SPECIALE SEMINARIO Istituto Cortivo: formazione per un sociale

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SPECIALE SEMINARIO Istituto Cortivo: formazione per un sociale
FASHION & C. n. 38 del 2007 - Bisettimanale di informazione, politica e attualità. - Editore: HARVARD GROUP srl via Monte Pastello 5/d – San Giovanni Lupatoto VR - Direttore responsabile: Gino Abati - Con Autorizzazione NR. 1151 del registro stampa e 1702 del cronologico dell’11/04/’95
Spedizione in A.P. comma 1 Art. 1 DL 353/2003 (CONV. IN L 27/02/04 nr. 46) DCB VERONA - Stampa Litocenter - Via Visco, 24 - 35010 Limena (PD) - Prezzo Euro 0,0997. - Contiene I.P.
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ANZIANI
Una naturale condizione di vita
MULTICULTURALITÀ
Con i bambini basta
uno sguardo per capirsi
DISABILI
Incontri con la disabilità
DIPENDENZE
Droga ed ergoterapia
FASHION & C. n. 38 – APRILE 2007
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il Notiziario dell’Operatore Socio Assistenziale
incontri
SPECIALE
SEMINARIO
Istituto Cortivo:
formazione
per un sociale
che cambia
INFANZIA
Assistenza agli adolescenti
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ISTITUTO CORTIVO: diventa professionista nel sociale.
Dal 1984 l’Istituto Cortivo opera nel
campo della progettazione ed erogazione di attività formative nel sociale,
un mondo ricco di umanità che rappresenta da sempre il suo esclusivo
e coinvolgente orizzonte di impegno.
Oltre vent’anni di esperienze, di scelte e di fatti concreti hanno forgiato
una struttura dinamica e vitale, un
potente motore che, alimentato dall’energia della volontà e della solidarietà, forma non solo personale altamente qualificato e professionalmente
motivato, ma promuove e partecipa
anche ad iniziative sociali e culturali
rivolte a migliorare la qualità della
vita nella nostra società.
L’Istituto Cortivo è presente con i suoi
Centri Didattici nelle principali città
italiane; la sede centrale è a Padova.
Un’organizzazione efficiente, perfettamente armonizzata, che sa adeguarsi alle realtà locali senza mai
venir meno agli obiettivi e ai criteri
guida che uniformano tutte le attività
dell’Istituto Cortivo. Per consentire ai
suoi allievi di svolgere l’esperienza di
tirocinio pratico nella propria zona di
residenza, l’Istituto Cortivo ha stipulato convenzioni con oltre 7500 Enti
pubblici e privati in tutte le regioni
d’Italia.
A garanzia della qualità dei cicli di
formazione proposti, l’Istituto Cortivo
si è dotato di un Comitato Scientifico
che si dedica alla valutazione della
correttezza metodologica dei percorsi
didattici programmati per i vari corsi
di formazione, delle strategie e degli
orientamenti formativi messi a punto
dalla Direzione Didattica.
Corsi di formazione per Operatori Socio
Assistenziali nei seguenti ambiti operativi:
Multiculturalità - Infanzia - Dipendenze
Anziani - Disabili - Assistente turistico
disabili - Amministratore di Sostegno
Istituto Cortivo
via Padre E. Ramin, 1
35136 Padova
www.cortivo.it
per informazioni:
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editoriale
Certificazione Etica
e Bilancio Sociale:
l’Istituto Cortivo
porta avanti
il suo impegno
nel campo della
responsabilità
sociale d’impresa.
Se fino a poco tempo fa il metro di giudizio per determinare il grado di affidabilità di un’impresa, e conseguentemente il suo successo sul mercato, si basava
esclusivamente su indicatori di tipo economico, il consumatore moderno è oggi
portato anche ad altre valutazioni, legate in particolar modo ai comportamenti
messi in atto da una ditta. Oggi l’interrogativo a cui dare risposta non riguarda
più solo cosa l’azienda abbia ottenuto, ma anche come l’abbia ottenuto.
È per venire incontro a queste esigenze che è nato e si è affermato il Bilancio
Sociale, un fondamentale momento di comunicazione per tutte le aziende che, in
maniera aperta e trasparente, vogliano dare conto di ciò che fanno a cittadini e
consumatori.
Seguendo questi principi, l’Istituto Cortivo, dopo aver ottenuto la Certificazione
Etica nel 2005, ha da poco pubblicato il suo primo Bilancio Sociale, per trasmettere i valori etici che ne guidano l’operato, per illustrare ciò che in questo periodo
è stato costruito, e per presentare gli obiettivi futuri. Il tutto è stato attuato
seguendo le direttive contenute nella norma SA8000, che rappresenta lo standard più diffuso e riconosciuto a livello internazionale per garantire il rispetto
delle regole e dell’etica nelle condizioni di lavoro. Tale norma si articola in alcuni
punti fondamentali relativi alla tutela dei lavoratori sotto svariati punti di vista:
dalla sicurezza sul luogo di lavoro alla retribuzione, dalla tutela dei minori alla
libertà di associazione.
Il Bilancio Sociale 2007 dell’Istituto Cortivo è disponibile per chiunque volesse
consultarlo e scaricarlo in versione elettronica dal sito www.cortivo.it.
La redazione
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sommario
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INFANZIA
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Assistenza agli adolescenti
Piccole ospiti in comunità
Occhi che parlano
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ANZIANI
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Una naturale condizione di vita
Non solo nonni
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MULTICULTURALITÀ
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Con i bambini basta uno sguardo per capirsi
Persone diverse e culture diverse,
il tirocinio come scuola di vita
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SPECIALE SEMINARIO
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Istituto Cortivo, formazione per un sociale che cambia
I Corsi di Formazione Impresa Sociale
Un marchio di qualità
Marzo 2007: XIV Corso Impresa Sociale,
diamo la parola ai protagonisti
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DISABILI
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Incontri con la disabilità
Il valore della reciprocità
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DIPENDENZE
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Storie oltre la dipendenza
Droga ed ergoterapia
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SPAZIOINCONTRI
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ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
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Turismo per diversamente abili
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EX ALLIEVI RACCONTANO
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SERVIZIO SEGNALAZIONE ALLIEVI
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progetto grafico e impaginazione: immagina.biz
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INFANZIA
Assistenza
agli
adolescenti
Quando Elisabetta Mammoliti
ha scelto di iscriversi al corso
di formazione per Operatore
Socio Assistenziale per l’infanzia aveva in mente come protagonisti del suo tirocinio i
bambini. Invece si è trovata a
svolgere le sue 300 ore di pratica in una comunità ministeriale di Catanzaro per minori
sotto tutela giudiziaria, coinvolta nella difficile realtà degli
adolescenti devianti.
Federico ha diciassette anni, è figlio
unico, orfano di padre dall’età di sei.
Con un vissuto molto pesante alle
spalle, segnato anche dalla morte
violenta del padre, proviene da un
paese dove la devianza giovanile è
un fenomeno molto forte. La prima
volta che lo vidi mi colpì il contrasto tra la tenerezza che leggevo nei
suoi occhi e le maniere aggressive,
accompagnate da un linguaggio
rozzo e volgare. Arrivato in comunità con l’accusa di rapina e lesioni,
sembrava sempre scostante, superiore a tutti. Con i suoi atteggiamenti
da bullo sembrava voler gridare a
tutti che lui non aveva bisogno di
lezioni e attenzioni. E invece era
quello che più di tutti soffriva la
reclusione, la mancanza di spontaneità nelle relazioni, l’impossibilità
di comunicare nel suo dialetto. Mi
abituai pian piano ai suoi scatti d’ira,
generati da un malessere profondo.
Era sempre scontroso, antipatico,
odioso… Eppure io riuscivo a
cogliere i suoi lati più veri, più sim4
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patici, spesso messi in ombra da un
carattere troppo irascibile che non
riusciva a controllare. Scattava per
qualsiasi sciocchezza e, a volte,
anche in modo incomprensibile.
Davvero inquietanti erano i suoi
repentini cambi d’umore. A un certo
punto, però, emerse la sua sensibilità. Avvenne quando arrivarono alcuni ragazzi accusati di violenza sessuale. Ricordo ciò che disse: “Anche
se una ragazza mi si spoglia davanti,
io non la sfioro”. Cominciò a inveire
contro i violentatori e, solo dopo
averlo fatto ragionare, arrivammo
alla conclusione che tutti hanno la
possibilità di scontare la propria
pena e di cambiare. Quando guardavo negli occhi Federico vedevo la
stessa tristezza che leggo negli
sguardi di troppi giovani del mio
paese: la tristezza e la rassegnazione
di chi cerca di risollevarsi, di farcela,
nonostante tutto attorno a lui gridi
che non è degno, che non ce la farà
mai… Ecco perché decisi di credere
in lui nonostante tutto, di parlargli
anche quando rifiutava ogni contatto, di ascoltarlo, di andare oltre le
apparenze.
Con questa esperienza
ho avuto la possibilità
di capire che niente è
impossibile, che i limiti
nascono soprattutto
da noi stessi…
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INFANZIA
Piccole ospiti in comunità
Tirocinante in una Comunità Alloggio di Catania,
Nadia Giuseppa Linsalata si confronta con la realtà di vita delle bambine ospiti.
