
di tirocinio a contatto con storie di vita piene di significato e
umanità.
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INCONTRI Ottobre 2007
speciale
Avevo già letto su molti libri della
particolare sensibilità che caratterizza le persone Down ma ne ebbi la
conferma solo quando conobbi
Evelina. Aveva più di 62 anni e la
freschezza di una quindicenne. Evi,
come tutti la chiamavano, era la
regina della casa, amata per il suo
sempre materno modo di fare.
Nessuno di noi poteva sfuggire alle
sue amorevoli affettuosità fatte di
carezze, bacini e caldi abbracci. Era
anche permalosa e bastava dirle di
no o non prestarle sufficiente attenzione per vederla girare col muso
tutto il giorno. Non si muoveva
molto da casa, dove rimaneva spesso
in compagnia di Domenico, il suo
coinquilino di età un po’ più avanzata. Ci teneva alla sua pulizia personale e amava molto esibire le sue
magliette nuove o i calzini colorati.
Il suo giornalino preferito era
Topolino, una passione che riusciva
a rendere emozionanti tutti i suoi
giovedì quando il fumetto nuovo era
in edicola. Le piaceva stare all’aria
aperta e, per quanto riguardava le
faccende di casa, collaborava in base
all’umore del momento e una delle
sue attività preferite era raccogliere
il bucato, piegarlo e suddividerlo in
base ai vari proprietari. Il risvolto
negativo della faccenda era la sua
irrefrenabile vocazione ad appro-
priarsi delle cose degli altri, dagli
indumenti alle mollette, dalle ciabatte ai prodotti personali. Con lei gli
oggetti sparivano all’improvviso per
riapparire poi magicamente nel suo
armadio o nei luoghi più impensabili
della casa, sopra la dispensa o dietro
al divano. Pasquale era altrettanto
simpatico. Gracile mentale a causa
di un’epilessia causata da una cerebropatia infantile, aveva il carisma
del napoletano doc, una vera e propria sagoma. Sempre attivo, collaborativo in tutte le faccende domestiche, amante dell’ordine e della precisione, è diventato il mio compagno
di briscola e scopa. Un bel matematico, nel suo piccolo, furbacchione
quanto bastava per bluffare alla
grande e anche un po’ barare... Con
lui non bisognava perdere la concentrazione, altrimenti ci si ritrovava con la frittata bella e girata come
faceva più comodo a lui. Avevamo
fondato il nostro club delle carte e,
tra risate e battute, abbiamo trascorso interi pomeriggi a sfidarci in
interminabili tornei. Amante della
tradizione napoletana e del repertorio popolare alla Merola e Nino
d’Angelo, Pasquale era affetto da
un’inguaribile testardaggine e, a
volte, continuava a chiedere incessantemente, per ore, la stessa cosa,
sino allo sfinimento...
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DISABILI
La cosa più importante è farli stare bene
Nei primi giorni del tirocinio ero un po’ il jolly della situazione - racconta Silvia Camiciola della sua
esperienza in un centro diurno per disabili in provincia di Terni - nel senso che giravo per i vari laboratori per capire come funzionavano e soprattutto per trovare una mia collocazione in un contesto
organizzatissimo, efficiente, in cui ogni operatore aveva un ruolo definito e le attività erano così ben
strutturate che avevo cominciato a pensare che la mia presenza lì fosse pressoché inutile…
Dopo un periodo di osservazione,
però, mi sono data una spinta e ho
iniziato a inserirmi, quasi automaticamente, in quei laboratori che mi
sembravano più dinamici e movimentati, come la falegnameria, la
palestra e il découpage, nei quali
potevo effettivamente essere di aiuto
agli operatori occupandomi degli
utenti. Mi alternavo quindi fra le
varie stanze, dove potevo essere più
utile: in palestra aiutavo nelle lezioni di spinning, nel battere il tempo,
nel sistemare le bike, nel dare la
“carica” ai ragazzi, oppure giocavo
con la palla cercando di insegnare
alle utenti le piccole basi della pallavolo, con loro grande divertimento
e mie grandi risate. Nel laboratorio
di découpage ho collaborato con gli
utenti nella realizzazione di statuette con la pasta di sale, o con il cernit, o nel ritagliare le immagini per
il découpage vero e proprio o nell’esecuzione dei “lavoretti” per
Natale. In falegnameria poi me la
sono davvero spassata a tagliare il
legno da far poi carteggiare ai
ragazzi, ad aiutare nella costruzione
del presepe a grandezza naturale
che è stato esposto in piazza o a
imparare le varie tecniche di taglio,
stucco e carteggio del materiale. Ma
ciò che più ho amato è stata la “leggerezza” dei laboratori: il benessere
dei ragazzi prevaleva sempre sul
risultato. Quando ho chiesto al mio
operatore di riferimento quali fosse-
ro le finalità e l’utilità dei vari progetti e laboratori, mi sono sentita
rispondere: “A loro piacciono, li
fanno star bene: è questa l’utilità!”.
