7 - La Rivista della Scuola

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7 - La Rivista della Scuola
Anno XXX, 1/30 giugno 2009, n.10
Il nuovo volto della scuola italiana
Tra multiculturalità ed educazione interculturale
di
I
VALENTINA CORRENTE
l filosofo Emmanuel Lévinas scrive “il
nostro rapporto col mondo, prima ancora di essere un rapporto con le cose, è
un rapporto con l’altro. È un rapporto
prioritario che la tradizione metafisica occidentale ha occultato, cercando di assorbire e identificare l’altro a sé, spogliandolo della sua alterità”. Per diversi studiosi, la riflessione di Lévinas
sull’Altro costituisce uno dei fondamenti teorici
del multiculturalismo contemporaneo, suggerisce, cioè, una visione nuova e diversa dei rapporti fra gli individui e fra le culture: rapporti fra
diversi, che come tali vanno riconosciuti e valorizzati. Solo attraverso questo riconoscimento è
possibile attivare una comunicazione autentica
fra le culture, senza affermazioni egemoniche di
una sull’altra. Questa è una prospettiva feconda,
attraverso cui, ad esempio, è possibile guardare
in modo nuovo ai problemi di rapporti fra le
culture che vengono a determinarsi con i processi migratori in atto su scala planetaria. Infatti,
anche se la società moderna sembra ormai
avviata a diventare multietnica e multiculturale,
molti e rilevanti sembrano ancora gli ostacoli
che si pongono alla diffusione di un’autentica
“cultura dell’accoglienza” nei confronti dell’immigrazione. Osservando la società attuale, appare evidente una forte contraddizione: da un lato,
si propende con fiducia per un processo di “globalizzazione” e di apertura che limiti quanto più
possibile le barriere politiche, culturali e soprattutto economiche tre vari paesi del mondo; dall’altro, si guarda con sospetto, ostilità e repressione ai flussi migratori che, dal Sud del pianeta,
si spostano verso il Nord.
Pensare ad un mondo in cui le diverse razze e
culture si integrino fra di loro, pur mantenendo
ciascuna la propria specificità, è elogiabile e forse
realizzabile, ma non può far dimenticare le difficoltà e le diffidenze che caratterizzano in molti
casi i rapporti tra immigrati e paesi d’accoglienza, originando malcontento ed esasperazione in
alcuni strati della popolazione di questi ultimi.
Proprio adesso che ci si avvia verso un
mondo globale, emerge in tutta la sua complessità il problema della convivenza tra etnie e culture di varia natura.
Analizzando più nel dettaglio la situazione di
due Stati europei come la Francia e la Gran
Bretagna, possiamo trovare modi diversi di
gestire il problema degli immigrati. In Francia
essi si sono gradualmente integrati, indipendentemente dalla loro origine e dalla religione professata, alla popolazione locale. In Gran Bretagna, invece, avviene un’assimilazione che però
non compromette il mantenimento delle peculiarità etniche, religiose e culturali proprie della
comunità a cui ciascuno appartiene. Da anni
anche l’Italia, per l’afflusso di tanti immigrati
soprattutto dal Nord Africa, dal Medio Oriente,
dall’Albania e dagli altri paesi dell’Europa orientale, sta avviandosi verso la multietnicità. Tuttavia, privi dell’esperienza che gli americani, per la
diversità della loro storia, hanno riguardo alla
convivenza sul loro territorio di etnie diverse, e
senza neppure la consuetudine a vedere nelle
nostre città gruppi di persone provenienti dalle
ex colonie, che ha caratterizzato francesi, inglesi ed olandesi, noi italiani siamo stati colti
impreparati dal massiccio afflusso di extracomunitari che ha interessato, di recente, il nostro
Paese. L’Italia, paese con una lunga esperienza
di emigrazione, attualmente sta vivendo, in
ritardo rispetto paesi come Francia e Inghilterra, un momento di immigrazione massiccia ed
estremamente variegata. Cosicché nella nostra
società, che da omogenea si sta trasformando
in disomogenea, da religiosamente compatta a
religiosamente differenziata, da monoetnica a
multietnica, da monolinguistica a plurilinguistica,
la multiculturalità è ormai un dato di fatto.
Basta dire che nelle scuole italiane, - tra italiano, dialetti, minoranze linguistiche storiche e
minoranze linguistiche nuove - si contano ben
190 lingue diverse.