Conosce così gli effetti del “disagio”: la sofferenza, la patologia,
la difficoltà a crescere normalmente…
Più trascorrevano i mesi e più mi
trovavo di fronte a situazioni diverse nei confronti delle quali ero chiamata a intervenire efficacemente in
collaborazione con gli altri operatori dell’équipe. Mi occupavo di sostegno scolastico, un compito che portavo avanti cercando di stimolare le
bambine, di risvegliare le loro capacità e attitudini, di affiancarle nella
ricerca di nuovi livelli di autonomia.
Mi ero accorta però che le condizioni di disagio, soprattutto le più
gravi, condizionavano fortemente lo
sviluppo evolutivo delle bimbe,
soprattutto dal punto di vista dell’apprendimento. Così, ben guidata
dalla mia supervisore, focalizzai la
mia attenzione solo su alcune delle
minori cercando di creare attorno a
loro un’atmosfera di tranquillità.
Stando loro vicina e supportandole
con amorevole sollecitudine, ebbi
modo di comprendere una cosa
importante: i cosiddetti disturbi dell’attenzione nascondevano un’ostilità nei confronti della scuola. Mentre
facevamo i compiti mi accorgevo che
non riuscivano ad ascoltarmi, si
distraevano facilmente, attirate
anche dal semplice volare di una
mosca. Ho quindi deciso di programmare i miei interventi tenendo
ben presenti tre punti fondamentali:
le conoscenze teoriche e pratiche
utili per lo svolgimento del mio
lavoro, la definizione chiara degli
obiettivi da raggiungere a seconda
dei casi, la valutazione delle pratiche
adottate. Lungo questo percorso
durato cinque mesi ho conosciuto la
piccola Odette, sulla quale gravava
il dolore di essere stata abbandonata
da entrambi i genitori. Ho capito
subito che aveva bisogno di una
figura di riferimento che la stimolasse ad andare avanti e la portasse
a riscattarsi sempre di più. L’ho
quindi affiancata con particolare
attenzione, riportandola allo studio
ad ogni minimo cenno di distrazione. Per fare questo ho imparato a
motivarla offrendole la mia disponibilità e la mia comprensione. Altro
caso quello di Silvana, il cui disagio
socio-economico incideva sulla sua
salute e sulle relazioni con gli altri.
La mancanza di stimoli e di attenzioni in famiglia le impediva di credere in se stessa, nella sua capacità
di determinare e scegliere cosa fare
della sua vita. Il mio compito in
questo caso è stato quello di supportarla nelle varie attività anche ester-
La motivazione
è indispensabile
per superare
con coraggio
ogni barriera che
ci separa dalla meta.
ne alla Comunità. L’ho accompagnata a varie visite mediche e l’ho aiutata a valutare meglio le opportunità
che le si sarebbero aperte davanti
una volta terminata la scuola superiore.
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INFANZIA
Occhi che parlano
Il tirocinio di Anna Cifariello in una ludoteca territoriale del Comune di Napoli è stato molto intenso,
caratterizzato da una pluralità di mansioni ma anche dalla partecipazione alle numerose riunioni
d’équipe e a vari congressi e manifestazioni del settore sociale.
L’esperienza come tirocinante presso la ludoteca territoriale è stata
entusiasmante grazie soprattutto al
forte legame fatto di rispetto, collaborazione e affetto che si è creato
sin da subito con gli altri operatori.
Insieme, a settembre, prima dell’apertura ufficiale della struttura,
abbiamo reso agibili i locali facendo
pulizie, dipingendo le pareti, facendo
l’inventario dei materiali e dei giochi
disponibili. È stata una grande fatica ricca però di soddisfazioni. Poi la
ludoteca ha aperto e sono arrivati i
bambini… Il tempo trascorreva tra
letture, racconti, favole, giochi liberi
e laboratori. Comunque durante il
mio lavoro ho sempre cercato di
sostenere e incoraggiare i bambini
dando affetto e fiducia, favorendo la
loro autosufficienza e il diritto di
crescere in un ambiente sano e sereno. Tra i tanti bimbi ho dedicato in
particolare il mio tempo a una
bimba che chiamerò Manu: spesso
cercava la mia presenza per giocare
o per stare semplicemente seduta
accanto a me. Inizialmente parlava
pochissimo ma, ultimamente, era
diventata molto loquace e manifestava il suo affetto in modo più
esplicito. Le sono stata sempre
accanto dandole quella sicurezza e
quelle attenzioni che cercava ma ho
fatto in modo che non diventasse
dipendente da me perché non volevo
mettere a rischio lo sviluppo della
sua autonomia. Nei giochi si isolava
spesso, non partecipava mai a quelli
di gruppo, soprattutto se movimentati. Così ho cercato di incoraggiarla
con dolcezza e prudenza, senza mai
forzarla, lasciandole il tempo di
adattarsi alla situazione, facendole
sentire che la sua presenza era
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importante per noi tutti. Un altro
bimbo, che chiamerò Massimo, mi
ha invece messa a dura prova: era
prepotente, diceva parolacce e provocava in continuazione. Ho cercato
di relazionarmi con lui cercando di
controllare le emozioni suscitate dai
suoi attacchi, di fronte ai quali mi
sentivo inadeguata. Un giorno, con
spontaneità, l’ho avvicinato e ho
giocato con lui a “Uno”. Andò
meglio di quanto pensassi e riuscii
pure a farlo sorridere.
Mi colpì però il suo sguardo da
duro, dietro al quale nascondeva la
paura e il dolore di un bambino
costretto a vivere una vita troppo
difficile per la sua età. Da quel giorno, nonostante lo affrontassi in
maniera decisa e autorevole quando
si comportava in modo aggressivo,
ho sempre cercato di giocare con lui,
di fargli una carezza, di trattarlo in
modo gentile e rassicurante.
Bambini come Massimo, quando
esplodono violentemente, hanno
bisogno anzitutto di essere contenuti con determinazione e pacatezza
perché l’aggressività che esprimono
in quel momento è un sentimento di
annientamento di cui hanno molta,
moltissima paura.
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Riflessioni profonde sulla
terza età ci giungono da
Marina Di Benedetto,
tirocinante presso una
Residenza Sanitaria
Assistenziale nella provincia
di Teramo.
Nella sua relazione finale
scrive degli anziani, della
loro identità e delle più
frequenti patologie.
Vecchiaia: una naturale
condizione di
“Senectus ipsa morbus est”. Così
definiva Terenzio la vecchiaia: una
malattia. Non è raro incontrare persone, soprattutto anziane, che la
pensano allo stesso modo, che considerano la vecchiaia un male inevitabile e inguaribile. Ecco allora che
offrire aiuto all’anziano, prendersi
cura di lui, significa anzitutto aiutarlo a comprendere la propria situazione e il senso della sua storia, operare
per permettergli di superare la solitudine che lo attanaglia, il senso di
inferiorità che lo porta a sminuire il
valore della propria persona. Perché
la vecchiaia non è una malattia bensì
una condizione di vita che comporta
naturali trasformazioni organiche. In
conseguenza di queste avvengono a
volte modificazioni psicologiche
indotte anche dalla perdita di un
ruolo sociale e familiare. È in questo
momento che la persona diventa più
bisognosa di umana solidarietà,
senza offensivi pietismi né fredda
indifferenza. Questo è ancora più
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vero di fronte a patologie come la
depressione. Ricordo il caso di un
uomo di 75 anni che chiamerò Paolo,
affetto da patologia depressiva.
Paolo non si è mai sposato, ha sempre vissuto da solo, senza aiuti dagli
altri. Sono entrata in contatto con
lui delicatamente, nel modo più mite
e gentile possibile. Osservandolo,
percepivo in lui un dolore profondo,
una sofferenza che si esprimeva in
una totale mancanza di volontà. Al
momento del ricovero era completamente autosufficiente, capace di
adattarsi ai ritmi e agli orari della
struttura. Il suo unico problema era
una profonda tristezza dalla quale
non riusciva a liberarsi. Il ricovero
presso la struttura poteva rappresentare per lui la possibilità di confrontarsi con altre persone, altre storie… insomma, aveva l’occasione di
intrecciare relazioni, di vivere l’ultima parte della sua vita in un modo
migliore. Invece continuava a schivare gli altri, a viversi la propria soli-
vita
tudine. Appariva incapace di provare
emozioni. Unici suoi interessi erano
il mangiare, il bere e il dormire. Non
viveva: vegetava. Qualsiasi tentativo
di socializzazione era con lui un fallimento. Il mattino gli operatori lo
alzavano, lo lavavano, lo vestivano e
poi lo sedevano su una sedia a rotelle. Trascorreva l’intera giornata
solo, in un angolo della sala da pranzo. Abbiamo cercato di coinvolgerlo
in una terapia di gruppo, nelle attività della palestra, ma è servito a ben
poco. Grazie alle poche parole che
ho scambiato con lui, ho capito che
Paolo si percepiva come impotente,
inutile. Ho provato allora a fargli
sentire che c’era qualcuno che si
interessava a lui, che non badava ai
suoi insuccessi e che gli portava
rispetto nonostante la sua inadeguatezza. Paolo non è guarito, ma ha
lasciato aperto uno spiraglio alla
comunicazione e, in una forma grave
di depressione come la sua, questo è
molto importante.