Tutto si svolgeva con allegria e
vivacità: non mancava mai la musica, spesso anche ad alto volume, con
varie interruzioni per cantare o ballare le canzoni più ritmate, il tutto
sempre con l’attiva partecipazione
degli utenti che si divertivano davvero tanto. Ovviamente, però, il mio
tirocinio non si è svolto solo nell’ambito dei laboratori.
La mattina accompagnavo i ragazzi
in mensa per la colazione che durava un’oretta mentre, all’ora di pranzo, servivo i pasti in tavola, mangiavo assieme a loro e aiutavo nello
sparecchiare e rigovernare la stanza,
cogliendo tutte le occasioni di rapporto che si presentavano in questi
momenti di grande relazione con gli
utenti. Dopo pranzo, poi, prima
della ripresa delle attività di laboratorio, si accendeva la TV o si cantava mentre l’operatore suonava la
chitarra o, ancora, si andava nel
laboratorio di falegnameria ad ascoltare musica e ballare.
Fra le tante attività cui ho partecipato due le ho sentite particolarmente “mie”: il teatro e “Armonia di
qualità Diverse”. In entrambe la
regista e la coordinatrice facevano
lavorare i ragazzi con il loro corpo,
ascoltando la musica o interpretando un ruolo. Benché abbia finito il
tirocinio da un pezzo, continuo ad
andare ogni martedì a teatro, può
darsi che partecipi anche allo spettacolo di fine anno…
mi piacerebbe tanto.
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DIPENDENZE
Nonostante abbia fatto solo
due mesi di tirocinio presso
una comunità terapeutica in
provincia di Sassari, Filomena
Dalerci dimostra di avere già le
idee molto chiare sui problemi
legati alla tossicodipendenza.
In questa pagina racconta di
due utenti in particolare,
entrambe con gravi problemi
di droga e alcolismo.
Droga: cronache di vita difficile
Alle spalle di una storia di droga
c’è spesso una famiglia difficile.
Ermanna, ad esempio, 51 anni, ha
vissuto tutta la sua infanzia e la
prima giovinezza con un padre
alcolista e violento. A 16 conosce il
marito e, ignorandone la tossicodipendenza, lo sposa 3 anni dopo.
Nasce un figlio ed Ermanna decide
di darsi da fare: inizia un corso
come infermiera generica e lascia il
bambino con il padre, finché scopre
che lui non solo "si fa" ma lo fa
anche in presenza del piccolo. Non
riesce a reagire e inizia anche lei
una dolorosa strada fatta di eroina,
psicofarmaci e cocaina. Poi il marito muore e lei si lascia completamente andare, abbandona il figlio a
casa dei genitori, trascura l’igiene,
beve e intraprende relazioni affettive ancora più distruttive.
Le sorelle la convincono infine ad
entrare in comunità. È una donna
ormai finita, con cinque interruzio22
INCONTRI Ottobre 2007
ni volontarie di gravidanza alle
spalle, l’epatite C, un tentato suicidio e un disturbo bipolare.