Di recente sui giornali si sono susseguiti centinaia di articoli che riguardano episodi, più o
meno gravi, di intolleranza razziale, fatti di cronaca nera che vedono come protagonisti extracomunitari, dibattiti politici su questa o quella
proposta di legge per espellere gli immigrati
clandestini o tentare di dare sistemazione dignitosa ai “regolari. Per contro, sono emersi in
molti paesi industrializzati, Italia compresa, atti
di discriminazione, ostilità e razzismo che
hanno visto spesso gli immigrati come oggetto
di aggressioni che provocano non di rado delle
vittime. Dunque, l’integrazione dei popoli e
delle culture non è un obiettivo di facile attuazione ma certamente non possono essere giustificati gli atti di discriminazione, ostilità e razzismo. Occorre lavorare alacremente per
diffondere presso molte persone un senso di
solidarietà verso tutto ciò che appare diverso
da loro, nella consapevolezza che un individuo,
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LA RIVISTA DELLA SCUOLA
prima di essere europeo o africano, è un essere
umano le cui origini della cultura sono sì elementi di identità e di specificità da preservare,
ma sono anche soprattutto mezzi di scambio e
comunicazione attraverso cui attuare una completa integrazione ed una pacifica convivenza di
tutti popoli.
Di fronte a questi fenomeni in continua e
rapida evoluzione, di fronte ad una società sempre più multiculturale e multietnica, si sono posti
al sistema scolastico problemi e sollecitazioni di
fronte ai quali i tradizionali strumenti e metodi
educativi risultano inadeguati. Come viene ribadito sempre più spesso nelle circolari ministeriali
del nostro paese, si ritiene, infatti, oramai necessaria l’apertura della pedagogia a una dimensione
interculturale, centrata sulla conoscenza e sulla
gestione positiva delle dinamiche che nascono
dall’incontro con la diversità.
E il tema della diversità, nella sua complessità
e radicalità, è il concetto nodale: come la normativa vigente tende a più riprese a sottolineare, infatti, una educazione interculturale presuppone una più generale educazione alla differenza, intesa come meccanismo essenziale del
nostro essere nel mondo e il nostro modo di
confrontarci con l’esterno.
La differenza è il nostro modo di leggere la
realtà: noi pensiamo, ragioniamo e conosciamo
il mondo unendo il simile e dividendo il diverso. Ma, ancor prima, la differenza è un fatto
umano: esiste in primo luogo una diversità biologica, centrale nella storia dell’umanità. Poi ci
sono le normali differenze interne alla vita dei
singoli individui: il carattere, i sentimenti, le reazioni, essere giovani, ecc. Per concludere c’è poi
la differenza culturale, cioè quella tra noi e gli
altri popoli, ovvero coloro che parlano un’altra
lingua, adorano un altro dio, seguono altre leggi
e si attengono ad altri modelli sociali.
Una diversità in tutti i casi è difficile, scomoda, perché ci spinge a interrogarci sul confine
tra il rispetto dell’altro e delle sue scelte e la
difesa delle nostre scelte e della nostra identità,
sulla validità e sui limiti della nostra “norma”.
Il diverso è anche l’estraneo, l’opposto, e
quindi per certi aspetti il nemico. C’è un naturale, istintivo desiderio di autoaffermazione in
noi che deve fare i conti con la presenza di
qualcosa che è diverso, in altre parole qualcosa
di cui non facciamo parte e che, proprio per
questo, ci minaccia; siamo insomma istintivamente portati a rifiutare l’altro, ad affermare
attraverso questo rifiuto la nostra “totalità”, la
nostra centralità e priorità rispetto al resto del
mondo.
È in questo senso che le differenze culturali
e le relazioni interetniche in seno ad una
società multietnica come la nostra rappresentano un problema da affrontare.
Informarsi, confrontarsi con il diverso, capirlo, è molto difficile, implica un grande sforzo, ma
soprattutto mette in discussione, ci potrebbe
mettere in crisi. E così ci accontentiamo di giudizi sommari sui “diversi”, di stereotipi (in genere negativi), di pregiudizi (rubano il lavoro, rubano le donne/uomini, non si vogliono integrare,...) che ci portano a segnare una separazione, un rifiuto, e nello stesso tempo, una gerarchia (ovviamente a nostro vantaggio).