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Non solo
nonni
Gelsomina Buonfrisco si avvicina al mondo degli anziani
con grande sensibilità, forte della sua esperienza personale
con il nonno, che ha assistito con amore.
Il suo tirocinio si è svolto presso una Casa Albergo
per anziani in provincia di Salerno.
Mio nonno è stata la prima persona che ho assistito. Ho cercato di
alleviare le sue sofferenze, di farlo
ridere, di manifestargli tutto il mio
affetto e il mio amore, soprattutto
nei momenti di difficoltà. È stata
proprio questa esperienza che mi
ha fatto scoprire la mia particolare
attitudine per la cura e l’assistenza
agli anziani, persone che io considero speciali. Il tirocinio non ha
fatto che confermare la mia vera
passione per questo lavoro.
Nonostante il mio entusiasmo,
però, prima di iniziare la mia esperienza ho avuto il timore di non
essere all’altezza dei problemi di
un anziano. Invece è andato tutto
bene, grazie anche al supporto del-
l’équipe e alla pazienza degli utenti
che, dopo pochi giorni, hanno iniziato a trattarmi come una di famiglia. Stare con loro non è stato
pesante: spesso si scherzava, si
chiacchierava e, anche nei momenti
più difficili, non mancavano mai la
battuta o il sorriso per sdrammatizzare la situazione. Ricordo un
nonnino di 85 anni, dolcissimo,
piccolo, di corporatura robusta e
con i capelli color della neve,
Trasmetteva una sensazione di
pace e serenità ma, a tratti, si trasformava completamente: diventava irascibile, perdeva il senso dell’orientamento e non riconosceva
le persone. Autosufficiente, con
una buona deambulazione, soffriva
purtroppo del morbo di Alzheimer,
aggravato da alcuni attacchi ischemici. Nei suoi momenti di lucidità
era una persona deliziosa, gli piaceva ridere, scherzare, fare delle
passeggiate in giardino e, quando
mi vedeva stanca, si preoccupava
per me. Amava la domenica, il
giorno delle visite, quando poteva
incontrare i figli e i nipoti. Tra i
miei compiti c’era anche quello di
mantenergli attiva il più possibile
la memoria a breve termine attraverso giochi di forme e colori
oppure stimolandolo a ricordare
nomi, date di nascita, ecc. Nei
momenti in cui capitava che non si
ricordasse qualcosa non si arrabbiava, ci scherzava su. Per fortuna
la malattia ha avuto un decorso
lento, così ha potuto godere ancora
di alcuni bei momenti, come la preparazione del Natale, un periodo
che abbiamo condiviso con gioia e
allegria, fatto di preparativi e piacevole attesa.
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MULTICULTURALITÀ
Con i bambini
basta uno
L’esperienza del tirocinio ha
cambiato in modo significativo
la mia esistenza. Nel corso del
tempo mi sono trovata a contatto con realtà che mi erano
completamente sconosciute.
Quando ho iniziato credevo di
essere preparata perché in
fondo sapevo che avrei incontrato bambini poco fortunati e
con pesanti trascorsi alle
spalle…
Con queste parole Alessandra
Nanni racconta del periodo che
ha trascorso in un centro di accoglienza per minori stranieri in
provincia di Roma per prepararsi
all’esame finale del corso di formazione per Operatore
Multiculturale. Ma lasciamola
continuare…
Oggi quella presunzione ingenua è
scomparsa. Non perché abbia ormai
preso familiarità con il disagio e la
sofferenza altrui ma perché ho semplicemente capito che nessuno può
“prepararsi” ad affrontare il dolore
degli altri. Dei più piccoli e indifesi,
poi. All’inizio mi è stato davvero difficile riuscire a gestire le emozioni e
soprattutto la rabbia che mi saliva
quando venivo a sapere delle singole
realtà di vita dei bambini ma poi, a
poco a poco, mi sono resa conto che
dovevo andare oltre a quello che era
il loro passato ed assumere invece
un atteggiamento costruttivo, guardare con maggiore lucidità alle loro
reali esigenze per aiutarli a vivere
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sguardo
meglio l’oggi e il domani che li
aspetta.
Sono sempre stata una persona
socievole ed estroversa e non ho mai
avuto difficoltà a interagire con gli
altri ma con i bambini è un’altra
cosa. Il mio rapporto con loro non è
solo frutto della confidenza e della
frequentazione nel tempo ma di una
sorta di empatia che inizia dallo
sguardo, prima ancora di cominciare
a parlare. Per dar loro concreto supporto ho messo da parte la mia
anima idealista, sognatrice e impaziente che però davanti agli ostacoli
molto spesso perdeva l’entusiasmo e
la motivazione per dare invece spazio all’altra me stessa, quella che
elabora le cose in modo diverso, che
considera gli ostacoli sempre superabili perché conosce la gioia di raggiungere il traguardo.
Per quanto riguarda le mie attività
quotidiane nel corso del tirocinio
non c’è molto da dire. Frequentavo
il centro soprattutto nel pomeriggio
perché quasi tutti i bambini erano
presenti all’interno della struttura.
Con loro trascorrevo lunghe e piacevoli ore nella sala ricreativa.
per capirsi
Organizzavo attività ludiche cercando di coinvolgerli tutti insieme. Alle
volte, assieme alla psicologa, ho
organizzato una serie di attività che
miravano allo scambio e alla conoscenza di tradizioni culturali appartenenti a diversi paesi. Abbiamo allestito varie cene etniche con la partecipazione delle mamme. I bambini
dovevano descrivere il piatto indicando il luogo di origine e altre
curiosità. Con un gruppo di ragazzi
latino-americani sono riuscita ad
allestire per i piccoli un corso di
ballo e percussioni afro-latine.
Spesso, infine, seguivo individualmente i bambini che presentavano
difficoltà nella comprensione dei
testi e nello svolgimento dei compiti.
Per fortuna parlo bene lo spagnolo e
discretamente l’inglese: riuscire a
comunicare direttamente con i piccoli e le loro famiglie nella loro lingua di origine è stata la chiave che
mi ha permesso di ottenere ben presto la loro fiducia. Con molte
mamme ho instaurato rapporti di
confidenza e talvolta le ho aiutate a
sbrigare pratiche burocratiche presso vari uffici.
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MULTICULTURALITÀ
Persone diverse e culture diverse,
il tirocinio come scuola di vita
Vivere l’esperienza di tirocinio in una Casa di Accoglienza aperta a ospiti italiani e immigrati non è
facile. Ma Maria Riga, che ci racconta del suo impegno in questa struttura della provincia di
Catanzaro, ha saputo dare il meglio, anche grazie al contributo degli altri operatori…
Il mio tirocinio è durato più di tre
mesi durante i quali gli ospiti si
sono frequentemente avvincendati.
Con alcuni non ho avuto il tempo di
instaurare un rapporto di aiuto che
andasse oltre l’assistenza materiale,
mentre con quelli che restavano più
a lungo ho potuto approfondire la
conoscenza e dare un supporto più
efficace. Le difficoltà non sono mancate, soprattutto a causa delle situazioni che si andavano a creare fra gli
utenti, tutti coinvolti nello stesso
tipo di disagio, ovvero il non dispor-
re di una casa propria, ma tutti portatori di bisogni e culture molto
diversi tra loro.
L’équipe ha sempre affiancato il mio
lavoro impartendomi precise direttive su quali atteggiamenti dovessi
assumere nelle diverse situazioni.
L’obiettivo comune era quello di
realizzare percorsi di integrazione
culturale, favorendo le relazioni di
reciproco sostegno e facendo soprattutto leva sulla condivisione dei
compiti da svolgere ad iniziare dalla
preparazione dei pasti, che doveva
soddisfare le esigenze di tutti,
rispettando le diversità religiose e i
problemi individuali. Nel periodo
del Ramadan, ad esempio, era d’obbligo il rispetto degli orari, l’esclusione della carne di maiale e una
cena più ricca. Non a caso ho messo
al primo posto la cucina. Proprio in
questo ambiente, infatti, sono emerse molte loro problematiche, molti
timori, molti lati della loro personalità che in altri contesti rimanevano
ben chiusi nei loro cuori. In questo
contesto si possono instaurare rapporti più aperti, basati sulla confidenza e sulla fiducia. Ho visto molte
relazioni d’aiuto e conforto nascere
proprio fra una pastasciutta e una
verdura, consigli e incoraggiamenti
emergere fra una frittata e un dolce.
Così, fra l’ufficialità del servizio di
assistenza e l’informalità dei contatti
con le persone, ho imparato molte
cose. Anzitutto che non tutti gli
ospiti consideravano il fatto di vivere in una Casa di Accoglienza come
un problema, anzi, alcuni lo ritenevano un diritto, non si attivavano
per cercarsi un lavoro o una casa
mentre non perdevano occasione per
lamentarsi dei servizi sociali che, a
loro parere, non li aiutavano abbastanza. Altri, invece, si davano da
fare per risolvere il loro problema,
cercavano un’abitazione e un’occupazione e si sentivano umiliati dal
dover chiedere tutto. Persone diverse e culture diverse, che attraverso il
tirocinio ho imparato a distinguere e
riconoscere. Una scuola di vita che
mi sarà preziosa per affrontare con
più sicurezza il mio futuro professionale.
