Il discorso del Re (The King‟s Speech, UK 2010

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Il discorso del Re (The King‟s Speech, UK 2010
Il discorso del Re (The King‟s Speech, UK 2010) durata: 118‟
Regia: Tom Hooper
Sceneggiatura: David Seidler
Cast: Colin Firth (King George VI), Geoffrey Rush (Lionel Logue), Helena
Bonham Carter (Queen Elizabeth), Guy Pearce (Kinh Edward VIII), Derek Jacobi
(Archbishop Cosmo Lang), Timothy Spall (Wiston Churchill), Roger Parrot (Neville Chamberlain),
Claire Bloom (Queen Mary)
Musiche originali: Alexandre Desplat Fotografia: Danny Cohen
4 OSCAR 2011: miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, migliore sceneggiatura
originale.
Ancora prima della notte degli Oscar questo film aveva attirato la nostra attenzione per fin troppo
ovvi motivi: la sorprendente scoperta di un tipico “caso” psicologico riguardante un personaggio
storico così importante come il re d‟Inghilterra, a ridosso della Seconda Guerra mondiale. Un Re
con problemi di balbuzie in procinto di dover fare un discorso alla radio, non certo per dire come
sta la monarchia dei Windsor, ma per annunciare “lacrime e sangue” per tutta la nazione!
Ho pensato di invitare due persone di mia fiducia a scrivere un commento dopo la visione a caldo
del film.
Il primo testo che presentiamo è stato scritto da Dora Siervo. E‟ una psicologa specialista in terapia
della balbuzie.
Il secondo testo è di Eleonora Grippaldi. E‟ una “cinefila” molto attiva e particolarmente interessata
ai rapporti tra cinema e psicoanalisi.
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Il film che ha trionfato agli Oscar, Il discorso del re, in cui il sovrano con disfluenza di linguaggio
deve pronunciare il discorso più importante della sua vita, rompe il silenzio su un problema più
diffuso di quanto si pensi; infatti la balbuzie è presente in tutte le culture e gruppi sociali ed
interessa circa il 4% della popolazione mondiale. Il sesso tra l'altro, si dimostra rilevante con una
proporzione di quattro a uno di maschi rispetto alle femmine.
Il film è piaciuto molto al pubblico, forse anche per il modo in cui ha dato risalto al problema della
balbuzie, affrontato secondo una diversa prospettiva. Il ritratto di re Giorgio VI, un monarca ed un
padre di famiglia che soffre di balbuzie e guida una nazione in tempo di guerra, tocca da vicino in
particolare i balbuzienti, instillando in loro un senso di speranza, e chiarifica tale disturbo nei
soggetti fluenti, mostrando la balbuzie in tutta la sua complessità, scevra da facili ironie che spesso
aggravano la balbuzie, ed in molti casi possono portare anche ad un' autoesclusione dalla sfera
sociale.
Da un punto di vista sociale la balbuzie come problema di comunicazione coinvolge tre soggetti
della relazione: la persona che balbetta, la sua famiglia e gli "altri". Una vera e propria "triade
inceppata”. Proprio questa dinamica riveste una grande importanza nella trama del film,
analizzando il rapporto tra il re, la regina e le loro figlie. Di grande spessore la moglie del sovrano,
molto ben interpretato, che appoggia ed incentiva il re in tutto il suo cammino, ed in grado di
donare profondità e rilevanza al sovrano disfluente.
Il film analizza anche le dinamiche infantili del monarca, in particolare si nota come un'educazione
rigida sia causa di ansia per il bimbo, di paure che raggelano e bloccano, ispirando così un circolo
vizioso di ansia e protezione che si autoalimenta. Ed il bambino che si vorrebbe opporre, ma non
trova la forza, si pensi ad esempio al sovrano che voleva giocare con gli aeroplanini, ma viene
spinto dal padre a collezionare francobolli.
Interessante poi è notare il rapporto con il terapista: dalla paura iniziale, il rifiuto, la stessa
negazione della balbuzie in quanto problema, alla fiducia concessa allo psicoterapeuta, ed infine al
successo; diversi step affrontati con grande capacità narrativa, che danno risalto alla motivazione
del re ed alle difficoltà che egli incontra. In effetti in ogni terapia la motivazione è un punto cardine
ed il Dottor Lionel, che richiede fiducia e totale eguaglianza al riparo nella sala di consultazione,
ben rappresenta il giusto setting che si deve creare tra terapista e paziente.
In conclusione, Il discorso del re affronta senza pietismi una tematica delicata come la diversità, i
cui influssi e le cui problematiche non risparmiano neppure un sovrano, ma anzi lo fanno apparire
ancora più debole, eppure munito di una grande forza interiore e di una grande motivazione, ed in
questo il messaggio che ci viene lasciato è forse che siamo tutti uguali, l'accettazione di un
problema, e la motivazione nell'affrontarlo sono meccanismi vincenti per risolvere i problemi,
anche quelli che sembrano insormontabili, che la vita ci pone davanti.
