1/4 Leonardo Fibonacci Il toscano Leonardo

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1/4 Leonardo Fibonacci Il toscano Leonardo
Roberto Weitnauer
Stesura: maggio 2006
(4499 battute – 2 pagine scritte)
www.kalidoxa.com
Versione d’origine pubblicata, diritti ceduti a terzi
Leonardo Fibonacci
Il toscano Leonardo Fibonacci fu un notevole matematico medievale del XIII secolo.
Egli stese un trattato in cui, tra le altre cose, veniva presentato un innovativo sistema
di numerazione. Ai suoi tempi la contabilità e i calcoli aritmetici venivano eseguiti in
Europa con l’antica notazione romana, piuttosto macchinosa. I concetti proposti
dall’italiano non erano altro che ciò che oggi s’impara sin dalle elementari: il
criterio di numerazione arabo, ormai adottato in tutto il mondo. Fibonacci lo
importò dalla cultura musulmana, rendendosi immediatamente conto dei suoi
vantaggi, ma la sua proposta non venne inizialmente accolta.
Del libro e del film Il codice Da Vinci si è discusso in lungo e in largo (all’epoca
della stesura di questo breve articolo), per la gioia di chi lucra su pubblicità e diritti
d’autore. Purtroppo, poco si è detto di Fibonacci, l’inventore degli omonimi numeri
che fanno capolino nelle sequenze del thriller. Sophie Neveu, la coprotagonista ed
esperta di crittografia, riconosce la presenza dei numeri di Fibonacci nella scrittura
del nonno assassinato all’interno del Louvre di Parigi. Giudicando dalla poltrona del
cinema, sembra quasi che tali cifre siano tipici strumenti per generare messaggi in
codice o protezioni informatiche.
In verità, la struttura della serie di Fibonacci è a tal fine troppo povera. Ciascun
valore è infatti pari alla semplice somma dei due precedenti: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13,
21,… La sequela dall’aspetto tutt’altro che casuale sarebbe una pessima password per
qualunque studente d’informatica. Eppure, nel film essa viene adottata in una banca
elitaria per proteggere l’accesso computerizzato a una cassetta di sicurezza che
contiene materiale d’importanza plurisecolare.
La serie di Fibonacci non ha dunque pretese nel mondo dei codici. L’italiano la
inventò nel 1202 per illustrare la crescita di una popolazione di conigli. Col tempo i
matematici si accorsero delle proprietà significative ch’essa cela in sé e dei richiami a
taluni rapporti di Madre Natura. Il romanzo di Dan Brown non manca in effetti di
descriverne le relazioni con la sezione aurea, impiegata nell’arte sin dall’antichità,
nonché con le forme del mondo biologico, umani compresi. Non viene invece offerta
alcun indicazione sul contesto in cui nacque la serie; un contesto cruciale per la
nostra cultura.
Il problema dei conigli era dopotutto uno dei tanti che Fibonacci trattò in un’opera
storica, il Liber abaci (libro dell’abaco). Alcuni quesiti numerici erano divertenti,
altri pratici, altri ancora raffinati. Tutti furono formulati con una medesima
convinzione: che la matematica e la geometria fossero intimamente abbinate tra loro.
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L’idea imperava nel Medioevo cristiano e in quello islamico. Fu questa base comune
a consentire un travaso produttivo, sebbene Leonardo Fibonacci trattò più che altro di
cifre e poco di figure.
Leonardo era figlio di un doganiere, detto “Bonaccio”, che lavorava in un’enclave
di Pisa presso Algeri: ‘filius Bonacci’, in latino, si contrasse nella forma toscana e
italiana ‘Fibonacci’. Le repubbliche marinare di Pisa, Genova, Venezia e Amalfi
commerciavano attivamente con i paesi musulmani. Grazie al lavoro del padre,
Leonardo ebbe modo di viaggiare nel Mediterraneo e studiare fuori dalla Penisola.
In particolare, dagli arabi egli apprese l’algebra, i numeri indiani e la notazione
posizionale (unità, decine, centinaia…) che permettevano di fare i calcoli in modo più
lesto rispetto ai sistemi europei. Si provi a immaginare quanto doveva essere
macchinoso per mercanti, contabili e studiosi eseguire divisioni complesse con le
cifre romane! Non per nulla si utilizzava l’abaco, cioè il pallottoliere. Rendendosi
conto dell’enorme vantaggio pratico della nuova aritmetica indo-islamica, Fibonacci
decise d’importarla in Occidente; fu così che stese il ponderoso Liber abaci,
modellandolo sull’approccio del grande Euclide di Alessandria (IV secolo a.C.).
Nell’opera del toscano viene riportato anche un interessante studio sul numero
zero. È interessante notare che in sanscrito lo zero veniva chiamato ‘sunya’ che
significava ‘il vuoto’. Quando il sistema numerico passò alla cultura araba lo zero
prese il nome di ‘as-sifr’, termine inteso esattamente nelle medesima accezione.
Fibonacci latinizzò nel suo trattato il termine ‘as-sifr’ in ‘zephyrum’.
Successivamente la parola si deformò in ‘zefiro’ e, infine, ‘zero’ nella parlata
veneziana. Ma ci fu anche un altro filone etimologico che condusse in Italia al
termine meno specifico ‘cifra’. In inglese la parola ‘cipher’ significa proprio ‘zero’.
Sfortunatamente, la matematica contenuta nel Liber Abaci era troppo avanzata per
i contemporanei europei; le università non l’accolsero. Ma infine il sistema arabo,
molto più agile e razionale, s’impose, come del resto oggi ben sappiamo,
imparandolo sin dalle elementari. Leonardo Fibonacci fu un matematico medievale
che brillò sugli altri, ma che non fu abbastanza valorizzato al suo tempo. Persino il
film che lo cita sembra oggi volerlo stritolare tra crittogrammi misteriosi e quell’altro
geniale Leonardo della Toscana, vissuto tre secoli più tardi.
Roberto Weitnauer
(seguono immagini)
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Ritratto di Leonardo Fibonacci (1180-1250):
http://html.rincondelvago.com/files/9/1/8/000189181.png
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Spirale ottenuta in base alla serie di Fibonacci; la sequela dei numeri è strettamente
legata al numerp “Phi”, rappresentativo della “sezione aurea” conosciuta fin
dall’antichità e di alcuni rapporti metrici presenti nel mondo biologico:
http://www.q7.com/~bacchus/GoldenOops.jpg
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