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Istituto Cortivo, formazione
per un sociale
che cambia
L’Istituto Cortivo è nato nei primi
anni Ottanta, un’epoca in cui molti
aspetti della nostra società stavano
radicalmente cambiando, a cominciare dall’impostazione dei rapporti
familiari che, sino a quel momento,
avevano largamente mantenuto
soprattutto al di fuori delle grandi
città le caratteristiche tipiche della
famiglia di stampo patriarcale, con
gli uomini impegnati nel lavoro
esterno e le donne prevalentemente
in casa ad accudire i figli e gli anziani. Proprio in quel periodo questa
impostazione cominciava ad essere
messa in profonda crisi dall’evolversi della configurazione sociale: le
donne uscivano da casa per affrontare un loro percorso di lavoro e la
loro disponibilità ad assistere chi
aveva bisogno dentro le mura domestiche veniva sempre più a mancare.
Questa nuova situazione richiedeva
un cambiamento profondo in un settore che sino a quel momento era
stato considerato come un aspetto
residuale, necessario solo per quei
pochi che non avevano una famiglia
protettiva alle spalle e, di conseguenza, non degno della massima
attenzione da parte della società e
dello Stato. Stiamo naturalmente
parlando dell’assistenza, un campo
in cui alla carenza di regole certe e
di strutture ben organizzate si
aggiungeva la scarsità di professionisti specializzati. Un contesto difficile e impegnativo, nel quale
l’Istituto Cortivo ha saputo inserirsi
con autorità e con grande spirito di
iniziativa, con la forte volontà di
dare risposte chiare e importanti a
chi aveva bisogno di assistenza qualificata come a chi voleva aiutare i
bisognosi concretamente, non con
improvvisazioni piene solo di buona
volontà ma con la forza della conoscenza e dell’esperienza, con la
matura capacità di fare bene del
bene. E così, in un quadro che vedeva mano a mano crescere le richieste di buona assistenza da parte di
una società in cui le donne erano
sempre più fuori casa, gli anziani
erano sempre più soli ma anche
sempre meno disponibili a seguire i
nipotini e cominciavano ad affluire
sempre più numerosi da paesi stranieri immigrati in difficoltà,
l’Istituto Cortivo preparava professionisti in grado di affrontare con
adeguati mezzi le diverse contingenze, capaci di gestire impegni
lavorativi con la dovuta preparazione e qualità: operatori specializzati
nelle diverse ramificazioni che l’assistenza andava assumendo, prima per
l’infanzia, gli anziani, i disabili e i
tossicodipendenti e poi, via via, per
la multiculturalità, l’accompagnamento turistico dei disabili, l’amministrazione di sostegno... L’Istituto
Cortivo, insomma, è cresciuto con
un occhio attento alle nuove esigenze emergenti dalla nostra società e
con l’impegno costante di fornire
preparazioni sempre più adeguate ai
mutamenti in corso. Questa è stata
la chiave del suo successo: anticipare
le evoluzioni e assecondarle, mettendo a disposizione di una realtà
sociale in continuo divenire ciò di
cui più aveva bisogno. Persone motivate e professionalmente ben formate attraverso approfonditi corsi di
studio ed esperienze concrete, pronte a dare nuova linfa e una più alta
qualità alle diverse realtà assistenziali in tutto il territorio nazionale,
grazie alla continua nascita di nuovi
Centri Didattici, oggi presenti presso
tutti i maggiori capoluoghi italiani.
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specialeseminario
I Corsi di Formazione Impresa Sociale
Ma non solo questo ha fatto e sta
facendo l’Istituto Cortivo: recependo
le crescenti istanze dei propri allievi
verso un apprendimento non esclusivamente finalizzato a trovare una
collocazione lavorativa, ha avviato
processi di formazione specificamente rivolti a fornire ai partecipanti gli
elementi necessari per la costituzione di imprese sociali. Essere padroni
di se stessi e fare della propria autonomia una concreta opportunità per
seguire sino in fondo le proprie
inclinazioni: questo l’obiettivo dei
14
INCONTRI Aprile 2007
tanti allievi ed ex allievi dell’Istituto
Cortivo che sono venuti a Padova,
presso la sede centrale di Villa
Ottoboni, per seguire i Corsi di
Formazione Impresa Sociale che nel
marzo di quest’anno sono ormai
giunti alla quattordicesima edizione.
Organizzati con regolarità, i Corsi
rappresentano un’occasione da non
perdere per tutti coloro che vedono
nel loro futuro più o meno prossimo
la possibilità di aprire una struttura
di assistenza. Qui si impara a valutare le concrete possibilità di avvio
dell’impresa e le esigenze del territorio, a ideare e progettare un servizio, a pianificare le sue dimensioni e
le migliori modalità di gestione.
Ogni diverso aspetto viene esaurientemente illustrato, da quelli economico finanziari a quelli normativi, di
marketing sociale e di fund raising.
E questo per ogni tipologia di servizio ma, in particolare, per l’apertura
di strutture dedicate ai più piccoli
con protagonista un marchio ormai
affermato nel mondo dell’assistenza
all’infanzia: Cortivo Baby Planet.
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specialeseminario
Un marchio di qualità
Ma cos’è il Cortivo Baby Planet? È
un ulteriore esempio di quanto
l’Istituto Cortivo si sia attivato nel
cercare prospettive e possibilità di
crescita e di affermazione per i propri allievi. In poche parole è un
marchio, dotandosi del quale una
struttura per l’accoglienza e l’assistenza all’infanzia si caratterizza sin
da subito per la qualità dei servizi
offerti. Cortivo Baby Planet nasce
infatti da un ben preciso progetto
educativo messo a punto
dall’Istituto Cortivo. Il progetto
Cortivo Baby Planet si pone l’obiettivo di favorire la nascita di realtà
educative dalle caratteristiche omogenee in tutto il territorio nazionale. Finalizzato alla costituzione di
asili nido e ludoteche pensati come
spazi gioco-educativi per bambini da
zero a quattordici anni, sancisce
alcuni punti fermi al fine di garantire un’immagine coordinata e uniforme e rendere massimamente riconoscibile e apprezzato un simbolo che
vuole essere sinonimo di affidabilità
e professionalità. I centri Cortivo
Baby Planet sono strutture con
orari flessibili che rispondono alle
esigenze e all’organizzazione quotidiana dei diversi sistemi familiari.
Accolgono bambini di qualsiasi condizione sociale e culturale e operano
affinché possa realizzarsi l’autentica
integrazione fra tutti i soggetti
coinvolti. Le attività hanno l’obiettivo di educare attraverso il gioco
inteso come movimento, parola,
espressione di intelligenza e fantasia. I metodi pedagogici sono basati
su un progetto educativo elaborato
da esperti provenienti dal mondo
dell’educazione e della formazione e
approvato da un Comitato
Scientifico. Dunque spazi educativi
aggiornati e qualificati, attivi con
due principali obiettivi: da un lato
favorire la crescita armoniosa del
bambino anche se proveniente da
altri paesi e culture o portatore di
lievi handicap, dall’altro dare un’in-
teressante prospettiva imprenditoriale alle persone preparate per
agire nel sociale tramite un’impresa
no-profit. Il progetto Cortivo Baby
Planet è infatti aperto a tutti gli
allievi dell’Istituto Cortivo che
stanno seguendo o abbiano completato il corso di formazione per
Operatore Socio Assistenziale per
l’infanzia e/o per Operatore
Multiculturale e, in particolare, a
coloro che hanno dimostrato grandi qualità in termini di professionalità, capacità organizzative e
imprenditoriali, motivazione, entusiasmo, creatività.
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specialeseminario
Marzo 2007: XIV Corso Impresa Sociale, dia
“Sono Maria Elisa Valente. Vengo
da Magenta. Oggi sono qui perché
ho già progettato assieme a mia
mamma un centro per la prima
infanzia. Abbiamo le idee chiare, ma
sono venuta per chiarirmele una
volta un po’ di più. In realtà abbiamo già verificato una struttura corrispondente alle nostre esigenze e
abbiamo firmato il contratto d’affitto. Entro l’anno chiudiamo il bar
che attualmente stiamo gestendo e
via, si parte con il baby parking.
Abbiamo già tutti i permessi, ci
mancano solo due educatrici e poi
siamo pronte. Come mai conosco
l’Istituto Cortivo? Perché sto finendo il corso di Operatore Socio
Assistenziale per l’infanzia. Avevo
fatto il liceo classico, volevo iscrivermi a pedagogia ma poi ho deciso per
il Cortivo e sono molto soddisfatta
della scelta. Non vediamo l’ora di
iniziare, io e la mia mamma. È un
rischio quello che ci stiamo prendendo, lo sappiamo. Ma, come si
dice, chi non risica non rosica. E poi
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INCONTRI Aprile 2007
ci piacciono tanto i bambini.
