Pag. 5 - Il bambino che parla … a rate
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5 S in alute Il bambino che parla… a rate Non è il caso di preoccuparsi se un bambino occasionalmente balbetta verso i 3-4 anni, perché quasi sempre si tratta di un fenomeno che scompare da solo. Se invece il disturbo si protrae nella seconda infanzia è opportuno intraprendere un trattamento specializzato, tenendo però presente che spetta soprattutto ai genitori sostenere la sicurezza psicologica e l’autostima del bambino, evitando di penalizzarlo o ridicolizzarlo per il suo difetto di linguaggio e creando intorno a lui un clima rilassato e sereno. Non dimentichiamo poi che il balbuziente è una persona perfettamente normale dal punto di vista psichico: anzi, spesso la sua sensibilità e la sua intelligenza sono superiori alla media. BALBUZIE C osa avevano in comune il filosofo greco Aristotele, il grande oratore latino Cicerone, il cardinale Carlo Borromeo, il profeta Mosè, l’indimenticabile attrice Marilyn Monroe? Come almeno un altro centinaio di famosissimi personaggi del passato e del presente (citiamo ancora Lenin, Napoleone, Churchill, Anthony Quinn) soffrivano tutti di balbuzie. Sapere che il fatto di essere balbuzienti non impedisce di scrivere il proprio nome nella storia potrebbe essere una piccola consolazione per i preoccupatissimi genitori di un bambino che balbetta, ma sarebbe ingiusto liquidare in modo così sbrigativo un disturbo che affligge oltre 55 milioni di persone nel mondo e per il quale sono state condotte migliaia e migliaia di ricerche scientifiche. Molto più consolante può essere invece il dato su cui queste ricerche concordano: dai 2 ai 4-6 anni oltre un terzo dei bambini presenta occasionalmente una disfluenza verbale (ripetizione di sillabe e parole, esitazioni, prolungamenti di consonanti o vocali, ecc.) che però, nel 70% dei casi, scompare da sola senza lasciare traccia. Questa transitoria difficoltà testimonia infatti soltanto l’immaturità del sistema linguistico: in pratica, si tratta di una sproporzione tra la rapidità di formazione del pensiero verbale e il grado di padronanza della coordinazione fono-articolatoria necessaria per pronunciare le parole corrispondenti. Che non si tratti di un vero problema è dimostrato anche dal fatto che il bambino non è consapevole di questa temporanea difficoltà e non la vive con ansia. Solo se l’alterazione nel ritmo della parola persiste oltre i 5 anni o compare a questa età o dopo si può parlare di vera balbuzie, che predilige il sesso maschile (i maschi ne sono affetti da 4 a 7 volte di più delle femmine) e si accompagna a sentimenti di inferiorità, imbarazzo, ansia, vergogna. A seconda del modo in cui il ritmo espressivo è alterato si distinguono tre forme di balbuzie: tonica (inceppamento e blocco all’inizio della parola), clonica (ripetizione della parte iniziale, interna o finale della parola), mista (entrambi i tipi di difficoltà). Lo sforzo nell’articolare la parola è accompagnato da movimenti mimici, da incoordinazione del respiro, da tensione muscolare generalizzata. In situazioni di tensione emotiva il disturbo tende ad accentuarsi e lo stesso accade in caso di stanchezza, di eventi frustranti, o addirittura quando cambia il tempo. La prevalenza nel sesso maschile e la frequente ricorrenza di balbuzie in uno stesso ceppo familiare testimoniano la presenza di una componente genetica, che va però I “4 COMANDAMENTI” DEL CONTROLLO FONATORIO La persona balbuziente attua un modello scorretto di emissione della voce quando parla, ma sorprendentemente non balbetta quando canta. Gli studi scientifici sulle differenze tra l’emissione sonora nelle due prestazioni foniche, quella del cantare e quella del parlare, hanno evidenziato che nella pri- LA BALBUZIE AL MASCHILE E AL FEMMINILE Se il padre è balbuziente, la figlia femmina ha 13 probabilità su 100 di diventarlo; nel caso del figlio maschio le probabilità salgono al 25%. Se a balbettare è la mamma, il figlio maschio ha 37 probabilità su 100 di presentare lo stesso problema, mentre nella figlia femmina le probabilità scendono al 15%. Il figlio maschio di genitori entrambi balbuzienti presenterà lo stesso disturbo nel 70-80% dei casi. Tra i bambini balbuzienti trattati precocemente, la probabilità di un recupero completo è doppia nelle femmine rispetto ai maschi; viceversa, è 4-5 volte più probabile nei maschi che nelle femmine la persistenza del disturbo in età adulta. intesa solo come predisposizione a reagire con ansia ad eventi traumatici o situazioni stressanti: in altre parole, il bambino erediterebbe non tanto la balbuzie, quanto una fragilità emotiva destinata a manifestarsi nel settore del linguaggio in presenza di fattori scatenanti di tipo psicologico e relazionale (disaccordo o ansia eccessiva dei genitori, drammi familiari, rivalità fraterna, educazione perfezionista, carenze affettive, ecc.). Le cure proposte nel corso del tempo sono innumerevoli: nell’antica Grecia, ad esempio, il balbuzien- te si sforzava di parlare tenendo in bocca dei sassolini per migliorare il controllo dell’eloquio. Oggi, naturalmente, gli approcci terapeutici sono molto più sofisticati. Si può ricorrere all’autoterapia, che si basa su esercizi fonatori, di respirazione e di rilassamento; oppure utilizzare dispositivi elettronici che registrano la voce e la rinviano all’orecchio del paziente con qualche istante di ritardo o con una frequenza diversa, in modo da indurlo a rallentare l’eloquio; oppure affidarsi ad un terapista del linguaggio, il che però comporta un certo dispendio di tempo e di denaro; o, infine, frequentare i corsi intensivi che si tengono presso le cliniche specializzate. I genitori possono essere validi alleati del bambino balbuziente se seguono alcuni accorgimenti. Innanzitutto il bimbo non deve mai essere deriso o canzonato, né gli si devono dare consigli su come parlare o, tantomeno, completare le parole che stenta a pronunciare. Bisogna anche evitare di interromperlo e, nei limiti del possibile, di farlo parlare in situazioni emotivamente impegnative. È invece utile ascoltarlo attentamente, permettergli di esprimere sentimenti e sensazioni, farlo vivere in un’atmosfera serena e tranquilla, valorizzare il contenuto più che la forma della sua espressione verbale. Pazienza e comprensione in famiglia, unite a trattamenti in ambiente specializzato, valgono il più delle volte a vincere il disturbo aumentando la sicurezza psicologica del bambino e riducendo drasticamente il suo disagio relazionale. Cesarina Manzella ma si verificano una periodica oscillazione delle frequenze vocali e il legamento tra le parole determinato dal ritmo e dalla melodia. • accentuare l’emissione della voce nel pronunciare le vocali • collegare le parole tra di loro Ne sono state tratte 4 fondamentali regole che il balbuziente deve mettere in atto quando parla: • emettere il suono aprendo bene la bocca • prolungare l’emissione della prima vocale della frase Esercitandosi nell’applicazione di queste regole, il soggetto deve inizialmente parlare con un ritmo molto lento (cantilena), poi un poco più veloce (cadenza), arrivando infine, nel giro di un mese circa, a parlare con un ritmo normale.