si chiama lumaca, ma in realta` e` una chiocciola

Transcript

si chiama lumaca, ma in realta` e` una chiocciola
SI CHIAMA LUMACA, MA IN REALTA’ E’ UNA CHIOCCIOLA
di Sivia Pezzutto
Anno 1999 n. 6
L
umaca o chiocciola: quale dei due nomi è corretto? I molluschi gasteropodi dotati di
conchiglia, di cui fanno parte le specie edibili, devono essere chiamati “chioccio e”, an- l
che se co munemente ed abitualmente viene loro attribuita la denominazione “lumache”,
che deve essere invece riservata a specie prive di guscio, viscide e non commestibili. Le chi co
ciole rientravano nella dieta dei nostri antenati: fin dai tempi del a pietral venivano raccolte e
mangiate, come testimonia il ritrovamento di ammassi di gusci in caverne preistoriche. Da la
lora non si è mai smesso di mangiar lumache, nonostante le alterne vicende di questo genere
gastronomico. Prelibate per i Greci, i qua i perl mangiarle ad irittura
d
inventarono un’apposita
posata, le chi cciole
o
erano assai apprezzate anche dai Romani, che le allevavano alimentan od
le con foglie di lauro, vino e crusca bolliti ins eme.i Molte delle tecniche di allevamento antiche
sono in uso utt’oggi.
t
Sin dalle origini la lumaca fu considerata animale “terapeutico”: grazie
alla sua scarsità in grassi e ai c ntenuti
o
mucillaginosi, veniva talvolta somministrata dagli ra
chiatri anche viva, per umentarne
a
gli effetti medicamentosi. Nell’arco dell storia,
a pur ess ne
do animali del tutto terrestri, vennero rivalutate come “carne di magro” per il periodo quare is
male. Oggi o
s no divenute pietanze prelibate, nonostante il paradosso, a cui peraltro la storia ci
ha a bituato .
Le due città italiane storicame te ned economicamente legate alla realtà della chiocciola si t or
vano nella provincia di Cuneo. A Cherasco, capitale dell’elicicoltura italiana, hanno sede
l’Istituto internazionale di elicicoltura e l’Associazione nazionale degli allevatori di lumache.
Qui , oltre ad acquistare lumache vive, è possibile gustare l Helixa pomatia cheraschensis in
prelibate pietanze offerte dai ristoranti, dove ovviamente vengono servite in abbinamento a iv
ni piemontesi. Il ruolo di capitale gastronomica della lumaca spetta tu tavia a Borgo
t
San D l-a
mazzo. Ivi la celebre “Fiera fredda”, con il Mercato nazionale della lumaca, fu istituita nel 1569.
Emanuele Filiberto di Savoia, colpito dalla prelibatezza delle lumache del luogo, autorizzò la
fiera e la rese “franca”. Da allora, og i dicembre,
n
migliaia di visitatori, di esperti e di degus at
tori frequentano la cittadina per esaminare ed acquistare partite di animali
.
La più conosciuta ed apprezzata chiocciola del Piemonte è la grand Helix pomatia,
e
in parti colare nella sua variet alpina,
à
detta anche ivgnaiola bianca (in Franci agros blanc o escargot de
Bourgogne). È tipica dell’Italia settentrionale e le sue carni risultano le migliori, le più delicate.
Nella fascia mediterranea è molto popolare la piccol Helixa aspersa o vignaiola zigrinata o maruzza (in Francia chiamat petit
a
gris). Questa chiocciola ha carni tenere e di facile cottura e
rappresenta oggi oltre il 70% del patrimonio elicicolo italiano. Molto diffusa è anche l Helix lu- ’
corum o lumaca dei boschi. È una chiocciola molt rustica
o
che si adatta bene a terreni vari e
può essere allevata in tutte le regioni d’Italia. Ha carne piuttosto scura (questo giustifica il on
me d i Vignaiola scura) e leggermente più fibrosa delle altre, ed è la più grande fra le chiocciole
Helix. Altre chiocciole hanno un mercato circoscritto al Sud e alle Isole. Tra queste si anno ev
rano l H
’ elix (Eobania) vermiculata o rigatella, l’Helix (Theba) pisana, ecc .