Vogliamo provarci con tutte le
nostre forze... Saremo aperte tutto il
giorno ma i bambini potranno frequentare solo i turni del mattino o
del pomeriggio. Per legge non possono stare nella struttura per più di
quaranta ore la settimana”.
“Io mi chiamo Sonia Salvia e vengo
da Potenza. Ero già diplomata al
Liceo Pedagogico quando sulle pagine di una rivista ho visto la proposta dell’Istituto Cortivo. Mi sono
messa in contatto ed un promotore
didattico è venuto sino a casa mia a
spiegare tutto per filo e per segno
anche ai miei genitori. Mi sono
iscritta e ho fatto il corso con grande entusiasmo: un esame al mese, il
tirocinio molto interessante in una
Casa Famiglia per adolescenti, una
bella tesi ed ecco l’attestato di OSA
per l’infanzia. Dopo un mesetto la
struttura dove avevo svolto il tirocinio mi chiama e mi chiede se volevo
continuare a lavorare per loro, a
tempo indeterminato. Detto e fatto,
è ormai un annetto che lavoro per la
Cooperativa Sociale Onlus Liberi
Orizzonti e ne sono davvero entusiasta. Fino a poco tempo fa seguivo
due adolescenti di 12 e 16 anni,
entrambe con grossi problemi. La
più piccola era dolcissima: la aiutavo
a fare i compiti, stavamo bene insieme ma a un certo punto è rientrata
in famiglia. L’altra invece aveva difficoltà a instaurare rapporti corretti
con gli adulti. Aveva subito episodi
di violenza in famiglia e aveva perso
qualsiasi interesse per i suoi coetanei... cercava solo la compagnia dei
più grandi che vedeva soprattutto
come possibili partner sessuali.
Cercavo di aiutarla in tutti i modi a
stare con quelli della sua età e a
vivere in modo sano il contatto con
gli adulti. Non è facile, ma ci metto
tutta la mia buona volontà e vedo
che qualche progresso lo stiamo
facendo. Difficile è anche il caso dell’altro bambino che sto gestendo.
Ha dieci anni e molte difficoltà con
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specialeseminario
iamo la parola ai partecipanti
il padre alcolista. Anche i suoi tre
fratelli sono stati allontanati...
Perché sono qui? Ma perché ho
l’idea di aprire una struttura bivalente, un asilo nido che nel pomeriggio potrebbe diventare uno spazio
ludoteca per bambini un po’ più
grandi. Intanto imparo qualcosa di
concreto, il corso è molto interessante... vedremo!”.
“Io vengo da Molfetta e mi chiamo
Marta Aurora. Sono OSA per multiculturalità e infanzia. Mi sono trovata benissimo con L’Istituto
Cortivo, questo è il secondo seminario per il quale vengo qui a Padova,
ma stavolta io e le mie due socie
siamo pronte a fare sul serio.
Abbiamo deciso di aprire uno spazio
gioco educativo a marchio Baby
Planet per bambini dai sei mesi ai
10-11 anni con tre aree differenziate: area nido, area ludoteca e area
famiglia. Qui con me c’è il mio
fidanzato, Paolo De Gennaro, che mi
ha accompagnato per capire meglio
di cosa si trattava e che avrà un
ruolo determinante nell’iniziativa:
sarà il socio finanziatore. Abbiamo
già individuato la struttura. È in
una zona periferica ma in forte
espansione dove non ci sono servizi
per l’infanzia. Tutta a pianoterra, ha
una superficie di 150 metri quadri e
sei aperture vetrate. Cominciamo i
lavori di ristrutturazione a fine
mese. Come le dicevo, vorremmo
dare un servizio ai bambini ma
anche alla famiglia nel suo insieme.
Per questo pensiamo a lezioni di
training autogeno per le diverse
coppie genitore-figlio, a corsi di
massaggio infantile, ecc.”.
“Siamo tre amiche, veniamo da
Chiaramonte Gulfi e ci chiamiamo
Daniela Lucifora, Rossella Cultrera e
Valentina Miciluzzo. Io, Daniela, ho
l’attestato Cortivo per l’infanzia e lavoro nel centro gestito da suore dove
sono stata assunta dopo aver svolto lì
il mio tirocinio. Faccio l’insegnante nel
doposcuola e assisto famiglie disagiate.
L’estate scorsa ho fatto un’esperienza
di ludoteca per un paio di mesi e mi è
piaciuta molto. Io, Rossella, sto
seguendo tre corsi dell’Istituto Cortivo
per multiculturalità, dipendenze e assistente turistico per disabili. In questo
periodo sto facendo il servizio civile
con bambini autistici. Io, Valentina,
sono invece diplomata in Scienze
Sociali e sto facendo anch’io il servizio
civile. Sono venuta qui per vedere un
po’ di prendere le misure per qualcosa
da fare. Cosa ci facciamo qui tutte e tre
insieme? Intanto siamo amiche e siamo
venute a farci un paio di giorni interessanti assieme a tante altre ragazze
come noi. E poi qualche idea ci frulla
per la testa da un po’ di tempo e siamo
venute a prendere un contatto più concreto con la realtà. Il corso è interessante, da noi mancano le strutture ma
ci mancano anche i soldi... ci piacerebbe mettere in piedi qualcosa per l’infanzia: un baby parking, una ludoteca,
un asilo nido. Mah, intanto capiamo
bene come si fa e poi qualcosa ci inventeremo...”.
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DISABILI
Sono bastati pochi giorni
di tirocinio per far capire
ad Alice Giostra
che la sua esperienza in una
comunità di disabili
della provincia di Ascoli
Piceno sarebbe stata ricca
di infiniti risvolti
professionali e umani...
Incontri con la disabilità
La vita in una comunità riabilitativa
è davvero particolare perché ti permette di avere un rapporto molto
stretto con gli utenti. A differenza
di altri luoghi, come ad esempio i
centri diurni, la comunità amplifica
le relazioni e fa sì che l’operatore
possa conoscere in modo molto più
profondo le persone che assiste.
L’esperienza del tirocinio mi ha
riservato emozioni più forti di quelle che mi aspettavo: non avrei mai
creduto che potesse coinvolgermi
così totalmente. Ho imparato tantissime cose e i miei insegnanti sono
stati proprio i disabili. Ognuno di
loro, infatti, mi ha dato modo di
aggiungere nuove informazioni alle
mie conoscenze teoriche e nuove
emozioni al mio vissuto. Il mio rapporto con i ragazzi è cresciuto gradualmente e si è sviluppato a partire
dalle caratteristiche di ognuno. Agli
inizi mi sono basata sulle informazioni ricevute durante le riunioni di
équipe sulle varie patologie presenti
in comunità. Poi ho affrontato la
realtà: c’erano utenti assolutamente
autosufficienti ed altri invece, come
Stefania, che avevano bisogno di
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INCONTRI Aprile 2007
un’assistenza continua. Stefania,
affetta da una grave disabilità fisica,
veniva svegliata alle 8.30, lavata e
vestita. Con lei ho imparato anche a
prestare attenzioni di tipo infermieristico, come usare la sacca per l’urina al momento del bisogno. L’uso
costante del catetere richiedeva
un’accurata igiene intima che andava svolta in modo corretto e professionale. Mi sono così trovata a
gestire cateteri e clisteri e, lo
ammetto, le prime volte è stato tutt’altro che semplice. Poi ho capito
che per Stefania era fondamentale
sentirsi in mani sicure, così ho superato timori e fastidi e ho creato con
lei l’atmosfera giusta per gestire le
varie operazioni di pulizia personale
senza imbarazzi. Con lei, di fronte
alle sue difficoltà, ho provato sentimenti forti, di rabbia, paura e compassione. Ho dovuto adattarmi ai
suoi comprensibili momenti di sconforto, scavare dentro di me e trovare
la forza per affrontarli. È servito
per conoscermi meglio e soprattutto
mi ha insegnato il dono prezioso
dell’ascolto e del dialogo.
Di solito dal diverso
ci si allontana per paura.
Grazie alla mia
esperienza ho scoperto
che confrontandoci
con la diversità possiamo
arricchire in modo
inesauribile la nostra
umanità.
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DISABILI
Il valore
della
reciprocità
Tirocinante presso un centro diurno per disabili in provincia di L’Aquila, Letizia Grassi ha affrontato
con un certo timore i suoi primi giorni di tirocinio ma…
Sono bastati pochi giorni trascorsi
con gli utenti per capire che il lavoro mi piaceva. Le paure erano svanite e al loro posto c’era una gran
voglia di stare insieme a loro, con
molta semplicità, senza pretendere
di fare grandi cose. Prima di iniziare
ero convinta di dover fare appello
alla mia forza di volontà: pensavo al
tirocinio come a una sfida da vincere e invece ho subito capito che in
quel contesto erano molto più utili
qualità come l’umiltà, la docilità, la
tenerezza, la mitezza… I disabili
mi hanno insegnato una cosa fondamentale e cioè che la disabilità è
solo un aspetto dell’esistenza così
detta normale. La struttura accoglieva 15 persone disabili con handicap medio-grave, per le quali era
stata valutata l’impossibilità di un
inserimento lavorativo. La giornata
iniziava con l’arrivo degli utenti
alle 8.30 e terminava alle 16.00. Le
finalità del centro erano prevalentemente riabilitative ed erano focalizzate sullo sviluppo di abilità e
competenze sociali. I settori della
riabilitazione prevedevano varie
attività integrate tra loro: terapia
occupazionale, sostegno psicologico, intervento sociale, riabilitazione
motoria, arteterapia, musicoterapia,
interventi educativi e ricreativi di
vario genere. Le mie mansioni
erano di assistenza e supporto alle
varie attività e le ho svolte con
grande interesse e partecipazione.
