1.Definizione di errore medico 2.L`errore conoscitivo

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1.Definizione di errore medico 2.L`errore conoscitivo
Cap. 21. ERRORI NELLA CURA
SCHEMA DEL CAPITOLO
1.Definizione di errore medico
2.L’errore conoscitivo
3.L’errore applicativo
4.L’errore operativo
Conclusione
1.Definizione di errore medico
L’attività medico-chirurgica è per sua natura rischiosa perciò soggetta
all’ errore cosi definito dall’Institute Of Medicin (IOM): “la mancanza di
completare un’azione come pianificata o l’uso di una strategia inadatta a
raggiungere un obiettivo”, e di conseguenza il danno “è causato dalle cure
mediche piuttosto che dalla malattia di base o dalle condizioni del paziente”1.
L’errore in medicina, che distinguiamo di carattere conoscitivo,
applicativo ed operativo, può essere di varia natura, verificarsi per molteplici
cause ed avere diverse conseguenze, perciò, anche le responsabilità sono
eterogenee, ma sempre va tenuta presente la sentenza 589/99 della Corte di
Cassazione che afferma come la responsabilità del medico si fonda nel contatto
sociale che si instaura in seguito all’affidamento del paziente alle cure del
sanitario. Ovviamente, il medico, non può garantire come risultato finale la
guarigione dato che questa dipende da elementi estranei alla sua opera, ha
però “il dovere di svolgere l’attività professionale necessaria ed utile in relazione
al caso concreto, ed ha il dovere di svolgerla con la necessaria adeguata
diligenza”2. E la giurisprudenza giudica la prestazione del medico come quella
di un debitore qualificato, di conseguenza, i suoi obblighi, sono da valutare
secondo quanto stabilito dall’articolo 1176 (comma secondo) del Codice
Civile3.
2.L’errore conoscitivo
L’errore conoscitivo è perpetrato indipendentemente dalla
preparazione e dalla professionalità del sanitario dato che progressi medicoscientifici e i farmaci innovativi non sono immuni da rischi essendoci sempre
l’incertezza che riguarda il non ancora conosciuto. Da ciò, scaturisce
l’esortazione all’ umiltà intellettuale del medico, dominando l’ebbrezza
1
To err is human. Institute of Medicine, 2000
CORTE DI CASSAZIONE, Sentenza n.12253/1997.
3
“Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve
valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.”
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d’onnipotenza nell’esercizio della sua originale professione che lo autorizza
all’accesso al corpo altrui per formulare sentenze di vita o di morte. Nel
passato, la virtù dell’umiltà riconosciuta dono divino, era implorata con alcune
orazioni: “Sostienimi, o Dio, in questo grande compito, affinché l’umanità possa
beneficiarne, poiché senza il Tuo aiuto neppure la più piccola cosa potrà aver
buon esito”4.
Per allontanare l’errore conoscitivo di fronte al quale il medico non ha
colpevolezza, si sollecita anche al cittadino la capacità di distinguere tra
“medicina dei diritti” e “medicina dei desideri”, sfatando il mito dell’infallibilità
della clinica e dell’illusoria onnipotenza della medicina, come pure quello della
salute sempre e sicura. Alcuni percepiscono le patologie croniche ed invalidanti,
i percorsi di vita scalfiti dalla fragilità e le morti in giovane età, un diritto negato
di una felicità promessa. Per questo, si procede nell’investigazione del presunto
errore medico.
3.L’errore applicativo
Il secondo errore è quello applicativo; si verifica quando una
conoscenza di per sé adeguata e sufficiente, ma non del tutto consolidata,
produce un danno. Anche questo è riferibile prevalentemente alla comunità
scientifica più che al singolo professionista.
L’unico parametro per evitarlo è porre attenzione ai risultati delle
sperimentazioni cliniche e sui dispositivi medici, liberi dai condizionamenti
esterni che potrebbero indurre a sovrastimare o sottostimare i dati e gli esiti.