Ermanna ha un basso livello di
autostima e il lavoro di riabilitazione che gli operatori stanno facendo
con lei è continuamente messo in
discussione dal difficile rapporto
con le sorelle, che manifestano una
completa sfiducia nelle sue capacità
di recupero. La possibilità di recuperare un rapporto con il figlio è
stata gravemente compromessa a
causa della schizofrenia di quest’ultimo, ignorata sino a poco tempo fa
da Ermanna.
Nina ha invece 28 anni ed ha subito
molestie sessuali da parte dello zio
durante l’adolescenza. La madre
non le ha voluto credere e lei, che
già soffriva di disturbi nervosi, ha
iniziato ad assumere ecstasy, acidi e
cocaina. A 19 anni parte per la
Germania, lavora in una gelateria e
vive due relazioni importanti con
uomini più grandi di lei, di cui dice
di apprezzare il senso di sicurezza
che le sapevano dare.
Tornata in Italia, va a vivere con
un ragazzo a forte tendenza suicida. Insieme si iniettano una dose
letale di eroina e stricnina: il ragazzo muore e lei rimane in coma per
sette giorni, un’esperienza della
quale tuttora porta i segni nel
corpo, dalla paralisi delle dita della
mano sinistra alle paresi di viso e
braccia sino ai problemi di udito.
Dopo il tentato suicidio, ricomincia
con la droga e viene arrestata.
Oggi è libera grazie all’indulto ma
il suo è un caso particolarmente
problematico: affetta da epatite C,
soffre di disturbo bipolare e tende a
creare rapporti morbosi e distruttivi con le altre utenti. Nel suo caso
il programma di riabilitazione è
finalizzato ad una corretta socializzazione, fatta di relazioni meno
ambigue e più autentiche.
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spazioincontri
Questa pagina fa parte della storia del nostro
giornale. Sin dai primi numeri, infatti, abbiamo
voluto riservare uno spazio alle parole che ci
giungevano direttamente dai nostri allievi o ex
allievi: storie e notizie, successi e difficoltà, problemi e soddisfazioni. Come una finestra sul
mondo del nostro Istituto, è una rubrica pronta
ad accogliere qualsiasi genere di contributo, individuale o collettivo, felice o preoccupato, riflessivo
o divertente. È un luogo attraverso il quale puoi
comunicare ai tanti altri giovani e meno giovani
lettori di Incontri il tuo stato d’animo, le tue sensazioni, le tue emozioni e i tuoi propositi, le tue
piccole e grandi scoperte, i tuoi consigli che
potrebbero rivelarsi preziosi per chi deve affrontare le esperienze che tu hai già fatto. Scrivici
adesso, entra anche tu a far parte della nostra
grande famiglia, ti aspettiamo con gioia.
Fra le tante storie che ci giungono da parte dei nostri allievi ed ex allievi abbiamo
deciso di pubblicare in questo numero quella che ci ha inviato Raffaella Lania, che
racconta di una difficoltà superata con la volontà di chi vuole riuscire ad aiutare altre
persone in difficoltà. Ringraziamo Raffaella per le belle parole e rinnoviamo l’invito a
tutti i nostri lettori: scriveteci, saremo lieti di pubblicare le vostre storie e le vostre
emozioni.
Caro Istituto Cortivo,
mi chiamo Raffaella Lania e sono una vostra
allieva del centro didattico di Genova. Voglio
raccontarvi un po’ di me… Nella mia infanzia
ho sofferto di un disturbo del linguaggio.
Oggi ho 21 anni, sono molto migliorata, pensavo
di non riuscire a farcela e invece ho finito le
magistrali superando difficoltà e sforzi.
Non ho mai mollato e sono stata ripagata.
Questo mi è servito molto per decidere di
continuare a studiare, per mettermi ancora una
volta alla prova e raggiungere una specializzazione nel settore che mi interessa, il sociale.
