13Stati_Uniti

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I PAESI
EXTRAEUROPEI
2) Gli indiani erano cacciatori, non agricoltori. Abbiamo già visto che questo non è vero. Gli indiani conoscevano l’agricoltura già 5000 anni prima di Cristo, e molte tribù vivevano dei suoi prodotti più che di caccia e di pesca. Semmai, fu l’arrivo dei bianchi e la reintroduzione del cavallo a
modificare queste condizioni, spingendo molte tribù a passare o tornare alla vita nomade dei cacciatori. Il principale prodotto dell’agricoltura degli indiani era il mais o granoturco, sconosciuto
altrove: a noi è arrivato appunto dall’America, così come il tabacco, la patata e altri prodotti della
terra.
LEZIONI
ALCUNI PREGIUDIZI SUGLI INDIANI (NEL BENE E NEL MALE)
1) Gli indiani erano molto abili nel cavalcare. Questo fatto è vero, ma prima dell’arrivo degli europei mancava agli indiani un elemento essenziale: il cavallo.
Trasmigrato dall’Asia insieme ai primi uomini che avevano abitato l’America, il cavallo si estinse. Furono gli spagnoli a introdurlo nuovamente in America, regalandone alcuni esemplari a diverse tribù indiane. Alcune videro nel cavallo solo un animale di cui cibarsi, altre ne capirono l’importanza come animale da montare.
Per questi popoli fu una vera e propria rivoluzione che gli storici e gli antropologi hanno chiamato «rivoluzione equestre». Prima dell’arrivo del cavallo, i popoli delle Grandi Praterie cacciavano i bisonti a piedi, ma i risultati della caccia non erano sufficienti per sfamare la tribù per tutto l’anno. Molti fra gli indiani delle praterie praticavano quindi l’agricoltura, coltivando specialmente mais.
Man mano che il cavallo si diffuse, la vita degli indiani delle praterie cambiò. I nomadi cacciatori
presero il sopravvento, gli agricoltori divennero anch’essi cacciatori e nomadi. Le tribù cominciarono a vivere seguendo le piste delle mandrie di bisonti.
3) Gli indiani erano tecnicamente primitivi. Certamente sì, se con questo aggettivo si vuole indicare il
fatto che conoscevano e adoperavano meno utensili e beni di consumo di altri popoli, per esempio
quelli europei. In realtà, gli indiani adattavano i loro modi di vita alle condizioni naturali dei luoghi
in cui vivevano. Erano favoriti, in questo, dall’essere pochi su un vasto territorio, e dal poterne trarre
con una certa facilità ciò di cui avevano bisogno. Ma proprio questa relativa facilità non li invogliava
particolarmente al progresso tecnico: in genere, si accontentavano del necessario e non ritenevano di
dover impegnare particolari energie per ottenere beni superflui.
Gli indiani vivevano in un equilibrio ecologico con la natura e cercavano di turbarlo il meno possibile. Se erano cacciatori, non uccidevano un solo bisonte in più del numero necessario a ricavarne
cibo, pelli per le tende e i vestiti, pelo per le coperte ecc. Se erano agricoltori, avevano per lo più a
disposizione praterie abbastanza fertili, nelle quali era sufficiente seminare e attendere.
L’assenza, nelle culture americane, della ruota è un elemento spesso sottolineato per dimostrarne l’arretratezza. In realtà, come gli archeologi hanno potuto mostrare, almeno i popoli del Messico
conoscevano la ruota, ma non la usarono: «rifiutarono», in un certo senso questa invenzione. Non
costruirono veicoli a ruote, probabilmente, perché non avevano animali che potessero trainarli.
4) Gli indiani erano bellicosi e crudeli. Certamente lo furono, in guerra, quando si decisero a opporsi con la forza a una conquista della quale non avevano saputo vedere, all’inizio, il grave pericolo.
Essi combattevano per sopravvivere, ma la loro crudeltà non riuscì mai a superare quella dei bianchi. La stessa usanza di scotennare i nemici abbattuti per conservarne lo scalpo come trofeo non era
un’usanza dei soli indigeni, ma anche dei loro avversari bianchi: alcuni «cacciatori di indiani» avevano collezioni di centinaia di scalpi.
Prima che l’invasione dei bianchi li costringesse a prendere le armi, nella loro grande maggioranza gli indiani non erano affatto feroci e sanguinari. Presso molte tribù era considerato un segno
di maggior coraggio e abilità toccare il nemico senza ferirlo o rubarne le armi piuttosto che ucciderlo. Altre tribù, prima dell’arrivo degli europei, non conoscevano la guerra perché non avevano
ragione di farla. Non avevano territori da difendere, perché un territorio aveva valore solo per trarne i mezzi per vivere. Quando ne trovavano uno che andava bene, le diverse tribù cooperavano per
trarne il massimo di prodotti piuttosto che uccidersi fra loro.
