GOVERNANCE L`INFERMIERE CASE MANAGER, ATTORE

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GOVERNANCE L`INFERMIERE CASE MANAGER, ATTORE
GOVERNANCE
L’INFERMIERE CASE MANAGER,
ATTORE PROTAGONISTA E COMUNICATORE
DEL CAMBIAMENTO IN SANITA’
Vittorio GUGLIELMI*, Maria Carmela LABALESTRA**
INTRODUZIONE
Non è un mistero che l’infermiere operi da tempo in qualità
di rappresentante dei mutamenti e delle trasformazioni che
stanno investendo lo scenario sanitario nazionale, con
ripercussioni importanti e significative nell’ambito delle
organizzazioni e nei vari contesti di cura.
La metamorfosi che ha investito tale professione dal punto
di vista pratico e normativo negli ultimi due decenni, ha
prodotto ultimamamente una figura davvero rinnovata rispetto
al recente passato.
Il fondamentale passaggio da una condizione di “eteronomia”
professionale a una condizione di “autonomia” professionale,
il passaggio dal concetto di “mansione” al concetto di
“competenza”, hanno fatto sì che oggi l’infermiere sia
diventato un professionista intellettuale, laureato, spesso
e volentieri in possesso di percorsi formativi postuniversitari alle spalle (Master – Laurea Magistrale). Ciò
implica che questa figura sia divenuta sempre di più
specialista nell’ambito di un settore specifico della sua
professione
ma,
soprattutto,
a
pieno
titolo
l’unico
professionista responsabile dell’assistenza infermieristica.
Detto questo, la scena dell’intera rete sanitaria presenta
aspetti positivi e aspetti negativi. Un limite, ad esempio,
potrebbe
essere
rappresentato
dalla
succitata
ottica
mansionariale,
che
esclude
la
possibilità
di
una
pianificazione per obiettivi e vincola ogni operatore
sanitario all’acquisizione in modo frammentario di un gran
numero di informazioni. Tale approccio comunemente detto
“funzionalista” (functional nursing), o modello tecnico, è
da considerarsi antiquato, poiché le modalità operative per
compiti (“mansioni”) sono considerate non consone né alle
competenze e motivazioni dei professionisti, né alle
richieste degli assistiti. Purtroppo sebbene non risulti più
adeguato da un punto di vista concettuale, rimane tuttavia
il sistema ancora predominante in Italia, in quanto risponde
all’esigenza di ottenere il massimo numero di prestazioni
attraverso l’utilizzo di un numero esiguo di risorse umane e
materiali.1
Nasce così la richiesta di un cambiamento organizzativo che
porti
ad
una
vera
e
propria
individualizzazione
dell’assistenza. Lo scoglio, il superamento del functional
nursing in favore di modelli che possano essere maggiormente
in grado di garantire la personalizzazione e la continuità
delle cure. Il punto d’arrivo, a parere degli addetti ai
lavori, risulta il modello per complessità/intensità di cure
plasmato sui reali bisogni del cliente.
Le misure di austerità, i tagli al personale nel sistema
sanitario e la riduzione al minimo delle spese ospedaliere,
rischiano di provocare gravi danni alla salute dei
cittadini. Lo ha dimostrato uno studio internazionale2
promosso per valutare l’opportunità di misure contenitive
della spesa riguardante il comparto infermieristico, uno dei
capitoli
più
importanti
in
ambiente
ospedaliero.
La ricerca, in particolare, ha voluto stimare se le
differenze nel rapporto infermieri/assistiti, dunque dei
carichi di lavoro, siano associati alla variazione dei
livelli
di
mortalità
ospedaliera
post-operatoria.
La
revisione è stata condotta in 300 ospedali di nove paesi
europei nel corso degli anni 2009 e 2010, ed i risultati
sono stati pubblicati su The Lancet. I ricercatori hanno
sottoposto un questionario a 26.516 infermieri e analizzato
le cartelle cliniche di 422.730 degenti chirurgici di età
superiore ai 50 anni. In sostanza è stato dimostrato che per
ogni assistito aggiunto al carico di lavoro medio di un
infermiere, la probabilità del paziente di morire entro 30
giorni dal ricovero cresce del 7%; tale possibilità si
riduce invece del 7% se si aumenta del 10% il personale
laureato.
CENTRALITA’ DELL’UTENZA
Uno degli argomenti che animano da tempo la scena politica
in Italia è quello della pressione fiscale soprattutto se
paragonata ad altri paesi della zona euro. I cittadini,
considerati dei normali acquirenti che pagano con le tasse i
servizi che le amministrazioni erogano, si aspettano che gli
stessi servizi siano numerosi e di qualità. E’
proprio
l’affermarsi
di
questa
concezione
ad
obbligare
le
amministrazioni ai criteri di efficienza, efficacia e
produttività.