Dora Siervo
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Il discorso del Re, un dialogo fra un paziente ed il suo terapeuta.
Un film che scorre leggero, raccontando principalmente la sfida interiore di un futuro Re
all‟insicurezza.
Si mette in scena il paradosso per chi ha paura di non essere accettato: l‟uomo balbuziente che deve
parlare in pubblico.
Così Colin Firth, vince il premio oscar come miglior attore, per aver saputo interpretare attraverso
la mimica delle espressioni e dei movimenti, il blocco psicologico causato dal non-rapporto fra il
figlio ed il padre autoritario.
Una sfida che però non nasce dal desiderio del protagonista ma dagli eventi, come non è per sua
volontà, la scelta del terapeuta, che è affidata alla moglie (personaggio di regina rappresentato
normale o normalizzato?).
Non che il futuro Re, non avverta il bisogno di superare il problema, ma per buona parte del film,
continua ad esprimersi attraverso la rigidità conosciuta, che è la sua protezione, il suo modo di
vivere sicuro. Rappresenta esattamente il paziente che si reca dal terapeuta portando con se il suo
abituale approccio alla vita, con la differenza che, si auspica, che chi faccia la scelta di iniziare un
percorso analitico, lo faccia per mettersi in gioco, forse costretto da eventi esterni, ma guidato dalla
volontà di cambiare per migliorarsi, per stare meglio.
Il primo incontro con Jeffrey Rush, il logopedista, è l‟emblema dell‟inizio della rottura degli schemi
protettivi. Per il futuro Re, al quale viene a mancare la „tutela‟ dell‟etichetta reale, e per l‟approccio
creativo del terapeuta, che esprime tutta la sua avanguardia, soprattutto se paragonato alla
ricostruzione scenica dell‟epoca con il ritmo delle sequenze degli episodi di terapia.
Inoltre, non a caso la prima lettura indelebile, perché registrata e pertanto inconsapevolmente
pubblica, è il passaggio dell‟Amleto „Essere o non essere‟, che lascia intuire allo spettatore più
attento, la chiave del percorso analitico su cui si baserà la storia.
Inizia così il transfert, il legame fatto d‟amore e odio fra i due protagonisti. Legame ironicamente
anche economico perché legato al penny e alla scommessa provocatoria di Rush.
Il futuro Re inizia inconsapevolmente ad aprirsi, con quello che definirà nel film „l‟unico amico‟,
accettando molto lentamente le sue debolezze, ed evidenziando sullo sfondo il rapporto con gli altri
membri della famiglia reale.
Il logopedista presenta invece la sua solida vita, il rapporto con la sua famiglia e la condizione
professionale. I figli e la moglie con i quali ha una vita normale ed estremamente serena, mentre più
percettibile è la messa in discussione in ambito lavorativo, per il mancato riconoscimento come
medico ufficiale, che però non esprime con la frustrazione ma attraverso uno stile assolutamente
inconsueto.
Mentre il personaggio di Firth, a volte irrita per la sua personalità „di rango‟, quello di Rush,
commuove per l‟insegnamento paterno. Si ricrea così il rapporto padre-figlio, che è alla base della
conquista della fiducia in se stesso, e che è mancato al protagonista e che permetterà la riuscita della
scena finale.
Che dire poi di un re inglese che deve imparare a parlare al popolo con un insegnante straniero?
Australiano e fallito attore, che ripropone con insistenza i versi di William Shakespeare (autore
inglese per eccellenza), ma terapeuta di successo che ammirevolmente affronta con stile non
accademico, non solo il problema del paziente, ma anche l‟avvicinamento all‟ambiente
aristocratico.
Rappresenta forse il ringraziamento al melting-pot, un‟allusione al rapporto fra la Gran Bretagna e
le colonie, è il fascino affidato in generale al diverso o fedele ricostruzione storica?
La Regina Elisabetta II ha approvato il film, ma rimangono aperti i quesiti sull‟attendibilità della
narrazione e sulle attribuzioni di carattere ai personaggi. Certo è che, si esce dalla sala consapevoli
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che il film fa eco alla nascente psicoanalisi freudiana di quegli anni, perchè non è poi così velato
l‟intento di ricreare nelle scene l‟ambiente dello studio dell‟analista, l‟approccio non più medico
alla cura, il dialogo segreto e l‟aiuto silenzioso di una figura che diviene guida interiore, pur non
essendo né componente della famiglia che l‟ha cresciuto, né consigliere scelto degli interessi
professionali.
Eleonora Grippaldi
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