Fissare in immagini pregiudiziali non è solo un
facile strumento di riduzione del diverso alle
nostre categorie, ma serve anche a creare
un’immagine positiva di noi e a giustificare le
nostre azioni. Purtroppo i pregiudizi e la tendenza alle semplificazioni e a rappresentazioni
distorte radicalizzano le incomprensioni, impediscono l’incontro, lo scambio reciproco e
lasciano dominare la fobia del diverso, il desiderio di non vederlo, di negarlo, di ricacciarlo da
dove è venuto. E tutto ciò spiana il terreno al
razzismo. Ma di fatto il nostro futuro comprende il convivere con la diversità ed è, dunque,
necessario imparare a farle posto. Ciò significa
in primo luogo smascherare i pregiudizi e le
ottusità nascoste nei luoghi comuni più scontati,
quindi mettere in discussione conoscenze, valori
ed istituzioni, decentrare e relativizzare il nostro
punto di vista, acquisire punti di vista in più, dare
spazio anche ciò che non è come noi.
Questo perché l’ identità culturale non è un
blocco monolitico e statico, ma, prima di
tutto, un prodotto umano e quindi qualcosa di
dinamico che può assorbire gli stimoli esterni,
trasformarsi, divenire.
Nessuno è per sua intrinseca natura “diverso”, è sempre la prospettiva di chi guarda a
determinare la realtà, stabilire chi è “normale”
e chi no, in base alle sue idee, ai suoi desideri,
alle sue paure. Basta cambiare posizione, ipotizzare, lasciare spazio ad uno sguardo diverso,
per scoprire un altro modo di leggere la realtà,
un’altra scala di valori. Rifiutare questa relatività
e porre come assoluta la propria centralità
significa negare l’altro. Ma, d’altra parte, è
impensabile rinunciare al proprio punto di vista,
alla propria scala di valori, che si dissolve nella
propria identità, in altre parole attuare una
completa assimilazione. La soluzione è tra questi due estremi opposti, nel trovare cioè un
equilibrio conciliando la conoscenza di sé e il
rispetto dell’altro.
In un tale panorama si intuisce l’importanza,
nonché la difficoltà, dei compiti che attualmente
attendono la scuola: limitarsi, infatti, a dire che il
“relativismo culturale” è una condizione minimale da porre come base a una società interculturale non risolve certo il problema. Una
società interculturale si forma attraverso un’educazione interculturale che deve essere assunta in sede pedagogica, in quanto essa implica un
ripensamento tanto dell’elaborazione quanto
del momento della trasmissione della cultura.
A tale riguardo uno dei primi testi che riporta i concetti fondanti dell’educazione interculturale è la Dichiarazione sulla razza e pregiudizi
razziali che la conferenza generale dell’Onu per
l’educazione, la scienza e la cultura ha firmato a
Parigi nel 1978 (in particolare l’articolo 5). Tra
gli altri documenti normativi inerenti l’educazione interculturale nella scuola, un quadro dettagliato del nuovo contesto della trasmissione e
dell’elaborazione della cultura e delle linee di
intervento auspicabili in tal senso è contenuto
nella Pronuncia del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione sull’educazione interculturale nella
scuola del 1992 e nella C.M n. 73/1994 Proposte
e iniziative per l’educazione interculturale (che ha
assorbito in un unico documento il contenuto
della normativa precedente).
Educazione interculturale significa contribuire
a sviluppare un’identità che sia positiva nel confronto con l’interazione dell’ “altro”. Ad un tale
compito, urgente quanto difficile, sono chiamati
tutti docenti di tutte le scuole di ogni ordine e
grado attraverso la loro attività quotidiana “sulla
base di una rinnovata professionalità e un impegno progettuale e organizzativo fondato sulla
collaborazione e sulla partecipazione”.
L’interculturalità non è una materia a sé, ma
un punto di vista, una prospettiva, che deve trovare spazio in ogni campo. Si tratta di una prospettiva interdisciplinare, che deve riguardare
tutte le materie dei curricula scolastici: essa va
inserita nell’ora di musica, di italiano, e soprattutto di lingua straniera (dove l’insegnamento
dovrebbe già espletarsi giocoforza con uno
sguardo interculturale...).
I notevoli cambiamenti avvenuti all’interno del
gruppo classe, che vede oggi la presenza di
prime, seconde e terze generazioni di migranti,
richiede scelte adeguate e strumenti legislativi e
culturali per coniugare le esigenze di modelli
molto diversificati.
Il docente comincia, dunque, a porsi alcuni
problemi fino a qualche tempo fa ignorati:“Questo mio atteggiamento offende le persone
“diverse” che mi stanno di fronte?”, “Spiegare le
crociate come difesa contro i barbari incivili che
avevano conquistato il Santo sepolcro offende il
ragazzo arabo che mi sta di fronte?”, “Esaltare i
carbonari anti-austriaci offende l’austriaco il cui
antenato è morto sotto le bombe?”...