Il promotore di una sperimentazione clinica ha l’obbligo di procedere,
sempre, alla pubblicazione dei risultati sia positivi che negativi. Rammenta la
“Dichiarazione di Helsinki” (revisione di Edimburgo 2000). “Sia gli autori sia gli
editori hanno obbligazioni etiche. Nella pubblicazione dei risultati della ricerca
gli sperimentatori sono obbligati a salvaguardare l’accuratezza dei risultati. Sia i
risultati negativi sia quelli positivi devono essere pubblicati o resi in qualche
modo pubblicamente disponibili. Le fonti del finanziamento, l’appartenenza
istituzionale e ogni possibile conflitto d’interessi devono essere dichiarati nella
pubblicazione. Relazioni di sperimentazioni non conformi con i principi fissati in
questa Dichiarazione non devono essere accettati per la pubblicazione” (art.
27).
E i medici, nell’utilizzo dei farmaci, hanno l’obbligo di leggere criticamente i
risultati, ponendo attenzione al rapporto tra benefici attesi ed effetti indesiderati,
oltre che ad alcuni elementi.
-Periodo di tempo in cui sono stati ottenuti i risultati.
-La dimensione dei partecipanti inclusi.
Ad esempio, nel 1978, si svolse una ricerca clinica per verificare la percentuale
di morte tra coloro che colpiti da infarto miocardio acuto, furono curati nelle
unità coronariche e quelli assistiti in casa. Il totale di pazienti inclusi nello studio
fu di 150. Dei 79 infartuati, curati in ospedale, dopo sei settimane ne morì il
4
Preghiera quotidiana del medico di Mosè Maimonide
266
20%. Dei 71 curati nelle loro abitazioni ne morì il 18%. I risultati però furono
compromessi dallo scarso numero di soggetti partecipanti.
-La rappresentatività dei partecipanti alla ricerca.
-I criteri di inclusione ed esclusione.
-L’ appropriatezza del follow-up.
-L’ efficacia del farmaco sperimentato rispetto a quello di confronto o al placebo.
-La tipologia di struttura dove si è svolto lo studio.
-L’eventuale incremento, nel frattempo, delle conoscenze scientifiche
riguardanti quella patologia5.
4.L’errore operativo
L’errore operativo è lo sbaglio del medico.
Può essere intenzionale, cioè quando un’ azione è commessa con coscienza e
volontà, quindi un comportamento attribuibile al volere del soggetto, perciò
l’errore è doloso.
Quando l’errore è involontario è colposo e si verifica per negligenza,
imprudenza e imperizia.
Si verifica per negligenza, quando non osservando un comportamento di prassi,
si commettere un danno per disattenzione, per trascuratezza o per mancanza di
sollecitudine; per imprudenza, quando non si utilizza la dovuta cautela e non si
assumono le necessarie misure precauzionali per non provocare il danno; per
imperizia6, quando è scarsa la preparazione professionale e la competenza
tecnica, presupposti indispensabili per l’esercizio di ogni attività, oppure non ci
si attiene ai protocolli operativi standard7. Può trattarsi di una diagnosi errata o
ritardata, un omessa effettuazione di esami, un intervento chirurgico compiuto
in modo errato, una cattiva gestione della cura…8.
Di conseguenza, la formazione di base e quella permanente, risultano
primari per evitare errori operativi. Ammoniva Fra Pierluigi Marchesi: “Senza
formazione si può lavorare moltissimo, ma senza formazione non si può
esercitare una professione. E in ospedale si deve lavorare con professionalità.
Senza formazione non si fa assistenza, si rischia di passare oltre. Con la
formazione, si dà più senso, non solo al proprio vivere professionale, ma anche
umano”9.
Per evitare di procurare dei danni è opportuno prima di agire,
acquisire conoscenze precise e riferirsi, come metodo, alla prassi vigente con la
massima cautela.
5
Si rimanda per la specificità dell’argomento al testo M. BOBBIO, Trial clinici. Come interpretare e
applicare i risultati di una ricerca scientifica, Centro Scientifico Editoriale, Torino 1996, pp. 47-66.
6
Per quanto riguarda la colpa professionale addebitata all’imperizia può essere preso in considerazione il
principio stabilito dall’art. 2236 C.C. secondo il quale “se la prestazione indica la soluzione di problemi
tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non nei casi di dolo o colpa
grave”.