Anche se mio padre non era d’accordo gli ho
fatto capire che era una mia scelta di vita.
Ho scelto voi e sono soddisfatta di averlo fatto.
Ci sto mettendo molta volontà… voglio riuscire
perché ci sono passata anch’io per una situazione di disagio e capisco le persone che soffrono,
sono disposta a dare loro tanto amore perché
so bene come stanno.
Ringrazio tutti voi dell’Istituto Cortivo
Raffaella Lania
Inviate le vostre lettere a: Istituto Cortivo - Via Padre Ramin, 1 - 35136 Padova, e le vostre mail a: [email protected]
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ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
Più
opportunità
per i diversamente abili
Laura Rita Ciaccio, che ha
svolto il suo tirocinio di
Assistente turistico per disabili
in un’associazione e in
un’agenzia viaggi della
provincia di Agrigento, ha
potuto verificare personalmente le difficoltà che deve
quotidianamente affrontare
il portatore di handicap.
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Purtroppo questa è la realtà: nel
territorio in cui vivo i portatori di
handicap sono costretti a subire
ancora troppe limitazioni.
Figuriamoci poi viaggiare o dedicarsi a qualche sana attività nel tempo
libero, lussi impensabili per chi, da
queste parti, vive la difficile condizione di disabile.
Per fortuna l’associazione per la
quale ho svolto il mio tirocinio è da
anni impegnata nel superamento di
ogni tipo di barriera, da quelle
architettoniche a quella più invisibile, il pregiudizio. Nata per offrire
assistenza materiale e morale a persone con menomazioni fisiche, psichiche e sensoriali ma anche per
offrire assistenza a emarginati,
immigrati, tossicodipendenti e
minori a rischio, l’associazione ha
avviato, in collaborazione con la
scuola, interessanti progetti di
sport, ippoterapia, pet therapy e
musicoterapia.
Sono stati questi gli ambiti in cui ho
potuto seguire e assistere ragazzi
con diverse disabilità: dalla sindrome di Down alla sordità ai vari
disturbi della personalità.
In particolare ricordo l’importanza
dello sport per una ragazza Down
di 16 anni.
Vivace e solare, molto brava a scuola, trascorreva molte ore in palestra,
dedicandosi con profitto alla corsa,
disciplina che l’ha vista protagonista
anche di importanti eventi agonistici. È grazie a questa esperienza che
ho potuto capire l’importanza di una
figura come quella dell’assistente
turistico per disabili, un operatore
in grado di conciliare le esigenze
speciali di un disabile con la possibilità di viaggiare.
Fondamentale, a questo proposito, è
stata la mia esperienza in un’agenzia
di viaggi, grazie alla quale ho potuto confrontarmi con i più diversi
aspetti della dimensione turistica:
dalla ricerca della struttura in sintonia con i desideri del cliente alla
messa a punto di un itinerario o di
una vacanza nei minimi dettagli.
Mi sono messa alla prova, ho valutato le varie opportunità in base alla
domanda e all’offerta, ho analizzato
la realtà turistica del territorio e ho
individuato le strutture ricettive in
grado di accogliere persone affette
da disabilità.
Oggi, dopo le mie ore di tirocinio
presso l’agenzia di viaggi, sono in
grado di utilizzare gli strumenti
telematici e di organizzare, per ora
solo virtualmente, viaggi su misura
per diversamente abili, compresi
quelli costretti in carrozzina.
Sono entusiasta del lavoro che ho
scelto: sento che ha una funzione
importante perché può migliorare la
qualità della vita di molte persone
potenziandone l’autonomia e l’autosufficienza nel contesto familiare e
sociale.
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ex allievi raccontano
Questa rubrica è dedicata alle esperienze e alle testimonianze di ex allievi dell’Istituto Cortivo.
Storie in presa diretta di persone in cammino verso la piena realizzazione personale e professionale.
