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STORIA DI UNA STRAGE: Sand Creek
La strage di Sand Creek è un episodio di cui i libri di storia non parlano molto,
un episodio poco noto.
Eppure ancora oggi è considerato uno degli avvenimenti più cruenti
dell’intera storia del Far West.
Il contesto storico in cui localizzarlo è quello della guerra civile americana
(1861-1865).
Questa guerra venne combattuta fra Nordisti (Unionisti o “Giubbe Blu”) e
Sudisti (Secessionisti o “Giubbe Grigie”).
All’epoca il presidente era Abraham Lincoln.
I Nordisti agivano ispirati dagli ideali di abolizione della schiavitù, erano
industriali e protezionisti, mentre i Sudisti invece erano agricoli, liberisti e
schiavisti.
Gli Indiani non svolsero ruoli autonomi nel corso della guerra, ma talvolta
come conseguenza alla situazione di anarchia, scoppiarono delle vere e
proprie “guerre indiane”.
Negli anni ’50 del XIX secolo, alle ultime tribù indiane indipendenti, era stato
concesso di occupare gli ultimi spazi liberi del continente nordamericano.
Poco dopo queste concessioni, gli spazi destinati agli Indiani vennero però
notevolmente ridotti dalle costruzioni di ferrovie o edifici volute dalle Giubbe
Blu, o semplicemente da attacchi sferrati a danno degli Indiani, sempre da
parte delle Giubbe Blu.
Tra le tribù indipendenti spiccava quella degli Cheyenne, composta da Indiani
dalla personalità allegra e solare. Erano sempre disposti al dialogo con i
bianchi, incuriositi e vogliosi di conoscere l’”Altro”, il “Diverso”.
La tribù degli Cheyenne, anni prima, insieme alla tribù alleata degli Arapaho,
si era divisa in due gruppi: gli Cheyenne settentrionali si erano allontanati dai
bianchi, cercando quindi di evitare ogni contatto con loro, mentre gli
Cheyenne meridionali si erano stabiliti nelle praterie che si estendevano tra il
South Platte, il fiume Kansa e l’alto corso del Colorado.
Gli Cheyenne meridionali stipularono diversi trattati con i bianchi, affinché
fossero chiari i loro propositi di serena e rispettosa convivenza.
Gli Indiani non vennero mai meno a questo patto, ma i bianchi sì.
In più di una circostanza infatti attaccarono a sorpresa uomini Indiani
impegnati nelle loro attività.
Nonostante questo, gli Indiani mai pensarono di reagire alla violenza con altra
violenza.
Nel 1858 la febbre dell’oro spinse migliaia di colonizzatori nella terra del
Colorado.
Questo provocò dei disaccordi fra i nuovi giunti e le tribù lì residenti.
Gli Indiani accettarono di insediarsi nell’area delimitata dall’alto corso del
fiume Arkansas e dal Sand Creek.
Le violenze che porteranno alla strage iniziarono a essere esercitate nella
primavera del 1864, quando le Giubbe Blu, penetrate nei pascoli sul Southe
Platte , attaccarono alcuni Indiani a caccia di bisonti.
A distanza di pochi giorni alcuni Dog Soldiers (confraternita di guerrieri del
popolo dei Cheyenne) furono attaccati dai volontari del Colorado capeggiati
dal colonnello Chivington.
Pentola Nera, capo della tribù indiana Cheyenne, interrogò il grande
cacciatore americano e amico William Bent, sul perché di questo attacco
improvviso, e egli gli spiegò che Evans, governatore del territorio del
Colorado, aveva ordinato che la tribù si radunasse a Fort Lyon, ma gli Indiani
non avevano obbedito.
Pentola Nera si mostrò subito disponibile a trattative di pace col colonnello
Chivington e con lo stesso Evans.
Ma questi avevano già costituito un corpo di volontari per combattere gli
Indiani, nel quale molti residenti speravano di entrare, evitando così una
partenza per il fronte della guerra civile, certamente incerta e rischiosa.
