articolo pdf della rassegna stampa di dialogic srl

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articolo pdf della rassegna stampa di dialogic srl
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MAZZE’ - L’EVOLUZIONE DEL “SETTORE PRIMARIO” NEL TEMPO...
Agricoltura: ieri, oggi, domani
Dalle macine del Vecchio Mulino al satellite
Un’azienda votata al progresso
I E R I - C'è ronzio d'api
sulla stradina che da via
Rondissone porta al Mulino
Nuovo di Mazzè: si affannano
sui fiori azzurri di veronica e su
quelli purpurei del lamio, a bottinare polline sugli uni e nettare
sugli altri. Sono fiori minuscoli
che compaiono in inverno in
luoghi ben esposti quando ogni
vegetazione è ancora brulla..
Questo avviene da sempre. Un
tempo però il calpestio delle
ruote dei carri, degli animali,
degli uomini diretti al mulino
ne riducevano l'espansione.
Le macine ruotavano alacremente, con "rumor di croste", e
nel cortile era un via vai di
mezzi diversi che trasportavano
melia, segala, grano, avena, e,
tanti anni fa, anche semi poveri
come miglio, panìco, sorgo,
grano saraceno. Ne uscivano
con farina calda per farne poi
pane - frequentemente pane
nero -, per fare polenta, per alimentare gli animali, soprattutto
da cortile (qualche pollo da mettere in tavola la domenica), per
allevare il maiale, prezioso, le
cui carni, in modo diverso,
venivano conservate tutto l'anno.
Al mulino, quel via vai
rifletteva la vita ed il costume
rurale del territorio perché tante
persone, non solo i coltivatori,
avevano qualcosa da macinare:
cereali avuti come parte del
MAZZE’
Anche ai bordi del
cortile della cascina
Savonera come al
Mulino Nuovo, sono
fioriti la veronica e il
lamio... ma, il complesso antico dei fabbricati aziendali contrasta fortemente con le strutture e le
cupole lucenti di acciaio incorruttibile dell'impianto in cui si
genera il gas. I fratelli Villosio
che conducono l'azienda
hanno totalmente orientato la
loro attività agricola verso la
modernità, con allevamento di
bestiame all'ingrasso, ma
soprattutto con la produzione
di energia elettrica (certificazione di qualità Iso
9001:2008).
Qui l'antico e il moderno
dell'agricoltura manifestano i
loro estremi: il termine
"rurale" si fa tecnologia. I processi produttivi e di trasformazione, ma anche gli adempi-
menti fiscali, sono controllati
ed eseguiti utilizzando internet: dieci i computer dislocati
in punti diversi dell'azienda.
La superficie aziendale è di
130 ettari, ma supera i 200
attraverso contratti di compartecipazione di piccole aziende
della zona. Un modo interessante per superare la frammentazione e diminuire i costi
di gestione. I compartecipanti
operano in modo integrato
con l'azienda Villosio, condividendone i piani di coltivazio-
salario o raccolti con la spigolatura, sacchetti preziosi portati
con carretti condotti a mano o
addirittura portati a spalla.
Ognuno poi si affrettava
verso casa, verso i campi: altro
lavoro urgeva, lavoro manuale.
La "forza motrice" in agricoltura
era tutta animale, compreso
l'uomo; le macchine agricole
sarebbero comparse solo nei
primi decenni del secolo XX,
ma richiedevano ancora tanto
lavoro manuale.
Era l'agricoltura antica dell'ordinamento produttivo misto:
coltivazioni ed allevamento animale; le colture specializzate
erano solo quelle definite dalla
vocazione ambientale come
risaia, pascolo, ceduo. Anche il
vigneto faceva parte di aziende
con allevamento animale: il
bestiame era "forza-lavoro" e
produceva fertilizzante, ma
richiedeva fieno, quindi prati,
che sottraevano terra ai cereali e
per questo era considerato "un
male necessario". La stessa orticoltura era considerata una coltivazione "povera" a causa della
deperibilità delle derrate che
produceva. La superficie agricola, era molto frammentata,
poco adatta all'economia di
mercato: per questo era ovunque diffuso l'autoconsumo.
Era l'agricoltura della conso-
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ne. Sei famiglie, tre di familiari
e tre di dipendenti, più altre
sei di compartecipanti, vivono
lavorando nell'azienda. I terreni sono tutti destinati alla coltivazione: non c'è consumo di
suolo.