Tra gli utenti che mi sono rimasti
nel cuore ricordo soprattutto
Angelo, un ragazzo di poco più di
vent’anni. Era nato con il forcipe e
il suo cervello era stato gravemente compromesso. Diagnosticato
come autistico, era stato inizialmente rifiutato dai genitori.
Quando giunse al centro non
comunicava con nessuno e sembrava non avere nessuna relazione con
il proprio corpo. L’équipe decise di
adottare alcune terapie focalizzate
sulla ricerca di un linguaggio che
consentisse qualche forma di comunicazione. Oggi, grazie alle attività
di animazione e alla musicoterapia,
Angelo ha imparato a relazionarsi
con gli altri e con l’ambiente.
Inizialmente avevo un po’ timore a
rapportarmi con lui poi, su suggerimento degli altri operatori, ho
scelto di avvicinarlo in modo più
spontaneo. Alla fine avevamo un
buon rapporto e, la prima cosa che
faceva una volta giunto al centro,
era avvicinarsi a me per farsi dare
il “bacetto”…
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DIPENDENZE
Vincenza Osnato
ha scelto di occuparsi
di dipendenze
forte anche della precedente
esperienza come volontaria
presso la stessa struttura
dove ha svolto il tirocinio,
una comunità in provincia
di Cosenza i cui programmi
di riabilitazione sono
ispirati a principi cattolici.
Molte le persone che ha
conosciuto: i loro nomi sono
fittizi ma le storie sono vere…
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Storie oltre la
dipendenza
Viola
Viola è una giovane donna di trent’anni con due genitori entrambi
impiegati e un fratello di cinque
anni più piccolo. Viola racconta di
aver trascorso un’infanzia spensierata, piena di allegria, accudita da una
baby sitter che sostituiva i genitori
occupati nel lavoro. Descrive la
madre come una donna severa, poco
affettuosa e poco presente. Cresce
nella convinzione di non essere
amata. Così, dopo il diploma, abbandona la famiglia e va a vivere per
strada, scegliendo una vita fatta di
trasgressione e droga. Lavora saltuariamente, accetta ospitalità occa-
sionali. vive storie sentimentali difficili, con partner violenti. Poi, dopo
l’ultimo abbandono e un aborto
indotto dal compagno, spinta da un
senso di solitudine, cerca rifugio
nella comunità, supportata anche
dall’aiuto di un amico sacerdote.
Agli inizi incontra delle difficoltà,
come quella di riappropriarsi di uno
stile di vita più tranquillo e rispettoso delle regole, fatto anche di progetti di vita a medio e lungo termine. Pur avendo molte risorse, fa fatica ad esprimerle. È molto creativa
nelle attività manuali del laboratorio
ed è in grado di gestire adeguatamente gli incarichi che le vengono
affidati.
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DIPENDENZE
Primula
Primula ha avuto dei genitori che
non le hanno mai dato affetto e
attenzioni. Quando ha otto anni i
genitori si separano e lei perde completamente il contatto con il padre.
Si trova a doversi occupare delle due
sorelle minori. A diciott’anni, senza
terminare gli studi, va via di casa e,
dopo un primo matrimonio andato
male e le prime esperienze con la
droga, a 24 anni si sposa nuovamente e ha quattro figli. Marito e
moglie, durante il matrimonio, ricominciano a drogarsi. Vivono una
vita agiata e questo in qualche modo
riesce a non far emergere la loro
condizione di tossicodipendenti.
Quando la situazione diventa insostenibile, presa la decisione di entrare in comunità chiedono l’aiuto dei
Servizi Sociali che provvedono ad
inserire i figli in famiglie affidatarie.
I due mantengono i contatti con i
bambini e con le loro nuove realtà
familiari. Terminano il programma
ma, di fronte a una forte crisi spirituale, personale e matrimoniale,
ricominciano a far uso di droga. Le
loro strade si separano e Primula
trova accoglienza nella comunità
dove io l’ho conosciuta. Oggi i suoi
obiettivi sono di conoscere meglio
se stessa, scoprire le ragioni che
l’hanno condotta alla droga, superare definitivamente il problema, prepararsi al lavoro e riconquistare il
rapporto con i figli. Attualmente,
grazie ai progressi fatti con il programma, ricopre il ruolo di secondo
responsabile.
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DIPENDENZE
Droga ed
ergoterapia
Ettore
Trent’anni, con una condizione
familiare molto problematica, Ettore
ha avuto un’infanzia e un’adolescenza burrascose a causa del padre
alcolista. Da ragazzo ha spesso assistito a scene di violenza esercitate
soprattutto sulla madre e sulla
sorella. Ettore è molto legato alla
madre che, nonostante i suoi tentativi di allontanare il marito, non è mai
riuscita a liberarsene. Ha tuttavia
sempre cercato di proteggere il più
possibile i figli. Quando il padre ha
saputo della tossicodipendenza del
figlio, lo ha cacciato di casa. Ettore
ha iniziato il suo percorso di tossicodipendente a 14 anni, con i primi
spinelli. A 18 faceva uso saltuario di
cocaina. Poi durante il servizio militare non ha assunto nessuna sostanza. Ritornato però al paese e ritrovata la vecchia, cattiva compagnia,
ricomincia e questa volta con l’eroina. Cade in un baratro fatto di solitudine e forte dipendenza. Si riduce
a uno straccio, non ha più una vita
sociale, si chiude in se stesso finché,
giunto alla disperazione, chiede
aiuto alla madre. Ed è proprio la
mamma che lo convince a entrare in
comunità. Agli inizi, a causa dei precedenti tentativi falliti di smettere, è
convinto di non farcela. Ettore però
è di indole buona, ha buone capacità
introspettive e cognitive e, piano
piano, inizia a relazionarsi con gli
altri durante le riunioni di gruppo.
Nel tempo comincia a impegnarsi
sempre di più, ad essere costante nel
lavoro, a portare bene a termine i
lavori a lui affidati. È un ragazzo
molto dolce e, grazie anche al sostegno affettuoso della mamma e della
sorella, ha buone probabilità di ricominciare a gioire e di rifarsi una
vita.
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INCONTRI Aprile 2007
Una masseria in campagna per un percorso riabilitativo duro,
difficile ma necessario per combattere definitivamente
i problemi di dipendenza. È questa la struttura in provincia di Bari
che ha accolto come tirocinante Claudia Scisci.
In questa pagina ci racconta di un caso particolare.
ll tirocinio mi ha dato
molto dal punto di vista
umano. Per questo ho
deciso di continuare a
frequentare la comunità
come volontaria
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spazioincontri
Questa pagina fa parte della storia del nostro
giornale. Sin dai primi numeri, infatti, abbiamo
voluto riservare uno spazio alle parole che ci
giungevano direttamente dai nostri allievi o ex
allievi: storie e notizie, successi e difficoltà, problemi e soddisfazioni. Come una finestra sul
mondo del nostro Istituto, è una rubrica pronta
ad accogliere qualsiasi genere di contributo, individuale o collettivo, felice o preoccupato, riflessivo
o divertente. È un luogo attraverso il quale puoi
comunicare ai tanti altri giovani e meno giovani
lettori di Incontri il tuo stato d’animo, le tue sensazioni, le tue emozioni e i tuoi propositi, le tue
piccole e grandi scoperte, i tuoi consigli che
potrebbero rivelarsi preziosi per chi deve affrontare le esperienze che tu hai già fatto. Scrivici
adesso, entra anche tu a far parte della nostra
grande famiglia, ti aspettiamo con gioia.
La lettera che pubblichiamo in questo numero è speciale. Ci è stata inviata da Ottavia,
una coraggiosa ragazza della provincia di Cosenza che ha deciso di continuare la sua
formazione di Operatore Socio Assistenziale nonostante i suoi problemi. Con i nostri
auguri per il suo futuro, le esprimiamo tutto il nostro affetto e la nostra amicizia.
