Dolci, pani e zuppe
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Dolci, pani e zuppe
PRIMAVERA Dolci, pani e zuppe Ogni occasione ha la sua specialità, ogni paese offre la sua variante L’ estro e la fantasia dei sardi Quaresima e della Pasqua, ha sembrano esprimersi al sempre offerto molti spunti per la massimo, almeno dal punto caratterizzazione del desco famidi vista gastronomiliare, è il periodo in co, sul fronte dei cui pasticcerie e padolci e dei pani. nifici offrono il magUno per ogni occagiore assortimento. sione e ciascun Ci sono le frittelle paese ci mette del per il giovedì grasso, suo per offrire una le zipulas, i dolci paFotografie di Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo seppur minima variante squali pan ’e sapa a base della ricetta originale, come di mosto cotto e i pardulas, per garantirsi la primogenitura tortini profumati con lo zafferano. sulla preparazione. E poi ancora amarettus, preparati L’inizio della primavera, con le ricon mandorle, zucchero, limone e correnze del Carnevale, della uova, bianchinus con mandorle to- Archivio Prima Press A destra: sottilissimo e friabile, il carasau è il pane per eccellenza della cucina isolana. Pagina accanto: due esempi di pani tipici con motivi decorativi augurali; sotto: un trionfo di dolci tradizionali, tra cui amarettus, aranzada e pabassinas per celebrare le ricorrenze di stagione. I vini giusti per i piatti primaverili state, guefus con acqua, fior di arancio e liquore aromatico, pabassinas con uva passa e scorza di arancio tostata e ancora culigionis de mindula profumati con lo zafferano. Molti dolci sono decorati con palline colorate o finemente sagomati tanto da sembrare dei pizzi. Uno dei dolci più tipici della tradizione sarda, poi, sono le sebadas o seadas, secondo le zone: grandi ravioli ripieni di formaggio fritti nell’olio e serviti con il miele amaro di corbezzolo, ma anche il tradizionale dolce di Nuoro, l’aranzada, un torrone a base di buccia Non è Sauternes. Non è muffato. Il Latinia è una vendemmia tardiva di uve Nasco. Un capolavoro di grazia e seduttività. “I grappoli imbruniscono nei vigneti ad alberello (antica vigna latina)”, ci spiega Dino Dini, enologo della cantina Santadi. “Stramaturano sulla pianta appassendo lentamente grazie al clima. I grappoli crescono sul suolo sabbioso del litorale del basso Sulcis, esposti ai venti e ai raggi del sole dall’alto e a quelli riflessi dalla sabbia dal basso. Il succo degli acini si prosciuga lentamente e lo zucchero che ne deriva crea un vino dolce con sentore di frutta candita. Un tempo il Nasco veniva vinificato in bianco, ma con la surmaturazione in vigna dà sentori e profumi che altre uve non hanno. Con questa lavorazione la buccia, molto resistente, non si rompe, diventa croccante, il succo non esce e permette agli acini di sviluppare aromi interessanti. È eccellente con tutti i dolci sardi, anche la seadas, magari di ricotta”. In realtà tra i vitigni autoctoni del basso Sulcis regna il Carignano che copre la maggior parte della superficie vitata. Quasi il 90% della produzione delle cantine della zona è a base di queste uve. “Nella nostra linea di produzione del Carignano in purezza”, continua Dino Dini, “ci sono il Grotta Rossa, il Rocca Rubia e il Terre Brune, il top della gamma. In base alla complessità del piatto si abbina la complessità del vino in modo da ottenere un abbinamento equilibrato in cui le caratteristiche di un alimento non sovrastano le caratteristiche dell’altro, ma si completano a vicenda. Con un sapore semplice come il pane con le olive o piatti a base di cardi, asparagi, carciofi, magari conditi con un buon olio di oliva, vedo bene un vino come il Grotta Rossa, mentre con piatti più complessi e aromatici come le zuppe, la fregula e le impanadas avvicinerei il Rocca Rubia, riservando il Terre Brune per abbinamenti con carni di agnello, capretto e maialetto arrosto”. Rita Marongiu/SIME Cantina Santadi, Santadi (Ca), tel. 0781/95.01.27, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8-13,30/16,30-19, sabato 8-13,30. 48 d’arancia, mandorle tostate e miele senza aggiunta di zucchero. L’ingrediente più ricorrente per i dolciumi è la pasta di mandorle, a cominciare dai sas melicheddas e i sos chericheddos a forma di cuore, in virtù della vasta e millenaria coltivazione di mandorli portati sull’Isola dai Punici attorno al III secolo. Elemento decorativo oltre che gustoso alimento anche il trionfo di pani: dal moddizzosu o pani tonnu, in grandi forme da 10 chili, al classico carasau preparato con semola, acqua, lievito di birra e sale e cotto al forno due volte. Si chiama guttiau se condito con olio e sale, pistoccu in versione più spessa e rettangolare. Tutti vengono accompagnati dalle verdure, che in questa stagione sono molto abbondanti. La Sardegna produce infatti oltre 5 milioni di quintali di ortaggi all’anno e di questi moltissimi sono certificati bio. Sull’Isola oltre 250 mila ettari sono coltivati senza il ricorso a pesticidi e un terzo di tutto il biologico italiano è raccolto nelle vaste campagne del Nuorese e del Cagliaritano. In primavera si consumano tonnellate di fave fresche con scaglie di pecorino o cucinate. La ricetta tipica è la torta di favette, uno sformato a base di uova, olio, pane carasau ridotto in briciole e mezza cipolla. In questa stagione si raccolgono poi i prelibati asparagi e cardi selvatici che vengono conservati sott’olio, i cordolinu de pezza (che significa fungo di carne ed è il Pleurotus eryngi var. ferulae) e i carciofi spinosi, coltivati su grandi superfici soprattutto dalle parti di Castelsardo, nel Campidano e nel basso Sulcis. Le zuppe di stagione sono quasi tutte a base di pane bagnato con pomodoro, uova, brodo di pecora. In alternativa si adopera la fregula, una pastina di semola simile al cous cous servita con carne tritata e verdure. Una pasta lievitata che ricorda quella da pizza è poi l’ingrediente base per le impanadas (una rivisitazione delle empanadillas spagnole) ripiene di salumi, piselli, carciofi e olive. La primavera è anche la stagione dei matrimoni e dei pani augurali. Hanno le forme più diverse, a cuore, a fiore, a corona, e spesso presentano dei decori allegorici che simboleggiano gli organi sessuali e quindi la fertilità della coppia. Ornella D’Alessio 49