Soltanto quando furono innegabili le volontà di pace espresse da Pentola
Nera, Evans fu costretto ad arrendersi all’evidenza e a trattare con Pentola
Nera: si stabilì che Cheyenne e Araphalo conservassero le armi necessarie alla
caccia e il permesso di piantare accampamenti presso forti militari.
Ma i bianchi pensavano già al tradimento e così gli Indiani di Pentola Nera,
sospettosi delle cattive intenzione dei bianchi ma allo stesso tempo certi del
fatto che non sarebbero stati attaccati, si accamparono presso una radura del
fiume Sand Creek.
Purtroppo le cose non andarono come gli Indiani avevano sperato:
Chivington, qualche settimana più tardi, radunò dei volontari ai quali ordinò
di circondare questo “villaggio” di Indiani con lo scopo non di farli
prigionieri, ma di massacrarli, e di uccidere anche donne e bambini poiché
“per distruggere i pidocchi bisogna schiacciare le uova”.
All’alba del 29 novembre, fu il rimbombare degli zoccoli dei cavalli dei
bianchi sulla pianura a svegliare di soprassalto gli Indiani. Il panico si diffuse
nell’accampamento: gli uomini iniziarono a uscire dalle tende, le donne
cercarono di tranquillizzare invano i figli spaventati.
A nulla valsero i tentativi di incoraggiamento di Pentola Nera, che disperato
sventolava una bandiera bianca.
I bianchi incendiarono ai lati l’accampamento e poi iniziarono a sparare
indistintamente su donne e bambini inermi. Gli uomini vennero castrati e
ridotti a pubblico ludibrio, le donne violentate barbaramente e i bambini usati
per il tiro al bersaglio. Si racconta addirittura che molti soldati bianchi
tagliarono gli organi genitali alle donne e se li misero fra i capelli esibendo
orgogliosamente i loro nuovi copricapo.
Fortunatamente però alcuni degli Cheyenne riuscirono a scavare trincee sotto
gli argini del torrente in secca e altri a fuggire attraverso la pianura.
Quando scese la notte i sopravvissuti uscirono fuori dalle buche.
Tra questi vi era Pentola Nera.
I superstiti seppellirono i loro morti, ossia 214 Cheyenne e 85 Arapaho, per lo
più donne e bambini.
Poi si misero in marcia a ritmo serrato, con la disperazione nel cuore, e si
unirono agli Arapaho che erano già emigrati.
La notizia del massacro di Sand Creek si diffuse rapidamente fra le altre tribù
della pianura. I Dog Soldiers, guidati da Naso Aquilino, unitisi ad altre tribù,
capitanarono una guerra che iniziò nel gennaio del 1965.
Seguirono sei mesi di attacchi ai bianchi.
Paghi della loro vittoria, dopo questi sei mesi, gli Indiani si sparpagliarono.
Nell’ottobre 1865, a circa un anno dal massacro di Sand Creek, gli Cheyenne
di Pentola Nera e gli Araphalo uniti, stremati e senza più mezzi di
sostentamento, rinunciarono ai territori del Colorado e ricevettero come
“riserva permanente” la zona estesa dalle foci dell’Arkansas al fiume
Cimarron.
Questo massacro, che Evans definì codardamente una “spedizione punitiva”,
ebbe mai giustizia?
Sì, anche se bisognerà attendere ben 136 anni.
In realtà l’inchiesta venne stata aperta l’anno successivo alla strage, quindi nel
lontano 1865.
Ma a quel tempo i colpevoli non furono mai condannati.
Questo provocò il perpetuarsi di guerre indiane per almeno dodici anni.
Solo nel 2000 il Congresso chiese ufficialmente scusa agli Indiani e condannò
gli atti di violenza commessi contro di loro.
Oggi nel luogo della strage sorge una lapide a ricordare quanto avvenuto.
Tuttavia i pellerossa hanno ancora una richiesta. Vorrebbero che il loro ruolo
nella storia della regione fosse riconosciuto con dei monumenti. Infatti, la
maggior parte dei monumenti oggi presenti nel West onorano solo i pionieri
bianchi e i soldati.