Assumere un punto di vista interculturale
vuol dire riconoscere pari dignità a tutte le culture, comprendere che ogni cultura è degna di
rispetto e mettere in atto tali concetti attraverso l’interazione e il dialogo. L’interazione è la
strategia-chiave, perché interculturalità significa
reciprocità, apertura, rispetto, scambio, accoglienza, contaminazione... Interagendo si produrrà, infatti, integrazione senza assimilazione, la
quale non va ricercata a tutti i costi perché
essa implicherebbe fondamentalmente un
atteggiamento di superiorità.
Conferire un taglio interculturale al proprio
modo di insegnare da parte dei docenti significherà indurre gli allievi al “decentramento” e alla
“circolarità” dei propri punti di vista, alla loro
relativizzazione, così che l’“io” del soggetto faccia
spazio anche al punto di vista degli “altri” ed
impari a guardare sé e alla propria cultura con lo
sguardo che l’altra cultura gli restituisce. Solo
così il relativismo culturale, che è un atteggiamento psicologico, si attuerà in logica del “rispetto”, ovvero in un modo di comportamento, che
potrà portare la società multiculturale a divenire
una società interculturale.
Mobilità del personale
a.s. 2009/2010
Insegnanti scuola dell’infanzia
(pubblicazione 01/06/2009)
Insegnanti scuola primaria
(pubblicazione 15/05/2009)
Docenti scuola secondaria I grado
(pubblicazione 10/07/2009)
Docenti scuola secondaria II grado
(pubblicazione 22/06/2009)
Ausiliario tecnico amministrativo (ata)
pubblicazione 24/07/2009)
LA RIVISTA
DELLA SCUOLA
ANNO XXX - 2008/2009
Sono usciti e sono disponibili:
il n. 1, a 24 pagine, con
- Provvedimenti dei ministri Brunetta e Gelmini;
- Lotta ai fannulloni;
- Nuovo statuto degli studenti;
- Calendario scolastico
- Dossier Educazione civica: La Costituzione della
Repubblica Italiana
il n. 2, a 20 pagine, con
- Le discutibili riforme del ministro Gelmini;
- Stanziati i fondi per gli interventi prioritari;
- Il nuovo regolamento per il concorso a posti di
dirigente;
- Le disposizioni per le assenze dei dipendenti;
- Il piano per insegnare scienze sperimentali.
il n. 3, a 20 pagine, con
- Programma finanziario tra Anci e Ministeri;
- Convertito in legge il decreto sui tagli;
- Atto di sviluppo per l’autonomia;
- Pagamento pensioni;
- Nomine supplenti.
il n. 4, a 20 pagine, con
- Il futuro della nostra scuola nel progetto del ministro Gelmini;
- Programmazione prossime attività;
- Studenti provenienti dall’estero;
- Il pragmatismo di William James.
il n. 5, a 20 pagine, con
- Norme urgenti per istruzione e università;
- Riorganizzazione della rete scolastica;
- Piani di formazione e aggiornamento;
- Cessazioni dal servizio;
- Nuovo ordinamento della scuola dell’infanzia e
del primo ciclo.
il n. 6, a 20 pagine, con
- Attività di recupero per carenze formative;
- Ipotesi di contratto per il personale;
- Programmazione attività per il prossimo triennio;
- Maturità: materie per la II prova scritta;
- Valutazione del comportamento degli alunni..
il n. 7, a 20 pagine, con
- Mobilità del personale: trasferimenti e passaggi;
- Tabelle di valutazione dei titoli e dei servizi;
- Scuola in Europa;
- Adozione testi scolastici;
- Esami di maturità: formazione delle commissioni;
- Utilizzazione del personale;
- Nuove tecnologie e disabilità.
il n. 8, a 20 pagine, con
- Comandi e assegnazioni di dirigenti e docenti;
- Periodo di prova per neo assunti;
- Esami del primo ciclo;
- Assistenti di lingue straniere;
- Orario di lezione negli istituti professionali.
il n. 9, a 20 pagine, con
- Graduatorie esaurite: integrazione e aggiornamento per docenti ed educatori;
- Tabelle di valutazione dei titoli e dei servizi;
- Rivoluzionata l’editoria scolastica.
----------------Costo di ciascun fascicolo arretrato: € 6,00
Blocco di 3 fascicoli arretrati: € 10,50;
Spedizione con pacco postale editoriale:
aggiungere € 3,10.
Versamenti in ccp 13554209, vaglia postale,
assegno bancario, carta di credito intestando a:
La Rivista della Scuola, Casella Postale 10016 20100 Milano
É aperta la campagna abbonamenti
per l’anno scolastico 2009-2010
e il biennio scolastico 2009-2011