Intraprendente, animata da un grande amore per i bambini, Erika Bado è recentemente riuscita a
raggiungere il suo obiettivo: aprire un centro per l’infanzia.
ERIKA BADO
“Fin da giovanissima avevo due passioni: la pittura e i bambini. Da
ragazzina ho seguito la prima sino
al punto da scegliere di frequentare
il liceo artistico e diplomarmi come
maestra d’arte nel 1994. Dopo il
diploma, però, ho cominciato a
ripensare il mio percorso di vita per
due fondamentali ragioni: da una
parte gli studi fatti non mi consentivano di trovare un lavoro all’altezza
della preparazione che avevo conseguito, dall’altra maturavo sempre
più dentro di me il desiderio di stare
con i bambini. Ho trascorso così una
decina d’anni senza una reale prospettiva, facendo vari lavoretti al
solo scopo di mantenermi sino a
quando, verso la fine del 2003, mi
capitò di scoprire sulle pagine di
una rivista che l’Istituto Cortivo
poteva darmi un’opportunità per
cambiare davvero. Mi sono iscritta
subito al corso per Operatore Socio
La foto è tratta dalla relazione finale di Sara Borello.
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Assistenziale per infanzia ed ero talmente convinta di volermi subito
mettere alla prova che nel giro di un
anno e mezzo, nonostante avessi
continuato a lavorare come commessa, avevo fatto tutti gli esami, il tirocinio in una scuola materna e la tesi
finale.”
Così, nel maggio del 2005, Erika
Bado di Trivignano in provincia
di Venezia è diventata Operatore
Socio Assistenziale per l’infanzia.
“Ho frequentato il Corso di Impresa
Sociale a Villa Ottoboni e, piano
piano, l’idea si fece largo nella mia
mente. Qui, mi sono detta, è venuto
il momento di rimboccarsi le maniche. E così ho fatto: insieme ad altre
due ragazze ho aperto, agli inizi del
2006, il Centro Infanzia Stella
Stellina a Maerne di Martellago,
non lontano da casa mia.”
Un nido?
“Accogliamo bambini da 0 a 3 anni,
ma siamo molto diversi dal tipico
nido. Siamo piuttosto un servizio
per le famiglie, con orari flessibili
tutti i giorni dalle sette del mattino
alle sette di sera e il sabato mattina,
e grande disponibilità a venire
incontro alle più diverse esigenze.
Ma non è stato tutto facile. Nei
primi mesi dopo l’apertura erano
rari i riscontri positivi, ma intanto
parlavamo con tanta gente, cercavamo di capire il nostro modo di
intendere il nido, la nostra filosofia...”
Ovvero?
“Noi vediamo il nido come una
comunità, non solo per i bambini,
ma anche per le loro famiglie. Le
decisioni, le tariffe e gli orari vengono discussi e concordati collettivamente. Si fanno le riunioni, ci si
assume la responsabilità delle cose
da fare, si cerca tutti assieme di fare
tutto il possibile per il massimo
benessere dei piccoli.”
Non dev’essere stato facile farsi
capire...
“Ma ce l’abbiamo fatta. Nel maggio
2006, come se si fossero tutti messi
d’accordo, i bambini hanno cominciato ad arrivare sempre più numerosi e, nel giro di poco, eravamo al
completo con una ventina di iscritti
che si alternavano in giorni e orari
diversi. Non avevamo a disposizione
tanto spazio, solo una settantina di
metri quadri, ma l’entusiasmo cresceva, e il successo della nostra iniziativa anche.”
Insomma sei riuscita nel tuo
intento...
“Alla grande. Attualmente abbiamo
una lista d’attesa enorme, che però
pensiamo di poter soddisfare quasi
totalmente grazie al trasloco che
abbiamo in programma questo ottobre. Ci spostiamo a pochi chilometri
da qui, in un ambiente da 190 metri
quadri con giardino.
