il gotico internazionale e il rinascimento

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il gotico internazionale e il rinascimento
IL GOTICO INTERNAZIONALE E IL RINASCIMENTO
1. Il Gotico Internazionale
Il periodo che va dalla metà del Trecento a circa la metà del Quattrocento è stato
individuato da lungo tempo come un'età con uno stile proprio, che si distacca dal
gotico iniziale e, fuori da Firenze e dei centri che entrano in contatto con le novità
fiorentine, non è ancora, né vuole essere, Rinascimento.
Dal punto di vista dell'Italia, dove il Rinascimento si afferma già nel secondo
decennio del Quattrocento, le manifestazioni dell'arte gotica dopo il 1400 risultano
tardive.
Alla fine del 1800 lo storico francese Jean Courajod definì la tendenza dominante
nelle arti europee intorno al 1400 Courant internationale, da cui il termine italiano di
gotico internazionale.
Il regno di Napoli, dove i Durazzo subentrarono agli Angiò, continuava l'interesse per
la pittura toscana e specialmente senese, Andrea Vanni, pittore senese, fu attivo a
Napoli e Palermo; nel 1412 una tavola di Paolo di Giovanni Fei venne collocata nel
Duomo di Napoli, ma con Ladislao Durazzo che divenne re d'Ungheria oltre che di
Napoli, spiega l'interesse verso l'area orientale.
Di qui partirono grandi maestri del gotico internazionale come Gherardo Starnina,
attivo a Valencia, Dello Delli, nominato cavaliere dal re di Castiglia, oltre a
notevolissimi scultori affini al Ghiberti che operarono a Verona e a Venezia.
Fu a Padova che Cennino Cennini, allievo di Taddeo Gaddi, dettò il primo trattato
sulla pittura, in cui si esaltava le novità di Giotto.
Nell'Italia centrale e meridionale, la situazione nei confronti delle correnti gotiche
internazionali, non si presenta sempre omogenea né in linea con ciò che accadeva
nelle regioni settentrionali, dalle quali partivano molti degli stimoli più vivaci.
In Toscana alla fine del Trecento si potevano cogliere solo minimi anticipi di questa
maniera, nei maggiori centri della regione infatti, trovava ancora prevalente spazio
una sorta di giottismo inaridito.
Nel primo ventennio del Quattrocento invece, la scena muta radicalmente e ci offre,
in parallelo, esempi sia legati alla tradizione tardo gotica (cresciuti soprattutto dagli
stimoli del Ghiberti), sia alla maniera “nuova” (quella rinascimentale).
Inoltre i maggiori committenti di opere d'arte, sia ricchi borghesi o di importanti
corporazioni, si rivolgevano sia ad artisti tardo gotici, sia agli “uomini nuovi”
improvvisamente affacciatisi alla ribalta e portatori della grande svolta
rinascimentale.
Lo testimoniano le statue per Orsanmichele che vennero commissionate sia a
Donatello, sia all'antitetico e ancora gotico Ghiberti.
Nella Firenze di questi anni, culla del rinnovamento, doveva convivere ancora a
lungo con le ideologie legate al passato e che gli esponenti più significativi di questa
realtà in declino si dovessero confrontare, e faticosamente (basti vedere gli esitiche
avrà su Masolino il rapporto con Masaccio), con una realtà in fase di radicale
mutamento.
1.1 Gentile da Fabriano
Gentile di Nicolò, detto da Fabriano, marchigiano di nascita, è uno dei più
significativi rappresentanti del Gotico Internazionale, la sua data di nascita è
misteriosa, probabilmente nacque intorno al 1370.
La sua opera più importante, l'Adorazione dei Magi, esposta agli Uffizi, fu dipinta
nel 1423 per Palla Strozzi per essere collocata nella cappella di famiglia in Santa
Trinita, una delle più famose cappelle gentilizie del Quattrocento fiorentino.
E' una tempera su tavola che supera la tradizionale struttura del polittico a più
scomparti poiché la scena centrale occupa tutto il campo del dipinto.
Invece viene conservata la partizione del coronamento e della predella.
La cornice tardogotica, intarsiata e dorata, è quella originale, dipinta nei pilastrini
con erbe e fiori che spuntano dai trafori richiamando i tenui ramoscelli che ornano
le pagine miniate del tardo Trecento lombardo.
L'unica zona non originale del dipinto è lo scomparto destro della predella,
asportato dai francesi nel periodo napoleonico (ora al Louvre) sostituito da una
copia.
L'opera è firmata “Gentilis de Fabriano”e datata 1423 sulla cornice, sotto la scena
centrale.
Nelle cuspidi ci sono tre tondi sovrastate da un cherubino e fiancheggiati da due
profeti, in quello centrale è rappresentato Cristo giudice, ai lati l'angelo annunciante
e l'Annunciata.