7
Cfr.: Codice Penale art. 43.
8
Per l’approfondimento dei tipi di errori medici cfr.: www.erroredelmedico.it
9
P.L. MARCHESI, Umanizzazione. Storia e utopia, LDC/Velar, Torino 2006, pg. 105
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L'errore operativo legittima il paziente a richiedere il risarcimento del
danno, ciò comporta per il medico anche il rischio di una sanzione penale per le
lesioni personali colpose (cfr.: art. 590 Codice penale) oppure, in caso di
decesso del paziente a causa dell’errore, il reato è di omicidio colposo (cfr.: art.
589 Codice penale).
Da ultimo, non possiamo negare, che alcuni errori sono causati dalla
complessità della situazione o da fattori contingenti, frutto dell’esasperante
risparmio a tutti i costi: turni prolungati e stressanti del personale sanitario,
apparecchiature difettose per carenza di manutenzione o non standardizzate,
pazienti dimessi in situazioni cliniche critiche...
Non a caso nell’ultimo decennio, i conflitti tra pazienti e medici si sono
incrementati del 148%, con un costo annuale per la sanità di oltre 850 milioni di
euro (262 per il prolungamento delle degenze; 175 per premi assicurativi; 413
per risarcimenti).
Osservando il vertiginoso aumento delle denunce, e di conseguenza
delle richieste di indennizzo, sorge anche il dubbio che a volte, si sfrutti la
presunzione del danno per motivi meramente speculativi obbligando il medico
ad assumere come prassi una “medicina difensiva”10, richiedendo esami
diagnostici non necessari per il paziente e particolarmente onerosi per il servizio
sanitario, oppure si rifiutano di trattare i casi più complicati.
Conclusione
Concludendo poniamo all’attenzione, soprattutto dei medici, altri due
argomenti che contribuiscono ad incrementare le denunce e che potrebbero
ridursi con un impegno maggiore dei sanitari.
L’ampliamento delle conoscenze, l’ iper-specializzazione, la frammentazione
dei settori d’intervento, stanno annullando il “medico di fiducia”; di
conseguenza, il malato, è disorientato nel totale anonimato e privo di riferimenti.
Inoltre, la carenza del rapporto fiduciario e dialogico medico-paziente, preclude
di pervenire a decisioni condivise.
10
Questo articolo apparso su Tempi.it del 19 ottobre 2014 spiega questa dannosa prassi che purtroppo da
tempo è presente anche nel nostro Paese: “Imperizia, negligenza e l’impossibilità di dimostrare di aver
chiesto al paziente il consenso informato sono gli elementi che, stando alle norme italiane, portano alla
condanna di un medico. In tutti i casi di ‘insuccesso’, una prestazione sanitaria rischia di approdare in
tribunale. L’ombra dei processi incombe su tutti gli operatori sanitari, sul medico di base come sul
chirurgo.
Non si tratta soltanto delle cause civili, che in Italia si aggirano attorno alle 30 mila all’anno. ‘A
spaventare i medici sono anche le denunce’. (…) ‘I casi di denunce a carico dei medici sono aumentati’,
spiega Belloni. ‘Nell’80 per cento dei casi si arriva all’assoluzione, ma bisogna affrontare un percorso
estenuante che dura quattro, cinque anni’. Perché il fenomeno è in crescita? ‘I pazienti vengono spinti
dall’opinione pubblica e dagli avvocati. E il risultato è che sono diminuite le domande di iscrizione a
specialità come chirurgia e ostetricia. Ma il problema non è solo quello di ricevere una denuncia. Per
queste specializzazioni bisogna pagare polizze da 15 mila, 16 mila euro all’anno. Cifre folli’. Per il
presidente dell’Ordine dei medici di Pavia, ‘ci sono troppi pareri e sentenze. Senza la definizione univoca
di atto medico e un intervento legislativo che preveda la depenalizzazione completa di questo, in Italia
non si potrà mai avviare un processo di civiltà nell’ambito medico”.
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