Ecco, per far capire meglio come
lavoriamo, la ristrutturazione e
l’adeguamento di questa nuova
struttura è in buona parte gestito
dalle famiglie stesse: c’è il babbo
geometra che fa i progetti, il muratore che costruisce i muri, l’idraulico che fa gli impianti, l’elettricista
che mette tutto a norma, e così via.
Tutto fatto in casa, e fatto benissimo, ve l’assicuro. Tutti i soldi che
entrano li reinvestiamo, a parte i
nostri tre stipendi, e sottoponiamo
le scelte di investimento al giudizio
di tutti.”
State creando qualcosa di davvero
innovativo, complimenti!
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ex allievi raccontano
Davvero brillante il percorso di Rosa Graziano, oggi Operatore Socio Assistenziale per l’infanzia in
un asilo nido. Il suo sogno è però quello di lavorare in una casa famiglia...
La foto è tratta dalla relazione finale di Borello Sara.
ROSA GRAZIANO
Giovanissima, 23 anni, Rosa
Graziano sta lavorando presso un
asilo nido e scuola materna di
Nola, in provincia di Napoli. Con
maturità socio-psico-pedagogica,
si è formata come OSA per l’infanzia presso l’Istituto Cortivo.
Come mai la scelta di diventare
Operatore Socio Assistenziale?
“Perché, finito il liceo, avevo deciso
di continuare gli studi e, contemporaneamente, di lavorare.
Volevo iscrivermi a Scienze dei
Servizi Sociali ma una serie di impedimenti mi hanno fatto desistere.
Poi ho trovato su una rivista la pubblicità dell’Istituto Cortivo e ho trovato la soluzione giusta per le mie
esigenze.
Mi sono trovata benissimo sia per
l’approccio didattico sia per la gentilezza e la disponibilità dei docenti,
che mi hanno sempre aiutata e incoraggiata”.
Dove hai svolto il tirocinio?
“Presso una casa famiglia che ospitava alcune adolescenti dai 14 ai 17
anni. Ragazze difficili, con comportamenti devianti, tutte con esperienze familiari negative.
Dopo la prima giornata di tirocinio
uscii da quel portone completamente cambiata: non ero più la stessa!
Tutti i miei problemi che sino al
giorno prima mi sembravano insormontabili si erano improvvisamente
ridimensionati...
Non è stato facile relazionarsi con le
ragazze. Erano diffidenti e mi è servito del tempo per conquistare la
loro fiducia”.
Nel frattempo stavi già lavorando presso la scuola materna...
“Sì. Ho iniziato nel 2004. Sono
stata scelta per il mio diploma ma
anche perché stavo frequentando
l’Istituto Cortivo, che da queste
parti gode di ottima reputazione.
Lavoro dalle 8.00 alle 14.00 con
bambini dai due ai cinque anni.
Facciamo un sacco di attività ludiche e seguiamo specifici programmi
didattici.
D’estate i ritmi cambiano... La
scuola diventa un po’ centro estivo,
con giochi e laboratori in sintonia
con la stagione”.
Sei contenta del tuo lavoro?
“Certo. Mi piacciono i bambini e ho
un buon rapporto con tutto lo staff
e con i genitori.
Ho le mie soddisfazioni... Come
quella di aver aiutato una bambina
con problemi di separazione dalla
madre a inserirsi pian piano e senza
traumi.
Oggi è una bimba serena, che ama
stare con i suoi compagni e che
quando torna a casa dice alla sua
mamma, tutta orgogliosa, di essere
la ‘piccolina’ della maestra Rosa”.
Vista la tua giovane età, pensi di
fare nel futuro altre esperienze
lavorative?
“Il mio desiderio sarebbe di lavorare in una casa famiglia, una realtà
che ho già sperimentato durante il
tirocinio.
Vorrei mettere alla prova la mia
professionalità in questo specifico
settore d’intervento.
Mi piacerebbe lavorare con i bambini e gli adolescenti che vivono
uno stato di disagio. Sento che
potrei dare molto in questo
campo”.