5) Gli indiani erano inferiori agli europei nel combattimento. Quest’affermazione è indubbiamente
esatta se si riferisce ai mezzi tecnici e alle armi moderne messe in campo dagli europei nell’Ottocento. Ma prima di allora gli indiani dettero molto filo da torcere agli europei.
Idee per insegnare la geografia con TERRE, POPOLI, CULTURE
a cura di G. Sofri e F. Sofri © Zanichelli 2009
La riproduzione di questa pagina tramite fotocopia è autorizzata ai soli fini dell’utilizzo
nell’attività didattica degli alunni delle classi che hanno adottato il testo
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Approfondimenti
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Gli indiani delle Pianure erano armati di una lancia da scagliare e di un arco corto particolarmente maneggevole a cavallo. Si proteggevano con uno scudo legato al braccio che tendeva l’arco.
Inoltre gli indiani erano abili nell’abbassare il proprio corpo e allungarlo sul fianco del cavallo in
corsa, così da nascondersi ai colpi nemici.
Nella prima metà del secolo XIX i bianchi usavano il fucile a pietra focaia e ad avancarica. Dopo
aver sparato un colpo ci voleva circa un minuto di operazioni meticolose per preparare il successivo e la mira doveva essere presa accuratamente. Nel frattempo un indiano poteva percorrere al
galoppo 250 metri e lanciare venti frecce.
La situazione cambiò con l’introduzione della pistola a 6 colpi Colt, nel 1840 e, in seguito, con il
fucile a ripetizione. Il governo diede delle armi da fuoco ad alcune tribù indiane per invogliarle a
cacciare nelle riserve e commercianti di pochi scrupoli si dedicarono al commercio di armi con gli
indiani, ma si trattava di vecchi catenacci rispetto alle moderne armi a ripetizione dell’esercito. Se,
dopo la metà dell’Ottocento, gli indiani ottennero qualche vittoria, la dovettero al loro coraggio, alla
sapienza tattica di alcuni grandi capi e alla migliore conoscenza del territorio.
APPROFONDIRE E COLLEGARE
Per alcuni approfondimenti sugli indiani del
Nordamerica, vai alle pp. 231-233 del manuale, vi troverai anche una cartina con le principali popolazioni
amerindie dell’America del Nord.
Molti non lo sanno, ma tantissime parole entrate in
uso nell’inglese derivano da nomi indiani, come cacao,
chocolate (cioccolato), tomato (pomodoro) ecc. Lo stesso discorso vale anche per alcuni nomi di stati o di città,
come Texas, che in lingua indiana stava per “amico”, o
Kansas, che in lingua Sioux significava “terra del vento
del sud”. Ancora, la città di Seattle prende il suo nome
da un capo indiano, e Miami da quello di una tribù, oggi
estinta, stanziata negli attuali Stati Uniti orientali.
Il tema dei pellirosse ha interessato molti scrittori e
registi. La maggior parte dei western, film che narrano
le vicende della colonizzazione del Nordamerica da
parte di cow boy di origine europea, raccontano le lotte
tra coloni e indiani per la conquista del territorio da
parte dei primi, mentre i secondi vengono usualmente
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ritratti come crudeli, primitivi e sanguinari. A partire
dagli anni ’70 del Novecento la figura del nativo viene
rivalutata e il suo punto di vista acquista una nuova
rilevanza, mentre l’“eroe bianco” subisce un processo
di smitizzazione, a volte assumendo connotati fortemente negativi. Tra i tanti, Piccolo grande uomo, di A.
Penn; Un uomo chiamato cavallo, di E. Silverstein; o il
più recente Balla coi lupi, di e con Kevin Costner: costituiscono famosi esempi cinematografici di questo tipo.
Nella letteratura, particolarmente affascinanti testi
come Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, di Dee
Brown, che attraverso testimonianze e documenti, ci
propone gli ultimi anni del genocidio perpetrato ai
danni delle civiltà pellirosse, oppure quello di John G.
Neihardt, Alce Nero parla, che racconta la vita di uno
stregone della tribù dei Sioux.
Tra gli artisti di origine indiana, negli Stati Uniti,
ricordiamo la cantante Tori Amos, il famoso chitarrista
Jimi Hendrix, Cher e Tina Turner.
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