La nostra Costituzione indica la salute come “fondamentale
diritto dell’individuo ed interesse della collettività” 3 e
stabilisce che "la Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo", sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.4
Tali
principi
trovano
significativa
concretezza
con
l’istituzione del S.S.N. (L. 833/78) che ha superato la
frammentazione precedente e la disuguaglianza dei cittadini
nei confronti della malattia.
Con il D.lgs 502/92 si è attuato il cosidetto processo di
aziendalizzazione: la programmazione ha assunto un ruolo
determinante, l’attenzione ha cominciato a focalizzarsi
sull’appropriatezza
degli
interventi,
sull’efficienza
organizzativa e sulla razionalità delle scelte distribuite.
Alcuni anni dopo, il D. Lgs. 229/99 ha introdotto i concetti
di federalismo fiscale, aggiornamento obbligatorio per i
professionisti
e
il
cosiddetto
sistema
delle
3-A
(Autorizzazioni, Accreditamento e Accordi Contrattuali).
Da questo momento in poi, “la qualita' di soggetto
accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli
enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la
remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli
accordi contrattuali”, inoltre “le regioni sono tenute a
definire criteri per la determinazione della remunerazione
delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di
prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato”.5
Il D.L. n° 95/2012 (spending review) ha continuato il trend
delle misure di contenimento della spesa ospedaliera,
producendo di fatto una riduzione di circa 7.389 posti letto
a partire dal 1 gennaio 2014. Infatti dai 3,82 posti letto
ogni 1.000 abitanti, si è passati nel corso di quest’anno ad
un livello pari a 3,7 (di cui 0,7 per riabilitazione e
lungodegenti, 3 per gli acuti). Per effetto dello stesso
decreto, al fine di ridurre la spesa annuale delle
prestazioni specialistiche e ospedaliere fornite da privati
accreditati, il livello di spesa è diminuito del 2% nel
2014.
Sempre nel 2012, con la legge n. 189 (Decreto Balduzzi), si
è provato riformare il sistema delle cure primarie, con il
riordino dell’assistenza territoriale e la possibilità di
istituire ambulatori attivi h24 con medici ed infermieri.
Queste ultime modifiche parallelamente all’aumento delle
patologie cronico-degenarative costringono progressivamente
l’assistenza sanitaria/ospedaliera a lasciar spazio alle
cure domiciliari, che si configurano come un vero e proprio
scenario innovativo di continuità assistenziale. Siffatto
panorama garantisce accessibilità ai servizi, valutazione
del bisogno di salute formulato su scale internazionali,
organizzazione tra distretto e ospedale, aumento della
gestione
integrata
attraverso
un
care
plaining
personalizzato.
IL CASE MANAGEMENT NURSING
Il costante sviluppo della qualità dei servizi e gli alti
costi finanziari, generalmente associati a queste attività
toccano tutti. Sebbene un numero di strategie per riformare
il sistema siano state adottate e dibattute, il Case
Management è risultato l’intervento che favorisce un’esatta
riflessione relativamente alla spesa per l’assistenza
sanitaria, mantenendo sempre il focus primariamente sulla
qualità
della
performance
infermieristica
e
l’autodeterminazione del paziente.
Sfogliando le pagine su internet ci si imbatte in moltissime
definzioni di Case Management (CM), tutte altrettanto
valide, ma che si focalizzano in parte sul concetto di
“possedere le conoscenze” e sul ruolo del CM inteso proprio
come supporto per il cliente.
L’autorevole definizione della CMSA (Case Management Society
of America) definisce il Case Management come “un processo
collaborativo
di
accertamento,
pianificazione,
facilitazione, coordinamento delle cure, valutazione ed
advocacy delle scelte e dei servizi, che agevolino i bisogni
sanitari
generali
dell’individuo
e
della
famiglia,
attraverso la comunicazione e le risorse disponibili, al
fine di promuovere outcomes di qualità, con un buon rapporto
costo-efficacia.” 5
Potremmo definirlo come “modello di gestione del caso”, di
conseguenza l’unico infermiere responsabile è il Case
Manager, gestore economico di tutte le operazioni.
In virtù dell’attività cui è chiamato a svolgere, tale
operatore possiede un’elevata istruzione-formazione, nonché
una
notevole
conoscenza
delle
pratiche
clinicoassistenziali. Gode di una adeguata esperienza nello
specifico settore che gli consente di rendere le prestazioni
sicure, equilibrate e con un certo grado di qualità.
Il profilo stilato potrebbe corrispondere ad esempio ad un
infermiere avente un’anzianità lavorativa (da dieci a
vent’anni) nel settore ospedaliero/territoriale, un percorso
formativo di medio-livello ed una età compresa tra i 35 e i
45 anni.
Uno degli aspetti cardine di questa nuova figura è il ruolo
di coordinamento degli interventi sanitari e sociali,
dall’ammissione alla dimissione. Appunto la rilevazione dei
bisogni della persona e della famiglia, garantiscono una
appropriata
allocazione
delle
risorse,
quindi
il
contenimento dei costi.