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servizio segnalazione allievi
In quanto scuola di formazione esclusivamente dedita ad attività didattiche, l’Istituto Cortivo non cura
direttamente iniziative di collocamento al lavoro ma
sviluppa invece attività di segnalazioni dei propri
allievi alle strutture interessate. A questo fine offre
gratuitamente agli allievi che hanno concluso il
corso il Servizio Segnalazione Allievi, che consiste
nel segnalare, attraverso il proprio ufficio aperto dal
lunedì al venerdì dalle 9 alle 12, i nominativi degli
allievi che hanno conseguito l’attestato di studio ad
enti e strutture che ne fanno richiesta attivi nel
sociale in tutto il territorio nazionale.
Si ricorda agli allievi interessati a questo tipo di servizio che
per consentire la segnalazione del loro nominativo per un
eventuale inserimento professionale nel mondo del sociale sono
tenuti a rilasciare l’autorizzazione al trattamento dei dati come
previsto dalla legge 196/03 compilando il modulo disponibile
presso la Segreteria Didattica dell’Istituto Cortivo di Padova.
Il servizio fornisce inoltre agli allievi un orientamento su come condurre un’indagine occupazionale,
come scrivere un curriculum e quali documenti e
informazioni allegarvi, per individuare le strutture
più idonee presenti nella propria zona di residenza.
Servizio riservato alle strutture
Le strutture interessate a ottenere nominativi di allievi che hanno concluso il corso
nelle diverse specializzazioni possono farne richiesta all’Istituto Cortivo.
Servizio riservato agli allievi
Gli allievi interessati a conoscere le richieste pervenute all’Istituto Cortivo
relativamente alla propria specializzazione e alla propria zona di residenza
possono farne richiesta.
SERVIZIO SEGNALAZIONE ALLIEVI
Istituto Cortivo
Centro di Formazione Professionale
Via Padre Ramin, 1 - 35136 Padova
Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213
e-mail: [email protected]
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Centro Congressi Villa Ottoboni:
fuori dai luoghi comuni.
Il Centro Congressi Villa Ottoboni, immerso nel verde dell’ampio parco che gli fa da naturale cornice
e inserito in un suggestivo contesto storico e culturale, è il luogo ideale per incontri,
meeting e conferenze. L’interno si sviluppa su più livelli e comprende un’ampia reception,
tre sale conferenza, uno spazio eventi flessibile, salette riservate e servizio di ristorazione.
Tutto questo (assieme alla favorevole posizione*) fa del Centro Congressi Villa Ottoboni
un posto davvero speciale e... fuori dai luoghi comuni.
Centro Congressi Villa Ottoboni
via Padre E. Ramin, 1 - 35136 Padova
* Villa Ottoboni si trova a pochi chilometri dal casello di Padova Ovest
ed è facilmente raggiungibile dalle principali arterie della città.
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Questa
bambina
sta per
chiederti
di occuparti
di lei.
Sei pronta?
Istituto Cortivo ti prepara al sociale
Lavorare nel campo dell’assistenza ai bambini, agli anziani, ai disabili, ai tossicodipendenti, confrontandosi
spesso con culture diverse dalla nostra, richiede una forza interiore molto speciale fatta di pazienza, disponibilità, umiltà, discrezione, capacità di ascoltare, comprendere, adattarsi alle varie situazioni. Se ritieni che
queste doti facciano parte della tua personalità puoi metterti in contatto con noi. Sarà il tuo primo passo
verso una professione sempre più richiesta, verso un futuro ricco di prospettive.
Ambiti di specializzazione:
Infanzia - Multiculturalità - Dipendenze - Anziani - Disabili
Assistente turistico per disabili - Amministratore di sostegno
immagina.biz
Corsi e frequenze personalizzati
300 ore di tirocinio pratico
Assistenza alla ricerca di impiego
Centri didattici in tutta Italia
Essere professionista nel sociale
Centro Formazione Professionale
per Operatori Socio Assistenziali
www.cortivo.it