Se i sottoprodotti delle fermentazioni distribuiti sui terreni come fertilizzanti recano
qualche disagio, c’è chi osserva
che l'afrore è pur sempre
minore di quello del letame
tradizionale distribuito per fertilizzare i campi.
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anche le tecniche colturali, vennero i concimi chimici, più
tardi i diserbanti, gli anticrittogamici; nel frattempo il miglioramento genetico aumentava le
produzioni unitarie delle colture.
ciazione colturale, della mezzadria, della colonia parziaria,
contratti che richiedevano la
tenuta del libretto colonico sulla
cui prima pagina era annotata
la composizione della famiglia
che era così vincolata al fondo
agricolo, contratti e figure giuridiche che si configuravano
come retaggio della servitù della
gleba; ma "le cose" cambiavano,
anche se lentamente: si abolivano diritti feudali, si rivedevano i
canoni degli affitti (R. editto 17
luglio 1797) e il Mulino Nuovo
di via Castone è stato testimone
ed artefice di qualche cambiamento a Mazzè. Tra rivoluzione
e restaurazione cambiarono
O G G I - L'agricoltura è
cambiata, e divenuta moderna.
Una modernizzazione iniziata
con l'irruzione della tecnologia e
proseguita sotto la spinta dalla
"globalizzazione". Oggi il mercato forma i prezzi attraverso le
borse europee, statunitensi,
giapponesi; la politica agraria è
nazionale ed europea, gli interventi condizionano scelte
imprenditoriali quali: la superficie da destinare alle coltivazioni
(invitando a mettere a riposo
parte dei terreni per ridurre le
eccedenze di produzione), i
piani colturali (con sovvenzioni
per incentivare alcune colture),
la tecnica agronomica (limitando l'uso dei nitrati anche di derivazione animale).
Dal 16 febbraio 2005 è in
vigore il "protocollo di Kyoto",
riguardante i cambiamenti climatici, sottoscritto anche dalla
Ue, che impegna i Paesi aderenti a limitare le emissioni di
inquinanti che aumentano l'effetto serra (anidride carbonica,
metano, composti del fluoro e
dello zolfo). Per soddisfare quelle indicazioni il sistema produttivo agrario si è "arricchito" di
un nuovo ordinamento produttivo; accanto a quelli tradizionali cerealicolo-zootecnico e altri,
si deve aggiungere quello cerealicolo-zootecnico-energetico.
Un impianto complesso trasforma le colture aziendali insilate: mais, triticale e altre, alle
quali viene aggiunto il letame
bovino, in gas. Grandi vasche - i
"digestori"- accolgono la "biomassa" mantenuta costantemente in movimento; alcune
specie di batteri la fermentano,
generando metano che si raccoglie sotto grandi cupole da cui
proseguirà verso un motore che
azionerà a sua volta il generatore di corrente elettrica. Sono
circa 500 metri cubi di metano
l'ora che generano circa 980 chilowatt di energia elettrica ogni
ora, energia che in origine era
chiamata "carbone bianco".
L'intero processo - coltivazione/trasformazione - è definito "pulito", entro i parametri di
Kyoto: l'azienda attraverso la
coltivazione assorbe più gasserra di quelli che emette.
Inoltre il nuovo ordinamento
lascia inalterata la Sau
(Superficie agricola utilizzata).
Proprio nel 2005 infatti è stato
rilevato che ogni anno la Sau
diminuisce di 221.745 ettari,
occupati da strade, nuove
costruzioni, utilizzazioni varie,
compresi gli impianti di fotovoltaico posati a terra.
Tutto ciò, però, rende ibrido
il "settore primario": l'azienda
non manda più sul mercato
derrate alimentari, ma prodotti
dell'allevamento animale ed
energia elettrica o, addirittura,
nel caso in cui non ci fosse l'allevamento animale, solo energia elettrica. Questa attività,
fiscalmente, è considerata agricola se almeno la metà della
biomassa è prodotta in azienda,
e la produzione di energia non
supera 1.000 KW/ora.
DOMANI - Ma il termine "moderno" ha significato
vago. Nelle aziende con dimensioni adatte si guarda ora verso
una "agricoltura di precisione"
in cui i terreni saranno descritti
in un programma informatico
satellitare contenente valori
puntuali di fertilità, esigenze
idriche ed altro. Le macchine
operatrici saranno collegate al
sistema satellitare, che provvederà alla regolazione della distribuzione di fertilizzante e altro, o
a fornire indicazioni operative.
ernesto zambotti
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