Le scene delle predelle rappresentano: la Natività, la Fuga in Egitto e la
Presentazione al Tempio.
La struttura architettonica della tavola centrale, terminante in tre lunette, viene
magistralmente utilizzata dall'artista che fa iniziare il proprio racconto in alto a
sinistra, per continuarlo verso destra e infine condurlo in primo piano.
Si segue così per gradi l'arrivo dei Magi attraverso il loro lungo viaggio.
2. Il Rinascimento
Un grande storico dell'arte Erwin Panofsky, ha definito ciò che differenzia il
Rinascimento dalle precedenti rinascite medievali in relazione all'atteggiamento
verso il repertorio classico.
Il classicismo medievale aveva una portata circoscritta poiché era una tendenza
limitata a specifici ambienti o artisti.
Il riferimento al classicismo riguardava la forma, poiché il contenuto rimaneva
rigorosamente ancorato ai significati religiosi tipici del Medioevo.
In età rinascimentale invece forma e contenuto classico si ricongiungono, in tutti i
sensi l'artista rinascimentale mira a creare opere che siano simili a quelle degli
antichi.
Roma divenne una meta privilegiata degli artisti per l'abbondanza dei monumenti
antichi che vi erano visibili, molti vi si diressero, a cominciare da Filippo
Brunelleschi e Donatello, nel 1402 e 1404.
Il classicismo fu anche la chiave che aprì la porta al naturalismo, della corretta
rappresentazione del corpo umano, dei moti del corpo e dell'animo.
Il forte interesse di Donatello per la ritrattistica romana, rivelato chiaramente da dal
volto di uno dei profeti scolpiti per il campanile di Giotto, non era fine a se stesso,
ma era il viatico per imparare a rappresentare la mimica dei sentimenti, la varietà
dei tipi umani: la stessa varietà che anche Masaccio perseguiva, indipendentemente
da fonti antiche, perché era interessato a raffigurare l'uomo qual'è e non come
dovrebbe essere, attribuendo al brutto al malato, al deforme la stessa dignità
figurativa che competeva alla divinità o al santo.
L'artista rinascimentale teso a rappresentare la realtà, altrettanto fortemente sentiva
il bisogno di esprimere la propria capacità di dominare la forma, di comporre in
modo armonioso e significativo, perché in ciò consiste il fine vero del suo
lavoro:mentre osservava empiricamente il mondo, ricercava anche regole universali
che lo dovevano guidare nella sua indagine fenomenica, in un rapporto continuo tra
prassi e teoria, in particolare e universale, che avrebbe trovato in Leonardo da Vinci
il suo più attento assertore.
La più importante delle regole, tale da rappresentare il fenomeno più caratteristico
dell'arte rinascimentale, anzi lo spartiacque tra Medioevo e Rinascimento, fu, per i
pittori l'uso della prospettiva come metodo scientifico per la rappresentazione
bidimensionale dello spazio tridimensionale.
Lo spazio della prospettiva rinascimentale, è un sistema omogeneo, entro il quale
ogni punto indipendentemente dalla sua localizzazione, può essere determinato da
tre coordinate perpendicolari una rispetto all'altra e in grado di estendersi ad
infinutm da un punto di origine prestabilito.
L'occhio umano non vede secondo le regole della prospettiva rinascimentale, ciò
che l'occhio percepisce è uno spazio limitato e discontinuo, l'immagine è sfocata ai
margini e divisa in gruppi più o meno indipendenti; poiché il campo visivo è
sferoidale, l'occhio in parte percepisce curve invece di rette.
Filippo Brunelleschi che è considerato l'inventore della prospettiva, ebbe per amico
un matematico e un cartografo come Paolo del Pozzo Toscanelli, l'influsso diretto
di una tale personalità non va sottovalutato.
Ma nell'invenzione della prospettiva non c'è solo questo: tra Medioevo e
Rinascimento si diffonde anche in altri campi la concezione dello spazio, che trova
la sua esemplificazione nella scena teatrale.
Nel teatro medievale l'attore che non era di scena restava comunque visibile sul
palcoscenico, nel teatro rinascimentale egli esce di scena.
Nel Medioevo lo spettatore guardava quella parte del palcoscenico dove si
svolgeva effettivamente l'azione, nel Rinascimento egli coglie con un solo colpo
d'occhio tutto il palcoscenico, come quello pittorico diventa quindi unitario e
coerente.
Nel Rinascimento l'arte allargò le sue tradizionali competenze.
L'artista per perfezionare la tecnica della rappresentazione si trovò nella situazione
di indagare sperimentalmente, l'uomo e l'ambiente.
Assumeva il ruolo di anatomista e psicologo, zoologo e botanico, urbanista e
ingegnere.