Caro Istituto Cortivo,
mi chiamo Ottavia Iantorno e sono una vostra allieva
del Centro Didattico di Cosenza. È la prima volta che
vi scrivo e ho deciso di farlo anzitutto per ringraziare
tutti i docenti e l’intero staff dell’Istituto Cortivo, persone che mi hanno dato l’opportunità di realizzare un
sogno. Vi voglio raccontare la mia esperienza: ho svolto il mio tirocinio come assistente domiciliare presso
una ragazza disabile, per la quale ho continuato a lavorare anche in seguito. Nel frattempo ho conseguito
l’attestato come Operatore Socio Assistenziale per
disabili con un punteggio di 56/60. Ero molto soddisfatta del risultato, anche perché, finalmente, avevo
tutte le carte in regola per trovare lavoro in qualche
struttura per diversamente abili. Purtroppo, per un
problema di salute, ho dovuto abbandonare tutto: l’assistenza alla ragazza disabile e i miei obiettivi. Le mie
attuali condizioni di salute, infatti, mi impediscono di
svolgere le normali funzioni richieste a un Operatore
Socio Assistenziale. Comunque, anche se breve, l’esperienza lavorativa che ho potuto fare è stata piacevole e
soddisfacente, anche se non nascondo di aver avuto
delle difficoltà iniziali, ben superate con la pratica e
l’esperienza. Nonostante le mie difficoltà non mi sono
però arresa: sto portando avanti due corsi di formazione nei campi dell’infanzia e della multiculturalità e,
anche se dovrò per il momento rinunciare a svolgere i
tirocini necessari per ottenere i due attestati, cercherò
di dare il massimo nello studio teorico.
Salutandovi, colgo nuovamente l’occasione per rigraziarvi tutti!
Ottavia Iantorno
Inviate le vostre lettere a: Istituto Cortivo - Via Padre Ramin, 1 - 35136 Padova, e le vostre mail a: [email protected]
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ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
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ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI
Turismo per diversamente
Sabrina Di Masi,
tirocinante nella provincia
di Salerno, ha frequentato
un Centro Diurno dove già
operava come volontaria
per le attività di Teatro.
Conosceva bene alcuni
utenti e tutto il personale.
Il tirocinio però si svolgeva
con modalità
completamente diverse…
Conoscevo piuttosto bene la struttura grazie a una mia precedente
esperienza come volontaria nelle
attività teatrali. Frequentare il
Centro tutti i giorni come operatrice era però tutta un’altra cosa.
Un’esperienza nuova, questa volta
sostenuta anche dalla preparazione
teorica. Il mio compito andava dalle
più semplici operazioni di assistenza all’intrattenimento ludico, fatto
di balli, partite di carte o pallavolo
e passeggiate. È stato un periodo
formativo utilissimo per me che
avevo scelto di diventare
un’Assistente Turistico per disabili,
ovvero un’operatrice in grado di
coniugare esigenze speciali con
competenze specifiche nel settore
viaggi. Fondamentali, a questo
scopo, sono state le mie cinquanta
ore di tirocinio presso un’agenzia
turistica, un mondo completamente
diverso dove ho potuto apprendere
conoscenze utili per il mio lavoro.
Ho imparato che per organizzare
alla perfezione un viaggio per disa-
abili
bili è necessario anzitutto raccogliere le maggiori informazioni possibili sulla località prescelta e sulle
caratteristiche degli alberghi disponibili. Una vacanza davvero riuscita, infatti, dipende molto dall’offerta
alberghiera. Di solito l’albergatore
non si limita alla disponibilità delle
camere ma offre nel pacchetto
anche altri servizi, gratuiti o a
pagamento, per garantire agli ospiti
soggiorni più piacevoli e gratificanti. Ad esempio il servizio spiaggia,
le serate danzanti, i menu diversificati ma anche giochi, animazioni,
discoteca, barbecue… Altra cosa
importante è informarsi sulle risorse naturali e culturali della località
come i cinema, i musei, le chiese, i
monumenti più significativi, i parchi, i giardini, le trattorie, i ristoranti, le scuole e le università.
Insomma, bisogna conoscere in
modo approfondito le varie proposte turistiche per essere in grado di
rispondere dettagliatamente a tutte
le domande provenienti dall’utenza.
Il mio ruolo presso il
Centro Diurno dove ho
svolto il tirocinio non è
stato proprio quello del
vero e proprio Assistente
Turistico per disabili. Però
mi ha dato la possibilità
di trovarmi a contatto con
la disabilità mentale.
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ex allievi raccontano
Questa rubrica è dedicata alle esperienze e alle testimonianze di ex allievi dell’Istituto Cortivo.
Storie in presa diretta di persone in cammino verso la piena realizzazione personale e professionale.
Come lavorare e restare vicine al proprio bambino? Un dilemma per molte mamme che Alessandra
Achil ha risolto con Hakuna Matata, che non a caso significa “senza pensieri”…
Alla base di tutto - esordisce
Alessandra Achil, udinese di 24
anni, titolare del nido famiglia
Hakuna Matata aperto nella sua
casa - c’è la mia passione per i bambini. Poi, ma in fondo sono solo conseguenze di questa innata caratteristica del mio carattere, sono intervenuti due fatti a convincermi a partire con un mio nido. Il primo è stato
la nascita del mio primo bimbo, che
adesso ha due anni, il secondo la
partecipazione nel maggio del 2004,
quando ero ancora in dolce attesa, al
Seminario Impresa Sociale organizzato dall’Istituto Cortivo. In realtà
la decisione di partecipare al
Seminario l’avevo presa proprio perché stava per succedermi la cosa più
bella del mondo e volevo trovare il
modo per abbinare questo felice
evento con una possibilità di lavoro
che mi consentisse di tenere sempre
vicino il piccolo che stava per nascere...”
E ci sei riuscita?
“Non è stato facile trovare la formula adatta, ma alla fine ce l’ho fatta.
Dopo il Seminario, infatti, durante il
quale avevo ricevuto informazioni e
suggerimenti, ho provato a bussare
a tutte le porte possibili a cominciare dal Comune e vari Enti di assistenza. Purtroppo le risposte erano
sempre dilatorie se non del tutto
negative. Così ho deciso di percorrere una strada diversa: sono andata
dalla mia commercialista e le ho
chiesto di trovarmi una soluzione. È
stata bravissima, ha scovato una
legge secondo la quale una persona
può costituirsi come ditta individuale di ‘Servizi Socio Assistenziali
Educativi e Sperimentali Prima
Infanzia’, in perfetta regola dal
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punto di vista legale e fiscale.”
Non avevo mai sentito di questa
possibilità...
“Credo di essere l’unica realtà del
genere a Udine e sinceramente non
so quante ce ne siano in Italia. Ma
so di certo che si può fare, basta
avere un luogo adatto e osservare
tutte le procedure necessarie. Prima
dell’apertura ho sottoposto il progetto anche all’ASL. Sono venuti a
vedere la struttura e hanno detto
che un caso come questo non l’avevano mai affrontato, ma che non esisteva nessun impedimento dal punto
di vista delle leggi o dei regolamenti
per cui potevo aprire senza problemi.”
Così è nato Hakuna Matata...
“Sì, in africano vuol dire ‘senza pensieri’, ed è un nido davvero speciale.
Non sono io a dirlo ma i genitori dei
sei bambini che oggi lo frequentano.
Sono sei più il mio, naturalmente,
perché se fossero un numero superiore si entrerebbe nella categoria
asilo nido che richiede una gestione
diversa. Le mamme sono felicissime
del fatto che siano in pochi. Il successo dell’iniziativa è stato subito
così grande che già adesso posso
dire di avere la disponibilità di un
posto solo dall’ottobre del 2008. Del
resto qui l’atmosfera è davvero
diversa: siamo al pianterreno di una
casa in una zona appartata della
città, abbiamo una cucina interna e
un bagno e la stanza dei piccoli, con
l’Angolo della Nonna, l’Angolo delle
Attività Motorie, l’Angolo della
Pappa e delle Attività Strutturate,
l’Angolo della Lettura e l’Angolo
del Cambio. È concepita per lasciare
ai bambini la più ampia libertà di
movimenti. Nella bella stagione lo
spazio esterno è ampio e sicuro, lontano dal traffico e chiuso agli estranei, il massimo per lasciar sfogare
tutta la vitalità dei piccini. Qui la
giornata scorre come in famiglia, i
piccoli mi chiamano zia Ale e, anche
se ci sono precisi orari e regole,
tutto si svolge nella massima tranquillità. Inoltre, da parte mia, c’è la
disponibilità a venire incontro alle
esigenze di dieta dei bimbi e alle
richieste di flessibilità di orario dei
genitori. Senza esagerare, ma cerco
di fare sempre quel che posso. È una
situazione familiare, piacevole, coinvolgente per i piccini e per i grandi,
facciamo delle belle festicciole ogni
tanto... dovrebbe sentire i pianti
quando è ora di andare via!”
Sei stata davvero bravissima.
“Mi sento realizzata. Lavoro, sto
vicina a mio figlio, faccio qualcosa
che mi piace in una realtà tutta mia.
Sono davvero soddisfatta di ciò che
ho realizzato e, se posso dare un
consiglio a chi leggerà questa intervista: provateci, è meno difficile di
quanto possa sembrare.”
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9-07-2007
11:53
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ex allievi raccontano
Carla F. ci racconta della sua esperienza con il figlio affetto da Disturbo da Deficit di Attenzione e
Iperattività, un problema che in Italia è ancora troppo sottovalutato.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione e
Iperattività (ADHD, Attention Deficit
Hyperactivity Disorder) è una sindrome
poco conosciuta in Italia ma che rappresenta per molte famiglie un problema
spesso difficilmente risolvibile. In questa
intervista ne parliamo con Carla F., allieva dell’Istituto Cortivo nel corso di formazione OSA per l’infanzia ma anche
mamma di un bimbo di 11 anni che ha
potuto iniziare il suo percorso terapeutico solo tre anni fa quando, finalmente,
gli è stata diagnosticata l’ADHD.