Entro i limiti dell’autonomia professionale utilizza dei
percorsi critici e agisce da collante nei rapporti tra un
turno
e
l’altro,
ricorrendo
ove
necessario,
alla
consultazione e alle riunioni periodiche del gruppo di
assistenza con l’unità di valutazione della qualità. Le
riunioni del team assistenziale consentono di sviluppare un
approccio
interdisciplinare
al
problem-solving
e
la
discussione stessa dei casi clinici prevede l’utilizzo del
brain-storming.
Grazie a questa tipologia di organizzazione l’assistito
viene accompagnato durante l’intero iter del ricovero,
attraverso una valida forma di collaborazione medico-case
manager, che interessi decisioni operative e pianificazione
degli
interventi,
al
fine
di
evitare
duplicazioni,
ridondanze,
attese
e
rendere
la
degenza
al
minimo
indispensabile. 1
La comunicazione, nelle sue diverse accezioni, costituisce
lo strumento cardine dell’attività dell’infermiere case
manager al di la delle dimensioni tradizionali del ruolo.
Le abilità comunicative vengono esercitate in tutte le
competenze, dall’essere agente di cambiamento all’essere un
clinico e consulente, dall’essere educatore all’essere
coordinatore e facilitatore di assistenza, dall’essere
manager di risorse e di risultati al sostenere l’advocacy
per il paziente.
In letteratura7 l’advocacy è spesso indicata come l’essenza
della relazione paziente-case manager ed è più propriamente
inquadrata sul paziente che sul case manager. Grazie ad una
alleanza di tipo etico il case manager si pone “dalla parte”
dell’utente, quando questo si trovi in condizione di
fragilità, o sia vittima di soprusi o malpractice.
CONCLUSIONI
Queste attività sperimentate nell’ultimo decennio con
successo in molte regioni italiane, per ovvie ragioni,
richiedono la diffusione del sistema ai pazienti, ai medici,
agli infermieri, al personale di supporto e a tutti i
lavoratori della struttura.
Tra i vantaggi è possibile annoverare: il riconoscimento di
responsabilità e autonomia nonché il conseguimento di un
livello
di
qualità
maggiore
delle
cure,
grazie
all’erogazione
di
un’assistenza
completa,
continua
e
olistica.
Gli svantaggi citati nelle diverse esperienze riportano: la
richiesta di un elevato grado di competenza da parte del
case manager (conoscenze cliniche, gestionali e delle
dinamiche di gruppo), la necessità di maggiori risorse umane
e i possibili conflitti tra l’infermiere e i medici nel
momento in cui sorgono divergenze sull’organizzazione delle
cure.
L’applicabilità
di
tale
modello
organizzativo
trova
riscontro nei singoli clienti o nei gruppi di pazienti; è
vasta e include ogni tipo di cronicità e quadro clinico
nell’area medica, nell’area chirurgica e nel settore
dell’emergenza.
Le funzioni possono quindi riassumersi in una serie di
concetti quali: comunicazione efficace (sia orale che
scritta), competenze di negoziazione, conoscenza degli
accordi
contrattuali,
conoscenza
dell’importanza
di
acquisire
il
consenso
e
attenzione
alle
competenze
culturali.
Per concludere, si può affermare che i case manager
rappresentano lo strumento indispensabile nelle mani degli
amministratori che vogliano perseguire la determinazione
della complessità clinico-assistenziale. Solo tale pratica
consente di definire il livello di performance e tecnologie
-necessarie per soddisfare i bisogni- in base alle quali il
cittadino trova quindi collocazione all’interno delle
diverse aree di degenza.
* Infermiere – U.O.C. Direzione Sanitaria, Area Sicurezza e
Prevenzione – Ente Ecclesiastico Ospedale “F. Miulli”,
Acquaviva delle Fonti (BA)
** Infermiere - Università degli Studi di Bari, Polo
Formativo Universitario “F. Miulli”.
BIBLIOGRAFIA
1. A.Destrebecq,
P.Ferrara,
S.Terzoni,
Management
Infermieristico, Carocci-Faber 2012, p. 43-51.
2. “Nurse staffing and education and hospital mortality in
nine European countries: a retrospective observational
study”; Published Online February 26, 2014
http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(13)62631-.
3. Art. 32 Costituzione Italiana.
4. Art. 2 Costituzione Italiana.
5. D.Lgs. 229/1999 Art.8 (quater – quinquies).
6. Case Management Society of America, 2009. (CMSA)
Mission and vision. Ac-cessed from the world wide web
on July 7, 2009 at http://www.cmsa.org/home/CMSA/
ourMissionvision/tabid/226/default.aspx
7. Cohen E. Cesta T. Nursing case management. From
essentials to advanced practice applications. Elsevier
Mosby, United States of America 2005.