Questo processo finì per sfociare in una profonda rivalutazione della posizione
sociale dell'artista, iniziata nel XIV secolo, sviluppata nel XV e terminata nel
secolo successivo.
Rivalutazione che semplificando, potrebbe essere sintetizzata come il passaggio da
una concezione delle arti figurative come pratiche artigiane, meccaniche, manuali,
tutte incentrate sull'abilità tecnica, a una nuova e diversa concezione che le
identificava come attività intellettuali, liberali, dotte e ispirate.
I precursori del Rinascimento italiano sono Brunelleschi, Masaccio e Donatello, la
loro formazione e le loro più significative esperienze si svolgono a Firenze.
Una supremazia fiorentina e la capacità di produrre ed esportare cultura, si erano
già rivelate nella prima metà del Trecento, con dante, Petrarca e Boccaccio, per
quel che riguardava la letteratura e con Giotto per quanto riguardava la pittura.
2.1
Sandro Botticelli
Sandro Filipepi, detto Botticelli (1445-1510), fu il più sensibile portavoce in
ambito figurativo dell'Umanesimo letterario e filosofico fiorentino del secondo
Quattrocento.
Botticelli rese visibile la bellezza idealizzata di cui parlavano i neoplatonici e
inventò le più liriche pitture mitologiche che si fossero mai inventate.
Seppe descrivere, come i poeti, i sentimenti più lievi, non solo personaggi stravolti
dal dolore o dalla gioia, ma figure che semplicemente esprimono la coscienza di sé,
oppure colte da languore, distratte, assorte da un pensiero, malinconiche.
La Fortezza degli Uffizi (1470), che completa una serie di Virtù commissionate a
Piero del Pollaiolo dall'Arte della Mercanzia, è la prima opera del Botticelli
sicuramente databile, nello stesso in cui apriva a Firenze una bottega autonoma.
La sua posa è salda e imperiosa, ma impreziosita dall'artificioso allungamento delle
proporzioni e dal movimento nervoso delle mani sullo scettro, anche il trono su cui
siede è una solida costruzione prospettica, ma incrostata da elementi decorativi,
rilievi floreali, marmi screziati; Botticelli ci affermava già un suo ideale equilibrio
tra naturalità e artificiosità.
La Primavera, dipinta intorno al 1478, è il più celebre dipinto mitologico del
Quattrocento, una delle più liriche creazioni del Rinascimento, ma anche una delle
più misteriose, dato che la sua origine e il suo significato, ancora ci sfuggono.
Il giova Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici doveva meditare sull'effige
insolitamente casta di Venere, contrapporre l'abbraccio carnale di Zefiro sulla
destra alla danza delle Grazie, sulla sinistra troviamo l'assorto Mercurio.
Le figure poste davanti ad un bosco un po' ombroso, si trovano su un prato
cosparso di fiori innumerevoli, ad imitazione degli arazzi fiamminghi, cosiddetti
millefiori, all'epoca largamente diffusi come arredo delle case aristocratiche
fiorentine.
L'immagine ha un andamento ad onda e trova nella figura centrale di Venere un
punto di equilibrio.
Il disegno è impeccabile, i volumi sono appena accennati dalle ombreggiature, ma
soprattutto sono creati dal gioco magistrale dei contorni.
Il colore eburneo dei corpi, il rosso dei manti di Venere e Mercurio, contrastano con
il fondale scuro.
La finalità pedagogica del quadro ha come supporto la rivalutazione della mitologia
classica senza far mancare un altro spunto di meditazione caratteristico della
cultura fiorentina:la coscienza di vivere un presente segnato da una grave crisi
economica e politica, cercava di sfuggire idealizzando una mitica età dell'oro.
La Primavera è anche la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico,
immerso nella natura, abitato da un'umanità eternamente giovane e bella, retto da
leggi dell'armonia universale.
La Nascita di Venere,(1483-1485) fu dipinta anche questa per il giovane Lorenzo
di Pierfrancesco; anche in questo caso il tema mitologico ovidiano nascondeva
probabilmente un'allegoria neoplatonica fondata sul concetto dell'amore come forza
motrice della natura.
Venere nuda in piedi su una conchiglia, scaldata dal soffio di Zefiro, approda ad
una spiaggia dove una delle Ore, simbolo dei bei giorni di primavera, è in atto di
gettarle sulle spalle un manto ricamato.
Vi è un maggior appiattimento in superficie, le delicate ombreggiature della
Primavera sono scomparse e la composizione è più bloccata; l'incanto della
Primavera si è incrinato.
Erano i primi sintomi di una crisi personale del pittore, che coincise con quella
della società fiorentina nel suo complesso: la morte di Lorenzo, la cacciata dei
Medici; l'annientamento dei sogni umanistici di Lorenzo, Ficino, Poliziano, travolti
dai sermoni apocalittici del Savonarola.