“È proprio questo il problema: in Italia
sono poche le strutture sanitarie, i medici e gli psicoterapeuti in grado di diagnosticare la sindrome. Un vero dramma per le famiglie che si trovano a gestire bambini con comportamenti decisamente fuori dalle righe, spesso emarginati in ambito scolastico perché considerati maleducati, insopportabili, delle vere
pesti. Noi genitori veniamo spesso giudicati come cattivi genitori, incapaci di
educarli e di tenerli sotto controllo. Per
me e il mio bambino è stato un vero calvario, una guerra con le insegnanti, con
gli psicologi, con la gente, a volte anche
con i parenti più stretti.”
Poi finalmente la diagnosi...
“Sì. Alla fine, dopo mille peripezie, ci è
stato indicato il dott. Marchetto, un ottimo neuropsichiatra infantile che ha diagnosticato l’ADHD e un disturbo bipolare dell’umore, quest’ultimo probabilmente scatenato anche dal disagio vissuto da mio figlio a scuola. Oggi segue due
terapie, una farmacologica e l’altra psicoterapeutica. Frequenta la prima media e i
suoi professori sono contenti del suo
comportamento. Ha un insegnante di
sostegno del quale, probabilmente,
avrebbe potuto fare a meno se fosse stato
seguito in maniera adeguata sin da pic-
colo. Comunque, la mancata diagnosi
precoce ha lasciato pesanti conseguenze:
mio figlio non viene mai invitato alle
feste di compleanno e come lui nemmeno il fratellino piccolo. Non ha compagni
di gioco perché i pregiudizi nei suoi confronti non hanno mai consentito una
normale socializzazione.”
Cosa succede ai bambini iperattivi
che non vengono diagnosticati come
tali?
“Hanno alte probabilità di diventare soggetti devianti in età adolescenziale, un
periodo della vita già difficile per chiunque ma decisamente molto pericoloso
per i soggetti iperattivi, spesso già stigmatizzati come ragazzini irrecuperabili.
Questo in Italia è un vero problema ed è
perciò che è importante diffondere maggiori informazioni sull’ADHD. A
Vicenza, assieme ad altri genitori con lo
stesso problema, frequentiamo un gruppo di mutuo aiuto che si tiene presso
l’Ospedale di Montecchio Maggiore e
che è sostenuto economicamente
dall’ASSP, un’associazione padovana di
volontariato presieduta da Loretta
Furlan.”
Servono questi incontri?
“Molto. Anzitutto perché non ci sentiamo più soli e poi perché è sempre utile
confrontarsi e scambiare informazioni.
Siamo una decina di famiglie e abbiamo
deciso di formare il gruppo dopo aver
frequentato un corso per genitori organizzato dall’USL di Arzignano. Siamo
seguiti da un bravo psicologo, il dott.
Giulio Maggia.”
Cosa si sente di dire ai genitori e alle
istituzioni?
“Ai genitori di bambini cosiddetti difficili
consiglio di non arrendersi di fronte ai
pregiudizi della gente e soprattutto di
non colpevolizzarsi, di fare attenzione ai
tanti piccoli campanelli d’allarme: il
bambino non riesce a concentrarsi sui
compiti e sui giochi, apparentemente non
ascolta chi parla e non segue le istruzioni, sfugge alle attività che richiedono uno
sforzo mentale protratto, spesso perde
oggetti personali, non riesce a stare
fermo, a volte dice parolacce in modo
compulsivo... Maggiori informazioni
sono comunque disponibili sul sito
dell’Associazione Italiana Famiglie
ADHD. Alle istituzioni, principalmente
alla scuola e alla struttura sanitaria, chiedo maggiore rispetto per le famiglie e
per i bambini e anche uno sforzo in più
per quanto riguarda l’aggiornamento
professionale: insegnanti più sensibilizzati al problema e medici in grado di diagnosticare la sindrome. Pensi che spesso
noi genitori dobbiamo far curare privatamente i nostri figli perché le strutture
sanitarie non hanno né mezzi né risorse
umane adeguate per affrontare il problema. E, mi creda, le terapie costano e non
tutti potrebbero permettersele...”
Signora Carla, ha davvero tutta la
nostra ammirazione per la forza con
cui si batte per garantire a tutti i
bambini, in particolare a quelli affetti
da ADHD, i diritti fondamentali
all’educazione, all’istruzione e alla
socializzazione. Ma ora parliamo di
lei. Tra poco terminerà il corso di formazione dell’Istituto Cortivo come
Operatrice Socio Assistenziale per
l’infanzia: ha qualche progetto a questo riguardo?
“Il mio obiettivo è dedicarmi ai bambini.
Mi piacciono e vorrei veramente fare
qualcosa di veramente importante per
loro. Il progetto è aprire un baby parking, uno spazio ludico e socializzante
aperto il pomeriggio dove i bambini,
tutti i bambini, anche quelli problematici,
possano stare bene insieme, divertirsi e
crescere in armonia.”
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Incontri_04_2007_mod
9-07-2007
11:53
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servizio segnalazione allievi
In quanto scuola di formazione esclusivamente dedita ad attività didattiche, l’Istituto Cortivo non cura direttamente iniziative di collocamento al lavoro ma sviluppa invece attività di segnalazioni dei propri allievi alle
strutture interessate. A questo fine offre gratuitamente agli allievi che hanno concluso il corso il Servizio
Segnalazione Allievi, che consiste nel segnalare, attraverso il proprio ufficio aperto dal lunedì al venerdì dalle
9 alle 12, i nominativi degli allievi che hanno conseguito l’attestato di studio ad enti e strutture che ne fanno
richiesta attivi nel sociale in tutto il territorio nazionale.
Si ricorda agli allievi interessati a questo tipo di servizio che per consentire la segnalazione del loro nominativo per un eventuale
inserimento professionale nel mondo del sociale sono tenuti a rilasciare l’autorizzazione al trattamento dei dati come previsto dalla
legge 196/03 compilando il modulo disponibile presso la Segreteria Didattica dell’Istituto Cortivo di Padova.
Il servizio fornisce inoltre agli allievi un orientamento su come condurre un’indagine occupazionale, come
scrivere un curriculum e quali documenti e informazioni allegarvi, per individuare le strutture più idonee
presenti nella propria zona di residenza.
Servizio riservato alle strutture
Le strutture interessate a ottenere
nominativi di allievi che hanno
concluso il corso nelle diverse
specializzazioni possono farne
richiesta all’Istituto Cortivo.
Servizio riservato agli allievi
Gli allievi interessati a conoscere le
richieste pervenute all’Istituto
Cortivo relativamente alla propria
specializzazione e alla propria zona
di residenza possono farne richiesta.
Servizio Segnalazione Allievi
Istituto Cortivo
Centro di Formazione Professionale
Via Padre Ramin, 1 - 35136 Padova
Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213
e-mail: [email protected]
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INCONTRI Aprile 2007
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9-07-2007
11:53
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Centro Congressi Villa Ottoboni:
fuori dai luoghi comuni.
Il Centro Congressi Villa Ottoboni, immerso nel verde dell’ampio parco che gli fa da naturale cornice
e inserito in un suggestivo contesto storico e culturale, è il luogo ideale per incontri,
meeting e conferenze. L’interno si sviluppa su più livelli e comprende un’ampia reception,
tre sale conferenza, uno spazio eventi flessibile, salette riservate e servizio di ristorazione.
Tutto questo (assieme alla favorevole posizione*) fa del Centro Congressi Villa Ottoboni
un posto davvero speciale e... fuori dai luoghi comuni.
Centro Congressi Villa Ottoboni
via Padre E. Ramin, 1 - 35136 Padova
* Villa Ottoboni si trova a pochi chilometri dal casello di Padova Ovest
ed è facilmente raggiungibile dalle principali arterie della città.
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9-07-2007
11:53
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Questa
bambina
sta per
chiederti
di occuparti
di lei.
Sei pronta?
Istituto Cortivo ti prepara al sociale
Lavorare nel campo dell’assistenza ai bambini, agli anziani, ai disabili, ai tossicodipendenti, confrontandosi
spesso con culture diverse dalla nostra, richiede una forza interiore molto speciale fatta di pazienza, disponibilità, umiltà, discrezione, capacità di ascoltare, comprendere, adattarsi alle varie situazioni. Se ritieni che
queste doti facciano parte della tua personalità puoi metterti in contatto con noi. Sarà il tuo primo passo
verso una professione sempre più richiesta, verso un futuro ricco di prospettive.
Ambiti di specializzazione:
Infanzia - Multiculturalità - Dipendenze - Anziani - Disabili
Assistente turistico per disabili - Amministratore di sostegno
immagina.biz
Corsi e frequenze personalizzati
300 ore di tirocinio pratico
Assistenza alla ricerca di impiego
Centri didattici in tutta Italia
Essere professionista nel sociale
Centro Formazione Professionale
per Operatori Socio Assistenziali
www.cortivo.it