Soltanto un numero esiguo di consumatori italiani ama portare in tavola le chiocciole, indip ne
de ntemente dal ceto sociale di appartenenza. Tuttavia, l’elicicoltura ha conosciuto negli ultimi
25 anni sviluppi che hanno evidenziato la fattibilità e l’economicità di un loro allevamento. Oggi
l’allevamento della chiocciola da gastronomia è diventato una ealtà agricola,
r
riconosciuta da
enti pubblici ed istituzionali. In Italia si contano 5500 aziende elicicole professionali. Da un
punto di vista economico, il mercato della lumaca è andato via via crescendo in termini di c no
sumo, di produzione e di importa ioni,
z a dimostrazione del fatto che la domanda è in espans oi
ne, quindi le prospettive del settore continuano ad essere favorevoli. Il “trend della chiocciola”
nostrana è accelerato, come dimostrano i dati: in Italia gli allevamenti elicicoli, che nel 1980
coprivano solo 5 milioni di metri quadrati, nel 1990 raggiungevano i 40 milioni e nel 1995 i
metri quadrati investiti erano quasi 65 milioni. Anche il consumo è costantemente cresciuto: si
è passati dai 67 mila quintali del 1990 ai 130 mila quintali del 1 97, per
9 arrivare ai 165 mila
quintali del 1998. Nel contempo la quota di chiocciole prodotte negli allevamenti nazionali e la
quota importata sono salite rispettivamente da 18 mila quintali a 68 mila quintali e da 49 mila
quintali a 97 mila quintali. Le ifrec sottolineano l’insufficienza delle produzioni nazionali per il
fabbisogno. Infatti nel 1998 la produzione interna è riuscita a coprire meno della metà delle ir
chieste, spingendo la domanda a rivolgersi ai Paesi dell’est europeo per coprire la differenza. Il
consumo totale di chiocciole da gastronomia sul territorio nazionale è così suddiviso: 70% prodotto fresco, 26% prodotto surgelato e, per la quota rimanente, piatti pre-cucinati di carattere
industriale, che mettono a disposizione del consumatore il prodotto già pronto per l’uso. Grazie
all’incremento dei consumi, l’Italia occupa oggi il secondo posto tra i Paesi europei consumatori
di chiocciole, davanti alla Germania (solo pochi anni fa le due posizioni erano invertite) e preceduta solo dal colosso Francia, dove gli appassionati ne divorano ogni anno più o meno 2 milioni di quintali. Proprio con il 1999 ha visto la luce un progetto, patrocinato dai vari enti ed istituzioni preposti allo sviluppo dell’elicicoltura italiana, che rappresenta il primo esperimento di
valorizzazione di un alimento ancora di nicchia, ma con buone possibilità di mercato,
nell’intento di dare alla chiocciola una nuova immagine e di farla apprezzare in cucina più di
quanto non avvenga oggi.
Chiunque sia alla ricerca di un buon piatto a base di chiocciole, non avrà difficoltà a trovarlo,
ovunque si trovi in Italia: non c’è regione che non annoveri le lumache tra i suoi piatti tipici. In
Lombardia spiccano le minestre di lumache, le lumache alla pavese (dove la lumaca è cotta
con le rane). In Veneto, a Venezia, troviamo i bovoli al tegame, che durante la cottura si bagnano con vino rosso, unendo poi pomodoro, aglio e cipolla. In Liguria la chiocciole si cucinano
allo zimino, con funghi pinoli ed aglio. In Piemonte si possono mangiare al Dolcetto o al Barbera. In Emilia Romagna si consumano alla moda di Bobbio (Piacenza), sgusciate, soffritte e poi
cotte con polpa di pomodoro (piatto tradizionalmente consumato in occasione della vigilia di
Natale). In Friuli vengono preparate alla cais. In Toscana, più precisamente in Maremma, si
mangiano cucinate con tutti i sapori dell’orto. Sulle tavole marchigiane, incontriamo le piccanti
cucciole. Se ci si trova in Lazio per la festa di San Giovanni, non bisogna mancare di assaggiare
le romane grigette di vigna: sono un piatto tradizionale dell’omonimo quartiere. In Ciociaria
sono dette ciamotte le lumache cucinate con erbe aromatiche, vino e pomodoro. Nel salernitano ci sono le murazze, lessate e poi passate in salsa piccante. In Puglia sono ottime le monacelle alla leccese. In Calabria la tradizione popolare abbina alle lumache i perciatelli (o bucatini). Infine in Sardegna si passa dalle monzette cotte al forno ai lumaconi lessati e poi passati in
tegame.
E’ opinione comune che la lumaca sia un cibo “pesante”, poco digeribile; in realtà, tale convinzione è alquanto discutibile. Secondo i dietologi la carne della chiocciola ha un apprezzabile valore alimentare ed è in linea con le esigenze nutrizionali dell’uomo. Essa è ricca di proteine
(14%, all’incirca quanto l’uovo), fornisce una quantità modesta ma significativa di vitamina C e
sali minerali (buona quantità di calcio, magnesio e fosforo), è povera in grassi (lo 0,8%, meno
delle sogliole) e in carboidrati (1,7%, un contenuto irrilevante agli effetti pratici), di conseguenza produce una quantità di calorie relativamente bassa: una dozzina di lumache, pari a
100 grammi, sviluppano solo 80 calorie. Le chiocciole presentano inoltre una buona percentuale di grassi polinsaturi, facilmente digeribili e nemici del colesterolo. Le difficoltà digestive devono essere ricondotte più ai condimenti che le accompagnano; se cucinate semplicemente,
senza salse o sughi troppo ricchi di grassi, le chiocciole sono cibo digeribilissimo, adatto a tutti… gli stomaci.
Silvia Pezzutto